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D’altra parte, poiché il Comune si è costituito in giudizio, una ipotetica nullità si sarebbe dovuta considerare conseguentemente sanata, avendo potuto l’Amministrazione articolare pienamente le proprie difese.
2. Nel merito, possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, i due primi motivi di appello.
Si tratta di censure infondate, che vanno respinte.
Innanzitutto, diversamente da quanto sostenuto dalla parte appellante, risulta che l’ordinanza sindacale impugnata in primo grado è stata adottata nell’esercizio del potere previsto dal d.lgs. 22/1997.
Ciò è desumibile da un duplice elemento testuale rinvenibile nel contenuto dell’atto: il richiamo espresso all’articolo 14 del citato decreto legislativo («visto il decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 e in particolare l’articolo 14; ritenuto di dover provvedere in merito») e l’assenza di riferimenti a situazioni di urgenza e di pericolo imminente.
La combinazione dei due elementi dirada le incertezze qualificatorie prospettate dall’appellante, le quali non si giustificano neppure alla luce della nota dell’A.R.P.A. del 27 maggio 2000, pure richiamata dal provvedimento sindacale, con la quale era stata segnalata all’amministrazione comunale l’opportunità di intervenire con un’ordinanza contingibile e urgente: la nota in questione presenta, infatti, un contenuto essenzialmente istruttorio e come tale è menzionata nelle premesse del provvedimento sindacale.
Esclusa l’ipotesi qualificatoria che fa richiamo al potere contingibile e urgente, risultano infondate anche le deduzioni di cui al secondo motivo, riferite all’assenza dei presupposti tipici di questo potere.
3. Nel merito, circa la possibilità astratta di configurare una responsabilità colposa del proprietario del fondo occupato da rifiuti, che sia rimasto inerte innanzi al protrarsi della situazione di degrado ambientale, occorre dare conto di un oramai costante indirizzo giurisprudenziale che – pur ribadendo in premessa il coefficiente soggettivo che, in materia di responsabilità da abbandono di rifiuti, deve connotare la condotta degli autori del fatto (ivi incluso, tra questi, il proprietario del fondo) – non manca poi di precisare che la responsabilità del proprietario dell’area, che non sia autore dell’abbandono, può essere affermata anche in altro modo, ovvero dimostrando – sulla base delle circostanze concrete, connesse ad esempio ad un contegno inerte di fronte ad un fenomeno di deposito di rifiuti prolungato nel tempo – che la condizione di degrado ambientale così determinatasi è dovuta a specifici suoi comportamenti disattenti od omissivi.
In queste specifica prospettiva, la colpa può ritenersi consistere nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area, atte ad impedire che possano essere in essa indebitamente depositati rifiuti nocivi (Cons. Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 84).
4. Tracciate le generali premesse di inquadramento giuridico dei fatti di causa, si deve rilevare che gli stessi individuano – ad avviso del Collegio – una ipotesi peculiare che non si presta ad essere esaustivamente indagata secondo i consueti e sin qui richiamati canoni deduttivi.
Nel caso di specie sussistono, infatti, peculiari dati fattuali e giuridici sufficienti ad integrare il fondamento della responsabilità colposa della proprietario dell’area.
4.1. Sul piano fattuale, diverse circostanze valgono a dimostrare come la condizione di degrado ambientale determinatasi a seguito dell’abbandono dei rifiuti non si sia perpetuata in modo statico nel periodo successivo alla riacquisizione della disponibilità del fondo da parte della proprietaria, ma, proprio in tale frangente temporale, si sia ulteriormente accentuata e aggravata in termini tali da allarmare l’ente comunale, sollecitare l’intervento degli organi preposti alla tutela ambientale e motivare le conseguenti iniziative dell’amministrazione.
Di tanto si trae conferma dalle risultanze delle verifiche condotte in loco dall’ARPA e dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Parma: le prime – riportate nella nota del 27 maggio 2000 dell’ARPA di Fidenza – attestano il rischio di «problematiche anche dal punto di vista igienico-sanitario», conseguenti alla persistenza dei pneumatici in loco e dalla vicinanza di vicini abitati, tali da far suggerire dalla stessa ARPA al Comune interessato, l’opportunità dell’adozione di una ordinanza contingibile e urgente di sgombero dell’area.
Gli esiti delle indagini condotte dai Vigli del Fuoco – riportate nella nota del 27 aprile 2000 – confermano, d’altra parte, le «generali condizioni di elevato degrado igienico sanitarie dell’immobile e delle relative pertinenze».
L’aggravamento del quadro di emergenza conseguente al permanere dei copertoni abbandonati, evidenziato dalle richiamate risultanze istruttorie, si è verificato allorché unica custode e responsabile dell’area era l’appellante; sicché è al suo colpevole contegno omissivo che va ricondotto l’intero spettro di fattori causali che, nello specifico frangente temporale qui in esame, hanno concorso a peggiorare lo stato del fondo al punto da farvi emergere rischi sanitari e di pericolo per la pubblica incolumità.
4.2. Sempre sul piano fattuale, assume rilevanza la circostanza che – nel medesimo lasso temporale – l’appellante, con missiva del 18 aprile 1995 indirizzata al Comune, si impegnava allo sgombero dei pneumatici e chiedeva una proroga temporale per potervi provvedere.
A tale richiesta aveva fatto seguito l’assenso del Comune e la concessione di un termine prolungato sino al 31 dicembre 1995 per il completamento delle operazioni di smaltimento.
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