Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 3 febbraio 2017, n. 465

L’art. 45 bis, Cod. Nav. tutela due distinti interessi dell’amministrazione, il primo volto alla salvaguardia del bene demaniale, il secondo volto alla tutela della concorrenza; sotto il primo profilo, la norma garantisce che, per tutta la durata della concessione, l’amministrazione concedente possa sempre verificare che il bene pubblico sia in concreto utilizzato da soggetti idonei; sotto il secondo profilo, garantisce poi che non sia elusa la regola per cui le concessioni, e più in generale i titoli di godimento di beni pubblici, vanno attribuiti mediante pubblica gara, per assicurare pari possibilità di accesso a tutti i privati interessati. E’ evidente infatti che se non esistesse alcun controllo sulla sua attività, il concessionario potrebbe acquisire un’indebita rendita di posizione assicurandosi il bene e poi ritrasferendolo a terzi alle condizioni da lui arbitrariamente stabilite

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 3 febbraio 2017, n. 465

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9905 del 2010, proposto da:

Autorità Portuale di Genova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

contro

Ku. Pe. It. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gu. Fr. Ro., An. Bo., Gi. Bo., Ma. Ca., con domicilio eletto presso lo studio Gu. Fr. Ro. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del TAR Liguria, sezione I 19 novembre 2009 n°3415, resa fra le parti, con la quale sono state annullate le note dell’Autorità portuale di Genova 25 febbraio 2009 prot. n. 4022; 23 aprile 2009; 15 luglio 2008 prot. n. 13932; 17 novembre 2008 prot. n. 22074; 5 maggio 2009 prot. n. 9032; 22 maggio 2009 prot. n. 10610 e fax 29 maggio 2009, e condannata l’Autorità a restituire le somme percepite a titolo di indennizzo relativamente alla presunta occupazione non autorizzata di una porzione di area demaniale marittima, in via (omissis), località (omissis);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ku. Pe. It. Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Pi. Ma., e Gi. Mo. per delega di Bo..;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La ricorrente appellata, che esercita l’attività di raffinazione e vendita di prodotti petroliferi, è concessionaria di un’area del demanio marittimo a Genova, località (omissis), via (omissis), e vi aveva da tempo realizzato un impianto di vendita carburanti, la comune “stazione di servizio”, affidato ad un gestore, persona estranea a questo processo; pur ritenendo di avere comunque il titolo per tale affidamento, il giorno 17 aprile 2008 chiedeva nondimeno, a suo dire per maggior sicurezza, alla Autorità portuale di esservi autorizzata ai sensi dell’art. 45 bis c.n.

A fronte di ciò, riceveva la prima delle note indicate in epigrafe, con la quale si vedeva ingiungere il pagamento di € 546.769,50 a titolo di indennizzo per l’occupazione non autorizzata dell’area stessa per il quinquennio dal 29 maggio 2003; con successiva nota, si vedeva richiedere anche i relativi interessi (fatti pacifici in causa, si veda la sentenza impugnata).

Avverso tali atti, proponeva impugnazione avanti il TAR con ricorso principale, integrato da motivi aggiunti rivolti contro la pretesa degli interessi.

Con la sentenza indicata, il TAR Liguria ha accolto il ricorso; in particolare, ha accolto come fondato ed assorbente il primo motivo di ricorso, ed ha ritenuto che i fatti addebitati alla ricorrente appellata non integrassero la fattispecie dell’art. 45 bis c.n. ovvero la gestione da parte di terzi delle attività inerenti la concessione.

Impugna l’amministrazione intimata, con appello affidato ad unico motivo, di violazione degli artt. 45 bis e 1161 c.n. Sostiene in sintesi al riguardo che il gestore di una stazione di servizio la gestisce in proprio, e non opera per conto della compagnia petrolifera affidante; per poter utilizzare un’area in concessione, deve quindi essere autorizzato dall’autorità concedente.

