Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 19 maggio 2016, n. 2095.

L’emanazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva non è sufficiente in generale per superare la potestà della pubblica amministrazione di emanare atti di secondo grado, impediti solo dalla sussistenza del seguente contratto con l’aggiudicatario

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 19 maggio 2016, n. 2095

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9940 del 2015, proposto da:

Au. Società Cooperativa, rappresentata e difesa dall’avvocato Mi. Sp., con domicilio eletto presso l’avvocato Lu. Al. in Roma, Via (…);

contro

Comune di (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Ma. Co., con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, Via (…);

nei confronti di

Pr. S.r.l.;

sul ricorso numero di registro generale 9517 del 2015, proposto da:

Pr. S.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato An. Ab., con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, Via (…);

contro

Comune di (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Ma. Co., con domicilio eletto presso Ma. Co. in Roma, Via (…);

nei confronti di

Au. Società Cooperativa, rappresentata e difesa dall’avvocato Mi. Sp., con domicilio eletto presso l’avvocato Lu. Al. in Roma, Via (…);

per la riforma:

quanto al ricorso n. 9940 del 2015:

del dispositivo di sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, Sezione VIII n. 5167/2015 ed inoltre della sentenza n. 5625/2015 resi tra le parti, concernenti affidamento del servizio di direzione lavori, misurazione e contabilità, assistenza al collaudo inerente l’intervento di potenziamento e sistemazione delle rete idrica comunale;

quanto al ricorso n. 9517 del 2015:

del dispositivo di sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, Sezione VIII n. 5167/2015 ed inoltre della sentenza n. 5625/2015 resi tra le parti, concernenti affidamento servizio di direzione lavori, misurazione e contabilità, assistenza al collaudo inerente l’intervento di potenziamento e sistemazione della rete idrica comunale;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli recanti motivi aggiunti nei confronti della sentenza;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di Au. Società Cooperativa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 aprile 2016 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Mi. Sp., An. Ro. su delega dell’avvocato An. Ab.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Au. Soc. Coop. e Pr. S.r.l. partecipavano alla procedura di gara, indetta dal Comune di (omissis), per l’affidamento del servizio di direzione lavori, misurazione e contabilità, assistenza al collaudo, nonché coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori per l’intervento di potenziamento e sistemazione della rete idrica cittadina.

La gara era stata bandita con procedura aperta e con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La Pr. S.r.l. risultava aggiudicataria provvisoria e quindi definitiva, con un punteggio complessivo di 95, mentre la Au. Soc. Coop., unica altra concorrente rimasta in gara, si classificava seconda con un punteggio complessivo di 73,26.

Au. Soc. Coop. impugnava i risultati della gara con ricorso al TAR della Campania, iscritto al R.G. 745 del 2015, lamentando la mancata esclusione dell’aggiudicataria, in quanto quest’ultima aveva indicato quale direttore dei lavori un architetto e non un ingegnere, come invece avrebbe richiesto l’oggetto dell’appalto inerente al “potenziamento e sistemazione della rete idrica cittadina”, ai sensi degli artt. 51 e 54 del R.D. n. 2537/1925, alla luce dei quali sarebbe dovuta essere interpretata la normativa dettata dal bando di gara, da ritenersi illegittima ove interpretata nel senso inteso dalla stazione appaltante; inoltre la mancata esclusione dell’aggiudicataria anche per l’ulteriore ragione che questa non avrebbe dimostrato il possesso dei requisiti tecnici necessari, in quanto avrebbe riferito il requisito posseduto dal socio alla società, pur se ormai era scaduto il periodo di cinque anni dalla costituzione della società, previsto dall’art. 253, comma 15, del codice dei contratti pubblici, ribadendo, inoltre, anche sotto tale profilo, la violazione la violazione degli artt. 51 e 54 del R.D. n. 2537/1925.

Si costituiva in giudizio la Pr. s.r.l., contestando le tesi della ricorrente.

