Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 19 maggio 2016, n. 2092

L’errore di fatto revocatorio deve cadere su atti o documenti processuali. Esso non sussiste se la lamentata erronea percezione degli atti di causa abbia costituito un punto controverso e, comunque, abbia formato oggetto di decisione nella sentenza revocanda, ossia sia il frutto dell’apprezzamento, della valutazione e dell’interpretazione delle risultanze processuali da parte del Giudice

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 19 maggio 2016, n. 2092

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6398 del 2015, proposto dalla
Au. Me. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fe. Te. e Mi. Da., con domicilio eletto presso Fe. Te. in Roma, largo (…)
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lu. D’O., domiciliata in Roma, Via (…)
nei confronti di
Mi. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. Al. Ro. e Ma. Cr. Le., con domicilio eletto presso Ma. Cr. Le. in Roma, Via (…);
Me. Bu. di Me. A & C. S.n. c., rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Cr. Le. e Sa. Al. Ro., con domicilio eletto presso Ma. Cr. Le. in Roma, Via (…);
Ro. TP. Sc., Co. Tr. It. Co., Ro. S.r.l., Società Ab. Tr. Au. Sa. S.r.l.
per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 1861/2015
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Roma (Roma Capitale), della Mi. S.p.a. e della Me. Bu. di Me. A & C. S.n. c.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Mi. Da. anche in dichiarata delega dell’avvocato Fe. Te., Lu. D’O., Ma. Cr. Le. e Sa. Al. Ro.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO

I termini fattuali della vicenda di causa vengono descritti nei termini che seguono nell’ambito della sentenza oggetto del presente ricorso per revocazione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. II, con la sentenza 13 maggio 2013, n. 4747 ha respinto i ricorsi riuniti n. 1953 e n. 2065 del 2013, proposti dall’attuale ricorrente, per l’annullamento: a) quanto al ricorso n. 1953 del 2013, del provvedimento con il quale l’appaltante ha riammesso il costituendo R.T.I. Mi.-Me. alla gara d’appalto annullando la precedente esclusione, dell’aggiudicazione definitiva disposta in favore del costituendo R.T.I. e di tutti gli atti presupposti, ivi inclusi i verbali di gara e gli approvativi dei lavori della Commissione; b) quanto al ricorso n. 2065 del 2013, della determinazione dirigenziale della Direzione Coordinamento e Controllo del Dipartimento per la razionalizzazione delle spese per l’acquisto di beni e servizi di Roma Capitale n. 87 del 7 febbraio 2013, con la quale la stazione appaltante ha annullato la precedente esclusione dalla gara d’appalto per l’affidamento dei servizi di trasporto riservato scolastico e trasporto disabili a chiamata per la durata di otto anni, relativamente al lotto B, disposta nei confronti del costituendo R.T.I. Mi.-Me. ed ha disposto l’aggiudicazione definitiva in favore del detto costituendo R.T.I. sempre relativamente al lotto B.
Il T.A.R., sinteticamente, ha ritenuto:
– che la circostanza che sia stato comprovato in atti che nessuna delle due socie della società in nome collettivo di cui trattasi avesse in realtà subito alcuna condanna penale di nessun tipo, come accertato nel certificato del casellario giudiziale acquisito in forma integrale da parte della stazione appaltante in sede di verifica del possesso dei requisiti di ordine generale a seguito del sorteggio ai sensi dell’articolo 48, dopo avere avuto contezza del tenore del certificato della CCIAA, dalla quale è emersa l’effettiva compagine societaria, non assume alcuna rilevanza ai fini che interessano. La contestazione di cui al ricorso introduttivo concerne, infatti, non la mancanza in sé del requisito di ordine sostanziale ma la mancanza, da un punto di vista formale, della relativa dichiarazione che sarebbe asseritamente richiesta ai fini della regolare partecipazione alla procedura di gara tanto dall’articolo 38 quanto dalla lex specialis di gara;
– che tuttavia, il richiamo, in via esclusiva nella lex specialis, al solo “titolare o (…) legale rappresentante dell’impresa”, senza la specificazione ulteriore dell’obbligo ricadente in capo, per quanto di specifico interesse in questa sede, al socio della società in nome collettivo, ha potuto, essendo la formulazione potenzialmente idonea al fine, indurre il concorrente nell’errore di ritenere che fosse sufficiente, anche nel caso di società in nome collettivo, la dichiarazione del titolare e del legale rappresentante.
