Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 3 luglio 2017, n. 3248

In materia di rapporto tra nomina dei magistrati affidatari ed eventuali procedimenti penali e disciplinari

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 3 luglio 2017, n. 3248

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3902 del 2016, proposto da:

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

CSM – Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del Presidente pro tempore, non costituito in giudizio;

contro

Bo. Lu., rappresentato e difeso dall’avvocato Do. Ia., con domicilio eletto presso lo studio legale Le. in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I QUATER, n. 12569/2015, resa tra le parti, concernente esclusione dalla nomina dei magistrati proposti quali affidatari di MOT

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Bo. Lu.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2017 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti l’avvocato Ma., per delega di Ia., nonché l’avvocato dello Stato De Nu.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Risulta dagli atti che il dr. Bo. Lu., Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, ricorreva al Tribunale amministrativo del Lazio avverso la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura (di seguito CSM) in data 19 settembre 2013, che, pur a fronte della disponibilità da lui manifestata, lo aveva escluso dal novero dei magistrati proposti quali affidatari degli uditori giudiziari nominati con decreto ministeriale 8 giugno 2012, destinati a svolgere il tirocinio presso quel Tribunale.

Il CSM aveva ritenuto sussistere la condizione ostativa di cui alla propria delibera del 27 giugno 2012, che richiama, in materia di rapporto tra nomina dei magistrati affidatari ed eventuali procedimenti penali e disciplinari, le regole della pregressa delibera 21 dicembre 2011.

Ciò in quanto il ricorrente aveva subito, nel 2003, per condotte afferenti agli anni 1989/1998, quando era Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecco, la sanzione disciplinare della perdita di anzianità di un anno.

Avverso tale provvedimento, il ricorrente deduceva le seguenti, articolate censure:

violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del d.lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, nonché degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 11 del regolamento per la formazione iniziale di magistrati ordinari, approvato con delibera CSM 13 giugno 2012, delle delibere CSM 27 giugno 2012 e 21 dicembre 2011, della circolare CSM n. P.19244 del 3 agosto 2010, approvata con delibera 30 luglio 2010 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti – Difetto di istruttoria e carenza di motivazione – Illogicità e contraddittorietà manifeste – Contraddittorietà tra atti;

Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del d.lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 11 del regolamento per la formazione iniziale di magistrati ordinari, approvato con delibera CSM 13 giugno 2012, delle delibere CSM 27 giugno 2012 e 21 dicembre 2011, della circolare CSM n. P.19244 del 3 agosto 2010, approvata con delibera 30 luglio 2010 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti – Difetto di istruttoria e carenza di motivazione – Illogicità e contraddittorietà manifeste – Contraddittorietà tra atti;

Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241 – Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti;

Violazione dell’art. 97 Cost. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 del d.lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 11 del regolamento per la formazione iniziale di magistrati ordinari, approvato con delibera CSM 13 giugno 2012, delle delibere CSM 27 giugno 2012 e 21 dicembre 2011, della parte prima della circolare CSM n. P.19244 del 3 agosto 2010, approvata con delibera 30 luglio 2010 – Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti – Difetto di istruttoria e carenza di motivazione – Illogicità e contraddittorietà manifeste – Contraddittorietà tra atti.

In sintesi, l’interessato si doleva che, nonostante la disponibilità ed i lusinghieri risultati conseguiti nella propria carriera di magistrato, il CSM avesse opposto un diniego – a suo dire sostanzialmente immotivato – limitandosi a dar atto dell’esistenza di un lontano e isolato precedente disciplinare, ormai privo di rilevanza.

L’Amministrazione rivendicava invece la correttezza dell’operato dell’organo di autogoverno, insistendo per il rigetto del gravame.

Con sentenza 7 novembre 2015, n. 12569, il Tribunale amministrativo accoglieva il ricorso, ritenendo effettivamente carente la motivazione del provvedimento, che veniva pertanto annullato (ferma, ovviamente, la potestà del CSM di nuovamente pronunciarsi sulla questione).

Avverso la decisione interponeva appello il Ministero della giustizia, deducendone l’erroneità per errata applicazione del principio di cui all’art. 3 l. n. 241 del 1990.

DIRITTO

Ad una complessiva valutazione delle risultanze di causa, l’appello risulta fondato.

La sentenza così motiva in merito al presunto vizio del provvedimento impugnato: “la regolamentazione di riferimento della materia interessata dall’odierno gravame va individuata in quella della detta delibera 21 dicembre 2011 […] Alla luce della predetta regolamentazione, deve concludersi che un precedente disciplinare, ancorché da considerarsi risalente nei termini previsti in delibera, può condizionare negativamente la valutazione dell’idoneità del magistrato che lo ha subito a essere affidatario di MOT.

