Consiglio dii Stato, sezione IV, sentenza 28 ottobre 2016, n. 4538

La disponibilità dell’area sulla quale realizzare l’impianto e le opere connesse è individuata tra i contenuti (o condizioni) minimi dell’istanza di autorizzazione unica dall’art. 13.1, lettera c), delle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, emanate con d.m. 10 settembre 2010. E se il comma 4 bis dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, come inserito dall’art. 27, comma 42, della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha consentito che la disponibilità sia documentata “nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione”, limitatamente agli impianti alimentati a biomassa e agli impianti fotovoltaici, l’art. 65, comma 5, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, con norma di (bene o male) intesa interpretazione autentica ha disposto che “Il comma 4-bis dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, introdotto dall’articolo 27, comma 42, della legge 23 luglio 2009, n. 99, deve intendersi riferito esclusivamente alla realizzazione di impianti alimentati a biomasse situati in aree classificate come zone agricole dagli strumenti urbanistici comunali”. In altri termini, se poteva ammettersi che la disponibilità dell’area (ossia non necessariamente la proprietà ma comunque un titolo idoneo al suo utilizzo) potesse comunque intervenire nel corso del procedimento, la disposizione suddetta ha escluso tale “favor” per gli impianti fotovoltaici

 

Consiglio di Stato

sezione IV

sentenza 28 ottobre 2016, n. 4538

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 9663 del 2014, proposto dal signor

Iv. DA. CA., rappresentato e difeso dagli avv.ti Ro. Co. e Ma. Br., e presso lo studio del primo elettivamente domiciliato in Roma, al viale (…), per mandato a margine dell’appello,

contro

– la REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall’avv. Da. Iu., e elettivamente domiciliata in Roma, alla piazza (…), per mandato a margine della memoria di costituzione in giudizio;

– il COMUNE di (omissis), in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito nel giudizio di primo grado;

– il COMUNE di (omissis), in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito nel giudizio di primo grado;

– EN. DI. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Lu. Ma. e Fr. Fe., e presso lo studio del primo elettivamente domiciliata in Roma, alla via (…), per mandato in calce alla memoria di costituzione in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia n. 442 del 19 agosto 2014, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n. r. 248/2012, proposto per l’annullamento del decreto dirigenziale regionale n. 843 del 30 marzo 2012 recante diniego di autorizzazione unica per la costruzione e esercizio di impianto fotovoltaico di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, e degli atti presupposti, precedenti, connessi e successivi e in particolare i pareri negativi del Comune di (omissis) e del Comune di (omissis), e la nota di En. Di. significante l’impossibilità di predisporre nuova adeguata e puntuale soluzione tecnica, nonché per il risarcimento del danno derivante dalla violazione del termine di conclusione del procedimento, con compensazione delle spese del giudizio di primo grado

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e di En. Di. S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 21 luglio 2016, il Consigliere Leonardo Spagnoletti;

Uditi l’avv. Pa. Mi., per delega dell’avv. Ro. Co., per l’appellante, l’avv. Da. Iu. per la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, e l’avv. Lu. Ma. per En. Di. S.p.a.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con istanza del 12 novembre 2009 il signor Iv. Da. Ca. ha chiesto il rilascio di autorizzazione unica per la realizzazione di un parco fotovoltaico di potenza superiore a 1 MW, e precisamente di 9,7735 MW composto da 39.094 pannelli solari, distribuiti su più “stringhe”, a copertura di circa 185mila metri quadrati, da ubicare nel territorio comunale di (omissis), su suoli distinti in catasto a fg. 28, mappali 20, 39, 40, 41, 42, 54, 109, 112, 115, 116 “salvo altri”, con opere connesse (cabina En., inverter, pozzetti e cavidotti di collegamento), in zona adiacente al sito d’importanza comunitaria (SIC) denominato “Bo. Bo.” nonché in zona prossima al canale “Co.”, in zona urbanistica agricola.

