Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 31 agosto 2016, n. 3761

L’amministrazione, quando venga a conoscenza dell’esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, deve compiere le indagini necessarie per verificare la fondatezza delle contestazioni, e, se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento del suo diritto, non deve rilasciare il provvedimento abilitativo

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 31 agosto 2016, n. 3761

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 410 del 2013, proposto da:
Gu. Al. e An. Ma. Ze., rappresentati e difesi dall’avvocato Al. La., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Vi. Ba., in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Au., con domicilio presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, p.za (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZIONE STACCATA DI SALERNO, SEZIONE II, n. 01036/2012, resa tra le parti e concernente: diniego di permesso di costruire in sanatoria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2016, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Au. e Za. D’Au., quest’ultimo per delega dell’avvocato La.;
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, dichiarava inammissibile il ricorso n. 1959 del 2009 (integrato da motivi aggiunti), proposto dai coniugi Al. Gu. e Ze. An. Ma. – nella loro qualità di proprietari di un appartamento su due piani nell’edificio condominiale sito nel Comune di (omissis), Corso (omissis), catastalmente individuato al foglio (omissis), partt. (omissis) sub (omissis) e sub (omissis) – avverso la nota comunale n. 7660 del 31 luglio 2009, con la quale era stato loro comunicato che «allo stato non può farsi luogo al rilascio del permesso richiesto in quanto agli atti non è presente il verbale di assemblea condominiale con il quale i condomini danno mandato per l’esecuzione degli adempimenti condominiali», nonché (con i motivi aggiunti) avverso l’ordinanza comunale n. 1 del 2 gennaio 2010 recante ordine di demolizione e di ripristino dello stato anteriore, l’ordine inibitorio n. 2359 del 17 marzo 2010 alla d.i.a. presentata dai ricorrenti per la sanatoria delle opere di manutenzione straordinaria dell’immobile in questione (sul presupposto del silenzio-rigetto dell’accertamento di conformità e, comunque, per difetto del titolo legittimante interferendo le opere su parti condominiali) e l’atto di diffida n. 5169 del 16 giugno 2011 a dare esecuzione ai precedenti provvedimenti sanzionatori.
In particolare, l’adìto T.a.r. accoglieva l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa notificazione ad almeno uno dei controinteressati, da individuare nei condomini dell’edificio condominiale di ubicazione dell’appartamento di proprietà dei ricorrenti, quale sollevata dal Comune resistente, in quanto «nominativamente indicati nel provvedimento impugnato» e «proprietari e/o possessori di appartamenti siti nel medesimo della cui sicurezza si tratta, laddove sono evidenziate possibili violazioni della normativa antisismica», trattandosi di «interventi che incidono su parti comuni, quali pilastri o sottotetto» (v. così, testualmente, l’impugnata sentenza).
2. Avverso tale sentenza interponevano appello i ricorrenti soccombenti, assumendo, in linea preliminare di fatto, che tutti i lavori in contestazione sarebbero stati comprovatamente eseguiti nell’anno 1999 in attuazione della d.i.a. presentata il 15 marzo 1999 e nel rispetto della normativa vigente alla data della loro realizzazione, e deducendo l’erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso, sotto plurimi profili. Gli appellanti censuravano ad ogni modo anche l’erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti proposti avverso i provvedimenti sanzionatori, in relazione ai quali non erano configurabili soggetti controinteressati, e riproponevano i motivi di primo grado.
Gli appellanti chiedevano pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado (compresi i motivi aggiunti).
3. Si costituiva in giudizio il Comune di (omissis), contestando la fondatezza dell’avversario appello e chiedendone la reiezione in rito e nel merito.
4. All’udienza pubblica del 5 maggio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è infondato.
Deve, in particolare, ritenersi corretta la statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado (compresi i motivi aggiunti) per la mancata notificazione ad almeno uno dei controinteressati, in quanto:
– sia il provvedimento n. 7660 del 31 luglio 2009, di diniego del permesso di costruire in sanatoria, sia il provvedimento del 17 marzo 2010, di inibitoria della d.i.a. in sanatoria presentata il 22 febbraio 2010, sono basati sul rilievo centrale della mancata prova del titolo legittimante degli istanti, ossia della mancata produzione di correlativa deliberazione condominiale di assenso alle opere, sul presupposto della loro incidenza su parti comuni dell’edificio condominiale;
