Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 12 febbraio 2018, n. 858. Se una Fondazione ha natura di organismo di diritto pubblico è soggetto all’applicazione del Codice dei contratti pubblici

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La Fondazione ha impugnato la sentenza per i seguenti motivi:
– errata reiezione dell’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione, avendo giurisdizione il giudice ordinario;
– erroneo accoglimento del terzo motivo di ricorso(violazione e/o falsa applicazione dell’art. 83 D.Lgs. 163 del 2006 e dei principi di legalità, imparzialità, buon andamento e trasparenza dell’attività amministrativa. Eccesso di potere per violazione della par condicio tra i concorrenti, del principio di imparzialità e di effettiva concorrenza fra i partecipanti); errata considerazione dell’effettivo contenuto della lex specialis di gara;
-erroneo accoglimento del quarto motivo di ricorso (violazione di legge, in particolare dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, dell’art. 3 della legge 241 del 1990, violazione dell’art. 4 del disciplinare di gara, violazione dei principi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità dell’attività amministrativa; eccesso di potere per violazione del principio di par condicio dei concorrenti e per difetto assoluto di motivazione);
– erronea dichiarazione di fondatezza (pur dichiarando assorbito il motivo) del quinto motivo di ricorso(violazione di legge, in particolare dell’art. 120 d.P.R. 207 del 2010, violazione dell’allegato G al d.P.R. 207 del 2010, eccesso di potere e violazione dei principi di parità di trattamento ed imparzialità).
Si costituiva in giudizio Ar. Ar., domandando l’accoglimento dell’appello e l’integrale riforma della sentenza, per insussistenza della giurisdizione amministrativa e, comunque, per l’inammissibilità, l’improcedibilità, l’infondatezza delle censure della ricorrente in primo grado.
Si costituiva in giudizio Le Ma. deducendo l’infondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione e domandando la reiezione dell’appello.
Con ordinanza cautelare del 4 maggio 2017 questa V Sezione sospendeva l’esecutività della sentenza di primo grado.
All’udienza del 5 dicembre 2017, all’esito del deposito di memorie difensive ai sensi dell’art. 73 Cod. proc.amm., la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.1. Va preliminarmente esaminato il primo motivo di appello principale, sull’eccezione di difetto di giurisdizione.
1.2.L’appellante deduce che la gara è estranea all’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici: sebbene per volontaria scelta della stazione appaltante sia stato previsto che la procedura si svolgesse “con le modalità di cui al d.lgs. n. 163 del 2006”, nondimeno la Fondazione non è organismo di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 3 comma 26 dello stesso decreto: in primo luogo, sulla scorta dell’essenziale considerazione per cui essa opera e svolge l’attività nell’ambito di un mercato concorrenziale nei confronti degli operatori, pubblici e privati, ed esulante da privative; sicché, da un lato, essa non riceve finanziamenti pubblici alla sua struttura e connessi alla sua esistenza, in ragione della natura giuridica pubblicistica di alcuni tra i fondatori, bensì solo contributi dal Fondo unico per lo spettacolo (FUS), peraltro non sulla base di un automatismo ma in modo correlato alla qualità artistica del prodotto offerto e alla capacità di venderlo adeguatamente sul mercato, alle medesime condizioni di un operatore privato; dall’altro, eventuali perdite subite dall’ente non sono ripianate mediante interventi finanziari di soci pubblici. Altro elemento sintomatico che esclude la natura di organismo di diritto pubblico, tenuto all’osservanza delle regole procedurali del Codice, è il rispetto del vincolo di bilancio, che richiede il pareggio tra il valore della spesa e il valore attuale delle entrate e lo svolgimento dell’attività secondo “criteri di imprenditorialità ed efficienza”, come prescritto dallo Statuto della Fondazione. La gestione di quest’ultima, pur non perseguendo finalità lucrative, si fonderebbe su criteri di rendimento, efficacia e redditività: lo Statuto prevede infatti che possano determinarsi “avanzi di gestione” e “utili”, che, sebbene non distribuibili, possono impiegarsi nel perseguimento delle finalità istituzionali. Non sarebbe, pertanto, soddisfatto, ai fini della qualificazione dell’ente come organismo di diritto pubblico, il requisito dello svolgimento dell’attività con metodo non economico, in assenza di rischio di impresa.
