Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 19 luglio 2017, n. 3562

Quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi: il principio di precauzione, infatti, lungi dal vietare l’adozione di qualsiasi misura in mancanza di certezza scientifica quanto all’esistenza o alla portata di un rischio sanitario, può, all’opposto, giustificare l’adozione, da parte del legislatore dell’Unione, di misure di protezione quand’anche permangano in proposito incertezze scientifiche”, all’evidenza correla tali valutazioni ad una condizione di incertezza, che purtuttavia nel caso di specie è esclusa

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 19 luglio 2017, n. 3562

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4004 del 2011, proposto da:

Gu. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Lo Ma., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ro. Mu. e An. Ci., domiciliato in Roma presso la sede dell’avvocatura comunale, via (…);

per la riforma

della sentenza breve del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, sezione prima quater, n. 33551 del 18 novembre 2010, resa tra le parti, concernente la demolizione di opere edilizie realizzate dal signor Ca..

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2017 il consigliere Nicola D’Angelo;

Nessuno comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il signor Gu. Ca. ha impugnato dinanzi al T.a.r. per il Lazio la determinazione dirigenziale n. 1284 del 23 giugno 2010 con cui il Comune di Roma gli ha ingiunto di demolire le opere edilizie relative al completamento di un piano seminterrato (delle dimensioni di mt. 25,30 x 17,2), nel quale sono state ricavate quattro unità immobiliari ad uso residenziale, nella realizzazione di un piano rialzato (di mt. 25,30 x 15,10) con adiacenti 2 balconi (di mt. 25,30 x 1,00), in cui sono state ricavate otto unità abitative, e nella realizzazione di un primo piano (delle dimensioni di mt. 25,30 x 6,50) in cui sono state realizzate due unità abitative.

2 Il T.a.r. per il Lazio con la sentenza in forma semplificata indicata in epigrafe ha respinto il ricorso.

3. Il signor Ca. ha quindi impugnato la stessa sentenza, prospettando il seguente motivo di appello.

3.1. Errato apprezzamento della domanda di riesame del provvedimento presupposto al provvedimento impugnato ed errata valutazione delle circostanza dedotte per illustrare il riesame.

3.1.1. L’Ufficio tecnico del comune di Roma avrebbe adottato il provvedimento di demolizione delle opere edilizie sul presupposto della mancanza del relativo titolo abilitativo, senza tener conto della domanda di riesame presentata dall’appellante.

3.1.2. In particolare, il Comune avrebbe omesso di valutare l’esistenza di un procedimento in itinere di adozione di uno strumento urbanistico destinato al recupero dell’intero comprensorio nel quale si trova il lotto di proprietà dello stesso appellante, nonché la circostanza che, al pari di altri lottisti aveva partecipato alle spese di realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria.

4. Il comune di Roma (ora Roma Capitale) si è costituito in giudizio il 26 maggio 201, chiedendo il rigetto del ricorso.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 30 marzo 2017.

6. L’appello non è fondato.

7. Il signor Ca. ha realizzato una serie di opere in assenza di un titolo edilizio, descritte nel provvedimento di demolizione impugnato, su di un fabbricato ricompreso in una più ampia lottizzazione abusiva esistente in Roma nella zona della (omissis) nella quale i singoli lottisti, a seguito di complesse vicende che hanno interessato la proprietà dell’intera area, si sono costituiti in consorzi (Co. Re. e Du. Co.) per la realizzazione di talune infrastrutture di urbanizzazione.

9. Con una prima variante al P.R.G., cosiddetto piano delle certezze, il comune di Roma ha previsto un recupero edilizio dell’intera zona senza tuttavia raggiungere un’intesa con la regione Lazio. Successivamente, il Consiglio Comunale di Roma ha approvato la delibera n. 189 del 2 agosto 2005 con la quale è stata prevista la possibilità di adottare un piano di recupero per i nuclei abitativi sorti spontaneamente nella zona.

10. Per i fabbricati nel frattempo costruiti sono state comunque presentate domande di condono e tra queste anche per l’immobile realizzato dal dante causa dell’appellante signor Ci. Ca. (domanda n. 8669/87).

11. L’appellante ha poi presentato un’ulteriore istanza di sanatoria per talune opere di completamento (piano rialzato e primo piano) il 10 dicembre 2004. Tuttavia, la domanda è stata respinta dall’Amministrazione comunale con determina n. 339 del 12 settembre 2005.

12. Il signor Ca. ha infine presentato il 20 luglio 2010 una rettifica alla stessa istanza e comunque ha chiesto il riesame del diniego opposto dal Comune.

12. Ciò premesso, sono condivisibili le conclusioni del T.a.r. per il Lazio che nella sentenza impugnata ha rilevato che le opere indicate nel provvedimento di demolizione non sono assistite da idoneo titolo edilizio abilitativo.

13. In particolare, il giudice di primo grado ha evidenziato come il completamento del piano seminterrato, con la destinazione dello stesso ad uso residenziale, non rientrasse nella domanda di condono edilizio n. 8669/87 che: “per stessa ammissione del ricorrente, aveva ad oggetto un manufatto destinato ad uso industriale e artigianale”.

14. Le ulteriori opere oggetto del provvedimento impugnato (piano rialzato e piano primo) sono state poi oggetto della domanda di sanatoria del 10 dicembre 2004, respinta dal Comune con provvedimento non impugnato.

15. Né la rettifica presentata dallo stesso appellante e la successiva istanza di riesame possono incidere sulla legittimità del provvedimento di demolizione impugnato che trova il suo presupposto sulla mancanza di qualsiasi titolo edilizio per i manufatti di cui è causa e sull’assenza, allo stato, di una diversa determinazione sul recupero edilizio dell’area.

16. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e per l’effetto va confermata la sentenza impugnata.

17. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c..

18. Le spese di giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di Roma Capitale nella misura complessiva di euro 3.000,00(tremila/00), oltre gli oneri accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi – Presidente

Oberdan Forlenza – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Luca Lamberti – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore

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