Richiesta e acquisita documentazione integrativa, avviato il procedimento e svolte varie riunioni della conferenza di servizi, e presentate integrazioni progettuali (che coinvolgerebbero con diverso tracciato anche il territorio del Comune di (omissis)), in relazione a cui occorreva acquisizione di nuovo preventivo di connessione, sul quale però En. Di. S.p.a. ha dato riscontro negativo sul rilievo dell’impossibilità di sviluppare una soluzione tecnica per impossibilità di accedere ai fondi interessati, e svolta riunione della conferenza di servizi in sede decisoria in data 8 febbraio 2012, in cui è stato formalizzato il parere negativo del Comune di (omissis) (per la prospettata necessità di variante urbanistica quanto alle aree in proprietà aliena da acquisire o asservire) e del Comune di (omissis) (perché il tracciato in parte ricade su sedime del torrente Co. e con prescrizioni urbanistiche comunali), con il decreto dirigenziale n. 843 del 30 marzo 2012 è stato adottato il provvedimento di diniego, fondato, oltre che sui suddetti rilievi, sulla carente dimostrazione della disponibilità delle aree in carenza di valido contratto preliminare (quello esibito era a termine, prorogato solo una volta e quindi divenuto privo di efficacia).

Con ricorso in primo grado n. r. 248/2012, l’interessato ha impugnato il provvedimento conclusivo, i dissensi espressi dai Comuni di (omissis) e (omissis) in conferenza di servizi, nonché la nota di En. Di. relativa all’impossibilità di sviluppare il preventivo di connessione, deducendo, in estrema sintesi, le seguenti censure;

1) violazione dell’art. 12, comma 4, ultima parte, del d.lgs. 387/2003, degli artt. 14-ter, commi 6-bis, 7 e 8, l. 241/1990 e artt. 22-ter, commi 8, 9 e 10, e 22-quater l.r. n. 7/2000.

È stato violato il termine di conclusione del procedimento e dei termini intermedi della conferenza di servizi: la determinazione regionale è intervenuta due anni e mezzo dopo l’istanza di autorizzazione unica, a fronte di un termine di 180 giorni, o di 90 giorni (come modificato dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 28/2011).

2) violazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e dell’art. 36 della l.r. 16/2008 e ss.mm.ii sotto il profilo della compatibilità urbanistica dell’impianto, per difetto di competenza, violazione dei principi costituzionali in materia di funzioni normative statali, regionali e di competenze amministrative.

Il diniego è fondato su insussistente contrasto con lo strumento urbanistico comunale, essendo comunque superabile il dissenso comunale, che non poteva essere espresso dal Comune di (omissis) perché l’impianto non ricadeva minimamente nell’ambito del suo territorio.

3) violazione dell’art. 12, comma 4-ter del d.lgs. 387/2003.

La mancata disponibilità del suolo interessato all’impianto è irrilevante, sia perché essa sussisteva all’avvio del procedimento, sia perché essa può essere acquisita nel corso del procedimento e comunque prima del rilascio dell’autorizzazione.

4) violazione delle norme sopra citate sotto altri profili.

Non è vero che En. non potesse predisporre il preventivo di connessione per impossibilità di accedere al suolo stante il divieto del proprietario, perché trattandosi di intervento qualificato ex lege come di pubblica utilità e indifferibile e urgente sussiste ogni consequenziale potere da parte del procedente di accesso alle aree già in fase progettuale.

Nel giudizio si sono costituiti la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e En. Di. S.p.a. che hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.

2. Con sentenza n. 442 del 19 agosto 2014, il T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia ha rigettato il ricorso.

Il T.A.R. ha anzitutto osservato che “il provvedimento opposto è sorretto da plurime motivazioni riconducibili essenzialmente alla previsione di un percorso dell’elettrodotto di connessione alla rete espressamente vietato dalla normativa vigente (r.d. 523/1904 e s.m.i.), alla mancata dimostrazione della titolarità delle aree sulle quali realizzare l’impianto, anche attraverso un contratto preliminare valido, nonché ad una diffusa carenza documentale del progetto”, e che “la conformità a legge anche di una sola di esse è sufficiente a sostenerne la legittimità”.

Nel merito, il T.A.R. ha ritenuto “…che il diniego sia stato legittimamente emesso dalla Regione in considerazione della riscontrata mancata dimostrazione da parte della proponente della disponibilità delle aree su cui realizzare l’impianto”, ricordando che ai sensi del comma 4 bis dell’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2004, n. 387, il proponente deve dimostrare “…nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto”, e che esso “…deve ritenersi pacificamente applicabile, in forza della disposizione interpretativa di cui all’art. 65, comma 5, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge con legge 24 marzo 2012, n. 27, anche alla realizzazione di impianti fotovoltaici, che, come quello di cui si discorre, sono situati in aree classificate come zone agricole dagli strumenti urbanistici comunali”, come peraltro confermato dall’art. 13.1, lett. c), delle linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, emanate con d.m. 10 settembre 2010.