La controinteressata Pr. s.r.l. proponeva poi ricorso incidentale, contestando la sussistenza in capo alla ditta ricorrente in via principale dei requisiti necessari per poter partecipare alla gara.

Nelle more della camera di consiglio cautelare, il Comune di (omissis) provvedeva, con determinazione prot. n. 104 del 13 aprile 2015, a revocare in autotutela la gara di appalto in questione, disponendo la nomina di una figura interna al Comune e, in particolare, dell’Ingegnere responsabile del III Settore.

Au. Soc. Coop. proponeva motivi aggiunti avverso quest’ultimo provvedimento chiedendone l’annullamento, in forza della manifesta illogicità del motivo posto dal Comune di (omissis) a fondamento della revoca, visto il rinvio nel breve termine della camera di consiglio.

La medesima parte ricorrente proponeva poi ulteriori motivi aggiunti nei confronti delle seguenti delibere n. 109/2015, 120/2015 e 121/2015 di nomina nelle funzioni di direttore operativo e contabilizzatore, ispettore di cantiere e coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione.

Nello stesso tempo anche la Pr. impugnava, con autonomo ricorso, iscritto al R.G. 2587/2015, il provvedimento di revoca n. 104 del 13 aprile 2015, sostenendone l’illegittimità e chiedendo, altresì, il risarcimento del danno.

Il Comune si costituiva nei ricorsi di cui al R.G. 745/2015 ed al R.G. 2587/2015 ed in questo ultimo anche la Au. Soc. Coop.

Il T.A.R. della Campania con le ordinanze n. 1183/2015 e n. 1178/2015 rigettava entrambe le istanze cautelari proposte in ambedue i ricorsi, ma il Consiglio di Stato, rispettivamente con le ordinanze n. 3693/2015 e n. 3698/2015, riformava le ordinanze impugnate accordando la tutela cautelare.

Con la sentenza n. 5625 del 3 dicembre 2015 il TAR della Campania riuniva i ricorsi R.G. 745/2015 e R.G. 2587/2015, ritenendoli connessi sia in senso soggettivo, sia in senso oggettivo, vista l’identità dei provvedimenti impugnati e della procedura di gara.

Per ragioni di ordine logico di priorità il TAR procedeva dapprima all’esame delle censure proposte nei confronti del provvedimento di revoca contenute nei due ricorsi per motivi aggiunti, sia per il procedimento n. R.G. 745/2015, sia per il n. R.G. 2587/2015, visto che dall’infondatezza di queste sarebbe derivato il venir meno dell’interesse a ricorrere del ricorrente principale e di quello incidentale nel procedimento di cui al R.G. 745/2015, aventi a oggetto gli atti di gara allo stato revocata.

Il giudice di primo grado prescindeva dall’eccezione di inammissibilità di cui al ricorso R.G. 2587/2015 e affermava da subito la legittimità del provvedimento di revoca impugnato in riferimento al ricorso per motivi aggiunti di cui al R.G. 745/2015 ed al ricorso iscritto al R.G. 2587/2015.

La revoca era stata giustificata con la necessità di provvedere con la massima urgenza alla nomina del direttore dei lavori per non perdere il finanziamento per i lavori in controversia: questi riguardavano il potenziamento e la sistemazione della rete idrica ed erano stati ammessi a finanziamento da parte della Regione Campania con il decreto Dirigenziale n. 893 del 20 giugno 2014, decreto era seguita in data 30 giugno 2014, la stipulazione di apposita convenzione tra la Regione Campania e il Comune di (omissis).

I tempi occorrenti per la definizione dei giudizio dinanzi al TAR aveva inibito la sottoscrizione del contratto di appalto e conseguentemente la nomina del direttore dei lavori e l’attesa avrebbe potuto compromettere il finanziamento dei lavori, in quanto il termine contrattuale per l’esecuzione dei lavori era stabilito in 270 giorni a far data dal verbale di consegna e comunque, secondo la predetta convenzione, erano finanziabili le spese effettuate entro il 31 dicembre 2015.

