Consiglio di Stato
sezione V
sentenza 27 ottobre 2014, n. 5320
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUINTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 9851 del 2003, proposto dalla CONGREGAZIONE (…) e dalla Associazione (…), rappresentate e difese dall’avv. At.Sp., con domicilio eletto presso il signor Vi.Na. in (…);
contro
Il COMUNE DI BARI, rappresentato e difeso dall’avv. Bi.Ca., con domicilio eletto presso il signor Ro.Ci. in (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia, Sede di Bari, Sez. II n. 3391/2002, resa tra le parti, concernente il diniego di esenzione del contributo concessorio per l’acquisto di un edificio di culto;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2014 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti l’avvocato At.Sp. e l’avvocato Ro.Ci., su delega dell’avvocato Bi.Ca.;
1. Con la sentenza n. 3391 del 17 luglio 2002, il TAR della Puglia si è pronunciata sul ricorso n. 613 del 1998, proposto dalla Congregazione (…) e dall’Associazione (…).
Le ricorrenti hanno sostenuto di avere titolo alla esenzione dai contributi concessori, in sede di rilascio del condono edilizio per l’avvenuta realizzazione sine titulo dell’edificio di culto di proprietà della medesima Congregazione, poiché l’edificio si dovrebbe qualificare come ‘opera di urbanizzazione eseguita dal privato nell’interesse generale’, ovvero – in subordine – di avere titolo alla riduzione di un terzo, ai sensi dell’art. 34, comma 7, lett. c)., della legge n. 47 del 1985.
Il TAR ha in parte accolto il ricorso, limitatamente alla domanda – sostanzialmente subordinata – di riduzione di un terzo dell’oblazione, ai sensi del citato art. 34, comma 7, lett.c).
2. Con l’appello in esame, gli enti ricorrenti hanno criticato la sentenza di primo grado, sostenendo la sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi (la sussistenza della confessione religiosa interessata e dell’opera edilizia situata in area di espansione, adibita allo sviluppo dei servizi), al fine di accertare la spettanza dell’esenzione dai contributi concessori ai sensi dell’art. 9 lett. f) L. 10/1977.
3. Ritiene la Sezione che l’appello vada respinto.
Come correttamente rilevato nella memoria difensiva del Comune di Bari, non è applicabile nella specie l’art. 9 lett. f) L. 10/1977, poiché l’opera non è stata realizzata da un ente ‘istituzionalmente competente’ cui fanno capo per legge interessi generali (cfr. Cons. Stato, V, 19 maggio 1998 n. 617).
L’edificio, inoltre, non è stato realizzato sulla base di un titolo emanato in attuazione di uno strumento urbanistico, quale opera di urbanizzazione: esso ha riguardato un abuso edilizio, pur destinato poi ad edificio religioso per volontà privata senza alcuna previsione specifica del piano urbanistico..
Sotto tale profilo, ritiene la Sezione che le esenzioni dai contributi concessori spettano nei casi previsti dalla legge quando è rilasciato un atto abilitativo, comunque denominato, in attuazione di una previsione urbanistica: l’autorità che pianifica il territorio, nel prevedere le varie destinazioni, può così determinare quali somme possano essere successivamente pagate, nella successiva fase di attuazione dello strumento urbanistico.
Quando invece si è in presenza di un immobile abusivo, non spetta alcuna esenzione: può spettare una riduzione degli oneri – in sede di rilascio di una sanatoria o di un condono – solo nei casi espressamente previsti dalla legge.
E a tale principio si è correttamente attenuta la sentenza appellata, che ha ritenuto applicabile unicamente la riduzione prevista dall’art. 34, comma 7, lett. c)., della legge n. 47 del 1985.
4. L’appello deve essere respinto con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Le spese del secondo grado di giudizio restano a carico della parte soccombente e sono liquidate nel dispositivo;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 9851 del 2003, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna le parti appellanti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del secondo grado di lite, liquidate in complessivi Euro. 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Francesco Caringella – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 27 ottobre 2014.
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