La presentazione della documentazione attestante la disponibilità del suolo non esplica la sola funzione di rendere “procedibile” l’istanza di autorizzazione unica, e quindi è stata disattesa la prospettazione del ricorrente secondo cui “…la disponibilità dell’area è mera condizione di procedibilità e non di decadenza dall’istanza…”.

“Né può ritenersi – prosegue la sentenza – che alla mancanza di disponibilità e/o alla sopravvenuta indisponibilità dei terreni necessari possa supplirsi, una volta ottenuta l’autorizzazione, mediante espropriazione a semplice domanda del soggetto interessato, dato che l’eventuale necessità di avviare il (sub)procedimento espropriativo, richiedendo una ben diversa ponderazione dell’interesse pubblico, deve essere, ovviamente, nota sin dall’origine”, posto che ai sensi del citato art. 13, comma 1, lettera c), in tal caso l’istanza di autorizzazione deve essere “…corredata dalla documentazione riportante l’estensione, i confini ed i dati catastali delle aree interessate ed il piano particellare”.

Non può assumere rilievo, invece, il contratto preliminare di cessione di quote sociali della società proprietaria dei suoli, espressamente assoggettato a termine per la stipulazione del 15 ottobre 2010, salva proroga a insindacabile giudizio della parte promittente alienante che non è intervenuta, non avendo l’interessato prodotto altro titolo idoneo.

In definitiva “…la constatazione della sopravvenuta inidoneità del titolo originariamente esibito per documentare la disponibilità dell’area e la mancata produzione da parte del richiedente di un nuovo titolo valido ‘nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazioné pare al Collegio costituire ragione idonea e sufficiente per denegare al medesimo l’autorizzazione richiesta”, come disposto dall’art. 14.14 delle linee guida secondo il quale il proponente entro la data in cui è prevista la riunione conclusiva della conferenza di servizi deve, “pena la conclusione del procedimento con esito negativo” fornire la documentazione comprovante la disponibilità del suolo.

In funzione della riconosciuta legittimità del diniego e quindi “di un elemento fondamentale quella risarcitoria avanzata” comporta, conclude la sentenza, anche il rigetto della medesima, anche per la parte relativa al danno da ritardo, perché “…i danni che parte ricorrente chiede le vengano risarciti a tale titolo assumono quale loro presupposto legittimante la spettanza del titolo autorizzatorio, che, nel caso in esame, è stato, invece, legittimamente denegato dall’Amministrazione competente”.

3. Con appello spedito per la notificazione il 14 novembre 2014 e depositato il 28 novembre 2014, la sentenza è stata impugnata, deducendosi, in sintesi, i seguenti motivi:

1) contraddittorietà e arbitrarietà, erroneità e difetto di motivazione e omessa pronuncia.

È erroneo l’assunto secondo il quale anche uno solo dei motivi posti a fondamento del diniego possa avere carattere assorbente, e sono inconferenti i richiami giurisprudenziali relativi a dinieghi di titoli edilizi, vertendosi in materia di autorizzazione unica.

Il procedimento relativo, in quanto imperniato sul modulo della conferenza di servizi, nella quale confluiscono le valutazioni di tutti i soggetti e enti partecipanti, da ricondurre a sintesi finale, non può dar luogo a un diniego che possa essere sostenuto da un solo profilo assorbente.

Quanto poi alla ritenuta essenzialità della documentazione della disponibilità del suolo, e evidenziatane la contraddittorietà con altra sentenza dello stesso Tribunale, si ribadisce che essa può intervenire nel corso del procedimento e deve sussistere solo al momento del rilascio dell’autorizzazione e non anche prima della conferenza decisoria, perché l’atto conclusivo è il provvedimento finale, tenuto anche conto che “rappresenta una prassi consolidata del settore quella di posticipare la definitiva acquisizione della proprietà (e dunque l’efficacia del preliminare) una volta assicurato l’ottenimento del titolo autorizzativo…”.

In ogni caso, poiché la disponibilità del suolo “…non è condizione di decadenza, ma (quale) mera condizione di procedibilità; in mancanza di tale titolo, una volta conseguita l’autorizzazione si può procedere con l’iter di espropriazione delle aree”.

D’altro canto “…il preliminare di cessione delle quote concluso a suo tempo dall’appellante con la Ze. s.a.s. era in assoluto titolo idoneo per dimostrarne la disponibilità”, e comunque si evidenzia che ai fini del rilascio dell’autorizzazione non è necessario il titolo di proprietà, potendosi provvedere all’esproprio.

