In tema di inserimento nelle GAE, sussistente la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo laddove i giudizi abbiano a oggetto non l’inserimento in graduatoria o l’accertamento della giusta posizione, o collocazione, singolarmente considerata, di docenti, nelle graduatorie che li riguardino, ma, “a monte”, la stessa regola ordinatoria posta a presidio dell’ingresso in graduatoria, per la definizione della quale l’Amministrazione esercita un potere discrezionale, e a fronte del quale vengono in questione posizioni d’interesse legittimo
Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 17 marzo 2017, n. 1220
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 5811 del 2016, proposto da:
Da. Gi. Ar. e altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Do. Na. C.F. (omissis), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
nei confronti di
An. Ma. non costituito in giudizio;
per la riforma
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III BIS n. 531/2016, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza con cui il giudice amministrativo ha declinato la giurisdizione – inserimento nella terza fascia della graduatoria ad esaurimento o in una eventuale aggiuntiva
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2017 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Ne. è presente.;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha declinato la propria giurisdizione, indicando il giudice ordinario quale giudice fornito di giurisdizione, sul ricorso proposto dagli appellanti odierni avverso e per l’annullamento, “in parte qua”, del d. m. n. 325/2015, indicato nell’epigrafe della sentenza di primo grado, nella parte in cui non è prevista l’iscrizione nelle gae a favore di coloro che hanno conseguito l’abilitazione all’insegnamento nella propria classe di concorso a seguito di un percorso abilitante speciale (pas o tfa).
Il giudice di primo grado, nel decidere il ricorso dichiarandolo inammissibile per difetto di giurisdizione, a spese compensate, considerando esistente la giurisdizione del giudice ordinario, ha rilevato che l’oggetto prioritario della controversia attiene all’esclusione delle parti ricorrenti, tutte abilitate all’insegnamento a seguito di pas, dalle graduatorie a esaurimento sopra specificate
Nella sentenza si afferma che le contestazioni dei docenti si incentrano, nella sostanza, sull’illegittimità dell’omesso inserimento nelle graduatorie, e sull’accertamento del diritto all’inserimento.
Viene dunque in rilievo una pretesa che ha natura e consistenza di diritto soggettivo all’inserimento nelle graduatorie a esaurimento; pretesa la cui cognizione appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, in considerazione della natura della situazione giuridica protetta e dell’attività esercitata dall’Amministrazione e tenuto anche conto dell’assenza di una procedura concorsuale in senso stretto.
2. Ad avviso degli appellanti la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere insussistente la giurisdizione del giudice amministrativo dato che l’oggetto essenziale della controversia non riguarda l’esclusione dalle graduatorie a esaurimento ma attiene invece alla contestazione della “stessa regola ordinatoria posta a presidio dell’ingresso in graduatoria”; inerisce alla citata disposizione del d. m. n. 325 del 2015 sicché, come statuito di recente da questa VI^ sezione
del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1953 del 2016, su fattispecie “speculare” alla presente, il d. m. impugnato ha carattere immediatamente lesivo e assolve a una funzione autoritativa, dal che deriva il radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo.
Le parti appellanti hanno quindi riproposto i motivi di impugnazione dedotti in primo grado.
Il MIUR ha svolto una difesa di pura forma.
3. L’appello è fondato e va accolto, la sentenza impugnata va riformata e la causa va rimessa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm., affinché il Tar si pronunci nel merito previa riassunzione del processo con le modalità e nei termini stabiliti dal cod. proc. amm.
4. Il collegio non ritiene infatti di poter condividere la conclusione del giudice di primo grado declinatoria della giurisdizione del giudice amministrativo.