Inoltre, benché la Fondazione svolga attività volta a soddisfare esigenze generali, difetterebbe il c.d. requisito teleologico, non perseguendo la Fondazione obiettivi con carattere non industriale e commerciale. Infatti, l’attività di gestione dei luoghi destinati a pubblici spettacoli, così come l’attività di produzione e commercializzazione di spettacoli, è volta alla produzione di servizi destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, con una caratterizzazione commerciale: tale natura non potrebbe venir meno in ragione dell’innegabile connotazione di interesse generale e per la finalità culturale delle attività. Rileva anche che i fondatori sono costituiti da una pluralità di soggetti, non soltanto pubblici ma anche privati.
In conclusione, per l’appellante, la scelta di assoggettare la gara alle norme procedurali del Codice dei contratti pubblici non ha carattere dirimente per affermare la giurisdizione amministrativa: come affermato dalla giurisprudenza (Cass. SS.UU., 29 maggio 2012, n. 8511; Cons. Stato, V, 26 luglio 2016, n. 3345), la giurisdizione va individuata in base a criteri legali e non può dipendere dalla volontà di una delle parti, pena la violazione del principio del giudice naturale dell’art. 25 Cost.
Pertanto la sentenza errerebbe nel ritenere la giurisdizione amministrativa affermando che la natura della Fondazione sarebbe stata definita da un precedente (T.A.R. Lazio, III, 5 giugno 2013, n. 5164) – peraltro non passato in giudicato – per cui la stessa “oltre a svolgere una funzione di rilevanza pubblica, [ha] connotazioni pubblicistiche”: pronunzia che riguardava il diverso profilo della legittimità dell’inserimento della Fondazione, da parte dell’ISTAT, nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato ai sensi della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica); aspetto che richiede parametri e requisiti diversi da quelli occorrenti per qualificare una persona giuridica privata come organismo di diritto pubblico, per il quale fondamentale rilievo assume la natura non commerciale né industriale dell’attività svolta. Di conseguenza, la sentenza, nel qualificare la Fondazione come organismo di diritto pubblico, erroneamente avrebbe considerato elementi in parte inesistenti, in parte irrilevanti, e trascurando aspetti fondamentali per escludere detta natura.
1.3. La censura è infondata.
Il Collegio rileva che non sussiste difetto di giurisdizione amministrativa.
Le argomentazioni dell’appellante non sono idonee ad escludere la natura di organismo di diritto pubblico della Fondazione, bene affermata dalla sentenza appellata.
Tale non è, infatti, la circostanza che la Fondazione debba rispettare il vincolo di bilancio. I criteri di corretta amministrazione, efficienza, economicità della gestione sono principi generali dell’attività amministrativa. Il rispetto del vincolo di bilancio non è sintomo della natura del tutto privata di una persona giuridica, né idoneo ad escludere la sua qualificazione come organismo di diritto pubblico.
Nemmeno ha rilievo che l’ente appellante operi in un contesto concorrenziale e debba soggiacere alle regole del mercato e al correlato rischio economico. Tale profilo non è idoneo ad escludere il requisito teleologico che porta alla qualificazione di organismo di diritto pubblico, che è piuttosto correlato alla natura e alle finalità dell’attività in concreto esercitata.
Il Collegio rileva anzitutto che la Fondazione, che ha una configurazione strutturale riflettente previsioni del Codice civile, per finalità statutaria è volta a soddisfare interessi che riflettono l’interesse generale, e che sono privi di un carattere industriale o commerciale: così la finalità di promozione socio- culturale dell’attività di organizzazione, produzione e gestione di spettacoli (teatrali, musicali, operistici) in quel contesto territoriale, nel cui àmbito la Fondazione gestisce i tre principali teatri comunali di Reggio Emilia.
Sussiste dunque in concreto il primo requisito di un organismo di diritto pubblico, vale a dire il requisito teleologico: che non è certo escluso in ragione dell’asserito ambito concorrenziale entro cui si collocherebbe l’attività.
La Fondazione si duole che la sentenza ravvisi un’analogia con il caso, già affrontato in giurisprudenza (Cons. Stato, V, 12 ottobre 2010, n. 7393; Cass., SS.UU., 7 luglio 2011, 14958) della Fondazione Carnevale di Viareggio (che è stata così riconosciuta organismo di diritto pubblico, per l’influenza dominante del diritto pubblico, ricavabile da uno degli indici sintomatici -patrimonio, contributi periodici, controllo sugli organi e sull’attività- e per la finalità di soddisfare esigenze di interesse generale, a carattere non industriale o commerciale); richiamo improprio e inconferente, giacché l’attività di promozione socio-culturale di quella fondazione è dell’organizzazione di una sola manifestazione all’anno, appartenente al patrimonio storico artistico di quel comune, perciò esclusa da un ambito concorrenziale.