2) error in iudicando. Violazione di legge. Difetto di motivazione sui singoli motivi di ricorso.

Premessa quindi l’erroneità e ingiustizia della sentenza, si ripropongono in via devolutiva le censure dedotte con i motivi di ricorso, consecutivamente trascritti.

3) erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha respinto l’azione di condanna al risarcimento dei danni

Si insiste nella domanda risarcitoria relativa al ritardo nella definizione del procedimento, ribadendone la quantificazione, quanto al lucro cessante “…nell’utile che si sarebbe prodotto nell’arco di 25 anni, con la messa in esercizio dell’impianto entro il 31.8.2011; nell’ipotesi in cui l’impianto fosse totalmente finanziato, tale importo è pari a € 20.410.980,99 arrotondato a € 20.000.000,00”; quanto al danno emergente nella somma di € 250.000,00 per le spese di progettazione “…come da fattura n. 06/14 del 24/05/2014 rilasciata dalla En. Re. So. srl”.

Con la memoria di costituzione in giudizio, depositata l’11 dicembre 2014, e con successiva memoria depositata il 17 giugno 2016, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha dedotto a sua volta l’infondatezza dell’appello.

Costituitasi in giudizio, a sua volta, En. Di. S.p.a., con memorie depositate il 20 giugno 2016 ha dedotto, in modo argomentato, l’infondatezza dell’appello.

Con memoria difensiva depositata il 20 giugno 2016 l’appellante ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie censure, e con memoria di replica depositata il 30 giugno 2016 controdedotto alle avverse difese.

A sua volta la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e En. Di. S.p.a. hanno depositato memorie di replica in data 30 giugno 2016.

Con ordinanza n. 5745 del 17 dicembre 2014 si era preso atto della rinuncia all’istanza incidentale cautelare in relazione alla richiesta di definizione nel merito in tempi quanto più celeri.

All’udienza pubblica del 21 luglio 2016 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

4. L’appello in epigrafe è infondato e deve essere rigettato, con conferma della sentenza gravata integrata nella motivazione nei seguenti termini.

4.1. Giova riepilogare l’articolato iter procedimentale della vicenda amministrativa.

Con istanza del 12 novembre 2009 il signor Iv. Da. Ca. ha chiesto il rilascio di autorizzazione unica per la realizzazione di un parco fotovoltaico di potenza superiore a 1 MW, e precisamente di 9,7735 MW composto da 39.094 pannelli solari, distribuiti su più “stringhe”, a copertura di circa 185mila metri quadrati, da ubicare nel territorio comunale di (omissis), su suoli distinti in catasto a fg. (omissis), mappali (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), (omissis)”salvo altri”, con opere connesse (cabina En., inverter, pozzetti e cavidotti di collegamento), in zona adiacente al sito d’importanza comunitaria (SIC) denominato “Bo. Bo.” nonché in zona prossima al canale “Co.”, in zona urbanistica agricola

Con successive note del 26 novembre 2009 e del 14 dicembre 2009 il competente servizio della Regione Friuli Venezia Giulia chiedeva integrazioni progettuali e documentali, riscontrate con note dell’interessato, protocollate in entrata il 28 gennaio 2010, 19 maggio 2010 e 9 giugno 2010.

Con nota del 14 giugno 2010 era quindi dato avvio al procedimento e quindi con note del 28 luglio 2010 erano convocate la conferenza di servizi interna (tra gli uffici e settori regionali) e quella esterna (con le Autorità e gli enti pubblici a vario titolo coinvolti nel procedimento).

La conferenza di servizi interna, nella seduta del 3 agosto 2010, si esprimeva nel senso che occorresse procedere al subprocedimento di valutazione d’impatto ambientale, con conseguente sospensione del procedimento principale; mentre la conferenza di servizi esterna, nella seduta del 5 agosto 2010, prendeva atto della dichiarazione del Comune di (omissis) in ordine alla non conformità urbanistica dell’intervento (pur nella dichiarata non contrarietà all’ipotesi localizzativa), rimettendo gli atti alla Giunta Regionale per l’eventuale superamento del dissenso.

