Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 31 ottobre 2016, n. 4569

È legittimo il comportamento del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della ricerca che – di fronte all’errore nella consegna dei “test” ai candidati dell’Area medica e dell’Area dei servizi clinici – ha proceduto “ad una neutralizzazione delle sole domande delle due prove che risultavano estranee alle materie di esame per le rispettive specializzazioni”. La sentenza ha motivato che questa scelta è avvenuta “nel rispetto dei princìpi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa ed è priva di evidenti vizi logici”

 

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 31 ottobre 2016, n. 4569

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2390 del 2016, proposto da:

Ch. Ge., rappresentata e difesa dagli avvocati Mi. Bo., ed altri con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, Università degli Studi di Pisa, in persona del Rettore pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati presso gli uffici di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Ci. – Consorzio Interuniversitario, non costituito in giudizio;

nei confronti di

An. Ma., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata 24 luglio 2015, n. 10195, del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione III-bis.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Pisa;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 luglio 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Mi. Bo. e Ga. D’Av. dell’Avvocatura Generale dello Stato.

FATTO e DIRITTO

1.- L’appellante è laureata in medicina e ha partecipato al concorso unico nazionale per l’ammissione alle scuole di specializzazione per l’anno accademico 2013/2014 e non si è classificata in posizione utile nelle relative graduatorie di merito.

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sostenuto l’illegittimità, sotto diversi profili, delle operazioni concorsuali, con la conseguente illegittimità delle valutazioni effettuate nei loro confronti e della graduatoria nazionale di merito pubblicata il 5 novembre 2014.

In particolare era accaduto che, nel corso delle prove svoltesi nelle giornate del 29 ottobre 2014 (Area Medica) e del 31 ottobre 2014 (Area dei Servizi Clinici), si era verificato un errore nella assegnazione ai candidati dei test.

Era risultato che ai candidati dell’Area Medica erano state consegnate le trenta domande predisposte per l’Area dei Servizi Clinici e, viceversa, ai candidati dell’Area dei Servizi Clinici erano state consegnate le trenta domande predisposte per l’Area Medica.

A seguito dell’errore commesso dal CI., il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (di seguito MIUR), aveva ritenuto in un primo momento necessaria la rinnovazione delle operazioni concorsuali, come risulta da un apposito comunicato stampa emanato in data 1° novembre 2014.

Dopo qualche giorno tuttavia, anche a seguito di un parere reso dall’Avvocatura Generale dello Stato, il MIUR ha deciso di procedere ad una neutralizzazione delle sole domande delle due prove che risultavano estranee alle materie di esame per le rispettive specializzazioni, con la conseguente salvezza della procedura e delle prove già effettuate.

In particolare, la Commissione nazionale del concorso ha deciso, il 3 novembre 2014, di neutralizzare le sole domande contenute nei test effettivamente caratterizzanti le specifiche aree (due quesiti su 30 per ciascuna delle aree) e di considerare valide le altre domande che, seppure erroneamente somministrate a causa dell’inversione, costituivano tuttavia espressione di un bagaglio culturale comune alle due aree e quindi potevano considerarsi tra loro sostanzialmente sovrapponibili.

Tale determinazione è stata resa pubblica con comunicato stampa nella stessa data del 3 novembre 2014.

2.- L’appellante ha censurato davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio le determinazioni assunte in tal senso dall’amministrazione ed hanno sostenuto l’illegittimità della procedura anche per altri motivi riguardanti lo svolgimento delle prove.

3.- Il Tribunale amministrativo, con sentenza 24 luglio 2015, n. 10195, ha respinto il ricorso.

In particolare, il primo giudice ha rilevato che la controversia si inseriva nel numeroso contenzioso attinente al concorso di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina per l’anno accademico 2013/2014, delle cui vicende la Sezione si era già ripetutamente occupata, ed ha ritenuto che non sussistevano ragioni per discostarsi dai consolidati orientamenti della Sezione, con la conseguenza che il ricorso poteva essere definito con sentenza in forma semplificata di rigetto, ai sensi degli artt. 60 e 74 del c.p.a., con un sintetico riferimento ai precedenti conformi.

4.- La decisione è stata appellata dai partecipanti al concorso indicati in epigrafe che ne hanno chiesto la riforma perché erronea sotto diversi profili.

5.- Si è costituita in giudizio l’amministrazione, chiedendo il rigetto dell’appello.

6.- La causa è stata decisa all’udienza pubblica del 21 luglio 2016.

