Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 27 novembre 2017, n. 5512. L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale non costituisce sanzione accessoria alla demolizione

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1. L’appello, nell’unico motivo proposto, è infondato e va respinto.

2. L’art. 3 della l.r. 21/2009 citata, come modificato dall’art. 3 della l.r. 10/2011, rubricato “Interventi ampliativi degli edifici”, afferma al comma 1 che “in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi comunali vigenti o adottati sono consentiti, previa acquisizione del titolo abilitativo di cui all’articolo 6, interventi di ampliamento, nei seguenti limiti massimi relativi alla volumetria esistente o alla superficie utile”.

A sua volta, l’art. 6 della stessa legge stabilisce nei dettagli quale sia il titolo abilitativo richiesto per ciascuno degli interventi ammissibili. Rileva nel caso di specie il comma 1, per cui: “Fermi restando i nulla osta, le autorizzazioni ed ogni altro atto di assenso comunque denominato previsti dalla normativa statale e regionale vigente e fatto salvo quanto previsto dal comma 2, gli interventi di cui agli articoli 3, 3-bis, 3-ter, 3-quater, 4 e 5 sono consentiti previa denuncia di inizio attività (DIA) ai sensi dell’articolo 23 del D.P.R. n. 380/2001 e successive modifiche, fermo restando quanto dovuto a titolo di oneri concessori ai sensi della normativa vigente. Per gli interventi straordinari da realizzare nei territori ricadenti nelle zone a rischio idrogeologico di cui all’articolo 2, comma 2, lettera e), ai fini dell’ottenimento del titolo abilitativo edilizio deve essere, altresì, acquisito il parere dell’ente competente da rendersi entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali si intende favorevolmente reso”.

3. Applicando le norme appena descritte al caso di specie, l’intervento realizzato dai ricorrenti appellanti rientra senza dubbio nell’ambito dell’art. 3 della l. 21/2009, trattandosi di un ampliamento di edificio esistente; poiché però ci si trova, come non è contestato, in zona sottoposta a vincolo, esso avrebbe dovuto ottenere, a fianco del titolo edilizio, anche l’autorizzazione paesaggistica.

Poiché quest’ultima manca, al pari del titolo edilizio, la misura della demolizione è legittima e dovuta, in ogni caso ai sensi degli artt. 146 e 167 comma 1 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42.

Va invece escluso, contrariamente a quanto sostiene la difesa dei ricorrenti appellanti, ovvero che l’intervento in questione si potesse eseguire sol perché astrattamente consentito dalla normativa sul “piano casa” appena esaminata: la stessa, come si è visto, è chiara nel senso di richiedere comunque il rilascio ovvero la formazione degli specifici titoli autorizzativi.

4. E’ solo per completezza che si ricorda come la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità asserita dai ricorrenti appellanti nella memoria 17 ottobre 2017 non comporta, contrariamente a quanto sostenuto in quella sede dalla loro difesa, l’improcedibilità del ricorso presentato contro l’ordinanza di demolizione, ma soltanto che il Comune debba pronunciarsi sulla possibilità di sanatoria prima dell’eventuale esecuzione coattiva della demolizione stessa: in tal senso, fra le molte, C.d.S. sez. VI 4 aprile 2017 n. 1565 e 2 febbraio 2015 n. 466.

5. Nulla per spese, non essendosi il Comune costituito.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 1750/2012 R.G), lo respinge.

Nulla per spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Oreste Mario Caputo – Consigliere

Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore

Alessandro Verrico – Consigliere

Davide Ponte – Consigliere

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