Con deliberazione n. 1942 del 30 settembre 2010 la Giunta Regionale, a sua volta, ritenuto “…di non poter superare il dissenso espresso dal Comune di (omissis) (UD) in ossequio al riparto di competenze effettuato dal legislatore regionale che ha attribuito in via esclusiva al Comune il potere di individuare detti impianti sul proprio territorio, in assenza di disposizioni speciali di legge che consentano alla Giunta Regionale di derogare dalla predetta disciplina”, deliberava di comunicare all’interessato che l’intervento non era autorizzabile per “dissenso qualificato ai sensi dell’art. 22-quater della LR 7/2000, espresso dal Comune di (omissis) (UD) in materia urbanistica, il quale – per le ragioni dedotte in premessa che si intendono qui integralmente riportate – non può essere superato dalla Giunta Regionale”.

Nella parte motiva la Giunta chiariva che ai sensi dell’art. 22 quater della l.r. 20 marzo 2000, n. 7, competeva esclusivamente all’ente territorialmente competente di esprimersi, essendo inapplicabile in parte qua l’art. 12, comma 4, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (nel testo applicabile ratione temporis), e che ai sensi dell’art. 40 della l.r. 23 febbraio 2007, n. 5, competeva al piani operativi comunali (P.O.C.), quale strumento attuativo dei piani strutturali comunali (P.S.C.) di individuare gli impianti di produzione di energie rinnovabili realizzabili in zona agricola.

A seguito della novella dell’art. 36 della l.r. 12 dicembre 2008, n. 50 (ad opera dell’art. 71 della l.r. 21 ottobre 2010, n. 17), che riconosceva all’autorizzazione unica efficacia di approvazione di variante allo strumento urbanistico comunale, allineando le previsioni della legislazione regionale speciale a quelle della legislazione statale, il procedimento riprendeva corso, e venivano riconvocate le conferenze di servizi interna ed esterna.

La prima nella seduta del 1 marzo 2011 confermava l’esigenza di assoggettamento del progetto anche al subprocedimento di valutazione d’incidenza ambientale; la seconda, nella seduta del 3 marzo 2011, deliberava di richiedere al proponente integrazioni e chiarimenti progettuali.

Con nota del competente servizio in data 29 marzo 2011 era chiarito che non occorreva sottoposizione del progetto a V.I.N.C.A., mentre l’interessato trasmetteva con nota protocollata il 17 maggio 2011 le integrazioni richieste.

Nelle medesime emergeva una modifica del progetto quanto al tracciato dell’elettrodotto di connessione dell’impianto alla rete di trasmissione, che implicava il coinvolgimento in conferenza di servizi del Comune di (omissis), Sn. Re. Ga. S.p.a. e Au. Ve. S.p.a.

La conferenza di servizi interna, nella seduta dell’8 agosto 2011, ravvisata la carenza di documentazione tecnica e amministrativa in relazione alle modifiche progettuali, esprimeva parere negativo, motivato col contrasto delle modifiche rispetto alle previsioni del r.d. 25 luglio 1904, n. 523 (“Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”), ricadendo parte del nuovo tracciato dell’elettrodotto sul sedime del torrente Co..

L’interessato, informato dell’esito della riunione della conferenza di servizi interna, con nota del 12 agosto 2011 comunicava di aver richiesto a En. Di. S.p.a e Te. S.p.a. di coordinarsi al fine di conseguire un nuovo preventivo di connessione e chiedeva correlativamente la sospensione del termini del procedimento per un periodo di 90 giorni.

Con nota del 24 agosto 2011 era disposta la sospensione del procedimento, in conformità della richiesta, ai fini della trasmissione del nuovo preventivo di connessione, salva alla scadenza la convocazione della conferenza di servizi esterna per le determinazioni sulla base degli atti disponibili.

Con nota del 14 novembre 2011 l’interessato comunicava che non era stato possibile predisporre la documentazione integrativa per mancato conseguimento del nuovo preventivo di connessione, richiedendo proroga della sospensione senza indicazione della durata.

Con nota del 1 dicembre 2011 era disposta proroga della sospensione per il periodo di giorni trenta, evidenziando quanto alla disponibilità del suolo che il titolo prodotto, ossia il contratto preliminare di acquisto di quote della società Ze. S.a.s., proprietaria, aveva perduto validità per essere scaduto il termine ivi indicato per la stipulazione del contratto definivo.

Tale nota era riscontrata con lettera di professionista legale inviata a mezzo telefax il 22 novembre 2011 che sosteneva l’incongruità e inidoneità della proroga accordata.

