Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 21 febbraio 2017, n. 785

A fronte di illeciti di tipo omissivo a carattere permanente il giorno iniziale del termine per la contestazione della violazione dev’essere identificata con la data di cessazione della persistenza dell’omissione

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 21 febbraio 2017, n. 785

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2726 del 2012, proposto da:

Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

contro

So. S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. To., Or. To. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso Er. Mo. in Roma, via (…);

nei confronti di

Si. Fa., To. Co. S.r.l., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE III n. 00029/2012, resa tra le parti, concernente l’irrogazione di una sanzione amministrativa-pecunaria per la violazione dei provvedimenti in materia di trasparenza dei documenti di fatturazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della So. S.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2017 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Ro. e l’avvocato Or. To.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza impugnata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia annullava la delibera VIS 112/10 dell’11 ottobre 2010 con cui l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (d’ora innanzi Autorità) aveva irrogato alla ricorrente So. S.p.A. la sanzione pecuniaria complessiva di euro 240.000 (di cui euro 160.000 per le violazioni riferite al mercato libero domestici ed euro 80.000 per quelle riferite al mercato libero non domestici), per la riscontrata inosservanza delle disposizioni in materia di trasparenza dei documenti di fatturazione dei consumi di elettricità, giudicandola viziata dalla violazione dell’art. 14, comma 2, legge n. 689 del 1981, per essere stata comunicata la contestazione dell’infrazione dopo la scadenza del termine perentorio di novanta giorni dal suo accertamento (ivi previsto).

Avverso la predetta decisione proponeva appello l’Autorità, criticando il gravato giudizio di illegittimità della propria determinazione e concludendo per la riforma della sentenza impugnata e per la conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado da So..

Resisteva So., contestando la fondatezza dell’appello dell’Autorità, del quale chiedeva il rigetto, e riproponendo, in subordine, i motivi dedotti a sostegno del ricorso originario e rimasti assorbiti nella decisione del TAR, della quale domanda la conferma, in ipotesi con diversa motivazione.

L’appello veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 16 febbraio 2017.

DIRITTO

1.- E’ controversa la legittimità della delibera VIS 112/10 dell’11 ottobre 2010 con cui l’Autorità ha irrogato alla So. s.r.l. la sanzione pecuniaria complessiva di euro 240.000, per la riscontrata inosservanza delle disposizioni in materia di trasparenza dei documenti di fatturazione dei consumi di elettricità di cui alle delibere n. 152/06 e all’art. 20, comma 2, della delibera n. 156/07, sotto il peculiare profilo della violazione del termine perentorio di novanta giorni dall’accertamento dell’infrazione entro il quale gli estremi di quest’ultima devono essere contestati all’interessato, stabilito dall’art. 14, comma 2, legge n. 689 del 1981.

I giudici di prima istanza hanno, infatti, riscontrato l’inosservanza di quest’ultima disposizione, giudicata applicabile anche ai procedimenti sanzionatori di competenza dell’Autorità, e, quindi, l’illegittimità della deliberazione gravata, in esito all’identificazione del dies a quo, a fini del computo del termine, nella data (del 5 maggio 2009) in cui l’Autorità ha mostrato, formalizzando la prima nota interlocutoria (indirizzata a So. dalla direzione consumatori dell’Autorità), di avere piena contezza degli estremi costitutivi dell’infrazione poi sanzionata con la delibera impugnata.

L’Autorità appellante non contesta l’applicabilità della disposizione giudicata inosservata al procedimento controverso, ma assume l’erroneità dell’individuazione del dies a quo in quello del 5 maggio 2009 e sostiene, invece, che il termine avrebbe dovuto essere calcolato a decorrere dalla successiva data del 24 settembre 2009 (nella quale So. ha riscontrato le richieste istruttorie dell’Autorità), rispetto alla quale la contestazione (formalizzata con la delibera VIS 93/09 del 9 ottobre 2009) risulta tempestiva.

2.- L’appello è fondato, alla stregua delle considerazioni che seguono, e dev’essere accolto.

2.1- Assume in particolare, l’Autorità, per un verso, che le esigenze acquisitive e informative implicate dal coretto e puntuale adempimento del dovere di contestazione dell’infrazione impedissero di cristallizzare alla nota interlocutoria del 5 maggio 2009 la data di accertamento della violazione e, per un altro, che il carattere permanente di quest’ultima imponesse di individuare il dies a quo del termine della cui osservanza si discute nella data di cessazione dell’omissione nella quale si risolve l’infrazione.

2.2- Entrambe le argomentazioni meritano condivisione.