Al contrario, è da ritenere che la controversia sulla questione in discussione, ricada nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
5. Sulla questione, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale seguito da questa Sezione, è intervenuta da ultimo Cass. sez. un. 15 dicembre 2016 n. 25840 che ha tracciato il seguente criterio di riparto “Ai fini della individuazione di quale sia il giudice munito di giurisdizione in relazione alle controversie concernenti il diritto all’inserimento in una graduatoria ad esaurimento (già permanente), occorre dunque avere riguardo al petitum sostanziale dedotto in giudizio. Se oggetto di tale domanda è la richiesta di annullamento dell’atto amministrativo generale o normativo, e solo quale effetto della rimozione di tale atto – di per sé preclusivo del soddisfacimento della pretesa del docente all’inserimento in una determinata graduatoria – l’accertamento del diritto del ricorrente all’inserimento in quella graduatoria, la giurisdizione non potrà che essere devoluta al giudice amministrativo, essendo proposta in via diretta una domanda di annullamento di un atto amministrativo”.
Sicché il collegio non ha che da fare concisamente richiamo a precedenti specifici di questa sezione su controversie simili a quella odierna, avallati dall’ordinanza della Corte regolatrice appena richiamata, aventi a oggetto ad esempio la verifica della (il)legittimità, “in parte qua”, di decreti del MIUR (anche e proprio il d. m. n. 325 del 2014 sulla regolamentazione generale della procedura di aggiornamento delle graduatorie a esaurimento), o di provvedimenti generali relativi a personale docente (sull’impugnazione specifica, “in parte qua”, proprio del d. m. n. 325 del 2015 v. Cons. Stato, sez. VI, n. 2026 del 2016).
6. Con riferimento a tali controversie la Sezione ha considerato sussistente la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, e ciò sull’assunto secondo cui i giudizi avevano a oggetto -non l’inserimento in graduatoria o l’accertamento della giusta posizione, o collocazione, singolarmente considerata, di docenti, nelle graduatorie che li riguardavano, ma, “a monte”- la stessa regola ordinatoria posta a presidio dell’ingresso in graduatoria, per la definizione della quale l’Amministrazione esercita un potere discrezionale, e a fronte del quale vengono in questione posizioni d’interesse legittimo (si fa rinvio, anche ai sensi degli articoli 60, 74 e 88, comma 2, lett. d) del cod. proc. amm., alle sentenze Cons. Stato, sez. VI, nn. 5718, 5710, 4565 e 4485 del 2015, e nn. 1541, 1106, 953, 699, 670, 558 e 116 del 2016; v. anche Cass., SS. UU., n. 27991 del 2013).
Appare utile aggiungere, con riguardo specifico alla vicenda odierna, che, come evidenziato dall’appellante, in questa causa assume rilievo prioritario la contestazione della regola ordinatoria di cui al d. m. n. 325 del 2015, “posta a presidio dell’ingresso in graduatoria”, nella parte in cui, come si è detto sopra, non è consentita l’iscrizione nelle gae a coloro che hanno conseguito l’abilitazione all’insegnamento nella propria classe di concorso a seguito di un percorso abilitante speciale (pas o tfa).
7. Sull’esigenza di una “considerazione unitaria dell’oggetto del giudizio di primo grado”, contraddistinto dalla impugnazione, “in primis”, a) del d. m. vale a dire dell’atto generale di organizzazione, con la contestazione dei criteri predisposti dal MIUR per formare e aggiornare le graduatorie, materia in relazione alla quale la giurisdizione del giudice amministrativo deve considerarsi pacifica; e in secondo luogo b) dalla contestazione delle graduatorie definitive, nella parte in cui la parte interessata ne è stata esclusa (là dove l’esclusione costituisce conseguenza dell’illegittima regolamentazione generale operata dal MIUR), si rinvia in particolare a Cons. Stato, sez. VI, n. 953 del 2016.