Il Collegio ritiene che l’assunto non può essere condiviso: all’opposto, è proprio l’organizzazione locale di più manifestazioni e spettacoli teatrali e culturali, non solo di un isolato evento tradizionale, a confermare che la Fondazione è funzionale al soddisfacimento di interessi di rilievo generale: l’organizzazione di plurimi eventi culturali non è infatti di minor rilievo generale che l’organizzazione di un unico, tradizionale, evento.
L’art. 2 dello Statuto (scopo) afferma che la Fondazione “persegue l’obiettivo di contribuire allo sviluppo culturale, civile ed economico della comunità locale” e che ha “finalità di promozione, produzione e diffusionedella cultura, dell’arte, dello spettacolo, di tutte le espressioni teatrali […], e della cultura ambientale, nonché di conservazione e di valorizzazione dei beni culturali ad essa assegnati, o comunque da essa ricevuti”. Si aggiunge poi, a conferma, che la Fondazione “ha anche l’obiettivo di supportare lo sviluppo delle attività teatrali e di spettacolo promosse dai Comuni della Provincia di Reggio Emilia”.
Sono queste, all’evidenza, attività corrispondenti a interessi generali. La circostanza che simili attività o eventi possano nel territorio essere organizzati anche da soggetti pienamente privati e per loro finalità nulla toglie alla caratterizzazione di cui si verte, una volta che questa è posta in collegamento con i profili strutturali e finanziari di cui tra breve si dirà. Detto carattere di quei soggetti e la ovvia conseguenza di una rispettiva “concorrenza” (concetto che postulerebbe competitori di mercato, finalizzati al lucro) non è certo idonea a escludere che quegli interessi stessi corrispondano all’interesse generale: che è la ragione giustificatrice per cui enti pubblici, pur insieme a soggetti privati, hanno dato vita alla Fondazione medesima, e che giustifica l’altrimenti ingiustificabile concorso di questi medesimi enti pubblici e relativi impegni di spesa. L’attività di pubblico spettacolo, invero, per quanto naturalmente libera – come vogliono i principi fondamentali dello Stato di diritto -, è attività per sua natura orientata all’interesse generale, essendo rivolta indistintamente al pubblico e alla buona soddisfazione del suo tempo libero: e tanto qui basta. In nulla ciò è scalfito dalla circostanza, del tutto normale, che simile attività sia liberamente svolta, per lucro o per diletto o per altruismo, anche da soggetti privati, nel qual caso è senz’altro libera attività. E’ radicalmente privo di fondamento, dunque, il contraddittorio assunto dell’appellante Fondazione che – pur costituita e incisivamente partecipata anche da enti locali e dunque avvalentesi di risorse pubbliche – pretenderebbe, grazie a questa veste formale, di autoestraniarsi dalle dovute regole di legge dell’evidenza pubblica, solo perché svolge dal proprio ben diverso lato attività che può corrispondere a un’altrui libera attività.
Ma non basta: concorre con questo profilo la circostanza strutturale che questa Fondazione è un soggetto a forma privata che opera con risorse (anche) pubbliche e sotto il controllo di amministrazioni pubbliche.
La Fondazione appellante, per quanto costituita non sulla base di una legge speciale, bensì sulla base di un comune atto di fondazione (che peraltro è l’ultimo tratto di un processo di esternalizzazione di strutture e attività in origine del tutto pubbliche), è invero caratterizzata da elementi strutturali che concorrono con quanto finora rilevato a caratterizzarla come organismo di diritto pubblico.
In primo luogo, va considerato che, per previsione statutaria, la Fondazione non persegue finalità lucrative; la circostanza che debba operare con criteri di economicità, perseguendo l’obiettivo del pareggio tra costi e ricavi, è del tutto naturale e vi è coerente che gli eventuali utili siano reimpiegati per l’attività istituzionale. Non solo: è previsto che i fondatori non possano richiedere la quota proporzionale del patrimonio e che, in caso di estinzione, il patrimonio sia devoluto ad altri enti non lucrativi che operano nel campo dello spettacolo e dell’educazione musicale individuati dal Consiglio di amministrazione o dal Comune.
Soprattutto vale rilevare che la Fondazione è sottoposta a controllo – vale a dire a ingerenza – di enti pubblici e che il suo finanziamento prevalente proviene da enti pubblici.

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