La censura di illegittimità del disciplinare di gara nella parte in cui ai fini della valutazione delle offerte tecniche avrebbe illegittimamente introdotto elementi di carattere soggettivo, attinenti alla partecipazione delle imprese alla procedura di affidamento, non richiede il superamento della prova di resistenza. In questo caso la soddisfazione dell’interesse ad agire vantato dalla parte ricorrente, consistente nell’aggiudicazione della gara, non può prescindere da un’attività di esecuzione del giudicato di annullamento da parte dell’amministrazione. Tale aggiudicazione può più precisamente essere ottenuta solo all’esito di una nuova valutazione delle offerte sulla base di clausole di lex specialis sostitutive di quelle accertate essere in contrasto con il divieto di commistione tra requisiti partecipativi ed elementi di valutazione delle offerte. In ragione di ciò, non si può pretendere che a comprova di tale condizione dell’azione il ricorrente prospetti che senza le clausole impugnate essa avrebbe conseguito l’aggiudicazione, perché in questo modo sarebbe addossato alla parte una prova diabolica, e cioè di formulare una prognosi sull’esito della successiva fase di rinnovazione dell’attività amministrativa in esecuzione del giudicato
Consiglio di Stato
sezione V
sentenza 11 ottobre 2016, n. 4184
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 940 del 2016, proposto da:
Ac. S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Ti. Fe.e Al. Za. D’Au., con domicilio eletto presso l’avvocato Fr. Ca. in Roma, via (…);
contro
Fr. Co. S.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria del RTI Co. Srl, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Fa. Ra., domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, p.za (…);
Ci. S.r.l., quale capogruppo mandatario del RTI con Ma. S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Gr., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio, sezione staccata di Latina, n. 19/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento di lavori di manutenzione ordinaria di reti idriche, fognarie, depuratori ed impianti ad essi connessi da eseguirsi nel territorio dell’A.T.O. 4 – Lazio meridionale – area nord;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Fr. Co. S.r.l. e della Ci. S.r.l., nelle rispettive qualità in epigrafe;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 luglio 2016 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Al. Za.D’Au., Ca. Gr. e Fa. Ra.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Ac. s.p.a., gestore del Servizio Idrico Integrato dell’A.T.O. 4 – Lazio Meridionale, ha indetto con bando del 23 marzo 2015 una gara da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 83 D. lgs 163 del 2006, per l’affidamento dei lavori di manutenzione ordinaria delle reti idriche, fognarie, dei depuratori e degli impianti ad essi connessi da eseguirsi nel territorio di propria competenza conclusasi con l’aggiudicazione definitiva al RTI Appalti Ci./Ma..
2.La Fr. Co. s.r.l., nella qualità in epigrafe, collocatasi in quarta ed ultima posizione della graduatoria finale, ha impugnato dinanzi al T.a.r. del Lazio, sezione staccata di Latina, tutti gli atti relativi alla procedura in questione per ottenere l’annullamento dell’intera gara e la sua riedizione.
A sostegno dell’impugnativa ha dedotto:
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 83 c.c.p. per illegittima commistione tra criteri afferenti alla valutazione dell’offerta e criteri relativi a requisiti soggettivi di ammissione, con riferimento ai sub criteri C e D del disciplinare; eccesso di potere per manifesta incoerenza;
II) violazione e falsa applicazione dell’art. 44 c.c.p. e dell’art. 50 Direttiva CEE 2004/18/C;
III) violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.c.p. e del principio della sostenibilità economica dell’offerta e della sua concreta realizzabilità. Eccesso di potere per illogicità manifesta, erroneità dei presupposti di fatto e incoerenza della procedura amministrativa e dei relativi esiti;
IV) violazione e falsa applicazione dell’art. 83 del D.lgs n. 163 del 2006 per mancata predeterminazione di precisi e puntuali criteri per l’attribuzione dei punteggi relativi agli elementi tecnici dell’offerta;
V) violazione e falsa applicazione dell’art. 85 d.lgs 163 del 2006 per il ricorso alla gara telematica in assenza delle condizioni di cui al comma 3 dell’art. 85 c.c.p. e, in particolare, la valutazione delle offerte effettuabile automaticamente da un mezzo elettronico.
Ac. s.p.a. ha resistito al ricorso, eccependone l’inammissibilità per difetto di interesse, per la impossibilità della ricorrente di rendersi aggiudicataria della gara, nonché la tardività dell’impugnazione dei criteri di attribuzione dei punteggi e degli elementi di valutazione dell’offerta tecnica.
3. Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito tribunale, riconosciuto sussistente l’interesse al ricorso in relazione allo scopo di ottenere l’annullamento dell’intera gara, ha accolto il ricorso ed ha annullato gli atti impugnati.
In particolare i primi giudici hanno osservato quanto segue.
3.1. L’art. 7 comma 3 del disciplinare di gara aveva stabilito che “la valutazione dell’offerta tecnica, con un fattore ponderale complessivo di 40 punti su 100 punti, avverrà distintamente per ciascuno degli elementi e sub-elementi indicati al successivo art. 7-bis del presente disciplinare di gara in ragione dei rispettivi pesi e sub pesi attribuiti a ognuno di essi secondo la seguente formula (…)”.
L’art. 7 bis indicava i criteri per l’attribuzione del punteggio dell’offerta tecnica, elencando quattro elementi di valutazione a loro volta articolati in due/tre sub-elementi, per ognuno dei quali era prevista l’attribuzione di massimo 10 punti per complessivi 40 punti.
L’elemento di valutazione “C. Gestione ambientale” era articolato in due sub-elementi denominati come “c.1) numero di certificati e di procedure aziendali rilasciati da enti accreditati AC. o equivalenti” e “c.2) qualità dei certificati e delle procedure aziendali possedute dai concorrenti per la gestione ambientale”.
L’elemento di valutazione “D. Gestione Sicurezza” era articolato in due sub-elementi descritti, rispettivamente, come “d.1) numero di certificati e di procedure aziendali rilasciati da enti accreditati AC. o equivalenti” e “d.2) qualità dei certificati e delle procedure aziendali possedute dai concorrenti per la gestione sulla salute e sicurezza”.
Nello stesso articolo era stabilito, per entrambi gli elementi, che Ac. riteneva importante che l’appaltatore desse evidenza delle misure di gestione che avrebbe applicato durante l’esecuzione del contratto, aggiungendo che tale valutazione sarebbe stata fatta in base al numero dei certificati e di procedure aziendali rilasciati da enti accreditati (5 punti) e alla qualità degli stessi che avessero attinenza con l’oggetto contrattuale.
3.2. In definitiva il disciplinare di gara prevedeva che, dei 40 punti complessivi previsti per la valutazione del progetto tecnico, 20 punti venissero attributi in base al possesso di titoli rilasciati da enti accreditati sulla base delle capacità tecniche possedute dalle partecipanti ma che nulla avevano a che vedere con la qualità dell’offerta tecnica.
Detta previsione, secondo il tribunale, era illegittima, come lamentato dalla ricorrente, perché contraria al principio che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione – cioè quelli riguardanti le capacità tecniche specifiche della ditta partecipante – e i criteri afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione – criteri che invece devono premiare la qualità del progetto in relazione all’oggetto della gara.
3.3. Secondo il tribunale doveva riaffermarsi il principio di necessaria separazione tra la capacità tecnica dell’impresa secondo le certificazioni ricevute e la sua pregressa esperienza da un lato e dall’altro i criteri di valutazione specifica dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione; del resto anche la giurisprudenza che aveva ritenuto non assoluto tale principio, ammettendo la possibilità che la legge di gara potesse introdurre valutazioni sulle caratteristiche soggettive ai fini della selezione dell’offerta, limitava tale possibilità allorché a) gli aspetti dell’attività dell’impresa possano effettivamente illuminare la qualità dell’offerta e b) a condizione che lo specifico punteggio assegnato, ai fini dell’aggiudicazione, per attività analoghe a quella oggetto dell’appalto, non incida in maniera rilevante sulla determinazione del punteggio complessivo.
Tali condizioni derogatorie del principio generale, secondo il T.a.r. erano assenti nel caso di specie, soprattutto in vista dell’attribuzione di metà punteggio fondata sulle qualità soggettive.
