Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 27 febbraio 2018, n. 1156. La qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entitè ed accessorie rispetto ad un’opera principale

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5.3. Secondo quanto accertato nel corso del sopralluogo del 21 luglio 2006 (accertamento che ha dato luogo alla impugnata ordinanza), “sul terrazzino prospiciente il prospetto Nord dell’immobile di proprietà Gi.-Tr. è stato realizzato, in assenza di titoli abilitanti, un manufatto tipo tettoia aperta con struttura metallica poggiante anteriormente su piastrini rivestiti in legno e posteriormente fissata nella muratura del fabbricato, controsoffittata all’intradosso e coperta da lamiere coibentate, conformate a manto di tegole rosse. Tale manufatto all’intradosso ha altezza massima dal pavimento di metri 2,30 circa misurata in corrispondenza del fabbricato ed altezza minima di metri 2,12 misurata in prossimità della ringhiera di delimitazione del terrazzino. Esso è posto a copertura di un preesistente terrazzo pavimentato che costituisce la copertura dell’ambiente ubicato al livello sottostante”.
5.4. Al contempo, dalla documentazione prodotta in primo grado, risulta che la tettoia in esame, per di più realizzando di fatto una chiusura del terrazzino sul quale è ubicata, è tale da determinare un incremento di volumetria ovvero, ad ogni modo, un’alterazione della sagoma dell’edificio.
5.5. Al riguardo, il Collegio ritiene di condividere il principio di diritto costantemente richiamato nella giurisprudenza, anche di questa Sezione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 17 maggio 2017, n. 2348; 16 febbraio 2017, n. 694), secondo cui, la qualifica di pertinenza urbanistica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un’opera principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia, ma non anche ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tali, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica.
Va peraltro condiviso il principio generale per il quale occorre il rilascio della concessione edilizia (o del titolo avente efficacia equivalente), quando si tratti di un “manufatto edilizio” e, a tali fini, manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come una tettoia, che ne alteri la sagoma.
Con particolare riferimento alla tettoia, invero, la stessa è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/01, solo nella misura in cui realizzi “l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”, mentre è subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell’articolo 10, comma primo, lettera c), dello stesso D.P.R., laddove, come nel caso in esame, comporti una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui accede.
5.6. Peraltro, occorre rilevare che, con riferimento all’area in cui è situato l’immobile oggetto dell’intervento in esame, in virtù del decreto del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali di vincolo storico artistico del 13 aprile 1996 (notificato al signor Gi. in data 29 novembre 1996), il “Parco Co.” con annesso parco, chiesa e dipendenze, sito in (omissis) (NA) veniva dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089.
5.7. In ragione di quanto considerato, il primo motivo di appello va respinto, con la conseguente infondatezza del secondo motivo, basato sulla non condivisibile tesi della sufficienza di una D.I.A. per la realizzazione dell’opera.
6. Per le ragioni che precedono, l’appello nel suo complesso va respinto.
Nulla per le spese del secondo grado, attesa la mancata costituzione in giudizio del Comune appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 33 del 2012, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
Davide Ponte – Consigliere

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