La nomina di personale interno aveva reso necessaria la revoca in autotutela della gara di appalto indetta con determina dirigenziale n. 45 del 14.5.2014, ed i principi di buon andamento e di economicità dell’azione pubblica, oltre al risparmio per le casse comunali, rendevano indispensabile che tale passaggio: infatti era sopraggiunta la disponibilità da parte del responsabile dell’ufficio tecnico comunale ad assumere l’incarico di direzione dei lavori.

Da un lato infatti, la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca era giustificata dalle richiamate esigenze di celerità e dall’altro il Collegio riteneva che sarebbe stato comunque applicabile alla fattispecie in questione il disposto dell’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990 n. 241, in quanto il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Quanto agli altri vizi lamentati, il Collegio rilevava come l’ordinamento giuridico riconosceva in via generale ad un’amministrazione potesse revocare l’affidamento dell’incarico e l’intera procedura di gara di gara, fino alla stipula del contratto di appalto, qualora l’affidamento non fosse più rispondente all’interesse pubblico, salve le conseguenze di natura risarcitoria o indennitarie.

Nel caso di specie poi la motivazione di interesse pubblico fornita dal Comune, consistente nelle ragioni di urgenza di far iniziare i lavori dell’appalto collegato, per il rischio di perdere il finanziamento relativo a quest’ultimo, giustificava del tutto la revoca, anche indipendentemente dalle ragioni per cui tale rischio si era determinato e del fatto che ciò fosse collegato alla pendenza di un ricorso, poiché la proposizione di un ricorso giurisdizionale non privava l’amministrazione del potere di provvedere sulla situazione portata all’attenzione del giudice e di intervenire in sede di autotutela sugli stessi provvedimenti impugnati.

Tali ragioni rendevano edotti della legittimità del provvedimento.

La lamentata mancata previsione di un indennizzo in conseguenza dell’atto di revoca non poteva rendere legittima la revoca stessa, poiché da tale mancata previsione non discendeva efficacia viziante della revoca, ma una legittimazione per il privato ad azionare la relativa pretesa patrimoniale innanzi al giudice amministrativo.

Né potevano rilevare le questioni concernenti i risparmi di spesa oppure la contraddizione tra la scelta iniziale di esternalizzare la direzione dei lavori e quella successiva di internalizzarlo, oppure ancora aspetti di responsabilità precontrattuale della P.A., poiché tali aspetti erano già assistiti dalla motivazione del provvedimento di revoca.

L’accertata legittimità della revoca escludevano altresì la fondatezza di una domanda risarcitoria, poiché il giudice di primo grado da un lato non rinveniva un’adeguata dimostrazione del danno e dall’altro non poteva essere riferita ad una responsabilità di carattere precontrattuale collegata alla violazione dell’affidamento del privato e delle regole di correttezza e buona fede, a fronte di un atto di revoca legittimo.

Quindi, con l’infondatezza del ricorso della Pr. s.r.l. e di quello per motivi aggiunti formulato dalla Aura Soc. Coop. avverso l’atto di revoca, dovevano essere respinti anche gli ulteriori motivi aggiunti formulati da Au. avverso gli ulteriori atti di nomina delle funzioni di direttore operativo e contabilizzatore, ispettore di cantiere e coordinatore della sicurezza ed evidente difetto di interesse e di venivano improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, sia il ricorso principale, che quello incidentale formulati nel ricorso di cui al R.G. n. 745 del 2015, essendo venuta meno l’intera procedura di gara, mentre dovevano essere rigettate le residue censure proposte da Au. nel ricorso di cui al R.G. n. 745/2015, fondate su motivi di illegittimità derivata e doveva essere rigettato il ricorso di cui n. 2587 del 2015, compresa la domanda risarcitoria.

La Pr. impugnava dapprima in Consiglio di Stato il dispositivo della sentenza n. 5625 del 3 dicembre 2015 e quindi proponeva il 21 dicembre 2015 motivi aggiunti nei confronti della sentenza stessa una volta pubblicata integralmente con la motivazione.

