Interdittiva antimafia; il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose.

Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 13 aprile 2018, n. 2231.

Interdittiva antimafia; il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose. Aggiungasi che il semplice decorso del tempo non può costituire, da solo, elemento probante dell’assenza dell’attualità del tentativo di infiltrazione e la struttura clanica (fondata sulla famiglia) della mafia fa sì che anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, possa subire l’influenza dell’associazione criminale.
I fatti che l’autorità prefettizia deve valorizzare prescindono dall’atteggiamento antigiuridico della volontà mostrato dai singoli e finanche da condotte penalmente rilevanti, non necessarie per la sua emissione, ma sono rilevanti nel loro valore oggettivo, storico, sintomatico, perché rivelatori del condizionamento che l’organizzazione mafiosa può esercitare sull’impresa, anche al di là e persino contro la volontà del singolo.
La valutazione del pericolo di infiltrazioni mafiose, di competenza del Prefetto, è connotata, per la specifica natura del giudizio formulato, dall’utilizzo di peculiari cognizioni di tecnica investigativa e poliziesca, che esclude la possibilità per il giudice amministrativo di sostituirvi la propria, ma non impedisce ad esso di rilevare se i fatti riferiti dal Prefetto configurino o meno la fattispecie prevista dalla legge e di formulare un giudizio di logicità e congruità con riguardo sia alle informazioni acquisite, sia alle valutazioni che il Prefetto ne abbia tratto. L’ampia discrezionalità di apprezzamento del Prefetto in tema di tentativo di infiltrazione mafiosa comporta che la sua valutazione sia sindacabile in sede giurisdizionale in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell’informativa antimafia rimane estraneo l’accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento. Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati.

