Qualora per circostanze legate alla personalità e alla condotta del soggetto non vi sia la presumibile certezza della sua completa affidabilità, l’Autorità di pubblica sicurezza deve valutare se esista pericolo per l’ordine o per la sicurezza pubblica, sulla base di un giudizio prognostico ex ante

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 3 agosto 2018, n. 4803.

La massima estrapolata

Qualora per circostanze legate alla personalità e alla condotta del soggetto non vi sia la presumibile certezza della sua completa affidabilità, l’Autorità di pubblica sicurezza deve valutare se esista pericolo per l’ordine o per la sicurezza pubblica, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, circa la possibilità e la capacità di un soggetto di compiere l’abuso, tenendo conto che quest’ultimo può concretizzarsi anche in comportamenti omissivi, consistenti nel mancato assolvimento di quegli oneri di diligente custodia che l’ordinamento impone a chi detenga armi ed esplosivi.

Sentenza 3 agosto 2018, n. 4803

Data udienza 24 luglio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6160 del 2012, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via (…);
contro
Il signor Er. Gi. An. Be., non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Milano, Sez. III, n. 1339/2012, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza di smaltimento del giorno 24 luglio 2018 il Cons. Luigi Birritteri e udito l’avvocato dello Stato Al. Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza n. 1339 dell’11 maggio 2012, il TAR per la Lombardia ha accolto il ricorso n. 1880 del 2011, proposto dal signor Er. Gi. An. Be. avverso i provvedimenti del Questore di Sondrio di sospensione e di successiva revoca delle licenze di vendita al minuto, riparazione e fabbricazione di armi comuni da sparo, nonché della licenza di porto di fucile per uso caccia.
I provvedimenti impugnati sono stati emanati poiché, a seguito di ordinari controlli, è emerso che l’appellante:
1) ha commissionato e posto in vendita numerosi esemplari di fucili da caccia dotati di “freno di bocca”, collocato sul vivo di volata della canna mediante filettatura di quest’ultima (operazione considerata dal Questore quale illecita alterazione d’arma, tale da giustificare la sospensione delle licenze);
2) ha irregolarmente custodito alcune armi nel servizio igienico dell’armeria;
3) avrebbe custodito presso l’armeria una carabina con “canna segata”, senza farne denuncia all’Autorità di pubblica sicurezza.
Il primo giudice, sull’alterazione delle armi di cui al punto n. 1), ha disposto accertamenti istruttori tramite i Carabinieri del RIS, i quali hanno escluso che la filettatura in contestazione sia idonea ad integrare l’alterazione dell’arma.
Il TAR ha inoltre rilevato che “la prescrizione dell’autorizzazione relativa alle particolari modalità di custodia delle armi “in esposizione” (cfr. doc. 2 di parte ricorrente e relativi allegati), di cui l’amministrazione assume la violazione, concerne le armi in esposizione, da intendere ragionevolmente come quelle esposte, in vetrine esterne o in vetrine interne – come precisa l’autorizzazione – perché destinate alla vendita; sul punto il ricorrente ha adeguatamente specificato che le armi custodite nella rastrelliera collocata nel servizio igienico dell’armeria non erano in esposizione per la vendita, ma armi di proprietà di terzi che l’armeria deteneva per la riparazione. Tale giustificazione non è smentita dalla documentazione prodotta dall’amministrazione, sicché anche per il profilo in esame il provvedimento gravato si fonda su un presupposto privo di supporto dimostrativo, con conseguente fondatezza della censura in esame.”
Quanto all’arma con la “canna segata”, il TAR ha osservato che “non vi sono elementi concreti per affermare, almeno a livello indiziario, che tale alterazione sia stata posta in essere da Be.; … dalla documentazione prodotta dall’amministrazione emerge che Da. Pr. It. Ma. ha dichiarato di avere acquistato tale arma già con la canna segata e di averla successivamente ceduta al Be., il quale, a sua volta, l’ha regolarmente presa in carico sin dal 2008 indicandola nei registri dell’armeria, sicché non risulta configurabile alcuna specifica irregolarità nella conservazione dell’arma; .. l’affermazione contenuta nel provvedimento secondo la quale l’avvenuta presa in carico dell’arma nell’apposito registro “non prova affatto che, fin dal primo controllo fosse dove poi è stata trovata” integra una considerazione del tutto teorica, non supportata da elementi di riscontro e, pertanto, inidonea a riferire al Be. specifiche condotte illecite.Insomma, il provvedimento di revoca si basa su presupposti che non trovano riscontro su concrete risultanze istruttorie, con conseguente fondatezza delle censure esaminate.”
