Il rilascio del nulla-osta paesaggistico va motivato affinché emerga l’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata, senza limitarsi ad affermazioni apodittiche
Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 21 marzo 2017, n. 1262
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 8569/2010 RG, proposto da Di. Ba. e altri, n. q. di eredi di Se. Ba., rappresentati e difesi dall’avv. Ga. Vi., con domicilio eletto in Roma, (…) presso l’avv. Tu.,
contro
il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – MIBACT, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del TAR Toscana, sez. III, n. 1393/2009, resa tra le parti e relativa all’autorizzazione paesaggistica alla costruzione d’un capannone;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimato MIBACT;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del 19 gennaio 2017 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, l’avv. Fr. D’A. (per delega di Vi.) e l’Avvocato dello Stato Ma.;
Ritenuto in fatto che:
– il sig. Se. Ba., dante causa degli attuali appellanti, fu proprietario in (omissis) (FI), via (omissis), di un’area soggetta al vincolo paesaggistico ex art. 7 della l. 29 giugno n. 1497, disposto con il DM 28 ottobre 1958;
– con istanza dell’11 gennaio 1977, il sig. Ba. chiese al Comune di (omissis) di costruire in detta area un capannone industriale, poi assentito in via provvisoria con decreto sindacale n. 386 del 1977;
– con istanza del 26 febbraio 1986, il sig. Ba. propose il condono edilizio ex l. 28 febbraio 1985 n. 47, presentando la relativa documentazione e versando l’oblazione prescritta;
– su tale condono la commissione edilizia integrata – CEI del Comune diede poi parere favorevole solo il 17 novembre 1994, donde il nulla-osta paesaggistico di cui alla nota sindacale n. 346 del successivo giorno 25;
– sennonché quest’ultimo fu annullato dal MIBAC in forza del decreto 30 gennaio 1995, a causa della sua insufficiente motivazione e per contrasto con l’art. 82, III c. del DPR 24 luglio 1977 n. 616 stante il grave disturbo paesaggistico arrecato da tal capannone in una zona di non comune bellezza, per la presenza di numerosi ville, chiese ed antichi edifici immersi nel verde degli ulivi dei paesaggi collinare e pre-collinare;
Rilevato altresì che:
– avverso tal statuizione il sig. Ba. insorse innanzi al TAR Toscana, con il ricorso n. 2147/95 RG, deducendo: 1) – la violazione del termine perentorio ex art. 82, IX c. del DPR 616/1977 (gg. 60) per l’esercizio della funzione tutoria ministeriale; 2) – l’erroneità in sé dei motivi ostativi alla conferma del nulla-osta paesaggistico;
– l’adito TAR, con sentenza n. 1393 del 24 luglio 2009, respinse totalmente la pretesa attorea;
– appellò quindi il sig. Ba., con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza per non aver considerato: A) – che il preteso difetto di motivazione del nulla-osta comunale derivò dall’aver reso sull’intervento una valutazione opposta a quella ministeriale, che si sostituì e si aggiunse al giudizio di merito tecnico espresso dalla CEI; B) – il difetto di motivazione in cui era incorso a sua volta l’annullamento tutorio, il quale avrebbe invece dovuto dar congrua contezza in ordine all’effettiva incidenza sul paesaggio, anziché formule generiche e stereotipate;
– nelle more del presente giudizio, il sig. Ba. morì il 30 gennaio 2011 e, con atto depositato il 20 maggio 2016 ed in risposta all’avviso di perenzione quinquennale del ricorso in epigrafe, i suoi eredi hanno proseguito il giudizio stesso;
Considerato in diritto che:
– si può prescindere da ogni questione di rito, compresa l’evidente tardiva riassunzione della causa in violazione dell’art. 80, c. 3, c.p.a., giacché l’appello è del tutto privo di pregio e va respinto, con la precisazione che l’originario appellante non impugnò il capo della sentenza con cui il TAR ne rigettò la censura sulla violazione del termine per effettuare il controllo tutorio; :
– invero, l’impugnata sentenza, in sé corretta e congruamente motivata con riguardo alla fattispecie, ha fatto buon governo dei principi che reggevano il controllo tutorio ministeriale ex art. 82 del DPR 616/1977, vera e propria difesa estrema del vincolo (cfr. Cons. St., VI, 10 novembre 2015 n. 5101), essendo al riguardo jus receptum che il rilascio del nulla-osta paesaggistico va motivato affinché emerga l’apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata, senza limitarsi ad affermazioni apodittiche (cfr. Cons. St., VI, 11 maggio 2005 n. 2357; id., 24 febbraio 2009 n. 1077);
– per contro è evidente il difetto di motivazione che irretì il parere favorevole della CEI, nonché il conseguente nulla-osta paesaggistico comunale, in quanto il primo si limitò ad asserire tout court che “…l’intervento non arreca danno ambientale…” ed il secondo vi si adeguò pedissequamente, senza far emergere alcunché circa l’esatta rappresentazione dello stato di fatto e la ragionevole e non arbitraria congruenza della valutazione rispetto ai dati di contesto ed allo specifico contenuto del vincolo ex DM 28 ottobre 1958 sulla zona;