Scaduto il termine complessivo di sospensione del procedimento, era quindi convocata la conferenza di servizi esterna che, nella riunione dell’8 febbraio 2012 si esprimeva in senso contrario al rilascio dell’autorizzazione unica alla luce del parere negativo espresso dalla conferenza di servizi interna nella riunione dell’8 agosto 2011, dei pareri del Sindaco del Comune di (omissis) (che evidenziava, in relazione alla carenza della documentazione relativa alla modifica del tracciato dell’elettrodotto, l’impossibilità di procedere alla variante necessaria per l’imposizione del vincolo espropriativo sulle aree interessate) e del Sindaco di (omissis) (sia perché il nuovo tracciato dell’elettrodotto ricadeva in parte sul sedime del torrente Co., sia per contrasto con le previsioni urbanistiche del proprio piano regolatore, sia per l’incompletezza della documentazione, ivi compreso il titolo e la variante urbanistica).

Non partecipavano alla conferenza ma inviavano note Au. Ve. S.p.a. (in data 6 febbraio 2012) e En. Di. S.p.a. (in data 7 febbraio 2012).

La prima, evidenziato il mancato riscontro dell’interessato alla richiesta di documentazione formulata il 6 giugno 2011, significava di non poter esprimere parere favorevole in relazione all’attraversamento del sedime dell’autostrada A14 Venezia-Trieste al km. 82+627, in corrispondenza del cavalcavia della strada comunale Za. di (omissis).

La seconda chiariva di non aver potuto sviluppare la soluzione tecnica di modifica alla connessione alla rete per il rifiuto del proprietario di consentire l’accesso ai suoli interessati, avendo notiziato di ciò il Da. Ca. senza riscontro in ordine all’invito a presenziare a sopralluogo con titolo idoneo al suddetto accesso.

Con nota del 24 aprile 2012 erano comunicati i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di autorizzazione unica, riscontrati con nota del 5 marzo 2012 di professionista legale.

Infine, con la determinazione dirigenziale n. 843 del 30 marzo 2012, riepilogato minutamente l’iter amministrativo, richiamati i pareri negativi espressi dalla conferenza di servizi interna e esterna, nonché da Au. Ve. S.p.a. e la nota di En. Di. S.p.a., esaminate e disattese le deduzioni dell’interessato in ordine alla carente disponibilità del suolo e alla carenza del nuovo preventivo di connessione, è stato disposto il rigetto dell’istanza di autorizzazione unica, con la precisazione che “…i dissensi espressi potranno essere superati con la dimostrazione della titolarità delle aree sulle quali realizzare l’impianto, con la presentazione di documentazione progettuale esauriente e completa di una nuova soluzione tecnica di connessione alla rete per l’Impianto in progetto ammissibile sia sotto il profilo tecnico che normativo, nonché con il superamento dell’attuale stato di non conformità urbanistica del progetto stesso”.

.2. Orbene, e in funzione della riproposizione dei motivi assorbiti, deve osservarsi che la stessa scansione temporale del procedimento dimostra l’infondatezza del primo motivo di ricorso, imperniato sulla lamentata violazione del termine di conclusione.

L’interessato sostiene che il termine di conclusione del procedimento di autorizzazione unica sia stato ampiamente travalicato, rispetto all’alternativo termine prospettato di centottanta giorni – come stabilito nell’originario testo dell’art. 12, comma 4, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e recepito dall’art. 14.16 delle “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili” di cui al d.m. 10 settembre 2010, n. 47987 -, o, a fortiori, di novanta giorni – come introdotto dalla novella al comma 2 del ripetuto art. 12 di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28.

In effetti deve rilevarsi che, ai sensi del successivo comma 5 della disposizione da ultimo citata, tutte le modifiche introdotte all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, “…si applicano ai procedimenti avviati dopo la data di entrata in vigore del presente decreto” (ossia il 29 marzo 2011, giorno successivo alla pubblicazione nella G.U.R.I. n. 71 del 28 marzo 2011, come stabilita dall’art. 47 del d.lgs. n. 28/2011).

Con la conseguenza che il procedimento autorizzativo de quo, avviato con nota del 14 giugno 2010 resta in ogni caso assoggettato al termine più ampio previgente di centottanta giorni.

In effetti, il suddetto termine, in funzione della cui violazione l’interessato ha formulato autonoma e concorrente domanda risarcitoria, ai sensi dell’art. 2 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (come inserito dall’art. 7, comma 1, lettera c), della legge 18 giugno 2009, n. 69), non risulta oltrepassato.