L’appellante si doleva dapprima della disapplicazione delle norme in materia di necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca, considerato che l’aggiudicazione definitiva è idonea ad ingenerare legittimo affidamento in tal maniera da imporre l’instaurazione del contraddittorio procedimentale prima di un passaggio così radicale.

In secondo luogo venivano censurati i passaggi della sentenza del TAR della Campania in materia di assolvimento degli oneri di motivazione della revoca in parola, in realtà del tutto insufficienti che la revoca era stata operata sulla scorta di una mera valutazione di opportunità nemmeno ancorata ad una verifica istruttoria della convenienza economica delle gestioni ed in totale obliterazione dei principi di buona fede e l’affidamento dell’amministrato; altrettanto illegittima era la mancata contestualità, ritenuta non necessaria dal giudice di primo grado, della fissazione di un indennizzo ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. 241 del 1990, così come era illogico il richiamo alle “lungaggini” dei tempi di definizione del processo amministrativo, soprattutto ove si fosse andato a rilevare la gara era stata bandita il 14 maggio 2014 ed era trascorso oltre un anno per giungere all’aggiudicazione definitiva, senza ignorare l’accelerazione processuale dei giudizi in materia di appalti.

Da ultimo, quanto ai costi sostenuti, la sentenza è erronea, poiché il risparmio per le casse pubbliche è del tutto inesistente rispetto all’offerta dell’aggiudicataria e non si comprende come tale evenienza sia sopraggiunta dopo tanto tempo.

La Pr. s.r.l. concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.

Con motivi aggiunti proposti il 9 dicembre 2015 seguenti l’impugnazione del dispositivo della sentenza, anche Au. soc. coop. reagiva avverso la sentenza di primo grado, deducendo anch’essa la violazione dei principi e dei limiti posti all’esercizio della autotutela da parte del Comune di (omissis), ivi compresa l’invocata urgenza a titolo di motivazione, e la contraddittorietà del comportamento della P.A., la quale aveva dapprima richiamato unità di personale proprio per procedere poi all’internalizzazione del servizio e ad un risparmio di spesa ampiamente smentito dai fatti.

Au. reiterava poi le censure di cui al ricorso introduttivo, inerenti l’illegittimità dell’indicazione di un architetto in luogo di un ingegnere quale direttore dei lavori da parte dell’aggiudicataria Pr. e contestava ancora le ragioni di cui al ricorso incidentale della stessa aggiudicataria, peraltro dichiarato improcedibile con la sentenza impugnata e non più ripreso da Pr. con le censure proposte in appello.

Anche Au. concludeva come in atti con vittoria di spese.

Il Comune di (omissis) si è costituito in entrambi gli appelli, sostenendone l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

All’odierna udienza del 20 8 aprile 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Gli appelli devono essere riuniti ai sensi dell’art. 96 del codice del processo amministrativo, in quanto volti avverso la medesima sentenza.

Le censure contenute nei due appelli e proposte avverso il provvedimento di autotutela adottato dal Comune di (omissis) sono caratterizzate da diversi profili di fondatezza.

Se l’emanazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva non è sufficiente in generale per superare la potestà della pubblica amministrazione di emanare atti di secondo grado, impediti solo dalla sussistenza del seguente contratto con l’aggiudicatario, si deve però rilevare che la posizione dell’aggiudicatario definitivo non è rimovibile in base a presupposti di fatto di scarsa consistenza così come quelli invocati dalla resistente P.A.

Si deve considerare innanzitutto quanto deliberato dal Comune non appare configurare un annullamento d’ufficio giustificato in primo luogo da ragioni giuridiche, ma esso riveste la tipologia della revoca per sopravvenuti motivi di opportunità, motivi che si dovrebbero rinvenire tra il non previsto contenzioso giurisdizionale apertosi a seguito dell’aggiudicazione, contenzioso che avrebbe portato l’affidamento definitivo a tempi lunghi e comunque alla perdita dei finanziamenti, alla possibilità sopravvenuta di “internalizzare” la direzione dei lavori idraulici oggetto della gara ed infine la minor spesa derivante alle casse comunali da tale “internalizzazione”.

