Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 10 luglio 2018, n. 4215.
La massima estrapolata:
La peculiarità del ruolo della guardia particolare giurata, chiamata a tutelare l’integrità del patrimonio altrui, tanto che il legislatore annette allo stesso il riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio (art. 138, ultimo comma, T.U.L.P.S., aggiunto dall’art. 33, comma 1, lett. d) della l. 1° marzo 2002, n. 39), impone un’attenzione particolare nell’esercizio di tale discrezionalità, non richiedendo necessariamente, come ipotizzato dal Giudice di prime cure, un giudizio di vera e propria pericolosità sociale dell’interessato.
Gli organi del Ministero dell’Interno ben possono rilevare come certe frequentazioni possano dare luogo al rischio che l’arma sia appresa dalle persone frequentate, e gravate da procedimenti penali, e sia impropriamente utilizzata: una tale valutazione risulta di per sé ragionevole, perché per una buona regola di prudenza è bene evitare che soggetti pregiudicati per gravi reati frequentino chi porti con sé armi, e viceversa
Sentenza 10 luglio 2018, n. 4215
Data udienza 15 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8337 del 2011, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. per la Lombardia -Sez. III, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il diniego del rinnovo del decreto di nomina a guardia giurata e del porto di pistola per difesa personale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 15 maggio 2018 il Cons. Antonella Manzione e udito per le parti l’avvocato dello Stato Ma. Pi. Ca.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. -OMISSIS-, già titolare di decreto di nomina a guardia particolare giurata e dell’autorizzazione a porto di pistola per difesa personale a tassa ridotta, ha proposto ricorso al T.A.R. avverso il provvedimento di rigetto della relativa istanza di rinnovo, motivato sulla base del fatto che lo stesso è stato controllato più volte in luoghi frequentati da prostitute e da tossicodipendenti, e che il veicolo di servizio in sua dotazione è oggetto di un’indagine della Procura della Repubblica di -OMISSIS-per il reato di cui all’art. 527 c.p. (atti osceni).
2. Con sentenza n. -OMISSIS- il giudice di prime cure ha accolto il ricorso ritenendo il diniego illegittimo in quanto basato su circostanze “che sembrano attenere più che altro alla sfera della morale”, di per sé inidonee pertanto a suffragare la necessaria valutazione di pericolosità. Ciò in ragione della corretta lettura da dare all’art. 138 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.) dopo l’intervento sulla norma della sentenza della Corte Costituzionale 18-25 luglio 1996, n. 311, che ha espunto sia il riferimento all’accertamento della condotta “politica”, sia, per quanto qui di interesse, la necessaria connotazione come “ottima” di quella morale.
3. Avverso la sentenza propone appello il Ministero dell’interno deducendo errata interpretazione dell’art. 138 del T.U.L.P.S. che comunque continua a considerare rilevante il possesso di una condotta “buona”, requisito da valutare anche in relazione a fattispecie prive di rilievo penale in ragione della particolare delicatezza delle mansioni che le guardie giurate sono chiamate a svolgere. Quanto detto a prescindere, peraltro, dalla sopravvenuta condanna in primo grado da parte del Tribunale di -OMISSIS-per il reato di atti osceni.
4. Osserva il Collegio che l’appello è fondato.
Il conferimento della qualifica di guardia particolare giurata, cui accede anche il rilascio di porto d’armi per difesa personale, rientra tra le cosiddette autorizzazioni di polizia disciplinate a livello generale dal Capo III del Titolo I del r. d. 18 giugno 1931, n. 773. Il loro rilascio, pertanto, è condizionato alla verifica della sussistenza dei requisiti generali di cui all’art. 11, nonché a quelli specificamente richiesti dalla norma di riferimento.
L’art. 11, comma 2, del T.U.L.P.S. individua, tra le cause che legittimano il diniego di rilascio dell’autorizzazione di polizia, oltre all’avvenuta condanna per specifiche tipologie di reati, nominativamente indicati, la mancanza di “buona condotta”. Essa impone o consente anche la revoca dell’autorizzazione, in quanto la norma la prevede, rispettivamente, per i casi in cui “..nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate”, ovvero “quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione” (comma 3).
Analoga indicazione è contenuta all’art. 43, comma 2, in materia di porto d’armi, laddove egualmente si richiama il requisito della “buona condotta”, nonché l'”affidamento a non abusare delle armi”.
L’art. 138, infine, relativo nello specifico al titolo di guardia particolare giurata, al comma 1, nella stesura risultante dall’intervento della Corte Costituzionale n. 311/1996, consente di valutare la condotta morale del richiedente, senza pretenderne i parametri di assolutezza riconducibili all’aggettivo “ottima” ivi originariamente previsto.
La rilevante permanenza del requisito della “buona condotta” si desume, d’altro canto, anche dalla lettura della sentenza della Corte Costituzionale che ha invece inciso sulle due norme sopra citate (artt. 11 e 43), ritenendo illegittimo che l’onere della prova dello stesso gravi, come previsto dal legislatore del 1931, sul richiedente (cfr. Corte Cost., 16 dicembre 1993, n. 440).
