Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 23 marzo 2016, n. 1204

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3870 del 2015, proposto da:

Fr. Ga., rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Sc. e Lu. Ma., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via (…);

contro

Comune di Bolzano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati La. Po., Bi. Ma. Gi., Gu. Ag. e Gi. Pl., con domicilio eletto presso lo studio legale associato Le. – Pl.& Pa., in Roma, piazza (…);

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. – SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO n. 16/2015, resa tra le parti e concernente: ordine di ripristino;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2015, il Consigliere Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Po. e Sc., quest’ultima per delega dell’avvocato Ma.;

1. PREMESSO che sussistono i presupposti di cui all’art. 74 cod. proc. amm. per la pronuncia di sentenza in forma semplificata;

2. RILEVATO che esulano dai limiti oggettivi del devolutum, per difetto d’impugnazione, le statuizioni della sentenza in epigrafe, con cui il T.r.g.a. – Sezione autonoma di Bolzano:

(i) ha accolto il ricorso proposto avverso l’ordinanza comunale di ripristino n. 7/2013 del 14 maggio 2013 – avente ad oggetto una serie di opere realizzate in Bolzano, via (omissis), sulla p.f. (omissis) in C.C. Gr. -, nella parte riguardante la chiusura laterale di un capanno delle dimensioni di 15 m x 4,50 m, sul rilevo che l’abuso deve ritenersi ricompreso nella sanzione pecuniaria sostitutiva irrogata al ricorrente ex art. 83 l. prov. 11 agosto 1997, n. 13 (l. urb. prov.);

(ii) ha dichiarato la cessazione della materia del contendere con riguardo alla parte dell’impugnata ordinanza di ripristino relativa all’installazione abusiva della serra, in quanto rimossa nelle more del giudizio di primo grado;

3. CONSIDERATO che, alla luce del rilascio, nel corso del presente giudizio di appello, di concessione in sanatoria con riguardo alla parte dell’impugnata ordinanza comunale di ripristino n. 7/2013 relativa alla recinzione dell’orto insistente sulla p.f. (omissis), l’appello in parte qua deve essere dichiarato improcedibile per cessata materia del contendere;

4. RITENUTA, per contro, l’infondatezza dell’eccezione di improcedibilità dell’appello nella sua interezza, sollevata dall’appellato Comune di Bolzano sotto il profilo che la mera presentazione di istanza di sanatoria per i vari abusi contestati, successivamente all’impugnazione dell’ordinanza di demolizione e ripristino, renderebbe quest’ultima inefficace e, quindi, improcedibile l’impugnazione per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto, secondo il più recente e qui condiviso orientamento del Consiglio di Stato, l’istanza di accertamento di conformità non incide sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione in precedenza emessa, ma ne impedisce unicamente l’esecuzione materiale, con la conseguenza che la medesima ordinanza può essere portata ad esecuzione in caso di rigetto dell’istanza, dopo la maturazione del relativo termine di adempimento che riprende a decorrere dalla conoscenza del diniego (v., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 2 febbraio 2015, n. 466);

5. CONSIDERATA l’irrilevanza, sul piano processuale, dell’alienazione della p.f. (omissis) a terzi in pendenza di lite, proseguendo il processo tra le parti originarie (v. artt. 39 cod. proc. amm. e 111, comma 1, cod. proc. civ.);

6. RILEVATO che, alla luce di quanto sopra, l’oggetto del gravame da affrontare nel merito si riduce alle censure mosse avverso la statuizione di reiezione del ricorso di primo grado riguardante l’ordinanza comunale di ripristino n. 7/2013 nella parte relativa al contestato “cambio di destinazione dell’area da verde agricolo (vigneto) in verde privato (prato)” (v. così, testualmente, l’impugnata ordinanza di ripristino);

7. RITENUTA l’infondatezza dei motivi d’appello dedotti avverso tale statuizione, sostanzialmente ripropositivi delle censure di primo grado, seppur adattate all’impianto motivazionale dell’appellata sentenza, in quanto:

– come correttamente rilevato nell’impugnata sentenza, il contestato “cambio di destinazione dell’area da verde agricolo (vigneto) in verde privato (prato) ” deve essere letto alla luce delle previsioni del piano paesaggistico del Comune di Bolzano, approvato con d.P.G.P. n. 377/28.1 del 2 giugno 1998, e succ. mod. – le cui norme di attuazione all’art. 2, lett. a), n. 2), impositive in parte qua di un vincolo ex art. 1, comma 2, lett. b.), l. prov. 25 luglio 1970, n. 16 (Tutela del paesaggio), sotto la rubrica “Paesaggio di particolare tutela”, statuiscono testualmente: “Entro la zona “paesaggio di particolare tutela” di Gr. – cuneo verde (omissis) (nella quale ricade l’area in oggetto; n. d.e.) la sostituzione di vigneti con altre colture è sottoposta all’autorizzazione del sindaco” -, nel senso che l’illecito contestato consiste nel cambio di coltura da vigneto a prato, in violazione della citata prescrizione paesaggistica (ferma restando la qualificazione della zona come verde agricolo sotto un profilo strettamente urbanistico; v. estratto del p.u.c. con indicazione della zona di rispetto paesaggistico);

– a prescindere dal rilievo che il richiamo, da parte del Comune, nella comparsa di costituzione di primo grado, delle norme del piano paesaggistico, non appare integrare un’ipotesi di motivazione giudiziale postuma, bensì una mera deduzione chiarificatrice della portata dell’impugnato ordine di ripristino, ricavabile in via interpretativa dal suo tenore letterale in applicazione di un criterio ermeneutico di natura sistematica improntato alla buona fede oggettiva, è, sul punto, dirimente la considerazione del T.r.g.a. circa la natura vincolata della statuizione provvedimentale che consente all’amministrazione di fornire in giudizio, attraverso relativi chiarimenti, la dimostrazione dell’impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell’atto (v., sul punto, sent. Cons. Stato, Sez. VI, 24 novembre 2010, n. 8218, richiamata nell’appellata sentenza);

– in disparte la questione dell’ammissibilità, o meno, della censura formulata dall’originario ricorrente per la prima volta nella memoria difensiva di primo grado del 17 ottobre 2014 (in replica ai predetti chiarimenti forniti dalla difesa del Comune), consistente nella contestazione della possibilità di adottare un’ordinanza sindacale di ripristino ex art. 80 l. urb. prov. in caso di violazione del piano paesaggistico, tale censura è comunque infondata nel merito, essendo l’amministrazione comunale l’autorità preposta alla gestione del vincolo in esame ed attribuendo l’art. 80 l. urb. prov. all’amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia incidente sull’assetto del territorio, espressamente prevedendo che, qualora si tratti di aree alla tutela paesaggistica ai sensi della l. prov. n. 16 del 1970, “il sindaco provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti, le quali possono intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa”, con la precisazione che tale potere repressivo (concorrente) del Comune appare, a maggior ragione, estensibile a interventi che, quale il cambio di coltura vietato dal piano paesaggistico comunale, non si concretizzino in vere e proprie opere edilizie, ma in condotte comunque comportanti l’immutazione materiale dello stato dei luoghi in contrasto con specifici vincoli del piano paesaggistico la cui gestione sia rimessa all’autorità comunale;

– in linea di fatto, il cambio di coltura non autorizzato risulta incontrovertibilmente comprovato alla luce delle risultanze del verbale di constatazione dell’Ufficio controllo costruzioni del Comune del 27 novembre 2012;

– a fronte della natura vincolata dell’atto repressivo, la censura di violazione delle garanzie procedimentali, riproposta con il primo motivo d’appello, deve essere disattesa ex art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990;

8. RITENUTO che, tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, sussistano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 3870 del 2015), lo dichiara in parte improcedibile per intervenuta cessazione della materia del contendere e lo respinge nel resto, a spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2015, con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi – Presidente

Claudio Contessa – Consigliere

Gabriella De Michele – Consigliere

Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore

Maddalena Filippi – Consigliere

Depositata in Segreteria il 23 marzo 2016.

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