– che la det. dirig. n. 861 dell’11 dicembre 2012 aveva disposto l’esclusione della Me. Bu. s.n. c. non, in particolare, in quanto risulterebbe avere reso una dichiarazione non veritiera in ordine al possesso del requisito della regolarità fiscale ai sensi del comma 2 dell’articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006 ma, nello specifico, per la sostanziale insussistenza del predetto requisito; la successiva det. dirig. n. 87 del 7 febbraio 2013 di annullamento in autotutela della precedente det. dirig. di esclusione riconosce che il detto requisito è, invece, da ritenersi sussistente, nel caso di specie, alla luce della documentazione integrativa acquisita in atti nel corso della relativa istruttoria.
– che, essendo stato il bando di gara di cui trattasi pubblicato nella GUUE nel mese di novembre 2011, ne consegue che, al caso di specie, trovano applicazione le innovative disposizioni in materia di cui al decreto-legge n. 70 del 2011; ciò consente di ritenere la gravità delle violazioni fiscali nel solo caso in cui sia superato il limite puntualmente individuato, senza alcun margine per una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante nel caso in cui l’importo ancora dovuto a titolo di imposte e tasse sia inferiore alla predetta soglia;
– che, conseguentemente, l’unica cartella esattoriale rimasta da valutare ai fini che interessano è quella di cui al n. 043201100021446707 per un importo complessivo di euro 2.910,59, il quale, tuttavia, è decisamente inferiore al limite massimo di cui al richiamato articolo 48-bis del d.P.R. n. 602 del 1973. Ed è esattamente la somma indicata nel certificato dell’Agenzia delle entrate di cui al prot. n. AGE-AGEDP-FG 0128506 del 20.12.2012, prodotto dalla ricorrente nel corso dell’istruttoria, sebbene il successivo certificato di cui al prot. n. AGE-AGEDP-FG 0004018 del 14.1.2013, rilasciato su richiesta di chiarimenti della stazione appaltante, riporti la minore somma di euro 2.180,33.
– che, in ordine all’effettivo significato della dichiarazione di regolarità contributiva alla data dell’1 marzo 2012, non pare che possano sussistere i dubbi interpretativi, alla luce dell’inciso di cui da ultimo contenuto nel predetto certificato, laddove riporta testualmente che “il presente certificato, riemesso in sede di autotutela in data 21.12.2012, a seguito di nuova verifica da parte dell’INPS, annulla e sostituisce il precedente”.
– che, dal tenore dei chiarimenti effettuati nel corso del procedimento è emerso che i concorrenti potevano legittimamente offrire veicoli nuovi fin dal primo anno di esercizio del servizio, solo in parte o anche in totale; i concorrenti potevano legittimamente indicare nel modello 2.1B i veicoli che in quel momento erano ancora in corso di acquisto; in tale ultimo caso, i concorrenti potevano legittimamente omettere di compilare tutti i campi indicati nel modello 2.1B riportato nell’allegato 2 al CSA, e, in particolare, sicuramente i campi indicati nella domanda a cui si dà risposta con il chiarimento n. 45, in precedenza testualmente riportato, ossia i seguenti campi “Proprietario – Targa del veicolo – Data 1° immatricolazione – Data limite utilizzo del veicolo per l’esercizio dei servizi”; la compilazione del campo di cui al predetto modello 2.1B “Titolo di disponibilità del veicolo” prevedeva l’alternativa indicazione di una delle seguenti voci “proprietà, patto di riservato dominio, leasing, locazione o comodato d’uso”.
– che, inoltre, l’indicazione della consegna dei veicoli nuovi a sette mesi dall’ordinativo non avrebbe potuto, nel caso di specie e con riferimento alle peculiarità temporali della procedura di gara di cui trattasi, costituire legittimo motivo di esclusione dalla gara del costituendo RTI Mi. – Me.;
– che la circostanza per cui la società Me. s.n. c. partecipa al costituendo R.T.I. nella misura del 49% non può indurre l’illegittimità dell’offerta per il solo fatto che tutti gli 86 veicoli nuovi acquistati per lo svolgimento del servizio sono nella titolarità della società Mi. s.p.a. e non è stato indicato nel modello 2.1B esattamente quanti e quali veicoli si trovino nella disponibilità della Me. e a quale titolo.
La sentenza n. 4747/2013 del Tribunale amministrativo del Lazio è stata impugnata dalla Au. Me. s.r.l. dinanzi al Consiglio di Stato il quale, con la sentenza n. 1861/2015, ha respinto il ricorso in quanto infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata con ricorso per revocazione (articolo 106 cod. proc. amm.; art. 395, n. 4) cod. proc. civ.) dalla Au. Me. la quale ha lamentato che tale sentenza sia affetta da alcuni errori di fatto revocatori che ne imporrebbero l’integrale riforma.
