La massima
La dizione generica di stile apposta nei ricorsi giurisdizionali, secondo cui sono impugnati pure gli atti presupposti, connessi e conseguenti al provvedimento gravato in via principale, non può ritenersi sufficiente a far ricomprendere nell’oggetto dell’impugnazione atti non nominati e dei quali non è possibile l’individuazione nel testo del ricorso, nemmeno esaminando le censure proposte.
Consiglio di Stato
Sezione VI
sentenza del 24.1.2012, n. 291
1). Con atto n. 1/078816 del 21 aprile 1999 prot. – a firma del presidente della Commissione d’esame del concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di n. 2 posti di dirigente amministrativo, indetto dall’Azienda ospedaliera universitaria Ospedali Riuniti di Foggia – era data comunicazione al dott. M.F., che aveva partecipato a detta procedura concorsuale, la non ammissione a sostenere le prove orali per non aver conseguito il giudizio di sufficienza previsto dall’art. 14 del D.P.R. 10 dicembre 1997, n. 48.”
Avverso il provvedimento preclusivo della sua partecipazione alla residua fase della procedura selettiva, il dott. F. proponeva il ricorso n. 1624 del 1999 al T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, deducendo motivi di violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del D.P.R. n. 483 del 10 dicembre 1997; degli artt. 3 e 12 della L. n. 142 del 1990 e di difetto di motivazione.
Con la sentenza n. 5642 del 2004, il T.A.R. adito – in accoglimento di una eccezione formulata dall’Azienda ospedaliera – dichiarava il ricorso improcedibile, per non avere l’odierno ricorrente provveduto ad impugnare tempestivamente, sia per motivi aggiunti o a mezzo di ricorso autonomo, la deliberazione n. 751 del 27 maggio 1999 approvativa della graduatoria finale di merito e dispositiva della nomina dei vincitori della procedura selettiva pubblica di cui è controversia.
Contro detta sentenza il dott. F. ha proposto atto di appello ed ha contestato le conclusioni del T.A.R., sottolineando che l’atto introduttivo del giudizio era indirizzato ad ottenere l’annullamento di “ogni atto presupposto, connesso e o comunque consequenziale a quello impugnato” e che, in ogni caso, non vi era onere alcuno di gravarsi contro atti non comunicati, né altrimenti resi noti con il deposito in giudizio. Nel merito egli ha riproposto i motivi di violazione di legge ed eccesso di potere non esaminati dal T.A.R.
Resiste l’Azienda ospedaliera universitaria Ospedali Riuniti di Foggi, che ha contrastato i motivi di appello ed ha chiesto la conferma della sentenza gravata.
In sede di memoria di replica il dott. F. ha insistito nelle proprie tesi difensive.
All’udienza del 20 dicembre 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2). L’appello è infondato e la sentenza impugnata merita conferma.
2.1). E’ pacifico in giurisprudenza che la dizione generica di stile apposta nei ricorsi giurisdizionali, secondo cui sono impugnati pure gli atti presupposti, connessi e conseguenti al provvedimento gravato in via principale, non può ritenersi sufficiente a far ricomprendere nell’oggetto dell’impugnazione atti non nominati e dei quali non è possibile l’individuazione nel testo del ricorso, nemmeno esaminando le censure proposte.
Nella specie il ricorso avanti al T.A.R. è stato indirizzato solo avverso la nota del presidente della commissione giudicatrice in data 21 aprile 1999 di esclusione dal concorso e non sono identificati i successivi atti impugnati e, segnatamente, i vizi da cui essi siano affetti (cfr. ex multis Cons. St., IV, n. 659 del 19 settembre 1992; n. 346 del 22 aprile 1992).
L’interessato – come ha correttamente rilevato la sentenza appellata – non ha contestato la graduatoria finale del concorso, come si evince anche dalla mancata notifica del ricorso di primo grado ad alcuno dei candidati risultati vincitori.
Non va condivisa la tesi dell’appellante in base alla quale solo con l’entrata in vigore della L. 21 maggio 2000, n. 205, che ha introdotto modifiche all’art. 21 della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, può configurarsi come onere del ricorrente, a pena di decadenza, la specifica impugnativa di atti connessi e consequenziali al provvedimento impugnato.
La previsione introdotta dall’ art. 1 della menzionata L. n. 205 del 2000, in base alla quale tutti i provvedimenti adottati in pendenza di ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del ricorso stesso, sono impugnati mediante proposizione di motivi aggiunti (ora ricondotta all’ art. 43 cod. proc. amm.), opera su un piano strettamente formale e rinviene la sua ratio in esigenze di semplificazione e di economia dei mezzi processuali relativi ad una medesima vicenda controversa.
Dalla novella normativa non può desumersi, diversamente da quanto argomentato al ricorrente, la non esigibilità, in vigenza dell’originario testo dell’art. 21 della L. n. 1034 del 1971, della specifica menzione in ricorso degli atti connessi e consequenziali a quello impugnato che si assumono viziati. Detto onere – oltre che nella puntuale previsione di cui all’ art. 6, n. 2, del previgente R.D. 17 agosto 1907, n. 642, sugli elementi contenutistici del ricorso – trova la sua ragion d’essere sia nella necessità di individuare i vizi da cui si assumono affetti gli atti che si pongono in rapporto di derivazione rispetto a quello inizialmente gravato, sia di porre in condizione i soggetti che versano in posizione di controinteresse di potere adeguatamente contraddire, se non di essere chiamati in giudizio, ove la qualità di controinteressato emerga solo in presenza di provvedimenti successivamente adottati dall’amministrazione.
3. Per le ragioni che precedono l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
Spese ed onorari del secondo grado del giudizio possono essere compensati fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n.. 972 del 2006, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate del secondo grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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