Sentenza 13 aprile 2018, n. 2231
Data udienza 5 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7660 del 2017, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Bo. e con questi elettivamente domiciliato in Roma, piazza (…), presso la Segreteria della sezione terza,
contro
il Ministero dell’Interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Crotone, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del Tar Calabria, sede di Catanzaro, sez. I, -OMISSIS-, che ha rigettato il ricorso proposto avverso il provvedimento del Prefetto della Provincia di Crotone n. -OMISSIS-, avente ad oggetto le informazioni ai sensi dell’art. 91, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio territoriale del Governo di Crotone;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2018 il Cons. Giulia Ferrari e i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con provvedimento del 28 dicembre 2014 è stato notificato il provvedimento interdittivo antimafia, ai sensi degli artt. 84 e 91, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, al sig. -OMISSIS-, titolare della ditta individuale “-OMISSIS-” ed esercente l’attività di autotrasporto e discarica di cose per conto terzi, con sede legale nel Comune di -OMISSIS-, ma operativa anche al nord. Tale informativa è stata emessa dopo che, con nota dell’1 settembre 2014, la Prefettura di Milano, nel quadro del monitoraggio e prevenzione delle infiltrazioni mafiose negli appalti di lavori di Expo 2015 della quale era deputata, ha richiesto alla Prefettura di Crotone informazioni antimafia nei confronti della stessa ditta.
Con ricorso notificato il 17 febbraio 2015, e depositato il successivo 10 marzo 2015, il sig. -OMISSIS-ha impugnato l’informativa deducendo che gli elementi posti a base del provvedimento impugnato “non risultano assolutamente idonei a fornire la prova… che la ditta sia esposta a tentativi di infiltrazione mafiosa”.
Con sentenza n. -OMISSIS-la sez. I del Tar Catanzaro ha respinto il ricorso ritenendo sussistenti elementi sufficienti a sostenere la valutazione relativa al pericolo di condizionamenti da parte della criminalità organizzata.
2. La sentenza è stata impugnata dal sig. -OMISSIS-con appello notificato il 2 ottobre 2017 e depositato il successivo 31 ottobre.
La società ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado, che ha ritenuto che i semplici legami tra l’odierno ricorrente e la famiglia -OMISSIS-possano integrare la nozione di “elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa”, ai sensi dell’art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159 del 2011, tendenti, ai sensi dell’art. 84 dello stesso d.lgs., a condizionare le scelte e gli indirizzi della ditta individuale “-OMISSIS-“. Detti rapporti sarebbero molto risalenti nel tempo e comunque, in assenza di ulteriori elementi, specifici e idonei, non potrebbero ostacolare il diritto del -OMISSIS–OMISSIS-di svolgere una lecita attività di impresa, costituzionalmente garantita.
Quanto all’acquisizione di mezzi della suddetta ditta -OMISSIS-da parte del sig. -OMISSIS-, il giudice di primo grado non ha tenuto conto che i mezzi sono stati regolarmente acquistati e pagati dallo stesso appellante e che solo quattro dei nove mezzi dell’omonima ditta Autotrasporti erano di proprietà della -OMISSIS-s.r.l..
Infine, nessun rapporto economico, salvo l’acquisto di detti mezzi, è risultato esistente tra la
ditta -OMISSIS- e altre imprese riconducibili alla famiglia -OMISSIS-.
3. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Crotone che, nell’istanza di rinvio della trattazione della causa del 9 gennaio 2018 (presentata per mancato rispetto dei termini previsti dal Codice del processo amministrativo
per la fissazione dell’udienza di merito), hanno rilevato che l’appello è stato notificato presso l’Avvocatura distrettuale di Catanzaro. Nel merito hanno sostenuto l’infondatezza dell’appello.
4. Alla pubblica udienza del 5 aprile 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare il Collegio rileva che la costituzione in giudizio delle Amministrazioni resistenti ha sanato la nullità della notifica, effettuata presso l’Avvocatura distrettuale di Catanzaro anziché presso l’Avvocatura generale dello Stato (Cons. St., sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4436; id., sez. III, 29 luglio 2013, n. 3983).
2. Come esposto in narrativa, il sig. -OMISSIS-, titolare della ditta individuale di autotrasporti “-OMISSIS-” ed esercente l’attività di autotrasporto e discarica di cose per conto terzi, ha impugnato la sentenza della sez. I del Tar Catanzaro, n. -OMISSIS-, che ha rigettato il ricorso da lui proposto avverso il provvedimento del Prefetto della Provincia di Crotone n. -OMISSIS-, avente ad oggetto le informazioni ai sensi dell’art. 91, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
L’interdittiva è stata adottata sul rilievo che il sig. -OMISSIS-, pur essendo titolare di impresa individuale immune da pregiudizi penali, ha significativi legami con la famiglia -OMISSIS-di -OMISSIS-, vicina alla cosca mafiosa -OMISSIS-, operante nella stessa -OMISSIS-. Ad avviso della Prefettura la ditta -OMISSIS-sarebbe rimasta l’unica a garantire la partecipazione della famiglia alle attività imprenditoriali legate a Expo 2015, in quanto tutte le altre società ad essa riconducibili – -OMISSIS-s.r.l., -OMISSIS-, impresa individuale, e-OMISSIS-, impresa individuale – sono state destinatarie di informazioni interdittive.
Dunque, il sig. -OMISSIS-è vicino alla famiglia -OMISSIS-che, a sua volta, è vicina alla cosca mafiosa -OMISSIS-.
La vicinanza del sig. -OMISSIS-alla famiglia -OMISSIS-è desunta dal fatto che: a) il sig. -OMISSIS-è titolare di quote della società -OMISSIS-s.r.l., che poi ha ceduto a -OMISSIS–OMISSIS-e successivamente ad -OMISSIS–OMISSIS-; b) è stato dipendente della “-OMISSIS-. dei F.lli -OMISSIS-” e dell’impresa individuale -OMISSIS-, moglie di -OMISSIS–OMISSIS-e cognata di -OMISSIS-, quest’ultimo marito di -OMISSIS–OMISSIS-, sorella di -OMISSIS-ed -OMISSIS–OMISSIS-; c) il sig. -OMISSIS-, fino al 27 luglio 2006, è stato amministratore unico della società -OMISSIS-., il cui socio unico era -OMISSIS–OMISSIS-; d) la ditta individuale “-OMISSIS-” è risultata proprietaria di nove veicoli, di cui quattro, prima di essere acquistati dall’impresa in parola, erano di proprietà della -OMISSIS-s.r.l..
Con l’appello in esame il sig. -OMISSIS-smentisce la sussistenza dei presupposti che, ad avviso del giudice di primo grado, sarebbero indici dell’esistenza del rilevato pericolo di infiltrazioni e di condizionamento delle scelte imprenditoriali da parte della criminalità organizzata.
3. Al fine del decidere il Collegio ritiene necessario richiamare i principi, ormai consolidati, individuati dalla Sezione nella materia delle interdittive antimafia, perché utili a smentire, in fatto e in diritto, i motivi dedotti in appello.
La Sezione (30 marzo 2018, n. 2031; 7 febbraio 2018, n. 820; 20 dicembre 2017, n. 5978; 12 settembre 2017, n. 4295) ha chiarito che l’interdittiva antimafia costituisce una misura preventiva, volta a colpire l’azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti con la Pubblica amministrazione, che prescinde dall’accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con l’Amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente.

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