– infatti, con le opere in contestazione – consistenti nella chiusura di una finestra sulla locale Via (omissis), nella demolizione di pareti preesistenti, nella costruzione di nuove pareti interne, nell’apertura di un varco per accedere al sottotetto con costruzione di relativa scala – i ricorrenti, in sostanza, univano materialmente due unità immobiliari originariamente separate (precisamente, il locale al piano terra catastalmente individuato al fg. (omissis) p.lla (omissis) sub (omissis) e il sovrastante appartamento catastalmente individuato al fg. (omissis) p.lla (omissis) sub (omissis)), prima facie interferendo con le parti comuni dell’edificio (in particolare, con gli elementi portanti costituiti dalle travi del palazzo, con il muro perimetrale interessato dagli interventi sulle finestre, con il muro condominiale interessato dall’accesso al sottotetto);
– i condomini risultano nominativamente indicati nel provvedimento n. 7660 del 31 luglio 2009 – il quale è richiamato nell’ordinanza di demolizione n. 1/2010, impugnata con il primo ricorso per motivi aggiunti ed a sua volta richiamata nell’atto di diffida del 16 giugno 2011 -, risultando l’atto nominativamente indirizzato a tutto i condomini dell’edificio;
– essendo i provvedimenti impugnati del 31 luglio 2009 e del 17 marzo 2010 motivati espressamente dalla mancanza del titolo di legittimazione a cagione del mancato assenso condominiale, la posizione dei condomini non resta relegata su un piano astratto, eventuale e indiretto, ma risulta concretamente contemplata nei menzionati provvedimenti come posizione limitativa del titolo legittimante la presentazione dell’istanza del titolo edilizio da parte degli istanti, nel senso che occorreva un relativo atto di assenso condominiale pena la violazione dei diritti dei condomini;
– questi ultimi pertanto, oltre ad assumere la veste di controinteressati in senso formale per essere nominativamente indicati (e, dunque, agevolmente individuabili) nel provvedimento del 31 luglio 2009 quali soggetti cui l’atto era indirizzato, assumono anche la veste di controinteressati in senso sostanziale, quali titolari di un interesse qualificato opposto a quello dei ricorrenti e quali beneficiari di un vantaggio giuridicamente rilevante (di natura oppositiva), diretto e immediato, tratto dagli impugnati provvedimenti di diniego (e da quelli consequenziali di demolizione e di ripristino) in virtù della posizione giuridica espressamente contemplata dall’atto impugnato;
– ai condomini, in quanto soggetti controinteressati in senso tecnico, andavano pertanto notificati, a pena di inammissibilità, il ricorso originario e i successivi ricorsi per motivi aggiunti relativi agli atti consequenziali, a mente degli artt. 21, comma 1, l. n. 1034/1971 e 41, comma 2, cod. proc. amm..
Occorre, al riguardo, precisare che deve ritenersi legittima la motivazione degli atti di diniego basata sulla mancanza dell’assenso condominiale, poiché la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, superando l’indirizzo precedente che affermava la totale indifferenza delle ragioni privatistiche rispetto alla legittimità dei provvedimenti edilizi, è oggi allineata nel senso che l’amministrazione, quando venga a conoscenza dell’esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, deve compiere le indagini necessarie per verificare la fondatezza delle contestazioni, e, se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento del suo diritto, non deve rilasciare il provvedimento abilitativo (v., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3027; Cons. Stato, Sez. V, 7 luglio 2005, n. 3730).
Inoltre, le evidenziate connotazioni concrete delle vicende procedimentali dedotte in giudizio e la natura della situazione giuridica soggettiva facente capo ai condomini controinteressati consentono di escludere l’applicabilità, al caso di specie, dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui, nell’ipotesi di impugnazione di un diniego di permesso di costruire o di una ordinanza di demolizione, di regola non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contraddittorio.
6. La qui confermata statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado (compresi i motivi aggiunti) per la mancata instaurazione del giudizio nei confronti di almeno uno dei controinteressati impedisce l’ingresso di ogni altra questione, processuale e di merito, atteso il carattere assolutamente pregiudiziale del rilevato vizio processuale che ha precluso l’instaurazione di un valido rapporto processuale nei confronti dei contraddittori necessari.
7. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 410/2013), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2016, con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore
Dante D’Alessio – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere

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