4. Con atto di appello notificato l’8 febbraio 2016 Ac. s.p.a. ha chiesto la riforma di tale sentenza, lamentando: a) innanzitutto l’erroneo rigetto dell’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per carenza di interesse per mancato superamento della c.d. prova di resistenza, in quanto anche se la ricorrente avesse ottenuto l’intero punteggio riservato all’offerta tecnica ovverosia 40 punti, avrebbe conseguito un totale di 86,362 punti, comunque inferiore ai complessivi punti 96,977 conseguiti dal raggruppamento aggiudicatario; b) in secondo luogo l’altrettanto erroneo rigetto dell’eccezione di tardività dell’impugnazione dei criteri di valutazione dell’offerta, in quanto contenuti ab origine nell’art. 7 bis del disciplinare di gara ed astrattamente idonei ad impedito da subito a tutti i concorrenti di formulare un’offerta corretta e consapevole; c) in terzo luogo l’erroneo accoglimento nel merito del ricorso, giacché le contestate certificazioni erano finalizzate non solo alla dimostrazione del possesso dei requisiti soggettivi, ma anche a individuare l’organizzazione di impresa ed i metodi produttivi, tanto più se avessero consentito di eseguire le prestazioni da affidare con un valore aggiunto: essi in sostanza costituivano l’indice di un bagaglio formativo ed organizzativo dal quale desumere la qualità oggettiva dell’offerta; d) in quarto luogo poi l’erronea interpretazione ed applicazione del divieto di commistione tra criteri soggettivi ed oggettivi che nel caso di specie, riguardante la manutenzione ordinaria delle reti del servizio idrico integrato, non poteva trovare applicazione, in quanto l’affidabilità tecnica comprovata assurgeva a criterio di giudizio dell’offerta, delle prestazioni da fornire e delle loro modalità di esecuzione; e) in quinto luogo la genericità ed astrattezza delle censure spiegate in primo grado in relazione alla dedotta commistione tra criteri e la altrettale genericità delle conclusioni raggiunte dai primi giudici, del tutto slegate dalla concretezza della fattispecie in esame.
Ha resistito al gravame Fr. Co. s.r.l., la quale ha difeso la correttezza della sentenza dal giudice di primo grado, contestando la fondatezza dei motivi di appello con un’ampia e approfondita memoria.
Si è costituita in giudizio anche l’aggiudicataria Appalti Ci. s.r.l. che ha dichiarato di condividere i motivi di gravame, di cui ha pertanto chiesto l’accoglimento, non mancando di sottolineare che la sentenza impugnata non aveva pronunciato l’inefficacia del contratto, che non sussistevano comunque i presupposti per la relativa dichiarazione e che anche l’eventuale rigetto dell’appello non avrebbe giammai potuto travolgere il contratto stesso.
All’udienza pubblica del 21 luglio 2016 la causa è passata in decisione.
5. L’appello è infondato e deve essere respinto, potendo sul punto richiamarsi le conclusioni cui la Sezione è pervenuta con la sentenza n. 1890 del 12 maggio 2016, relativa alla stessa gara di appalto impugnata da altra concorrente.
5.1. Non meritano infatti favorevole considerazione le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità per mancata prova di resistenza e di irricevibilità (recte: inammissibilità) per mancata impugnazione del disciplinare di gara.
Quanto alla prima, come puntualizzato nella ricordata sentenza n. 1890 del 2016, “…la censura accolta in primo grado, di illegittimità del disciplinare di gara nella parte in cui ai fini della valutazione delle offerte tecniche avrebbe illegittimamente introdotto elementi di carattere soggettivo, attinenti alla partecipazione delle imprese alla procedura di affidamento, non richiede il superamento della prova di resistenza.
Infatti, in questo caso la soddisfazione dell’interesse ad agire vantato dalla parte ricorrente, consistente nell’aggiudicazione della gara (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 26 luglio 2012, n. 30), non può prescindere da un’attività di esecuzione del giudicato di annullamento da parte dell’amministrazione. Tale aggiudicazione può più precisamente essere ottenuta solo all’esito di una nuova valutazione delle offerte sulla base di clausole di lex specialis sostitutive di quelle accertate essere in contrasto con il divieto di commistione tra requisiti partecipativi ed elementi di valutazione delle offerte. In ragione di ciò, non si può pretendere che a comprova di tale condizione dell’azione la ricorrente prospetti che senza le clausole impugnate essa avrebbe conseguito l’aggiudicazione, perché in questo modo sarebbe addossato alla parte una prova diabolica, e cioè di formulare una prognosi sull’esito della successiva fase di rinnovazione dell’attività amministrativa in esecuzione del giudicato”.
In relazione alla seconda eccezione, non può che condividersi che “…secondo l’incontrastata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (ex multis: Cons. Stato, Ad. plen. 29 gennaio 2003, n. 1, III, 14 maggio 2015, n. 2413, 2 febbraio 2015, n. 491; V, 20 novembre 2015, n. 5296, 16 novembre 2015, n. 5218, 1 agosto 2015, n. 3776, 21 luglio 2015, n. 3611, 18 giugno 2015, n. 3104, 3 giugno 2015, n. 2713; VI, 8 febbraio 2016, n. 510) l’onere di immediata impugnazione del bando o del disciplinare di gara sussiste solo in caso di clausole escludenti, tra cui quelle che impediscono la partecipazione alla gara.
