Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 23 maggio 2017, n. 2437

Non derivando da alcun meccanismo revisionale previsto dalla legge, la revisione prezzi ha, secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione, natura di diritto soggettivo, conoscibile sia nell’an che nel quantum dal giudice ordinario. Le pretese da essa discendenti sorgono nell’ambito di una relazione bilaterale paritaria avente fonte nel vincolo negoziale e nella quale l’amministrazione, diversamente dalla controversia all’esame, è priva di poteri di supremazia speciale nei confronti del contraente privato

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 23 maggio 2017, n. 2437

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9044 del 2013, proposto da:

Co. St. e Ci. S.A. Srl Un., Ca. Co. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’avvocato Va. Pe. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso (…);

contro

Er. Di. St. Su. Em. Ro. non costituita in giudizio;

Ac. Pa. Ca. Em. Ro. Se. di Pa., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati El. Po. C.F. (omissis), Sa. Al. Ro. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Sa. Al. Roma in Roma, viale (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – SEZ. STACCATA DI PARMA: SEZIONE I n. 00158/2013, resa tra le parti, concernente accertamento del diritto a percepire il compenso revisionale per l’affidamento lavori di manutenzione residenza universitaria – parziale difetto di giurisdizione

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ac. Pa. Ca. Em. Ro. Se. di Pa.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 aprile 2017 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Gi. Pe. per delega dell’avv. Va. Pe. e Sa. Al. Ro..;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Emilia Romagna, sezione staccata di Parma n. 158/2013 che ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondato il ricorso originariamente proposto dall’ATI Er. Sa. e Po. Br. s.r.l. avente ad oggetto l’adeguamento del compenso revisionale e, cumulativamente, il riconoscimento del diritto all’adeguamento dei prezzi sulla base del prezzario del 2002 in luogo di quello applicato dalla stazione appaltante del 1999.

Identificato l’oggetto dell’appalto consistente nell’esecuzione – sulla base di un progetto esecutivo redatto dall’Azienda Ca. Em. Ro. (d’ora in poi AC.) – dei lavori di manutenzione straordinaria della residenza universitaria Vo., qualificata l’Azienda Re. pe. il Di. al. St. Un. di Pa. come stazione appaltante poi sostituita dall’Azienda Re. pe. il Di. ag. St. Su. (d’ora in poi ER.), i giudici di prime cure hanno preliminarmente estromesso dal giudizio sia l’originaria mandataria dell’ATI ricorrente, cedente il ramo d’azienda assuntore dei lavori oggetto di causa, che AC. per carenza di legittimazione passiva, essendosi (essa)”limitata a nominare il direttore del lavori nell’interesse” della stazione appaltante.

Nel merito i giudici di prime cure hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice adìto sulla domanda di revisione e respinto la domanda cumulativamente proposta di condanna al pagamento dell’importo scaturente dall’aggiornamento dei prezzi nonché (implicitamente) quella subordinata d’indebito arricchimento.

Quanto al primo capo di sentenza, hanno affermato che la giurisdizione amministrativa sussiste qualora la posizione soggettiva dell’Impresa risulti correlata all’esercizio di un potere discrezione e non anche quando, come nel caso di specie, la Stazione appaltante abbia già esercitato detto potere e residui la sola individuazione dei parametri in base ai quali determinare l’importo da corrispondere.

Quanto alla pronuncia d’infondatezza, il T.A.R. ha ritenuto dirimente l’indirizzo a mente del quale le stazioni appaltanti devono utilizzare il prezziario vigente al momento dell’approvazione del progetto: ossia il prezzario del Provveditorato alle OO.PP. della Regione Emilia Romagna del 1999 vigente al momento della approvazione del progetto esecutivo a base di gara intervenuta con deliberazione n. 11/115 in data 06.08.02 e non il prezziario del 2002, invocato dalla ricorrente, approvato solo in data 15 ottobre 2002.