Ora, come si è appena ritenuto, la revoca dell’aggiudicazione definitiva può sempre intervenire, ma deve essere accompagnata da ragioni convincenti sull’interesse della pubblica amministrazione coinvolta tanto da non comprimere oltre la giusta misura l’affidamento del privato e soprattutto deve essere corredata da un’applicazione corretta delle norme in materia e dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

Nel caso di specie, si deve ritenere patentemente illegittima una deliberazione di ritiro di un’aggiudicazione definitiva in vista del formarsi di un contenzioso giurisdizionale, sia perché ciò porterebbe ad una chiara ed evidente violazione della tutela dei diritti degli interessi dei soggetti, principio garantito dall’art. 24 della Costituzione, e ciò in un campo ove la velocizzazione dei processi negli ultimi anni non può essere messa in discussione, se non cadendo in grave mala fede e senza ignorare i lunghi tempi amministrativi richiamati dalle parti appellanti che hanno preceduto l’aggiudicazione in questione; sia perché una diversa interpretazione potrebbe portare facilmente ed assurdamente ad una continua elusione di qualsiasi forma di tutela giurisdizionale.

Non è poi del tutto comprensibile la vicenda della modificazione delle decisioni del Comune di “esternalizzare” dapprima il servizio di direzione dei lavori acquedottistici ponendolo in gara e quindi, in tempi non lunghi, del rinvenimento delle proprie risorse interne che permettevano l’”internalizzazione”, trattandosi tra l’altro individuare figure professionali di carattere apicale esistenti nella pianta organica comunale.

Ancora, sono del tutto inadeguati richiami ai risparmi, poiché l’aggiudicazione definitiva alla Pr. s.r.l. comportava una spesa superiore di qualche centinaio di Euro, rispetto alle corresponsione da erogare al personale interno su grandezze finanziarie di alcune decine di migliaia di Euro; la mancata spesa per la variante progettuale e poi un fatto successivo alle decisioni della P.A. e non è tale da sconvolgere le conseguenze economiche dell’intera operazione.

Se a tali conclusioni si aggiungono la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca con il conseguente mancato ascolto delle parti interessate, passaggio che avrebbe implicato la spendita di pochi giorni e la mancata previsione di un indennizzo, rinviabile ma nemmeno menzionata, si comprendono appieno le ragioni degli appellanti.

L’annullamento della revoca impugnata comporta la reviviscenza dell’aggiudicazione definitiva in favore di Pr. s.r.l. e della procedibilità dei motivi svolti in primo grado e reiterati in appello da Au. Soc. Coop. avverso tale aggiudicazione.

Anche detti motivi sono fondati.

Il r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54 comma 3 senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche: e la Pr. s.r.l. aveva indicato l’architetto Fr. Za., proprio amministratore unico e direttore tecnico, quale direttore dei lavori di sistemazione della rete idrica di (omissis) per cui è controversia.

Per le considerazioni suesposte i due appelli riuniti devono essere raccolti per quanto concerne la revoca dell’aggiudicazione definitiva, mentre va altresì accolto l’appello di Au. Soc. Coop. avverso quest’ultima in quanto affidata alla Pr. s.r.l..

Spese come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti e previamente riuniti, li accoglie nei termini di cui in motivazione e per l’effetto riforma negli stessi sensi la sentenza impugnata.

Condanna il Comune di (omissis) al pagamento delle spese per entrambi i gradi di giudizio nei confronti di Au. Soc. Coop. liquidandole in complessivi €. 5.000,00 (cinquemila/00) oltre agli accessori di legge ivi compreso il rimborso del contributo unificato, mentre le compensa nei confronti di Pr. s.r.l..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella – Presidente

Sandro Aureli – Consigliere

Claudio Contessa – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 19 maggio 2016.

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