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– della deliberazione n. 382/CP/97 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti del 7-8 luglio 1997, nella parte in cui designa(va) per i predetti incarichi i Vice Procuratori Generali dottori Guido Carlino, Antonio Dagnino e Giovanni Coppola, dichiarando inammissibile l’istanza del ricorrente in quanto la sede di servizio del dott. Re. non si trovava nella Regione Siciliana.
Al riguardo il ricorrente deduceva plurimi vizi di legittimità, argomentando che la riserva di conferimento degli incarichi in questione ai soli magistrati contabili in servizio nella Regione Siciliana risultasse configgente con l’articolo 58 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, con l’articolo 2 del d.P.R. 27 luglio 1995, n. 388, con articolo 13 della 1. 27 aprile 1982, n. 186, con la legge 17 aprile 1988 n. 117, giacché non prevedevano fra i requisiti la sede di servizio dell’interessato, ed inoltre che i provvedimenti gravati risultassero in contrasto con i criteri disciplinanti la designazione dei magistrati contabili, ai fini del conferimento degli incarichi, fissati con delibera del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 129/CP/96 adottata nelle adunanze del 12 maggio e del 25-26 marzo 1996.
Infine il ricorrente deduceva la violazione della legge regionale siciliana 14 settembre 1979 n. 212, in quanto non limitante il conferimento degli incarichi per i Collegi dei revisori ai soli magistrati contabili con sede di servizio in Sicilia, e, se interpretata in senso difforme, ne sollevava questione di legittimità costituzionale.
Con sentenza del 9-28 novembre 2011, n. 10216/2011, il Tribunale amministrativo accoglieva il ricorso, disponendo l’annullamento degli atti impugnati.
Pertanto, con un nuovo ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio e recante il n. 4315/2012 il dottor Re., a completamento ed integrazione della conseguita tutela demolitoria, chiedeva il risarcimento del danno da perdita di chances patito nel corso della complessiva vicenda.
Con la sentenza in epigrafe il primo Giudice ha respinto il ricorso, in accoglimento dell’eccezione di prescrizione del (preteso) diritto risarcitorio sollevata dalla Difesa erariale.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal dottor Re. il quale ne ha chiesto la riforma articolando il seguente motivo:
1) Violazione dell’art. 73, comma 1 del D.lgs. 104/2010 – Omesso esame dell’eccezione sollevata dal ricorrente in udienza in relazione al deposito tardivo della memoria in replica dell’Amministrazione;
Si è costituito in giudizio il Consiglio di presidenza della Corte dei conti il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 18 gennaio 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal dottor Vi. Re., magistrato della Corte dei conti (il quale: i) aveva partecipato a un interpello per l’individuazione dell’incarico di Presidente di Collegi dei Revisori di Enti siciliani; ii) era stato escluso in quanto la delibera inditiva della procedura riservava quegli incarichi ai soli Magistrati in servizio in Sicilia; iii) aveva impugnato e ottenuto l’annullamento (nel 2011) della delibera inditiva; iv) aveva agito dinanzi al Tribunale amministrativo regionale al fine di ottenere il ristoro del danno da perdita di chance per il mancato incarico) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio con cui è stato respinto il ricorso risarcitorio autonomo da lui proposto.
2. Occorre in primo luogo esaminare i motivi di appello con cui il dottor Re. chiede la riforma della sentenza di primo grado per avere il primo giudice (in accoglimento di un’eccezione di prescrizione che si assume irritualmente formulata) dichiarato l’estinzione del diritto di credito vantato in giudizio e per avere conseguentemente respinto la domanda risarcitoria.
La sentenza è in parte qua meritevole di riforma, non potendosi condividere la tesi della prescrizione del (preteso) diritto risarcitorio del dott. Re..
Al riguardo il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame degli argomenti con cui l’appellante lamenta le modalità irrituali con cui l’Amministrazione appellata avrebbe sollevato l’eccezione di prescrizione nel giudizio di primo grado.
Ciò in quanto (a prescindere dalla questione relativa alla sussistenza in se di quel diritto, su cui si tornerà nel prosieguo) non possono essere condivise le ragioni su cui si fonda la ridetta declaratoria di prescrizione.
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