2. Appellano la sentenza Co. St. e Ci. S.A. S.r.l. Un. e Ca. Co. S.r.l. Resiste Ac. Pa. Ca. Em. Ro. Se. di Pa..

3. Alla pubblica udienza del 13.04.2017 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

4. Col primo motivo d’appello, le società appellanti censurano il capo di sentenza declaratorio del difetto di legittimazione passiva di AC. sul rilievo che il direttore dei lavori, cui è riconducibile la contabilità c.d. di cantiere, assunta a parametro di riferimento della revisione prezzi e dunque ad elementi di fatto costitutivo della pretesa fatta valere in giudizio, è un suo dipendente ed imputa gli atti all’Azienda presso la quale è incardinato.

5. Il motivo è infondato.

5.1 Il sostrato giuridico da cui muovono le azioni di condanna è che la stazione appaltante non abbia correttamente esercitato il potere discrezionale riservatole dalla normativa di settore nel procedimento di revisione dei prezzi.

Il direttore dei lavori, lungi da esercitare valutazioni discrezionali, è organo tecnico il quale imputa gli atti direttamente alla stazione appaltante.

Sicché l’azienda datrice di lavoro del funzionario, chiamato a svolgere il compito di direttore dei lavori in favore di un ente terzo – nel caso di specie la stazione appaltante -, non è parte del giudizio di condanna essendo estranea al rapporto da cui scaturiscono le pretese economiche.

6. Col secondo motivo d’appello, ci si duole della pronuncia declinatoria di giurisdizione sulla domanda di revisione prezzi.

Bypassando l’art. 133, comma 1, lett. e) n. 2, letto in combinato disposto con l’art. 26, comma 4, bis l. n. 109/1994 come trasfuso nell’art. 133, commi 3 e 4, d.lgs. n. 163/06, rifacendosi alla distinzione fra spettanza della revisione prezzi e quantificazione del relativo importo, i giudici di prime cure, denunciano le appellanti, avrebbero dato continuità ad un indirizzo giurisprudenziale oramai superato, in forza della devoluzione – per effetto della disciplina appena richiamata – alla giurisdizione del giudice amministrativo delle questioni relative alla revisione prezzi.

7. L’appello è fondato.

7.1 L’art. 133 comma 1 lett. e.) n. 2 c.p.a. devolve le controversie in tema di revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo senza operare alcuna dicotomia sull’oggetto in contestazione: sia se si faccia questione sulla spettanza della revisione che si disputi invece sull’esatta quantificazione operata nel provvedimento applicativo.

Pendant di diritto sostanziale alla norma processuale si rinviene nell’art. 244, comma, codice dei contratti che, in linea di continuità con l’art. 6, l. n. 537 del 1993, ha esteso la cognizione del giudice amministrativo “ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi”.

7.2 Vale a dire che la distinzione in base alla quale erano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative al quantum della revisione prezzi e al giudice amministrativo quelle afferenti all’an debeatur – avallata dalla sentenza in esame e, viceversa, censurata dalle appellanti – è divenuta recessiva a fronte della concentrazione dinanzi alla stessa autorità giurisdizionale di tutte le cause relative alla revisione negli appalti pubblici ad esecuzione continuata o periodica.

7.3 Che in materia di revisione prezzi negli appalti pubblici l’assetto della giurisdizione si vada orientando, in conformità al principio del giusto processo ex se ostativo alla moltiplicazione dei processi e declinato al perseguimento della celerità di tutela (cfr. artt. 111, comma 2, cost. e 2 c.p.a), alla concentrazione dinanzi ad un’unica autorità giurisdizionale lo si deduce dall’indirizzo assunto in tema di revisione prezzi c.d. negoziale.

In quest’ultimo caso, non derivando da alcun meccanismo revisionale previsto dalla legge, la revisione prezzi ha, secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione, natura di diritto soggettivo, conoscibile sia nell’an che nel quantum dal giudice ordinario (sentenza 19 marzo 2009, n. 6595; ordinanza 13 luglio 2015, n. 14559).

Le pretese da essa discendenti sorgono nell’ambito di una relazione bilaterale paritaria avente fonte nel vincolo negoziale e nella quale l’amministrazione, diversamente dalla controversia all’esame, è priva di poteri di supremazia speciale nei confronti del contraente privato (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 25 gennaio 2016 n. 621).