2.3- Quanto alla prima, è sufficiente osservare che il rispetto dell’adempimento procedurale consacrato dall’art. 14, comma 2, l. n. 689/81 postula logicamente la completa acquisizione di tutte le informazioni conoscitive idonee a consegnare all’Autorità procedente una compiuta consapevolezza degli estremi dell’infrazione.

L’insorgenza dell’onere di contestazione esige, infatti, che l’Autorità abbia acquisito un riscontro fattuale esauriente circa gli estremi della violazione da contestare, senza il quale resta logicamente inconcepibile la stessa configurabilità dell’adempimento.

In difetto di una verificazione esaustiva della situazione di fatto che integra gli estremi della violazione oggetto di accertamento, la contestazione all’interessato si risolverebbe, a ben vedere, in una inutile e sterile comunicazione informativa del solo avvio dell’istruttoria, incapace, come tale, di assolvere alla sua precipua funzione di consentire al destinatario di apprestare efficacemente le proprie difese (che postulano, tuttavia, la descrizione necessariamente puntuale e completa dell’illecito oggetto del procedimento).

Alla stregua del parametro valutativo appena descritto, resta, quindi, agevole rilevare che l’Autorità ha ottenuto una compiuta conoscenza degli estremi dell’infrazione solo con la nota di So. del 24 settembre 2009, rispetto alla quale la delibera di contestazione rimane tempestiva.

Solamente con la formalizzazione dei chiarimenti comunicati con la suddetta nota, infatti, l’Autorità ha potuto conoscere, in via definitiva, l’esatta consistenza della difformità delle bollette dai paradigmi di trasparenza già deliberati e l’ampiezza temporale delle violazioni, e, quindi, i caratteri costitutivi dell’infrazione da contestare.

La data del 5 maggio 2009 non può essere, invece, validamente assunta come dies a quo del termine perentorio stabilito per la contestazione, in quanto la nota interlocutoria formalizzata quel giorno è valsa solo ad avviare un confronto istruttorio con So., finalizzato proprio a verificare il rispetto delle regole sulla trasparenza della fatturazione e, in ipotesi, la consistenza, contenutistica e temporale, delle eventuali violazioni, ma senza che possano identificarsi in quella comunicazione gli estremi di un accertamento dell’infrazione che abbia i necessari caratteri di compiutezza ed esaustività sopra indicati come indefettibili.

2.4- Per quanto le considerazioni appena svolte siano sufficienti ad escludere la sussistenza del vizio di legittimità rilevato dal TAR, occorre, nondimeno, riscontrare la fondatezza anche dell’argomentazione difensiva secondo cui la configurabilità della violazione del termine di contestazione resta, in ogni caso, preclusa dal carattere permanente dell’illecito oggetto del procedimento sanzionatorio.

Come, infatti, già rilevato in una fattispecie analoga (se non identica) a quella cui controversa, a fronte di illeciti di tipo omissivo a carattere permanente (quale quello in esame), il giorno iniziale del termine per la contestazione della violazione dev’essere identificata con la data di cessazione della persistenza dell’omissione (Cons. St., sez. VI, 2 febbraio 2012, n. 582, con riguardo proprio a sanzioni irrogate dall’AEEG).

Quando, invero, la violazione è integrata dall’inosservanza di adempimenti prescritti dall’Autorità nell’esercizio delle sue funzioni di regolazione, l’infrazione si risolve in una omissione di condotte doverose e si consuma solo al momento in cui cessa la permanenza dell’inadempimento, con la conseguenza che, solo in quel momento, insorge l’onere procedimentale della contestazione dell’addebito.

L’anzidetto adempimento procedurale postula, infatti, logicamente la consumazione dell’illecito, nella misura in cui serve proprio a permettere all’interessato di difendersi dall’ipotesi di violazione che gli viene contestata e che egli ha sì diritto di conoscere in tempi ristretti, ma nella sua esatta consistenza (anche temporale), di talchè, se non è – ovviamente – vietato l’avvio del procedimento sanzionatorio anche prima della cessazione della permanenza dell’infrazione, è, invece, preclusa l’affermazione dell’operatività della disposizione in questione durante la “vigenza” dell’illecito (non ancora consumato), che, altrimenti, finirebbe per vanificare (o per contraddire) la stessa funzione (ut supra individuata) del relativo adempimento procedurale.

3.- L’accoglimento dell’appello dell’Autorità impone di procedere all’esame dei motivi di ricorso ritualmente riproposti in appello dalla So. ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

Deve premettersi, in via generale, che le censure riproposte in appello appaiono di dubbia ammissibilità nella misura in cui la formulazione estremamente sintetica e generica delle ragioni di doglianza dedotte a loro sostegno non permette un’esatta comprensione della consistenza e dei contenuti dei vizi che vengono ascritti alla delibera controversa.