In particolare il Giudice di appello non si sarebbe avveduto della falsità delle dichiarazioni rese ai fini della partecipazione dai rappresentanti dell’A.T.I. Mi.-Me. i quali avevano dichiarato (contrariamente al vero) che avrebbero espletato il servizio con 86 autobus nuovi, in tal modo ottenendo, in sede di valutazione, un punteggio particolarmente favorevole.
Al contrario, l’attento esame della documentazione in atti avrebbe dimostrato: a) che l’A.T.I. Mi.-Me. non era in possesso dei richiamati autobus; b) che, al momento di presentazione della domanda, essa era soltanto in possesso di una mera offerta contrattuale di vendita (peraltro, ormai scaduta); c) che il servizio di trasporto scolastico affidato alla stessa A.T.I. Mi.-Me. è ancora espletato con autobus appartenenti ad altre società del settore (e ciò, nonostante l’A.T.I. in questione non avesse dichiarato di volersi avvalere del subappalto)
In definitiva, il Giudice di appello avrebbe erroneamente omesso di valutare (con un vero e proprio “abbaglio dei sensi”) l’allegazione, da parte dell’odierna ricorrente, di elementi volti a dimostrare in modo inconfutabile la mancata disponibilità in capo all’A.T.I. Mi.-Me. degli 86 autobus nuovi dichiarati in sede di domanda di partecipazione.
In tal modo operando, l’A.T.I. Mi.-Me. non solo avrebbe reso una falsa dichiarazione ai fini della partecipazione alla gara, ma avrebbe anche commesso una violazione essenziale inerente una componente obbligatoria dell’offerta tecnica.
Si è costituito in giudizio il Comune di Roma (Roma Capitale) il quale ha concluso nel senso della inammissibilità e/o dell’infondatezza del ricorso.
Si sono costituite in giudizio la Me. Bu. di Me. A. & c. s.n. c. e la Mi. s.p.a. le quali hanno concluso nel senso dell’infondatezza del ricorso.
Alla pubblica udienza del 22 marzo 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso per revocazione ordinaria (art. 106 cod. proc. amm.; art. 395, n. 4) cod. proc. civ.) proposto da una società attiva nel settore degli autoservizi avverso la sentenza del Consiglio di Stato n. 1861/2015 con cui è stato respinto il ricorso avverso gli atti con cui il Comune di Roma (Roma Capitale) ha aggiudicato ad altro concorrente – la Mi. s.p.a. – la gara per l’affidamento dei servizi di trasporto riservato scolastico e per l’affidamento del servizio di trasporto di disabili a chiamata per la durata di otto anni.
2. Il ricorso è inammissibile difettando il presupposto per l’attivazione del rimedio revocatorio (i.e.: l’esistenza di un errore di fatto determinante su una circostanza rilevante ai fini del decidere e in ordine alla quale il Giudice non abbia avuto a pronunciare).
3. Come è noto, l’articolo 395, n. 4) c.p.c. (espressamente richiamato dall’articolo 106 del cod. proc. amm.) stabilisce che è possibile attivare il rimedio in parola “se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che l’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. deve rispondere a tre requisiti: a) deve derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, ritenendo così un fatto documentale escluso ovvero inesistente un fatto documentale provato; b) deve attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) deve essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa L’errore deve, altresì, apparire con immediatezza, senza la necessità di argomentazioni induttive e di ulteriori indagini (sul punto -ex multis -: Cons. Stato, VI, 4 marzo 2015, n. 1061).
E’ stato altresì chiarito che il ricorso per revocazione, proposto ex art. 395 n. 4, c.p.c. per asserito errore di fatto, deve ritenersi inammissibile nel caso in cui il denunciato travisamento da parte del giudice riguarda in effetti circostanze contestate sulle quali la sentenza si è espressamente pronunciata, previa valutazione, dal ricorrente ritenuta erronea, delle risultanze probatorie a suo tempo acquisite (in tal senso -ex multis -: Cons. Stato, V, 23 maggio 2011, n. 3083).
4. Ebbene, riconducendo i richiamati orientamenti alle peculiarità del caso di specie, ne emerge l’assenza nel caso in esame dei presupposti e delle condizioni per l’attivazione dello spiegato rimedio revocatorio.
