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Obietta l’appellante che il bando, in conclusione, mette in evidenza l’indicazione secondo cui «per quanto non è espressamente riportato nel presente bando, si rimanda al “disciplinare di gara” e al “capitolato speciale d’appalto”», ammettendo così un rinvio integrativo al disciplinare. Si tratta però di un argomento che non appare al Collegio persuasivo, atteso che il rinvio al disciplinare ed al capitolato è consentito solamente “per quanto non espressamente riportato nel presente bando”, e non già in deroga al bando, come è nel caso di specie, in cui il disciplinare, ove così interpretato, introduce una regola difforme dal bando. L’integrazione ad opera del disciplinare, dal punto di vista logico prima ancora che giuridico, è possibile in caso di disposizione generica del bando, ma non in caso di disposizione del disciplinare in contrasto con il bando. Si aggiunga ancora che, a mente dell’art. 83, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016, è il bando di gara che può stabilire il fatturato annuo minimo, globale e specifico, a dimostrazione del possesso dei requisiti degli operatori economici partecipanti alla gara.
Peraltro, costituisce canone ermenutico consolidato quello per cui l’eventuale contrasto tra disposizioni della lex specialis deve essere risolto con un’interpretazione finalizzata a privilegiare il favor partecipationis e l’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale (Cons. Stato, IV, 14 marzo 2016, n. 1015).
Ne consegue che prevale la clausola dell’art. 14, lett. b), del bando di gara in ordine ai requisiti di carattere economico-finanziario, come correttamente ritenuto dal giudice di prime cure; il corollario è che il fatturato complessivo dichiarato da S.I.T. supera la soglia richiesta.
4. – Con il terzo motivo l’appellante deduce la falsità della dichiarazione resa dall’amministratore della S.I.T. in data 13 dicembre 2016 circa il possesso dei requisiti di ordine economico-finanziari, che sarebbe comprovata dal successivo prospetto, versato agli atti del processo, scorporante il fatturato per forniture, risultato assolutamente residuale ed inidoneo a dimostrare la capacità economica della società; tale falsità sarebbe peraltro di per sé motivo di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f -bis) del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il motivo, a prescindere dai profili di inammissibilità eccepiti dall’appellata e dalla non applicabilità, ratione temporis, della previsione di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bis), è infondato, per le ragioni correttamente evidenziate dalla sentenza impugnata, ove si dà atto che il documento (prospetto riepilogativo) che dimostrerebbe la falsità della pregressa dichiarazione non risulta sottoscritto dal legale rappresentante della S.I.T., e che dello stesso si è assunta la paternità la difesa tecnica della società, aggiungendosi peraltro che la stazione appaltante, in sede di verifica dei requisiti, è onerata di controllare la veridicità di quanto dichiarato dalla società risultata prima graduata.
In ogni caso, la tesi della falsità della dichiarazione è radicalmente infondata “nel merito”, assumendo a parametro il bando di gara, che fa riferimento al possesso del fatturato globale complessivo, e non del fatturato specifico.
5. – Occorre ora esaminare i “motivi aggiunti”, i quali traggono spunto dalla documentazione prodotta da S.I.T. nel procedimento di gara in sede di verifica dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale (e dunque successivamente alla fase di ammissione/esclusione dei concorrenti, che costituisce il segmento procedimentale oggetto del presente giudizio, ed anche successivamente all’aggiudicazione), da cui emerge, ad avviso dell’appellante, la erronea dichiarazione della pregressa esecuzione di forniture per un importo non inferiore ai 300.000,00 euro (mentre si tratta di appalti di servizi, per lo più riconducibili al c.d. “progetto S.I.T.A.I.R.- sistema informativo territoriale ambientale a supporto dei servizi integrati raccolta rifiuti”); lamenta l’appellante che anche dopo l’aggiudicazione la stazione appaltante, contravvenendo alla prescrizione in chiave conformativa contenuta nella sentenza di primo grado, ha omesso di verificare la veridicità della dichiarazione di S.I.T. circa il possesso del fatturato specifico.
I motivi aggiunti sono in parte infondati, se non anche inammissibili, nella misura in cui appaiono meramente ripropositivi dei motivi di appello circa la falsità della dichiarazione ravvisata in relazione al requisito del fatturato specifico, alla stregua di quanto già posto in evidenza. I motivi aggiunti sono poi inammissibili nella parte in cui censurano l’attività di verifica dei requisiti di ordine speciale, in quanto, secondo la consolidata giurisprudenza, l’art. 104, comma 3, Cod. proc. amm. consente la proposizione di motivi aggiunti in appello al solo fine di dedurre ulteriori vizi degli atti già censurati in primo grado, e non anche nella diversa ipotesi in cui con essi si intenda impugnare atti sopravvenuti alla sentenza di primo grado (in termini Cons., Stato, IV, 3 agosto 2016, n. 3509).
6. – In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello deve essere respinto in ragione dell’infondatezza dei motivi dedotti.
Le complessità, anche dal punto di vista fattuale, della fattispecie dedotta in giudizio giustifica la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore
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