Dallo sviluppo temporale del procedimento, come delineato sub 4.1, risulta infatti una scansione e articolazione temporale dalla quale è dato enucleare:

a) un primo periodo, decorrente dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione unica (12 novembre 2009) e sino alla produzione delle integrazioni documentali richieste con tempestive note del 26 novembre 2009 e del 14 dicembre 2009, avvenuta con tre successivi depositi il 28 gennaio 2010, 19 maggio 2010 e 9 giugno 2010, che non è computabile ai fini della decorrenza del termine di conclusione del procedimento, che può essere avviato soltanto dalla data di ricevimento dell’istanza completa di tutti gli elaborati necessari e occorrenti (ai sensi dell’art. 14.4 delle linee guida);

b) un secondo periodo, compreso tra la nota di avvio del procedimento, in data 14 giugno 2010 e la deliberazione di Giunta Regionale n. 1942 del 30 settembre 2010, con la quale si riscontrava in senso negativo la richiesta formulata dalla conferenza di servizi esterna nella seduta del 5 agosto 2010, di esprimersi, per il suo eventuale superamento, sul dissenso manifestato dal Comune di (omissis);

c) un terzo periodo relativo alla riattivazione della conferenza di servizi, in relazione all’intervenuta novella dell’art. 36 della l.r. 12 dicembre 2008, n. 50 (ad opera dell’art. 71 della l.r. 21 ottobre 2010, n. 17), che riconosceva all’autorizzazione unica efficacia di approvazione di variante allo strumento urbanistico comunale, allineando le previsioni della legislazione regionale speciale a quelle della legislazione statale, consentendo quindi il superamento delle problematiche evidenziate dalla deliberazione di Giunta Regionale; tale periodo comprende la fase temporale tra le riunioni delle conferenze di servizi interna ed esterna del 1 marzo e 3 marzo 2011 e il 29 marzo 2011, data della nota con cui il competente ufficio regionale chiariva che non occorreva sottoposizione a subprocedimento di V.I.A. o V.I.N.C.A., e sino al 17 maggio 2011, data in cui l’interessato ha trasmesso l’ulteriore documentazione integrativa;

d) un quarto periodo decorrente appunto dall’acquisizione della documentazione integrativa, che modificava la soluzione di connessione, introducendo modifiche del tracciato dell’elettrodotto, ossia dal 17 maggio 2011, e sino alla richiesta dello stesso interessato di sospensione del procedimento per novanta giorni (nota del 12 agosto 2011), ai fini dell’acquisizione del nuovo preventivo di connessione;

e) sospeso pertanto il procedimento con nota del 24 agosto 2011, alla scadenza del termine l’interessato formulava richiesta di ulteriore sospensione (nota di professionista legale del 14 novembre 2011) sempre ai fini del conseguimento del nuovo preventivo di connessione, accordata per giorni trenta con nota del 1 dicembre 2011;

f) scaduto quindi il periodo complessivo di sospensione, il procedimento ha ripreso il suo corso con la conferenza di servizi in data dell’8 febbraio 2012 e si è concluso, dopo la rituale comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento, con il decreto dirigenziale di diniego del n. 843 del 30 marzo 2012.

Orbene, dalla scansione temporale che precede si evince senza alcuna incertezza che il termine di conclusione del procedimento non è stato superato, perché la prima fase si era conclusa con una determinazione sostanzialmente negativa, ancorché non formalizzata (periodo di cui alla lettera b), che è stata superata con possibilità di esame favorevole solo a seguito di una novella normativa, dando luogo a ulteriore fase (periodo di cui alla lettera c), essendo intervenuta una modifica del tracciato dell’elettrodotto, ad iniziativa dell’interessato, e quindi di una dei contenuti (o condizioni) minimi individuate dall’art. 13.1 lettere a) ed f) delle linee guida (periodo di cui alla lettera d)

A seguito di tale essenziale modifica, il procedimento è stato sospeso, a istanza dell’interessato, per complessivi centoventi giorni (periodo di cui alla lettera e), ed è quindi ripreso concludendosi (periodo di cui alla lettera f).

4.3. Quanto all’esame del primo motivo d’appello, con cui si censura la motivazione della sentenza e alla riproposizione degli altri motivi assorbiti (ossia il secondo, terzo e quarto del ricorso originario), il Collegio non può che constarne l’infondatezza.