7.4 Viceversa l’adeguamento (anche della misura) del canone d’appalto avente (per così dire) fonte di rango normativo suppone l’esercizio di poteri dell’amministrazione appaltante di apprezzamento discrezionale di carattere autoritativo, i quali costituiscono il necessario fondamento costituzionale della giurisdizione amministrativa, anche di quella esclusiva (cfr. Corte Cost. 6 luglio 2004 n. 204).

8. Pertanto il capo di sentenza appellato declinatorio della giurisdizione deve essere annullato e va disposta la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, per la cognizione della relativa domanda d’accertamento e condanna proposta dalle appellanti.

9. Ad opposta soluzione deve giungersi per quanto riguarda il terzo motivo d’appello avente ad oggetto la reiezione della domanda d’accertamento del diritto all’adeguamento dei prezzi sulla base del prezzario del 2002 in luogo di quello applicato dalla stazione appaltante del 1999.

Le appellanti lamentano l’omessa valutazione da parte dei giudici di prime cure della tempistica della procedura di gara, svoltasi nell’anno 2005 e quindi, a loro dire, nel vigore del prezziario 2002.

10. La pretesa è infondata.

10.1 La stazione appaltante ha utilizzato, ai sensi dell’art. 133, comma 8, d.lgs. 163/06, il prezziario del Provveditorato alle OO.PP. della Regione Emilia Romagna regionale vigente al momento dell’approvazione del progetto”.

Coerentemente nella redazione della progettazione (ottobre 2001-giugno 2002) si era fatto riferimento al prezzario del 1999 del Provveditorato alle OO.PP. della Regione Emilia Romagna ratione temporis vigente.

Prezzario che, va sottolineato, al momento della approvazione del progetto esecutivo posto a base di gara (deliberazione n. 11/115 in data 06.08.02), era ancora vigente, attesoché il prezziario 2002 invocato dalla ricorrente, è stato approvato successivamente, ossia 15 ottobre 2002.

10.2 Né è ragionevolmente prospettabile l’errore di valutazione del prezzario su cui le appellanti fondano in parte il motivo d’appello.

Non va passato sotto silenzio che, sotto il profilo di dogmatica contrattuale, la quantificazione del prezzo è un elemento essenziale del contratto: l’errore rileva come vizio della volontà entro i limiti e per gli effetti dell’azione d’annullamento di cui agli artt. 1428 e ss. c.c.

Azione per la quale, in disparte l’individuazione del giudice competente, le appellanti – va ricordato, subentrate nella fase d’esecuzione delle prestazioni – non posseggono la legittimazione ad agire, non avendo sottoscritto il contratto in thesy inficiato da errore essenziale.

10.3 Aggiungasi che il prezziario del 1999, unitamente alla documentazione di gara, sono stati consegnati all’ATI aggiudicataria la quale, oltre a non averli mai impugnati nemmeno in parte qua, ha formulato l’offerta economica con un ribasso del 16,69% dei prezzi indicati nel prezzario stesso.

Sicché nella presentazione dell’offerta, l’ATI ha necessariamente fatto riferimento al prezzario del 1999.

A corollario, consegue che la modifica ex post dei prezzi indicati nell’offerta economica dall’impresa aggiudicataria, pretesa dalle appellanti, si tradurrebbe di fatto nella violazione dei principi di concorrenzialità e pari trattamento conformanti ab imis l’evidenza pubblica.

11. Conclusivamente l’appello avverso il capo di sentenza che ha respinto la domanda d’accertamento del diritto e condanna all’adeguamento dei prezzi sulla base del prezzario del 2002 è infondato.

12. La parziale soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie limitatamente al capo della sentenza appellata declinatorio della giurisdizione e per, per l’effetto, dispone la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, per la cognizione della relativa domanda d’accertamento e condanna proposta dalle appellanti.

Respinge la restante parte dell’appello.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Silvestro Maria Russo – Consigliere

Marco Buricelli – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore

Italo Volpe – Consigliere

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