In ogni caso, anche prescindendo dal predetto (assorbente) rilievo, i motivi così ribaditi appaiono infondati, per quanto decifrabili, alla stregua delle sintetiche considerazioni di seguito svolte, e vanno disattesi.

3.1- Il primo motivo, con cui si ribadisce l’irrilevanza della difformità delle bollette dai modelli allegati alla delibera dell’Autorità n. 152/2006, dev’essere respinto, in quanto, a fronte della puntuale contestazione dei profili di discrasia della fatturazione di So. (per i periodi considerati) con gli schemi di riferimento, la società odierna appellata si limita a riferire di avere sostanzialmente rispettato le esigenze di trasparenza sottese alla suddetta determinazione mediante una diversa articolazione delle voci e delle sotto-voci delle proprie bollette, ma non contesta l’incoerenza di queste ultime con i moduli approvati dall’Autorità e, soprattutto, omette di precisare in che modo il diverso dettaglio delle informazioni obbedisce alle stesse esigenze informative implicate dagli schemi di riferimento.

3.2- Il secondo motivo, con cui si deduce l’inesigibilità del rispetto della disciplina sulla trasparenza delle bollette, in ragione dell’asserita ambiguità di quest’ultima, è sufficiente rilevare, per un verso, che la formulazione contenuta nella memoria di costituzione risulta talmente (inammissibilmente) generica da non consentire l’intelligenza delle ragioni della dedotta equivocità delle regole di compilazione delle fatture e, per un altro verso, che le precisazioni contenute nella memoria conclusionale, per quanto ammissibili, non valgono ad avvalorare la fondatezza della censura, nella misura in cui si riferiscono a profili di incertezza regolativa che appaiono, tuttavia, estranei agli ambiti delle puntuali discrasie contestate a So..

3.3- Per disattendere il terzo motivo riproposto in appello, con cui si assume la conformità della composizione delle bollette di So. alla nuova disciplina della fatturazione decisa dalla stessa Autorità con la deliberazione n. 202/09 (fondata sul diverso principio della corrispondenza tra la fatturazione e le condizioni contrattuali), basti rilevare che la regolazione sopravvenuta della trasparenza delle bollette è divenuta operativa (il 1° gennaio 2011) dopo l’adozione del provvedimento sanzionatorio, per escludere qualsivoglia profilo di illegittimità dipendente dalla (ininfluente) sopravvenienza di un nuovo regime regolativo.

3.4- Con il quarto motivo si contesta la correttezza della contestazione della disaggregazione nel “Quadro di dettaglio” della voce “Costo CO2” dalla Quota Energia, sulla base del rilievo dell’influenza di una diversa collocazione della predetta voce nel documento di fatturazione.

Anche tale censura è infondata.

A ben vedere, infatti, la diversa composizione del documento di fatturazione decisa da So., quanto alla collocazione della voce “Costo CO2”, risulta difforme dallo schema approvato dall’Autorità, quanto alla struttura del “Quadro di dettaglio”, e, quindi, violativa della disciplina regolativa di riferimento, che non può intendersi liberamente modificabile dai singoli gestori, nella misura in cui esige un’applicazione omogenea ed uniforme, a tutela di tutti gli interessi emersi e apprezzati in occasione dell’esercizio della pertinente funzione regolatoria.

3.5- In ordine, da ultimo, alla misura delle sanzioni, pure contestata, occorre ribadire che l’attività determinativa del quantum della pena pecuniaria costituisce espressione di una funzione connotata da un’ampia discrezionalità, con la conseguenza della sua limitata sindacabilità in sede giurisdizionale, ove immune da vizi logici, congruamente motivata e non affetta da una violazione manifesta del canone di proporzionalità (cfr. ex multis Cons. St. sez. VI, 24 agosto 2011, n. 4799).

In coerenza con tale parametro di giudizio, si deve, allora, escludere qualsivoglia profilo di illegittimità nella determinazione della misura delle sanzioni irrogate a So., siccome stabilita sulla base di un razionale e coerente apprezzamento di tutti gli indici dettagliati dall’art. 11 della legge n. 689/81, come risulta dalla puntuale ed argomentata analisi compendiata alle pagg.7 e 8 della delibera controversa, nella quale non è dato ravvisare profili di palese illogicità o di erroneità nella valutazione dei criteri stabiliti dalla suddetta disposizione di legge.

4.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, l’accoglimento dell’appello e, in riforma della decisione impugnata, la reiezione del ricorso di primo grado.

5.- Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della decisione appellata, respinge il ricorso di primo grado e condanna So. S.p.A. a rifondere all’Autorità le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 9.000,00, oltre IVA e CAP, come per legge dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere, Estensore

Marco Buricelli – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere

Dario Simeoli –

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