Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 15 ottobre 2015, n. 4767

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE QUINTA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2517 del 2007, proposto da:

Bu.Gi. ed altri (…);

contro

Regione Campania, in persona del Presidente in carica rappresentato e difeso dall’avvocato Ro.Sa., con domicilio eletto presso Ro.Sa. in Roma, Via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE III, n. 605/2006, resa tra le parti, concernente corresponsione retribuzione – ris. danno.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2015 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Pi.Qu. ed altri (…);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Gli originari ricorrenti agivano dinanzi al TAR per la Campania, per ottenere la dichiarazione dell’obbligo della Regione Campania di corrispondere la retribuzione non percepita nel periodo intercorso tra la revoca delle concessioni inviata alla E. S.p.a. ed il nuovo affidamento delle stesse al Consorzio Provinciale Trasporti Casertano, nonché al risarcimento del danno subito. Assumevano, infatti di essere stati dipendenti della E. S.p.a. concessionaria delle autolinee di trasporto pubblico della regione Campania e di non aver percepito la retribuzione nel periodo dal 9 febbraio 1994 alla fine di marzo 1994, nonostante la concessione fosse stata in via d’urgenza attribuita al C. ed altre aziende pubbliche con applicazione del personale prima operante per E. S.p.a..

2. Il primo giudice respingeva il ricorso, rilevando che il presunto onere economico non potrebbe gravare sulla regione Campania, dal momento che l’art. 26, r.d. n. 148/1931 e gli artt. 4 e 10 della l.r. Campania, n. 40/1975, regolano i rapporti tra concessionari, ma non determinano l’assunzione in capo alla Regione di alcun onere relativo alla retribuzione del personale. Né alcun obbligo risarcitorio può essere rinvenuto in capo all’amministrazione regionale, poiché il provvedimento di decadenza è legittimo ed, inoltre, la regione ha avviato tempestivamente tutte le procedure per assicurare la continuità nella gestione delle autolinee.

3. Propongono appello gli originari ricorrenti sostenendo l’erroneità della sentenza gravata in quanto: a) il trasferimento della gestione del servizio di trasporto pubblico lascia inalterati in capo al concedente i poteri di controllo sul comportamento del gestore. Pertanto, il concedente risponde in solido con il concessionario dei danni da quest’ultimo cagionati, assumendo una posizione di garanzia. In questo senso sarebbe anche il disposto dell’art. 26, r.d. n. 148/1931 e dell’art. 37, l.r. Campania, 3/2002; b) il TAR non avrebbe preso atto della pronuncia del Consiglio di Stato n. 5235/2000 che avrebbe annullato il provvedimento di revoca.

4. Costituitasi in giudizio l’amministrazione regionale invoca il rigetto dell’appello, sostenendo il proprio difetto di legittimazione passiva.

5. In data 25 settembre 2015 gli appellanti depositano note d’udienza di cui non si può tenere conto perché risulta scaduto il termine di 30 giorni prima dell’udienza concesso dall’art. 73 c.p.a..

6. L’appello è in parte infondato e non può essere accolto.

6.1. Quanto al primo motivo di gravame, infatti, deve rilevarsi che l’art. 26, r.d. n. 148/1931, ai primi due commi stabilisce che: “In caso di cessione di linee ad altra azienda, o di fusione di aziende devono essere osservate le disposizioni stabilite dall’autorità governativa all’atto dell’approvazione della cessione o della fusione pel passaggio del personale di ruolo alla nuova azienda mantenendo, per quanto è possibile, al personale un trattamento non inferiore a quello precedentemente goduto e assicurando i diritti acquisiti. In caso di mutamento nei sistemi di esercizio, l’azienda deve utilizzare, in quanto sia dichiarato idoneo dall’autorità governativa, e nei limiti dei posti da questa riconosciuti necessari, il personale addetto ai vari servizi, rispettandone, per quanto è possibile, i diritti acquisiti”. Si tratta di norma che secondo l’interpretazione uniforme sia della Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 7 dicembre 1990, n. 11739; Cass. civ., 30 ottobre 1982, n. 5732) che del Consiglio di Stato (Cons. Stato Sez. VI, 7 giugno 1994, n. 921), non opera, quando la cessione di linea o la fusione di azienda, come nella fattispecie in esame, dipende da provvedimenti autoritativi dell’autorità amministrativa ovvero si verifica senza il consenso del concessionario originario.

Ad una diversa conclusione non può giungersi attraverso l’esame de gli artt. 4 e 10, l.r. Campania, n. 40/1975, che pure assicurano il trasferimento del rapporto di lavoro dei dipendenti del concessionario che per revoca, decadenza o rinuncia perde la titolarità delle concessione in capo al nuovo gestore, poiché nessuna delle norme in questione, infatti, radica un obbligo di garanzia in capo all’amministrazione regionale per ciò che concerne i diritti patrimoniali del personale trasferito dal nuovo al vecchio concessionario. Né un principio di segno opposto è rinvenibile nella norma invocata dagli appellanti, ossia nell’art. 37, l.r. Campania, 3/2002, peraltro ratione temporis non applicabile, che al contrario in linea di continuità con la precedente legislazione si limita ad assicurare il trasferimento del personale dipendente dall’impresa cessante all’impresa subentrante con la conservazione dell’inquadramento contrattuale e del trattamento economico acquisito, comprensivo degli eventuali contratti integrativi aziendali in essere. In alcun modo però le norme in questione prevedono un obbligo in capo all’amministrazione regionale di assicurare l’erogazione delle prestazioni patrimoniali nel periodo di transizione da un concessionario all’altro.

6.2. Quanto, invece, alla seconda doglianza, deve rilevarsi che il suo esame non può prescindere dall’esatta individuazione della qualifica lavorativa degli odierni appellanti e dall’eventuale identità con quelli che sono stati parti della sentenza n. 5235/2000 di questo Consiglio. A tal fine, pertanto, è necessario sollecitare il contraddittorio tra le parti anche ai sensi dell’art. 73 comma 3 c.p.a., sulle seguenti questioni: a) l’esatta individuazione della qualifica lavorativa degli odierni appellanti; b) l’eventuale identità degli odierni appellanti con le parti della sentenza n. 5235/2000 di questo Consiglio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta –

non definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge in parte e rinvia per quanto disposto in motivazione all’udienza del 17 marzo 2016.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella – Presidente FF

Manfredo Atzeni – Consigliere

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere, Estensore

Depositata in Segreteria il 15 ottobre 2015.

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