Si osserva in particolare che la circostanza di cui la ricorrente lamenta l’erronea valutazione (si tratta della mancata disponibilità da parte dell’A.T.I. Mi.-Me. degli 86 autobus nuovi di cui era fatta menzione nella domanda di partecipazione e dell’inidoneità, ai fini partecipativi, di un mero preventivo di acquisto) è stata in effetti puntualmente valutata dal Giudice di appello nella sua esatta consistenza e ritenuta inidonea per accogliere le tesi dell’odierna ricorrente.
Alle pagine 11 e 12 della sentenza oggetto del presente giudizio è infatti dato leggere che
“Anche i motivi d’appello sub 4 e 5 sono da ritenersi infondati.
Infatti, la controinteressata ha indicato puntualmente tutti gli 86 scuolabus richiesti per l’espletamento del servizio, in riferimento ai quali, trattandosi di veicoli nuovi da immatricolare, erano stati compilati tutti i campi per questi obbligatoriamente previsti, eccezion fatta, dunque, per quelli relativi a Proprietario, Targa e Dati 1° immatricolazione, rimasti vuoti perché i veicoli erano in corso di fornitura, situazione questa non esclusa dalla lex specialis, trattandosi di fornitura avente requisiti di certezza in ordine al numero e alla tipologia degli autoveicoli.
Peraltro, i preventivi di spesa contenuti nell’Allegato D dell’offerta tecnica della controinteressata dimostravano ulteriormente l’acquisibilità di detti mezzi nel pieno rispetto della tempistica prevista dalla lex specialis per l’avvio del servizio
Né può ritenersi condivisibile l’ipotizzata violazione dell’art. 10, comma 9, del capitolato speciale d’appalto, in quanto difetterebbe dell’indicazione del titulus in forza del quale i veicoli messi a disposizione dalla mandataria Mi. entrerebbero nella disponibilità della mandante Me.; tale indicazione, infatti, sarebbe in contrasto con la finalità sottesa alla costituzione di un Raggruppamento di imprese che, com’è noto, è volta a garantire alle sue componenti un reciproco “supporto” tecnico per permettere, in funzione concorrenziale, la partecipazione di imprese che da sole, non sarebbero in grado di partecipare ad una determinata gara d’appalto”.
Dall’esame dei richiamati passaggi motivazionali emerge che il Giudice di appello abbia valutato nella sua esatta consistenza la situazione fattuale all’origine dei fatti di causa e che, all’esito del processo di valutazione proprio del decidere, ne abbia tratto conseguenze non condivise dall’odierna ricorrente.
E’ del tutto evidente quindi che, a tutto concedere, la non condivisa valutazione delle circostanze fattuali operate dal Giudice di appello potrebbe al più disvelare un errore di giudizio, non riconducibile in alcun modo – sulla base di principi pacifici – all’ambito dell’errore di fatto revocatorio di cui all’articolo 395, n. 4) del c.p.c.
Deve qui trovare puntuale conferma il consolidato orientamento secondo cui l’errore di fatto revocatorio deve cadere su atti o documenti processuali. Esso non sussiste se la lamentata erronea percezione degli atti di causa abbia costituito un punto controverso e, comunque, abbia formato oggetto di decisione nella sentenza revocanda, ossia sia il frutto dell’apprezzamento, della valutazione e dell’interpretazione delle risultanze processuali da parte del Giudice (sul punto -ex multis -: Cons. Stato, III, 1 aprile 2016, n. 1316; id., V, 22 marzo 2016, n. 1171; id., VI, 19 gennaio 2016, n. 160).
5. Né può rilevare in alcun modo il dato fattuale (enfatizzato dalla Au. Me. in sede ricorsuale) per cui il trasporto scolastico viene attualmente effettuato dall’A.T.I. Mi.-Me. con autobus appartenenti ad altre società del settore.
Si tratta, come è evidente, di una circostanza che potrebbe al più rilevare al fine di dimostrare il mancato rispetto da parte dell’A.T.I. in questione rispetto agli obblighi assunti con la formulazione dell’offerta di gara, ma non certo per palesare un errore di fatto rilevante ai fini del presente giudizio di revocazione.
6. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso per revocazione in epigrafe deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in euro 5.000 (cinquemila) in favore di Roma Capitale ed euro 5.000 (cinquemila) da dividersi in parti eguali fra le società Mi. s.p.a. e Me. Bu. di Me. A & c. s.n. c.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Sandro Aureli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere, Estensore
Fabio Franconiero – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Depositata in Segreteria il 19 maggio 2016.

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