Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 8 marzo 2017, n. 1089

Se è vero, per un verso, che l’Amministrazione non può imporre, ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento, secondo il principio cui si ispira anche la normativa comunitaria, la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione, per altro verso la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di prevenzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l’accertamento del dolo o della colpa

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 8 marzo 2017, n. 1089

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8248 del 2007, proposto da:

società SE. de. F.L. Ma. & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Da. An., Gi. Ca. Di Gi., Pi. So., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Di Gi. in Roma, piazza (…);

contro

Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pi. Gi. Pi., domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria della Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);

Arpal – Dipartimento Provinciale di La Spezia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Vi. e Pi. Gi. Pi., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA: SEZIONE I n. 00621/2007, resa tra le parti, concernente ordine di presentare progetto per interventi di messa in sicurezza area

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione dell’ARPAL e del Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 febbraio 2017 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Ca. per delega dell’avvocato Di Gi., e l’avvocato Da. per delega dell’avvocato Pi.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto dalla società SE. de. F.L. Ma. & C. S.a.s., per ottenere la riforma della sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il T.a.r. Liguria ha respinto il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza dirigenziale del Comune di (omissis) n. 156 del 23 giugno 2004, recante l’ordine di presentare il paino di caratterizzazione, il progetto preliminare e definitivo, nonché gli interventi di messa in sicurezza dell’area di proprietà della ricorrente utilizzata come deposito di cumuli di fanghi inquinati.

2. La società appellante lamenta la violazione del c.d. principio chi inquina paga, assumendo che lo stesso presupponga l’accertamento della responsabilità del soggetto inquinatore, e, quindi, la prova sia del rapporto di causalità, sia dell’elemento soggettivo, nella forma quanto meno della colpa.

Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello il Comune di (omissis) e l’A.R.P.A.L. – Dipartimento provinciale di La Spezia.

3. Alla pubblica udienza del 16 febbraio 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. L’appello non merita accoglimento.

5. Per la giurisprudenza, ai sensi degli artt. 242, comma 1, e 244 comma 2, del D. Lgs. n. 152 del 2006, una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d’emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell’inquinamento e cioè ai soggetti che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità, non essendo configurabile una responsabilità di mera posizione del proprietario del sito inquinato (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. 25 settembre 2013, n. 21; Corte di giustizia, sez. III, 4 marzo 2015, C-534/13).

6. ? stato d’altra parte puntualizzato che, se è vero, per un verso, che l’Amministrazione non può imporre, ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, lo svolgimento di attività di recupero e di risanamento, secondo il principio cui si ispira anche la normativa comunitaria, la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione, per altro verso la messa in sicurezza del sito costituisce una misura di prevenzione dei danni e rientra pertanto nel genus delle precauzioni, unitamente al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell’azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente e, non avendo finalità sanzionatoria o ripristinatoria, non presuppone affatto l’accertamento del dolo o della colpa (cfr., in questi termini, Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2016, n. 1509; Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2015, n. 3544).

7. Applicando il delineato indirizzo giurisprudenziale, l’appello deve essere respinto, in quanto:

da un lato, pur mancando la prova dell’elemento soggettivo, è, invece, evidente la sussistenza del rapporto di causalità, in quanto la società appellante, con il suo comportamento consistito nel deposito del materiale inquinante presso il proprio impianto produttivo, ha contribuito oggettivamente a causare la minaccia di inquinamento per la cui prevenzione è stato adottato il provvedimento impugnato;

il provvedimento impugnato ha prescritto misure precauzionali di messa in sicurezza, che, non avendo finalità né risarcitoria né sanzionatoria non presuppongono l’accertamento del dolo o della colpa.

il principio “chi inquina paga”, peraltro, se pure non ammette forme di responsabilità a prescindere dalla materiale causazione del danno o del pericolo ambientale, non richiede, nella sua accezione comunitaria, anche la prova dell’elemento soggettivo; al contrario, la direttiva 2004/35/CE configura la responsabilità ambientale come responsabilità (non di posizione) ma, comunque, oggettiva, il che rappresenta un criterio interpretativo per tutte le disposizioni legislative nazionali che non facciano espresso riferimento al dolo o alla colpa, come nel caso della norme (art. 242, comma 2, e 244, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006) che prevede la possibilità per l’Amministrazione di prescrivere gli interventi di messa in sicurezza dei siti contaminati.

8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in complessivi € 3.000, a favore del Comune di (omissis) a dell’A.R.P.A.L. di La Spezia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento delle spese di giudizio a favore del Comune di (omissis) e dell’A.R.P.A.L. di La Spezia, che liquida, per ciascuna parte, in complessivi € 3.000, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella – Presidente

Paolo Troiano – Consigliere

Roberto Giovagnoli – Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere

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