Necessita, però, al riguardo, la “persistente attitudine della condanna disciplinare, per la gravità del fatto o per la relazione tra il fatto e la natura dell’incarico, a pregiudicare per ciò solo la credibilità del magistrato o il prestigio dell’ordine giudiziario”.

Ora, è evidente che nel descritto contesto la sussistenza di una siffatta condizione ostativa, che consegue non più automaticamente e indefinitamente alla condanna disciplinare, come nel previgente ordinamento della materia, bensì a una valutazione dell’Organo di autogoverno, non può che richiedere una specifica motivazione, che non può essere rinvenuta nella mera enunciazione del provvedimento disciplinare risalente. Militano chiaramente in tal senso sia la modifica normativa costituita dal ridetto d.lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, in cui non compare più l’automatica preclusione prima recata dall’art. 10 del D.P.R. 17 luglio 1998, sia le stesse regole assunte dal CSM nel confermare, anche per i provvedimenti disciplinari risalenti, l’integrità del potere valutativo, e, indi, l’area di squisita discrezionalità in cui si situa l’apprezzamento”.

Sulla base di tali presupposti, prosegue la sentenza, “Deve pertanto affermarsi, in uno con il ricorrente, che, a fronte di sanzioni disciplinari risalenti nel tempo, da qualificarsi come tali secondo i parametri individuati dall’Organo di autogoverno, la nomina quale magistrato affidatario può essere negata all’esito di una specifica valutazione discrezionale rimessa allo stesso Organo, che manifesti le sottostanti ragioni, illustrando, in particolare, l’attualità dell’incidenza della sanzione in relazione ai due beni protetti dalla delibera 21 dicembre 2011: pregiudizio della credibilità del magistrato; prestigio dell’ordine giudiziario. Con l’avvertenza che, stante la disgiuntiva “o” posta tra le due locuzioni nella detta delibera, l’incidenza nei sensi dianzi precisati della condanna disciplinare può essere rilevata anche laddove afferente a uno solo di tali parametri”.

Per l’appellante Ministero, il giudice avrebbe ritenuto carente una motivazione in realtà completa, seppur sintetica.

Si legge, in particolare, nel provvedimento impugnato (doc. 7 di parte appellata, nel fascicolo di primo grado): “… il precedente disciplinare, quale quello del dott. Bo., condannato alla sanzione disciplinare della perdita di anzianità di un anno, in ragione della gravità e del contesto delle condotte accertate, sia tale da determinare una valutazione di incidenza negativa sulla credibilità del magistrato e il prestigio dell’Ordine Giudiziario rispetto ad un ruolo di estrema delicatezza quale quello che è chiamato a svolgere un magistrato collaboratore di tirocinio […]”.

Sul punto, il provvedimento impugnato precisa altresì (in nota) che l’interessato “è stato condannato alla sanzione predetta per la contestazione di seguito riportata: “In particolare, il dott. Bo., all’epoca dei fatto Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecco, nel periodo di tempo intercorrente tra il maggio 1989 e il settembre 1996 è risultato intestatario o, comunque, proprietario non intestatario di n. 4 autovetture di marca Ja. acquistate con modalità e procedure non completamente trasparenti, nonché di altre autovetture. Due delle dette autovetture marca Ja. e, precisamente, quella targata (omissis) e quella targata (omissis), risultano pagate mediante la corresponsione di parte del prezzo a mezzo di assegni circolari richiesti da tale Da. Um. – titolare di un distributore di carburanti ERG e fortemente sospettato di essere uomo di fiducia di Fr. Co. Tr., capo di una consorteria criminosa operante nella zona – alla Ba. Po. di Le., con importo addebitato sul c/c intestato a “Da. Um. e Gi. S.d.F.” aperto presso il medesimo istituto di credito.

Il dott. Bo., inoltre, dall’inizio dell’anno 1993 e fino al marzo 1998, ha detenuto in uso il telefono cellulare con utenza 0337/392455 intestata alla s.r.l. “Fr. Gi. & C.” con sede in Lecco (azienda di notevole dimensione operante nel settore degli spurghi civili ed industriali) graziosamente affidatogli dal titolare, Fr. Ca. che gli era stato presentato dal Da. dianzi citato. Il costo delle fatture Ti., pari ad oltre 25.000.000 complessivi, veniva corrisposto dalla s.r.l. suddetta””.

Orbene, ritiene il Collegio che, seppur con sinteticità, l’atto risulti sufficientemente motivato, ben essendo comprensibile il ragionamento condotto dall’organo deliberante e l’iter logico seguito.

Il riferimento, in particolare, era manifestamente al precedente disciplinare, ritenuto proporzionale alla seria sanzione a suo tempo inflitta.