5. Da tale quadro normativo emerge chiaramente che il legislatore ha individuato i casi in cui l’Autorità amministrativa è titolare di poteri strettamente vincolati (ai sensi dell’art. 11, primo e terzo comma, prima parte, e dell’art. 43, primo comma, che impongono il divieto di rilascio di autorizzazioni di polizia ovvero il loro ritiro) e quelli in cui, invece, è titolare di poteri discrezionali (ai sensi dell’art. 11, secondo e terzo comma, seconda parte, e 43, secondo comma, nonché, con le precisazioni effettuate, 138, comma 1, n. 5).
Pur in assenza, quindi, dei precedenti penali specifici cui le disposizioni menzionate fanno riferimento, residua in capo all’Amministrazione l’obbligo di valutare, con la discrezionalità tipica sottesa al rilascio delle autorizzazioni di polizia, a maggior ragione in un ambito di particolare delicatezza quale quello che implica comunque l’uso delle armi, la specchiatezza del richiedente, non in termini assoluti e lato sensu etici, bensì in funzione proprio dei contenuti specifici della richiesta avanzata.
6. La peculiarità del ruolo della guardia particolare giurata, chiamata a tutelare l’integrità del patrimonio altrui, tanto che il legislatore annette allo stesso il riconoscimento della qualifica di incaricato di pubblico servizio (art. 138, ultimo comma, T.U.L.P.S., aggiunto dall’art. 33, comma 1, lett. d) della l. 1° marzo 2002, n. 39), impone un’attenzione particolare nell’esercizio di tale discrezionalità, non richiedendo necessariamente, come ipotizzato dal Giudice di prime cure, un giudizio di vera e propria pericolosità sociale dell’interessato (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, 1° agosto 2014, n. 4121; nonché id., 12 giugno 2014, n. 2987 e 27 febbraio 2018, n. 1210).
7. Nel caso di specie, dunque, la Prefettura di -OMISSIS-, valutate le informazioni prodotte dalla Tenenza Carabinieri di -OMISSIS-e dal Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS- ha ritenuto dirimente la rappresentata frequentazione non episodica di “zone malfamate frequentate da prostitute e tossicodipendenti”. Ritiene il Collegio che relegare tale frequentazione, come pure fa il T.A.R., in ambito esclusivamente morale, pretermettendo ogni valutazione circa la tipologia degli ambienti indicati, humus privilegiato per il diffondersi di attività delittuose quali quelle legate allo sfruttamento della prostituzione ovvero allo spaccio di stupefacenti, sia quanto meno riduttivo dell’ampio spettro di valutazione rimessa alla P.A. nell’ambito di riferimento. Quanto detto a maggior ragione in relazione al riconoscimento di qualifiche cui accede un titolo agevolato di porto d’arma, la cui custodia impone un’attenzione al contesto comprensibilmente accentuata. Al riguardo peraltro non vi è ragione di discostarsi dall’affermazione del Consiglio di Stato secondo la quale gli organi del Ministero dell’Interno ben possono rilevare come certe frequentazioni “possano dare luogo al rischio che l’arma sia appresa dalle persone frequentate, e gravate da procedimenti penali, e sia impropriamente utilizzata: una tale valutazione risulta di per sé ragionevole, perché per una buona regola di prudenza è bene evitare che soggetti pregiudicati per gravi reati frequentino chi porti con sé armi, e viceversa” (v. Cons. Stato, Sez. III, 13 ottobre 2016, n. 4242; nonché id., 10 agosto 2016, n. 3612).
8. La valutazione complessiva formulata dalla Prefettura di -OMISSIS- non risulta dunque affatto irragionevole. Il riferimento al coinvolgimento del veicolo in dotazione al richiedente, e quindi nella sua disponibilità e custodia, quanto meno in relazione al servizio, in indagini di polizia giudiziaria per reati contro la morale, conferma la preoccupazione che persone estranee possano essere ammesse nell’abitacolo, con ciò rendendo più cogenti le esigenze di custodia dell’arma. L’avvenuta condanna del richiedente a 2 mesi di reclusione con sentenza del 14 maggio 2010 per il reato di cui all’art. 527 c.p., se di per sé è irrilevante ai fini della valutazione della legittimità del diniego, da effettuarsi alla data dello stesso in ragione del noto principio del tempus regit actum, conferma tuttavia la fondatezza delle preoccupazioni sottese alla scelta dell’Amministrazione procedente.
9. Conclusivamente il Collegio ritiene pertanto le motivazioni del provvedimento impugnato idonee a supportare il giudizio ampiamente discrezionale di possibile rischio di abuso del titolo che la legge affida all’autorità prefettizia nell’attività di rilascio di un’autorizzazione di polizia, a maggior ragione ove connessa anche all’uso di armi; giudizio fondato, nel caso in esame, prevalentemente sulla riscontrata frequentazione di ambienti con possibile incidenza sul modus agendi dell’interessato. Con l’effetto che, del tutto ragionevolmente, il provvedimento impugnato ha valutato sia la non specchiatezza della condotta in relazione alla frequentazione di luoghi quanto meno astrattamente contigui alla commissione di fatti delittuosi, sia il pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica sulla base di un giudizio prognostico ex ante circa la possibilità di abuso delle armi.
10. L’appello quindi merita accoglimento. La sentenza appellata deve essere riformata e il ricorso di primo grado respinto.
Tuttavia per l’andamento e la peculiarità dei due gradi di giudizio le spese e gli onorari possono essere compensati.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza del T.A.R. per la Lombardia indicata in epigrafe e conferma il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellato. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Gabriele Carlotti – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere, Estensore
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