7.- L’appello non è fondato alla luce dei precedenti della Sezione (da ultimo, sentenza 27 settembre 2016, n. 3995).

8.- Con un primo motivo si assume l’illegittimità degli atti impugnati per mancanza di un provvedimento ministeriale di ratifica dell’operato della commissione.

Il motivo non è fondato, in quanto l’amministrazione ha seguito la procedura legale, senza che sia necessario che intervenga un atto di “ratifica” da parte dell’amministrazione. La commissione, infatti, è organo straordinario dell’amministrazione, con la conseguenza che la sua attività, in virtù delle regole che presiedono al funzionamento del sistema di imputazione giuridica, è direttamente riconducibile al Ministero. Ne consegue che non è necessario, avuto riguardo alla specifiche censure formulate, un ulteriore atto di “appropriazione” di un’attività che, si ribadisce, è già direttamente imputabile al Ministero.

9.- Con un secondo motivo l’appellante deduce l’illegittimità della procedura anche a causa della mancata partecipazione di alcuni dei componenti della commissione nazionale del concorso alla riunione nella quale è stata decisa la neutralizzazione dei quesiti in questione.

Il motivo non è fondato.

La commissione nazionale del concorso in questione era stata costituita con D.M. 23 luglio 2014, n. 584, ai sensi dell’art. 4 del D.M. 30 giugno 2014 n. 105.

La commissione era costituita dal presidente e da 15 componenti: 5 per l’area medica, 5 per l’area chirurgica e 5 per l’area dei servizi clinici, sulla base delle diverse specializzazioni oggetto della prova, ed aveva il compito (art. 3 del D.M. n. 584 del 2014) di specificare i criteri per l’attribuzione del punteggio ai candidati al concorso unico nazionale, al fine di consentire al Ministero la definizione di una graduatoria unica nazionale per ciascuna tipologia di scuola, e di validare i quesiti predisposti dal soggetto cui il Ministero aveva affidato il servizio di predisposizione dei test per le scuole di specializzazione.

Tenuto conto delle funzioni assegnate alla Commissione nazionale, considerata la sua articolata composizione e il numero dei componenti previsti per ogni area disciplinare e considerato che il citato D.M. n. 584 del 2014 non prevedeva la presenza di membri supplenti, si deve ritenere che la commissione poteva legittimamente svolgere la funzione di validazione dei test anche in assenza di qualcuno dei suoi membri, non potendosi considerare un collegio perfetto.

Del resto, proprio la presenza di ben cinque membri per ogni area rendeva inutile la previsione di membri supplenti risultando le competenze specifiche proprie di ogni area adeguatamente rappresentate da un consistente numero di professori appartenenti ad ogni area, in grado, con la loro presenza, di rappresentare le relative diverse competenze.

In conseguenza, non può considerarsi illegittima la contestata determinazione riguardante la neutralizzazione dei quesiti, assunta nella seduta del 3 novembre 2014, per effetto della mancata presenza alla riunione di alcuni dei componenti della commissione.

Infatti, gli altri docenti presenti, sia per l’area medica che per l’area dei servizi clinici, erano perfettamente in grado di garantire quelle conoscenze specialistiche sulla base delle quali è stata poi decisa la neutralizzazione dei (soli) quesiti ritenuti non pertinenti.

Né si può giungere a conclusione diversa in relazione alla circostanza che la commissione nazionale aveva anche il compito di assegnare i punteggi ai titoli posseduti dai candidati (per il voto di laurea e per il curriculum degli studi), nel rispetto dei parametri dettati dall’art. 5 del D.M. n. 105 del 2014, riguardando tale previsione una attività a limitato carattere valutativo comunque sostanzialmente diversa da quella oggetto della censura in esame (v. sentenza n. 3995 del 2016, cit.).

9.- Con il terzo, quarto, quinto e sesto motivo si contesta la legittimità dell’inversione delle prove e la successiva sanatoria, sul presupposto che ciò avrebbe inciso sulle sorti del concorso, con pregiudizio concreto per l’appellante anche in ragione del fatto che i due punti sono stati assegnati, in modo irragionevole, anche ai partecipanti che hanno fornito una risposta errata.

I motivi non sono fondati.

Questa Sezione ha già ritenuto legittima tale procedura.