Resiste la ricorrente appellata, con memoria 17 gennaio 2011, in cui chiede che l’appello sia respinto, e comunque ripropone in via incidentale e subordinata i motivi assorbiti, così come segue:

– violazione ovvero falsa applicazione dell’art. 8 del d.l. 22 settembre 1999 n. 400, nel senso che, anche volendo ritenere che la ricorrente appellata abbia sostituito a sé un terzo nel godimento dell’area in concessione, si tratterebbe di sostituzione parziale, e non della sostituzione integrale ritenuta dall’amministrazione nei provvedimenti impugnati. Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che le autorizzazioni relative all’impianto sono rimaste sempre nella titolarità della ricorrente appellata e dal fatto che l’autorizzazione di cui all’art. 45 bis c.n. poi rilasciatale consente al terzo la gestione di una porzione dell’area soltanto. Come conseguenza, ne seguirebbe un indennizzo dimezzato rispetto a quanto preteso;

– violazione ulteriore dell’art. 8 d.l. 400/1999 in relazione alla l. 24 novembre 1981 n. 689, nel senso che l’indennizzo previsto dalla prima norma e preteso nel caso di specie dall’amministrazione sarebbe in realtà una sanzione amministrativa, e quindi sarebbe soggetto ai principi in materia, ovvero necessità di previa tempestiva contestazione dell’infrazione, possibilità di pagamento in misura ridotta pari al terzo del massimo edittale e prescrizione quinquennale dal giorno della violazione. Nella specie, quindi il dovuto sarebbe al più un terzo di quanto preteso.

Con memoria 6 ottobre 2016, la ricorrente appellata si è infine riportata alle precedenti proprie difese.

Alla udienza del giorno 26 gennaio 2017, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.

DIRITTO

1. L’appello principale è fondato, per le ragioni che seguono.

2. L’art. 45 bis c.n. in tema di concessioni demaniali marittime si riporta per chiarezza, e dispone: “(Affidamento ad altri soggetti delle attività oggetto della concessione) Il concessionario previa autorizzazione dell’autorità competente, può affidare ad altri soggetti la gestione delle attività oggetto della concessione. Previa autorizzazione dell’autorità competente, può essere altresì affidata ad altri soggetti la gestione di attività secondarie nell’ambito della concessione.”.

3. In proposito, il Collegio condivide quanto affermato su in caso identico al presente dallo stesso TAR Liguria nella sentenza sez. II 12 novembre 2010 n°10382, successiva a quella qui impugnata. La norma tutela due distinti interessi dell’amministrazione, il primo volto alla salvaguardia del bene demaniale, il secondo volto alla tutela della concorrenza.

4. Sotto il primo profilo, la norma garantisce che, per tutta la durata della concessione, l’amministrazione concedente possa sempre verificare che il bene pubblico sia in concreto utilizzato da soggetti idonei. Sotto il secondo profilo, garantisce poi che non sia elusa la regola per cui le concessioni, e più in generale i titoli di godimento di beni pubblici, vanno attribuiti mediante pubblica gara, per assicurare pari possibilità di accesso a tutti i privati interessati. E’ evidente infatti che se non esistesse alcun controllo sulla sua attività, il concessionario potrebbe acquisire un’indebita rendita di posizione assicurandosi il bene e poi ritrasferendolo a terzi alle condizioni da lui arbitrariamente stabilite.

5. Nel caso che interessa, in cui il terzo affidatario sia il gestore di un distributore di benzina, nessuna delle due esigenze suindicate viene meno. La legge speciale in materia, d.lgs. 11 febbraio 1998 n. 32, configura all’art. 1 comma 6 il gestore dell’impianto come terzo, autonomo e distinto dalla compagnia petrolifera titolare dell’autorizzazione, e non prevede a suo favore alcuna particolare deroga al regime delle concessioni stabilito per le aree sulle quali l’impianto sorge. E’ quindi condivisibile quanto afferma la sentenza impugnata, ovvero che tale disciplina va coordinata con quella in esame, e che l’ingresso del gestore sul bene demaniale va autorizzato. Si deve anzi osservare che il gestore è un imprenditore e che il d.lgs. 32/1998 si pone esplicitamente l’obiettivo di liberalizzare il settore, ovvero di incrementare la concorrenza nell’ambito: l’esigenza di tutela di tale interesse permane anche in base a tale indice normativo.

6. Nel caso presente, va poi escluso che l’indennizzo si potesse ritenere non dovuto in base alla deliberazione del Comitato portuale 27 settembre 2007 prot. n. 77 e al richiamato parere dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova 19 luglio 2007 (doc. ti ricorrente appellata 10 e 9 in primo grado). In proposito, va chiarito per completezza che il documento 10 prodotto, a rigore, non è una copia della delibera, poiché è intestato “relazione di accompagnamento dello schema di deliberazione” il successivo perfezionamento della delibera è però dato concordemente per pacifico dalle parti (v. appello, pp. 6-7 e appello incidentale pp. 2-3).

