Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 2 marzo 2018, n. 1295. L’istituto dell’avvalimento risponde all’esigenza della massima partecipazione alle gare consentendo ai concorrenti che siano privi dei requisiti richiesti dal bando di concorrere ricorrendo ai requisiti di altri soggetti

L’istituto dell’avvalimento risponde all’esigenza della massima partecipazione alle gare consentendo ai concorrenti che siano privi dei requisiti richiesti dal bando di concorrere ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, cionondimeno non può essere ignorato che il medesimo dev’essere idoneo a soddisfare l’interesse pubblico ad una sicura ed efficiente esecuzione del contratto e da ciò scaturisce la conseguenza che la possibilità di ricorrere a soggetti ausiliari presuppone che i requisiti mancanti siano da questi integralmente e autonomamente posseduti, senza poter estendere teoricamente all’infinito, la catena dei possibili subausiliari.
La deroga che l’istituto in parola reca al principio di personalità dei requisiti di partecipazione alla gara è, pertanto, condizionata alla possibilità di configurare un rapporto diretto ed immediato tra ausiliaria e ausiliata da cui discenda una responsabilità solidale delle due imprese in relazione alla prestazione da eseguire e l’innesto di un ulteriore passaggio tra l’impresa che partecipa alla gara e quella che possiede i requisiti, infrangerebbe l’ineludibile vincolo di responsabilità che giustifica il ricorso all’istituto dell’avvalimento e la deroga al principio del possesso in proprio dei requisiti di gara

Sentenza 2 marzo 2018, n. 1295
Data udienza 8 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8002 del 2017, proposto da:

Pa. Se. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, in proprio e quale capogruppo del costituendo RTI, con la It. s.r.l. e la Ar. Au. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati El. Sc., ed altri, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Lungotevere (…);

contro

Co. s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ca., con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, viale (…);

nei confronti di

Dr. Li. Se. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ma., con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via (…);

ATI tra la Gu. s.r.l., ed altri, in persona dei rispettivi rappresentanti legali in carica, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio- Roma, Sezione I Quater, n. 10345/2017, resa tra le parti, concernente l’esclusione da una procedura ad evidenza pubblica.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Dr. Li. Se. s.r.l. e della Co. s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Ca. Co. La. Gr., Ma. Ca. e Ma. Ma.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La Co. s.p.a. ha indetto una procedura aperta, suddivisa in quattro lotti, per l’affidamento della gestione in full service di parte degli autobus facenti parte della propria flotta, per un importo complessivo a base d’asta di € 59.045.500,00.

Ai fini dell’ammissione alla gara la lex specialis richiedeva, tra l’altro, il possesso, nei tre esercizi finanziari antecedenti la data di pubblicazione del bando, di un fatturato specifico in servizi di manutenzione di autobus non inferiore al cinquanta per cento dell’importo presunto relativo al lotto o alla somma dei lotti a cui si sarebbe riferita la partecipazione.

In caso di RTI il detto requisito avrebbe dovuto essere posseduto dalla mandataria in misura non inferiore al sessanta per cento e dalle mandanti in misura non inferiore al venti per cento.

Il RTI tra la Po. Se. s.r.l. (d’ora in avanti solo Po.), in veste di capogruppo, la It. s.r.l. e la Ar. Au. s.r.l. (da qui in poi solo Ares) ha presentato domanda di partecipazione per tutti e quattro i lotti, per cui il fatturato specifico richiesto ammontava ad almeno € 17.713.650,00, per la mandataria e ad almeno 5.904.550,00 per ciascuna delle mandanti.

Per raggiungere il prescritto fatturato minimo le tre imprese raggruppate hanno così operato:

a) la mandataria (in possesso di un fatturato proprio pari a € 13.500.000,00) si è avvalsa della Eu. (per € 2.977.000,00) e della Ci. (per € 1.674.000,00);

b) la Ares, in possesso di un fatturato di € 1.805.420,00, si è avvalsa del fatturato messole a disposizione dalla It. per un importo di € 4.150.000,00;

c) la It., originariamente in possesso di un fatturato proprio pari a € 5.700.000,00, ridottosi a € 1.550.000,00 dopo il contratto di avvalimento stipulato con la Ares, si è avvalsa, per raggiungere il requisito in parola, del fatturato della Ricambi e Rettifiche Laziali, per un importo di € 4.400.000,00.

Ritenendo che l’It., assunta la veste di ausiliaria, non potesse a sua volta ricorrere all’avvalimento di altro soggetto per raggiungere il requisito mancante, in quanto ciò avrebbe configurato un’ipotesi di avvalimento c.d. “a cascata” vietato dall’art. 89, comma 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), la stazione appaltante ha disposto l’esclusione dalla gara del suddetto RTI.

La Po. ha, quindi, impugnato il provvedimento espulsivo con ricorso al Tribunale amministrativo per il Lazio – Roma, che con sentenza 13 ottobre 2017, n. 10345 lo ha respinto.

Avverso la menzionata sentenza la Po. ha proposto appello.

Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio la Co. e la Dr. Li. Se. s.r.l. (anch’essa concorrente).

Con successive memorie tutte le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del giorno 8 febbraio 2018 la causa è passata in decisione.

Col primo motivo l’appellante lamenta che il Tribunale amministrativo avrebbe errato a respingere la doglianza con cui era stato dedotta l’insussistenza della violazione dell’art. 89, comma 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016 posta dalla stazione appaltante a fondamento della disposta esclusione dalla gara.

La censura è fondata.

Il menzionato art. 89 d.lgs. n. 50 del 2016, che disciplina l’istituto dell’avvalimento, attua la delega contenuta nel comma 1, lett. zz), dell’art. 1 della legge 28 gennaio 2016, 11, con la quale al Governo è stato affidato il compito di procedere alla “revisione della disciplina vigente in materia di avvalimento, nel rispetto dei princìpi dell’Unione europea e di quelli desumibili dalla giurisprudenza amministrativa in materia, imponendo che il contratto di avvalimento indichi nel dettaglio le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara, e rafforzando gli strumenti di verifica circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria nonché circa l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto, al fine di escludere la possibilità di ricorso all’avvalimento a cascata e prevedendo che non possa essere oggetto di avvalimento il possesso della qualificazione e dell’esperienza tecnica e professionale necessarie per eseguire le prestazioni da affidare”.

Il comma 6 del medesimo art. 89, secondo cui, per quanto qui rileva, “L’ausiliario non può avvalersi a sua volta di altro soggetto”, attua, in particolare, il principio della delega che impone “di escludere la possibilità di ricorso all’avvalimento a cascata”.

L’individuata ratio della norma ne definisce ad un tempo l’ambito operativo.

La suddetta disposizione del d.lgs. n. 50 del 2016 va quindi intesa, in coerenza con le finalità che la connotano, nel senso che non rientra nell’oggetto del suo divieto qualunque ipotesi in cui l’ausiliario si avvalga a sua volta di altro soggetto, ma soltanto quella che dà luogo al fenomeno dell’avvalimento c.d. “a cascata”.

Quest’ultimo, in base al diritto vivente, si realizza allorché l’impresa ausiliaria, priva (del tutto o in parte) del requisito che intende mettere a disposizione del concorrente, lo acquisisca a sua volta, mediante avvalimento, da altro soggetto.

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