Altrettanto non può sostenersi per le previsioni di lex specialis che invece disciplinano la fase di valutazione delle offerte. La lesività di queste ultime si manifesta infatti solo per effetto della successiva applicazione da parte della commissione di gara, per cui nessun onere di immediata impugnativa è configurabile prima di questo momento, sia che per effetto di tali clausole l’aggiudicazione sia disposta in favore di altri, sia che – come avvenuto nel caso di specie – in ragione delle medesime una concorrente non raggiunga la soglia di sbarramento per la successiva valutazione delle offerte”.
5.2. Anche nel merito le motivazioni di cui alla già citata sentenza n. 1890 del 2016 sono interamente applicabili al caso di specie.
Infatti “….in base al disciplinare di gara oggetto della procedura di affidamento in contestazione per 20 dei complessivi 40 punti previsti per l’offerta tecnica la relativa assegnazione è basata sul possesso di certificazioni di qualità aziendale. In particolare, per l’elemento di valutazione «gestione ambientale», sono previsti i seguenti sub-elementi: «numero di certificati e di procedure aziendali rilasciati da enti accreditati AC. o equivalenti» e «qualità dei certificati e delle procedure aziendali possedute dai concorrenti per la gestione ambientale», con previsione di 5 punti per ciascuno di essi. Analogamente, l’elemento di valutazione «gestione della sicurezza» è articolato in due sub-elementi, consistenti nel «numero di certificati e di procedure aziendali rilasciati da enti accreditati AC. o equivalenti» e nella «qualità dei certificati e delle procedure aziendali possedute dai concorrenti per la gestione sulla salute e sicurezza», anche in questo caso con previsione di un punteggio di 5 punti per ciascuno”.
5.3. Alla luce di ciò anche gli ulteriori motivi di gravame, che per la loro intima connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
5.3.1. Come infatti esattamente rilevato dal giudice di primo grado, attraverso il richiamo al precedente di questa Sezione costituito dalla sentenza 20 agosto 2013 n. 4191, i principi di massima concorrenzialità e par condicio vigenti in materia di appalti pubblici impediscono in linea di principio alle stazioni appaltanti di introdurre tra i criteri di valutazione delle offerte elementi attinenti alla capacità tecnica dell’impresa, come appunto le certificazioni di qualità aziendale (cfr. inoltre: Cons. Stato, III, 18 giugno 2012, n. 3550; V, 3 ottobre 2012, n. 5197; VI, 4 ottobre 2011, n. 5434).
A questo principio occorre dare continuità nella presente fattispecie controversia, pur nella consapevolezza di alcune aperture giurisprudenziali, cui Ac. si appella, volte ad introdurvi deroghe, ogniqualvolta attraverso questa commistione l’amministrazione abbia inteso valorizzare ai fini della valutazione delle offerta non già i requisiti soggettivi in sé intesi, bensì quei profili soggettivi diretti a riflettersi in modo specifico sullo svolgimento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, III, 21 dicembre 2011, n. 6777; V, 23 gennaio 2012, n. 266, 28 agosto 2009 n. 5105).
5.3.2. Risolutivo in senso contrario agli assunti dell’appellante è nel caso di specie il rilievo determinante delle certificazioni aziendali ai fini della valutazione tecnica delle offerte, pari al 50% del punteggio teorico massimo, per giunta con previsione di soglia di sbarramento di poco superiore (soli 4 punti). Infatti, come tra l’altro ricordato nella citata sentenza di questa Sezione del 3 ottobre 2012, n. 5197, le aperture giurisprudenziali nel senso di ammettere deroghe al divieto di commistione in esame hanno nondimeno posto in rilievo la necessità che il punteggio attribuibile alle offerte per elementi di carattere soggettivo non incida in maniera rilevante su quello complessivo. Per come congegnata la valutazione delle offerte da Ac., nel caso di specie il peso delle certificazioni aziendali è invece decisivo.
6. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna Ac. s.p.a. e Ci. s.r.l., nella qualità in atti, al pagamento in solido delle spese del presente grado di giudizio in favore di Fr. Co. s.r.l., che si liquidano complessivamente in €. 8.000,00 (ottomila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Sandro Aureli – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
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