Avverso tale sentenza, propone appello il Ministero dell’Interno, il quale ha chiesto che – in sua riforma – il ricorso di primo grado sia respinto.
L’appellato, sebbene ritualmente intimato, non si è costituito nel corso del secondo grado del giudizio.
All’udienza del 24 luglio 2018, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e deve essere accolto.
Come correttamente osservato nel primo motivo di gravame, ogni attività di modificazione delle parti meccaniche e funzionali delle armi poste in vendita (pur se non equipollente ad una alterazione) impone comunque, ai sensi dell’art. 7, comma 5, della legge 110/75 (e in coerenza con la circolare ministeriale n. 557/PAS.50-235/E104 del 30 ottobre 2006) l’iscrizione in cata del diverso modello di arma: l’appellato non ha effettuato tale adempimento.
La ratio decidendi della sentenza impugnata, inoltre, non risulta condivisibile, poiché non ha considerato adeguatamente che le modifiche apportate alle armi in questione (che consentono l’utilizzo di un silenziatore) comportano una loro maggiore offensività, che va constatata non soltanto laddove se ne aumenti la potenza di fuoco e la micidialità, ma anche in tutti quei casi nei quali l’arma può consentire un più agevole utilizzo a fini potenzialmente criminali.
Il provvedimento impugnato in primo grado, inoltre, ha ragionevolmente attribuito rilevanza anche agli ulteriori comportamenti contestati, e segnatamente alle approssimative modalità di custodia delle armi acquisite per le riparazioni, così come all’acquisto di un’arma con canna segata.
L’Amministrazione ha ben potuto considerli quali elementi idonei ad evidenziare una preoccupante leggerezza nella gestione dell’armeria di titolarità dell’appellante, che non è stata adeguatamente apprezzata dal primo giudice.
Rileva, in particolare, il complessivo significato delle oggettive condotte addebitate all’appellato, le quali si sono potute considerare in sede amministrativa in modo unitario e non atomisticamente, poiché si è accertato un utilizzo ai limiti della spregiudicatezza dell’autorizzazione amministrativa che mal si concilia con la peculiare attenzione che si richiede in tali attività .
Va infatti considerato che nella materia in esame il fine perseguito è la tutela dell’ordine pubblico, che rileva non solo in caso di accertato abuso, ma anche in caso di pericolo di abuso.
In tale contesto non può neppure avere valenza secondaria (come puntualmente rilevato dall’Amministrazione appellante) la circostanza in forza della quale alcune armi sarebbero state ritrovate nel servizio igienico dell’armeria, luogo sicuramente inidoneo alla custodia, tenuto conto che le stesse erano perfettamente funzionanti (pur se non destinate alla vendita, ma alle attività di manutenzione e riparazione).
Va infine rilevato che il potere dell’Amministrazione nella materia in esame è ampliamente discrezionale, quindi, qualora per circostanze legate alla personalità e alla condotta del soggetto non vi sia la presumibile certezza della sua completa affidabilità, l’Autorità di pubblica sicurezza deve valutare se esista pericolo per l’ordine o per la sicurezza pubblica, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, circa la possibilità e la capacità di un soggetto di compiere l’abuso, tenendo conto che quest’ultimo può concretizzarsi anche in comportamenti omissivi, consistenti nel “mancato assolvimento di quegli oneri di diligente custodia che l’ordinamento impone a chi detenga armi ed esplosivi” (cfr. Cons. St. sez., VI, 2 maggio 2006, n. 2438; Cons. St., sez., IV 26 gennaio 2004, n. 238).
Tali obblighi sono ovviamente più stringenti allorchè riferiti ad un’attività di tipo professionale qual è la gestione di un armeria, per i risvolti del tutto peculiari che riveste sulla pubblica sicurezza.
Pertanto, nella fattispecie è consentito al Questore l’utilizzo di un parametro di giudizio rigoroso in presenza di condotte (come quelle tenute dall’appellato) connotate da rilevanti irregolarità amministrative e inaccettabile leggerezza nella gestione dell’armeria, come tali idonee a pregiudicare la sicurezza pubblica.
Pertanto, il Questore di Sondrio ha correttamente esercitato i suoi ampi poteri discrezionali, giungendo ad una decisione adeguatamente motivata che si presenta logica, congrua e proporzionata e, in conclusione, scevra dai vizi dedotto in prime cure.
Pertanto, l’appello va accolto e – in totale riforma della sentenza impugnata – va respinto il ricorso di primo grado n. 1880 del 2011.
Sussistono sufficienti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello n. 6160 del 2012, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado n. 1880 del 2011.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Giovanni Pescatore – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Luigi Birritteri – Consigliere, Estensore

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