Questa Sezione, con la sentenza n. 5710 del 2015, ha giudicato sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo in tema d’impugnazione “in parte qua” del d. m. n. 235 del 2014, considerando preferibile l’orientamento che devolve le controversie come quella in esame al giudice amministrativo, posto che viene in rilievo la stessa regola ordinatoria posta a presidio dell’ingresso in graduatoria (Cons. Stato, sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1406; id., 2 aprile 2012, n. 1953) dato che oggetto di contestazione sono atti di macro-organizzazione. La pubblica amministrazione, infatti, con l’adozione dei provvedimenti in esame, a prescindere dalla loro natura di atti normativi o amministrativi generali, definisce le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, determinando anche le dotazione organiche complessive. La giurisdizione compete, pertanto, al giudice amministrativo. Né, in senso contrario, potrebbe rilevare la questione relativa all’incidenza “diretta” o “indiretta” di tali provvedimenti sui singoli rapporti di lavoro, trattandosi di un profilo che non ne muta la intrinseca natura e dunque le regole di riparto della giurisdizione. Questo aspetto può, al più, assumere rilevanza ai fini della individuazione dell’ambito del potere disapplicativo del giudice ordinario e se cioè esso può essere esercitato soltanto quando il provvedimento amministrativo di macro-organizzazione rilevi in via “indiretta” ai fini della risoluzione della controversia in linea con la regola generale posta dall’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, ovvero anche quando esso venga in rilievo quale fonte “diretta” della lesione della posizione soggettiva individuale fatta valere in giudizio (cfr., Cons. Stato, sez. VI, n. 5710/2015; Id, sez. VI, n. 5718/2015).
La contestazione – si è osservato in sentenza – è sempre diretta alla legittima determinazione dei criteri generali… “a prescindere dalla natura dell’atto – anche in sede di impugnativa delle graduatorie definitive i ricorrenti non fanno questione della singola collocazione del docente in una determinata graduatoria, ma pur sempre del legittimo esercizio del potere generale di regolamentazione”
E che, all’interno dello stesso giudizio, è il medesimo oggetto della contestazione sia con riferimento all’atto generale che ha esercitato tale potere (impugnato in via principale con il ricorso originario) sia con riferimento all’atto successivo che del primo ha fatto applicazione anche attraverso la domanda di annullamento delle graduatorie.
La controversia verte sempre e comunque sul corretto esercizio del potere generale di regolamentazione delle stesse e finisce per coinvolgere posizioni di interesse legittimo: al fine della individuazione della giurisdizione, la graduatoria non rileva come atto di gestione in sé, ma come proiezione applicativa di un non corretto esercizio del potere di organizzazione, il quale rimane pur sempre l’oggetto del giudizio e della contestazione del privato.
L’oggetto della controversia (involgente posizioni giuridico-soggettive di interesse legittimo, a fronte dell’impugnazione del decreto ministeriale che detta le regole generali di formazione delle stesse) non viene modificato dalla sopravvenuta impugnazione delle graduatorie che di esso hanno fatto applicazione.
La contestazione è svolta in via principale sull’atto espressione del potere regolamentare e ciò che si contesta anche nei motivi aggiunti è pur sempre il corretto esercizio di quest’ultimo…” (cfr., Cons. Stato, sez. VI, n. 953/2016).
Nel caso in esame si fa dunque questione prima di tutto della contestazione di atti con i quali l’Amministrazione individua le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, ex articoli 2 e 5 del d.lgs. n. 165 del 2001 (sulla riconducibilità del contenuto dei dd. mm. di regolamentazione in materia alla categoria degli atti di organizzazione di cui all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, v. Cass., ss. uu., n. 27991 del 2013 cit.).
8. Per tutte le ragioni suesposte viene perciò in discussione un potere amministrativo esercitato ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 4, del cod. proc. amm., sicché, in modo coerente con l’orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio di Stato, sopra riepilogato, anche la controversia odierna va fatta ricadere nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
9. Nonostante l’esito della controversia, nella natura della vicenda, riguardante motivi inerenti alla giurisdizione, il collegio ravvisa, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, cod. proc. amm. e 92, comma 2, cod. proc. civ., ragioni eccezionali per l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo adito, rimettendo al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm., affinché il Tar si pronunci nel merito previa riassunzione del processo con le modalità e nei termini stabiliti dal cod. proc. amm.
Spese del doppio grado compensate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Carlo Deodato – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli –
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