– né può sfuggire a tal vizio il predetto parere, quand’anche fosse stato espresso per relationem ad un non meglio precisato parere d’una Soprintendenza, sebbene in sé del tutto lecito e possibile in base all’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n. 241;
– infatti, tal riferimento ad una valutazione di terzi rispetto al procedimento di nulla-osta (la cui competenza era del solo Comune) resta pur sempre manifestamente erroneo, giacché l’oggetto della valutazione sarebbe dovuta essere l’assenza non già di un danno ambientale (qualunque cosa ciò volle significare e che comunque oggidì seguirebbe le regole, se si tratta di VIA, ex art. 19 e ss. del Dlg 3 aprile 2006 n. 152 o, per altre ipotesi, quelle di cui ai successivi art. 286-ter e ss.), bensì di nocumento al paesaggio vincolato, accertamento, questo, che ictu oculi o non fu compiuto o non fu precisamente descritto e sottoposto al vaglio dell’organo tutorio;
– a fronte di ciò, rettamente il TAR precisò come il Ministero avesse dato buona “… contezza delle ragioni poste a fondamento della sua negativa valutazione della situazione, lì dove è stato posto in evidenza che “il capannone con la sua ampia superficie ed il suo carattere di provvisorietà, costituisce elemento di grave disturbo…” e tale giudizio di disvalore paesaggistico non può essere messo in discussione da una pretesa urbanizzazione della zona…”;
– l’appello non tiene conto di come tal giudizio negativo si fosse incentrato sia sulle dimensioni e sulla natura provvisoria del manufatto, sia sulla distonia della sua inserzione in un’area che, in quanto urbanizzata secondo il ricorrente in prime cure, appunto per questo già in sé era disturbata dal tipo di edificio e dalle sue funzioni incoerenti con il pregio paesaggistico dell’area stessa;
– l’appello non andò a specifica confutazione sui dati di fatto indicati dal Ministero, avendo limitato la propria doglianza alla mera genericità del contrasto tra il capannone e l’ambiente circostante (genericità che non appare affatto) e sull’omesso bilanciamento tra l’interesse pubblico alla tutela paesaggistica e quello alla realizzazione o al mantenimento dell’opera;
– invece, spetta all’organo tutoria statale una compiuta valutazione di legittimità dell’intera vicenda e sul nulla-osta paesaggistico rilasciato dall’Autorità locale, quale espressione di un potere non solo (o non tanto) di mero controllo di legalità, ma di vera e propria attiva cogestione del vincolo, questo essendo, come s’è accennato dianzi, funzionale all’estrema difesa dello stesso (sul bilanciamento di tutti gli interessi, cfr. Cons. St., VI, 9 marzo 2005 n. 971; id., 14 novembre 2012 n. 5742);
– anzi, non spetta al controllo ex art. 82 del DPR 616/1977 effettuare tal bilanciamento, dovendo in particolare evidenziare l’esistenza di circostanze di fatto o di elementi specifici non esaminati o irrazionalmente valutati dall’autorità che ha emanato il nulla-osta, in violazione della regola di leale cooperazione o con gli altri principi sulla legittimità dell’azione amministrativa;
– addirittura, il pur giusto principio, per cui è annullabile per difetto di motivazione la statuizione tutoria del MIBACT sul nulla-osta comunale quando essa sia motivata con formule stereotipe di diniego, si può facilmente ribaltare nei confronti di tal nulla-osta, ove non solo esso sia meramente generico, ma soprattutto non faccia constare, come nella specie, che i riferimenti paesaggistici colà richiamati non dimostrino alcun raccordo tra lo stato di fatto e la consistenza dell’opera da sanare, da un lato, e le ragioni della tutela concreta, dall’altro;
– in tal caso, addirittura, neppure opera il divieto di valutazioni di merito da parte della P.A. statale, che sussiste solo ove l’ente locale non abbia motivato in maniera adeguata il proprio nulla-osta circa la compatibilità paesaggistica dell’opera, in caso contrario il Ministero può annullare quest’ultimo per difetto di motivazione ed indicare, anche succintamente, le ragioni di merito che depongono per l’incompatibilità dell’intervento edilizio con i valori tutelati (cfr. Cons. St., VI 7 settembre 2012 n. 4747);
– in definitiva, l’appello va rigettato e le spese di giudizio seguono, come di regola la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, mentre tutte le questioni fin qui vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame della Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c. e che gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso;
– la presente decisione rileva, infine, pure agli effetti di cui all’art. 2, c. 2-quinquies della l. 24 marzo 2001 n. 89, in quanto il gravame si rivela manifestamente infondato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 8569/2010 RG in epigrafe), lo respinge.
Condanna gli appellanti al pagamento, a favore della P.A. resistente e costituita, delle spese di lite, che sono nel complesso liquidate in € 4.000,00 (Euro quattromila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 19 gennaio 2017, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Carlo Deodato – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere, Estensore
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Dario Simeoli –
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