7. Ciò posto, la delibera 77/2007 è non pertinente al caso. Essa ammette (v. doc. 10 cit. p. 5) che l’autorizzazione di cui all’art. 45 bis c.n. non sia dovuta per i casi di “utilizzo da parte di terzi di beni immobili realizzati dal concessionario e costituenti oggetto di proprietà superficiaria”; a lettura del parere dell’Avvocatura richiamato, però, si ricava che tali fattispecie coincidono con i contratti aventi ad oggetto il godimento di tali immobili, a titolo esemplificativo le locazioni, esclusi invece i casi in cui si tratti di attività “indispensabile o comunque utile per l’impresa del cedente” (doc. 9 cit, p. 15 in fine). In quest’ultimo concetto evidentemente ricade l’attività del gerente di un distributore di benzina, tramite il quale l’impresa petrolifera vende i propri prodotti.

8. L’accoglimento dell’appello principale comporta l’esame dei motivi riproposti con il ricorso incidentale,: entrambi incentrati sull’interpretazione della norma del citato art. 8 d. l. 400/1999, che si riporta anch’essa per chiarezza: “gli indennizzi dovuti per le utilizzazioni senza titolo di beni demaniali marittimi, di zone del mare territoriale e delle pertinenze del demanio marittimo, ovvero per utilizzazioni difformi dal titolo concessorio, sono determinati in misura pari a quella che sarebbe derivata dall’applicazione del presente decreto, maggiorata rispettivamente del duecento per cento e del cento per cento”.

9. Ciò posto, è fondato il primo motivo, concernente la misura dell’indennizzo. In base alle norme del citato d.lgs. 32/1998, infatti, nel caso di affidamento ad un gestore, l’impresa petrolifera rimane titolare dell’autorizzazione di esercizio dell’impianto, e si limita a dare le attrezzature in comodato d’uso. Ciò significa che, ai sensi dell’art. 8, si è di fronte non ad un utilizzazione senza titolo da parte del gestore stesso, ma ad un utilizzazione difforme dal titolo concessorio da parte dell’impresa petrolifera, quello che la ricorrente appellante incidentale denomina nei propri atti “sostituzione parziale” (cfr. p.e. controricorso, p. 15 undicesimo rigo dal basso). Di conseguenza, l’indennizzo è dovuto nella misura minore prevista, pari appunto al 100%, e non al 200%, del canone.

10. Infondato è invece il secondo motivo, incentrato sulla qualificazione giuridica delle somme pretese dall’amministrazione. La ricorrente appellante incidentale afferma, come s’è detto in premesse che l’indennizzo in questione sarebbe in realtà una sanzione amministrativa, soggetta quindi alla disciplina della l. 689/1981, e in particolare alla norma che consente il pagamento in misura ridotta. Il Collegio è di contrario avviso, osservando che, nell’usuale terminologia giuridica, l’indennizzo corrisponde alla riparazione per un pregiudizio subito, come appunto è quello derivante dall’uso non consentito del bene in concessione, e può coesistere con una sanzione afflittiva irrogata per lo stesso fatto: indizio in tal senso è l’art. 1 comma 257 della l. 27 dicembre 2006 n. 296, interpretativo dell’art. 8 in esame, che distingue chiaramente i due istituti, e ne stabilisce l’applicabilità congiunta.

11. In conclusione, la sentenza di primo grado va riformata nel senso che il ricorso va accolto parzialmente, ed i provvedimenti impugnati vanno annullati nella sola parte in cui richiedono alla ricorrente appellata il versamento di un indennizzo superiore al 100% del canone dovuto.

12. La particolarità della fattispecie, sulla quale non constano precedenti editi di questo Giudice negli esatti termini, e la soccombenza reciproca sono giusto motivo per compensare le spese di entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello principale, accoglie in parte l’appello incidentale (ricorso n. 9905/2010 R.G.) e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati ai sensi e nei limiti di cui in motivazione. Spese di entrambi i gradi compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Bernhard Lageder – Consigliere

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere

Francesco Gambato Spisani – Consigliere,

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