La disponibilità dell’area sulla quale realizzare l’impianto e le opere connesse è individuata tra i contenuti (o condizioni) minimi dell’istanza di autorizzazione unica dall’art. 13.1, lettera c), delle linee guida.

E se il comma 4 bis dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, come inserito dall’art. 27, comma 42, della legge 23 luglio 2009, n. 99, ha consentito che la disponibilità sia documentata “nel corso del procedimento, e comunque prima dell’autorizzazione”, limitatamente agli impianti alimentati a biomassa e agli impianti fotovoltaici, l’art. 65, comma 5, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, con norma di (bene o male) intesa interpretazione autentica ha disposto che “Il comma 4-bis dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, introdotto dall’articolo 27, comma 42, della legge 23 luglio 2009, n. 99, deve intendersi riferito esclusivamente alla realizzazione di impianti alimentati a biomasse situati in aree classificate come zone agricole dagli strumenti urbanistici comunali”

In altri termini, se poteva ammettersi che la disponibilità dell’area (ossia non necessariamente la proprietà ma comunque un titolo idoneo al suo utilizzo) potesse comunque intervenire nel corso del procedimento, la disposizione suddetta ha escluso tale “favor” per gli impianti fotovoltaici.

D’altro canto, essendo intervenuta ben presto la scadenza della data indicata nel preliminare di acquisto di quote della Ze. S.a.s. sin dal 15 ottobre 2010 e non avendo acconsentito la promissaria venditrice alla proroga del suddetto termine, l’interessato avrebbe potuto semmai integrare l’istanza con una richiesta di apposizione di vincolo finalizzato all’esproprio “…corredata dalla documentazione riportante l’estensione, i confini ed i dati catastali delle aree interessate ed il piano particellare”, ai sensi dell’art. 13.1, lettera c), delle linee guida, tenuto conto che ai sensi dell’art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 387/2003 le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.

Al contrario l’interessato ha ritenuto di promuovere giudizio civile in relazione al dissenso alla proroga della promissaria venditrice.

Esattamente quindi il giudice amministrativo friulano ha ritenuto che, in difetto della documentata disponibilità dell’area, o – si aggiunge – di alternativa richiesta di apposizione del vincolo finalizzato all’esproprio con relativo piano particellare, difettasse comunque una condizione minima essenziale per il rilascio dell’autorizzazione unica, e tale circostanza fosse ex se idonea a motivare il diniego.

In ogni caso, è evidente che in difetto dell’avvio degli atti propedeutici all’esproprio En. Di. S.p.a. non aveva alcun titolo ad accedere invito domino ai suoli per svolgere i rilievi occorrenti a sviluppare la soluzione tecnica alternativa di tracciato dell’elettrodotto e il relativo preventivo di connessione, costituenti essi pure condizioni minime per il rilascio dell’autorizzazione unica.

Circostanza essa pure richiamata a sostegno del diniego di autorizzazione unica.

Il decreto dirigenziale è comunque motivato, in modo ulteriore e esauriente, anche in disparte i rilievi dei Comuni di (omissis) e (omissis), con il richiamo a ulteriori ragioni ostative, costituite dall’incidenza del nuovo tracciato dell’elettrodotto con il sedime del torrente e/o corso d’acqua pubblico Co., in funzione del divieto di cui all’art. 96 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523 e del parere contrario espresso da Au. Ve. S.p.a. in ordine all’attraversamento del sedime dell’autostrada A14 Venezia-Trieste al km. 82+627, in corrispondenza del cavalcavia della strada comunale Za. di (omissis).

4.4. In relazione all’infondatezza sia delle censure riguardanti la violazione del termine del procedimento che di quelle afferenti al provvedimento di diniego di autorizzazione unica, le domande risarcitorie riproposte con l’appello devono essere rigettate

5. In conclusione, l’appello in epigrafe deve essere rigettato, con conferma della sentenza gravata, come integrata dai rilievi che precedono, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

6. La relativa novità delle questioni esaminate giustifica la compensazione tra le parti anche delle spese del giudizio d’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) così provvede sull’appello in epigrafe n. r. 9663 del 2014:

1) rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma sentenza del T.A.R. per il Friuli Venezia Giulia n. 442 del 19 agosto 2014, come integrata in motivazione;

2) dichiara compensate per intero, tra le parti, le spese del giudizio di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco – Presidente FF

Fabio Taormina – Consigliere

Dante D’Alessio – Consigliere

Carlo Schilardi – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore

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