In particolare, si è affermato, su un piano generale, quanto segue: «La scelta di neutralizzazione delle domande ritenute non pertinenti, operata dal MIUR, risulta peraltro operata nel rispetto dei princìpi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa ed è anche priva di evidenti vizi logici. Infatti, la soluzione individuata, resa possibile della pertinenza della gran parte delle domande dei due test alle rispettive aree concorsuali, ha consentito la conservazione degli atti della selezione già svolta nonostante il clamoroso errore compiuto dal CI. nello scambio dei test. Sarebbe stata altrimenti necessaria la ripetizione della prova, con costi altissimi, considerato anche il numero dei partecipanti alla procedura, per l’Amministrazione, che avrebbe dovuto organizzare una nuova prova nei necessari tempi tecnici, con tutte le relative spese a carattere organizzativo e per la sorveglianza, e avrebbe determinato anche il sicuro slittamento dell’inizio dell’anno accademico, con conseguente grave nocumento per l’interesse pubblico. Senza contare il danno che sarebbe stato arrecato anche ai laureati in medicina che avevano partecipato alla procedura e che avrebbero dovuto rinnovare la prova interrompendo le loro attività e recandosi nuovamente nelle diversi sedi previste, anche lontane dai luoghi di residenza» (sentenza n. 3995 del 2016).

Nello specifico, la Sezione ha rilevato che il MIUR, dopo aver rilevato che solo due dei quesiti per ciascuna area risultavano obiettivamente non pertinenti, ha ritenuto ragionevolmente di “abbuonare” i due quesiti a tutti i candidati anziché “sottrarre” il corrispondente punteggio, sterilizzando gli effetti prodotti dalle risposte ai quesiti non pertinenti.

La Sezione ha poi aggiunto che se la neutralizzazione dei due quesiti (per area) doveva riguardare tutti i candidati, non possono essere considerati favorevolmente gli argomenti diretti ad una valutazione “virtuale” dei quesiti sterilizzati, basata sul fatto che alcuni avrebbero comunque fornito la risposta esatta a tali quesiti, posto che le risposte a tali quesiti semplicemente non potevano essere più considerate (sentenza n. 3995 del 2016 e n. 4432 del 22 settembre 2015).

A tale proposito si è, inoltre, specificato che «l’assegnazione a ciascun candidato di un “pari punteggio pieno” per le domande eliminate non si concretizza in una illogica equiparazione tra coloro che hanno risposto esattamente e coloro che o non hanno risposto o hanno dato risposte errate. Si è trattato invece di una scelta che non ha fatto emergere alterazioni della “par condicio”, pur tenendo conto delle singolarissime, auspicabilmente irripetibili, condizioni date.

Tutti i candidati sono stati cioè posti in grado di cimentarsi, in condizione paritaria, sulle materie indicate in origine come oggetto di prova. Sotto questo aspetto non risulta intaccata la legittimità sostanziale della procedura, tenuto conto del fondamentale principio di conservazione degli atti giuridici, il quale trova la sua naturale giustificazione nella considerazione che, quando è possibile recuperare un qualunque risultato utile a disciplinare un rapporto giuridico, occorre propendere per la soluzione che consenta di salvare il risultato stesso, ovviamente tenendo sempre ben presente che a tanto può pervenirsi quando non risultino coinvolti nella vicenda altri princìpi di carattere generale in qualche modo violati o comunque compromessi dalla operazione di salvezza» (sentenza n. 506 del 2015, cit.).

10.- Con il settimo motivo si fanno valere “irregolarità diffuse” nel corso delle prove: inidoneità delle aule e dei supporti informatici

Il motivo non è fondato.

Questa Sezione ha già esaminato tali censure, rilevando che esse risultano nel complesso generiche e indimostrate e soprattutto sono carenti dell’indicazione del nesso causale tra le irregolarità medesime e l’esito della prova (sentenza n. 506 del 2016, cit.).

11.- Con il settimo motivo si assume la violazione dell’anonimato in quanto l’operazione di neutralizzazione delle domande non pertinenti inserite nei test erroneamente consegnati, essendo stata effettuata dopo lo svolgimento delle prove, e quindi a test già effettuati, sarebbe stata condotta in violazione delle regole di anonimato, determinando un illegittimo vantaggio per soggetti già determinati.

Il motivo non è fondato.

Questa Sezione ha già avuto modo di affermare che «le particolari modalità di svolgimento della prova non consentono (…) di ritenere possibile la lamentata violazione delle regole dell’anonimato». Non risulta neanche «indicato in che modo e in favore di quale candidato tale regola potrebbe essere stata violata, rendendo la censura anche inammissibile per la sua genericità» (sentenza n. 3995 del 2016, cit.).

12.- La particolarità della vicenda all’esame del Collegio giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;

b) dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere

Andrea Pannone – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere, Estensore

Italo Volpe – Consigliere

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