In merito ai rilievi dell’appellato, anzitutto non è configurabile un diritto, giudizialmente azionabile, ad essere affidatari di MOT, stante la natura eminentemente discrezionale del giudizio – in primis, di opportunità – operato dall’amministrazione. Nel caso di specie, il giudizio formulato dal CSM non appare immotivato né irrazionale, e non esorbita dai limiti intrinseci della sua discrezionalità il fatto che il delicato compito di affidatario di MOT, avente grande incidenza sulla formazione dei nuovi magistrati, possa restare precluso a magistrati che hanno riportato condanne disciplinari del tipo qui esaminato.

In questi termini, non risulta né irragionevole, né apodittica la decisione poi contestata dall’appellato: i fatti, lungi dall’essere semplicemente dati per presupposti, sono stati evidentemente esaminati dalla competente Commissione quali comportamenti stimati sintomatici di minor affidabilità per quel compito del magistrato, rispetto ad uno standard di assoluta eccellenza che necessariamente si impone – in ragione della peculiare e assai importante funzione di esempio e di inerente formazione che è chiamato ad assolvere – ogni incaricato del tutoraggio dei MOT.

In breve, non vi è contraddizione nel fatto che l’amministrazione abbia considerato, nel corso degli anni, lo svolgimento della carriera del dr. Bo. degno di positivo apprezzamento ai fini della sua progressione e, quindi, di avanzamento alle successive classi stipendiali (e di professionalità), rispetto allo specifico diniego oppostogli. Si tratta invero di due fattispecie dai caratteri distinti e autonomi, perché finalizzati a tutt’altri obiettivi l’uno dall’altro, perciò diversi per presupposti e per valutazione.

Nel primo caso (avanzamenti di carriera) si è doverosamente tenuto conto della professionalità manifestata nello svolgimento delle funzioni d’istituto, in un’ottica progressiva che, per sua natura, ben può nel tempo superare gli eventuali precedenti disciplinari, allorché gli stessi fin dall’inizio non avessero assunto un carattere incompatibile con la stessa permanenza nell’Ordine giudiziario. Nel secondo caso, invece, la necessità – per l’incaricato di affidatario dei MO. – di svolgere in primo luogo un ruolo esemplare per i nuovi magistrati, non solo circa le modalità di gestione del lavoro, ma altresì nel comportamento complessivo in ragione del particolarissimo e delicatissimo ruolo che un magistrato andrà a ricoprire, appare sotto molti aspetti connaturato a quello tutorio.

In questo contesto, non permane alcun dubbio che la valutazione operata dal CSM debba essere ben più rigorosa – e diversa – rispetto a quella compiuta in occasione delle progressioni di carriera. Pertanto, la presenza di seri precedenti disciplinari pur se risalenti – come certo è quello in esame – fondati su circostanze incompatibili già solo con il dovere di condotta specchiata e trasparente, senza figurabili ombre su imparzialità, indipendenza ed autonomia, certamente non può essere obliata: ogni precedente disciplinare resta perciò a questi fini extracurricolari sempre da valutare in concreto, quand’anche di remota presenza, perché continua comunque a caratterizzare la figura complessiva della persona del magistrato e la sua storia.

Infine, il diniego del CSM non contraddice le regole dell’ordinamento giudiziario sul conferimento di incarichi, come invece sembra ritenere la sentenza appellata. Invero, la delibera del CSM del 27 giugno 2012 richiama il Regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari, il cui art. 11, lett. d), così prevede in argomento: “Il CSM, anche oltre i limiti temporali di cui alla predetta lettera c), mantiene integro il proprio potere valutativo e può provvedere negativamente sulla designazione a magistrato collaboratore quando la condanna per delitto non colposo o la condanna disciplinare, per la gravità del fatto o per la relazione tra il fatto e la natura dell’incarico, possono pregiudicare per ciò solo la credibilità del magistrato o il prestigio dell’ordine giudiziario ovvero le valutazioni relative all’equilibrio, indipendenza, imparzialità del magistrato interessato, ovvero incidono negativamente sulla professionalità dello stesso in termini di capacità, laboriosità, diligenza e/o impegno”.

Su tale base, il CSM ben poteva fondare il diniego su un precedente disciplinare risalente di oltre cinque anni, senza essere per contro obbligato – come invece stima la sentenza – ad adottare, in tale ipotesi, una specifica “motivazione rafforzata”. È invero la peculiarità dell’incarico interno di cui si tratta che postula una carriera ineccepibile sia per capacità professionale, sia per comportamento personale e decoro istituzionale. Perciò assolve pienamente l’onere motivazionale l’inequivoco riferimento ad uno o più specifici episodi rilevanti, dei quali venga fornita una pur sintetica, ma completa, descrizione storica.

Il che risulta essere avvenuto, nel caso di specie.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, annullando per l’effetto la sentenza impugnata.

Condanna l’appellato Bo. Lu. al pagamento, in favore dell’appellante Ministero della Giustizia, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00) complessivi, oltre Iva ed oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini – Presidente

Roberto Giovagnoli – Consigliere

Claudio Contessa – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Valerio Perotti – Consigliere, Estensore

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