Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 6 febbraio 2018, n. 753. Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e), del t.u. edilizia di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, costituiscono nuova costruzione

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Pertanto, il decorso dei termini fissati dall’art. 35 comma 18, l. 28 febbraio 1985, n. 47 (ventiquattro mesi per la formazione del silenzio-accoglimento sull’istanza di condono edilizio e trentasei mesi per la prescrizione dell’eventuale diritto al conguaglio delle somme dovute), presuppone in ogni caso la completezza della domanda di sanatoria, accompagnata in particolare dall’integrale pagamento di quanto dovuto a titolo di oblazione per quanto attiene la formazione del silenzio-accoglimento (cfr. in tal senso anche Consiglio di Stato, sez. IV, 28 gennaio 2016, n. 314).
2.3 Parimenti infondato è il terzo ordine di censure, sollevato in due direzioni in merito ai parametri di determinazione del quatum debeatur.
2.3.1 Nella prima direzione, in ordine al regime applicabile nella determinazione delle tariffe, la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. ad es. sez. IV, 11 settembre 2012, n. 4825) ha rilevato che l’articolo 4 l. Reg.. Lombardia n. 31 del 2004, al comma 6, oggetto della ordinanza della Corte Costituzionale n. 105 del 2010, prevede che in caso di condono edilizio si applichino le tabelle degli oneri di urbanizzazione vigenti all’atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria.
Come ha osservato la Corte Costituzionale, la normativa applicabile potrebbe indifferentemente fare riferimento alla entrata in vigore della legge di condono, alla presentazione della domanda, al momento della chiusura dell’istruttoria, al momento della decisione amministrativa, al momento dell’effettivo rilascio del provvedimento favorevole.
Nella specie, la legge regionale abilita il riferimento al momento della fase decisoria (“il perfezionamento”) del procedimento di sanatoria, per cui sono non accoglibili le pretese di ancorare il momento di determinazione delle tariffe a fasi precedenti, quali la fase introduttiva o di iniziativa o la fase istruttoria.
In mancanza di indicazioni in un determinato senso da parte della legge – che invece nella specie è chiaramente effettuata da parte della legge regionale, facendo riferimento al perfezionamento del procedimento di sanatoria e quindi al momento del rilascio del provvedimento favorevole – non sarebbe stato irragionevole fare riferimento alla legge vigente al momento nel quale l’istanza di condono viene esaminata, è cioè “matura”, nel senso di avere effettuato tutte le valutazioni, la decisione amministrativa, oppure al momento nel quale viene presa formalmente la decisione amministrativa nel procedimento di sanatoria.
La legge regionale è però chiara, come detto, nel far riferimento alle tariffe o ai costi contributivi rilevanti al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria e tale perfezionamento non può non coincidere con l’adozione del provvedimento finale, avvenuta nella fattispecie dopo l’adeguamento tariffario.
La ratio della scelta del legislatore regionale è, come osservato anche dalla Corte nella sua ordinanza n. 105 del 17 marzo 2010, di privilegiare l’interesse pubblico alla adeguatezza della contribuzione ai costi reali rispetto a quello antitetico del cittadino alla piena previsione dei costi incombenti al momento della formazione del consenso.
2.3.2 Nella seconda direzione risulta corretto l’argomentare della sentenza appellata in merito alla corretta qualificazione dell’intervento in termini di trasformazione del territorio per quanto concerne l’intero piazzale.
Infatti, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e), del t.u. edilizia di cui al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, costituiscono nuova costruzione gli interventi di trasformazione urbanistica comportanti la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato; di conseguenza è “a fortiori” qualificabile come opera edile di nuova costruzione la realizzazione di un piazzale in cemento, la quale determina un “consumo di suolo” (con una cementificazione che si sostituisce al piano naturale di campagna) e dunque una trasformazione tendenzialmente irreversibile di quest’ultimo (cfr. in termini Consiglio di Stato, sez. V, 15 luglio 2014, n. 3700).
Il medesimo orientamento è seguito dalla giurisprudenza penale (Cassazione penale sez. III 15 novembre 2016, n. 1308), secondo cui integra un illecito edilizio l’esecuzione, in assenza del permesso di costruire, di interventi finalizzati a realizzare un piazzale mediante apporto di terreno e materiale inerte e successivo sbancamento e livellamento del terreno, in quanto tale attività, pur non comportando un’edificazione in senso stretto, determina una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio.
3. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
Le spese del secondo grado di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta,
definitivamente pronunciando sull’appello n. 1304 del 2012, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 2.000,00 (duemila\00), oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1° febbraio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

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