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Pertanto, colui che realizza interventi edilizi, ritenuti abusivi, su immobili esistenti, è tenuto a dimostrare in maniera rigorosa, se intende evitare le misure repressive di legge, la preesistenza dell’avvenuta edificazione rispetto alla entrata in vigore della c. d. “legge Ponte”, e ciò in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 cod. civ..
Guardando adesso più da vicino il caso in esame, e puntualizzato che in sentenza, e in atti, si muove dall’assunto che ci si trovi in un’area posta al di fuori del centro abitato, con conseguente non necessità del titolo abilitativo edilizio “ante legge Ponte”; per quanto riguarda il capannone in ferro e acciaio, di circa 100 mq. di superficie coperta, manufatto che integra la parte preponderante delle opere abusive delle quali il Comune ha ordinato la rimozione, al di là della perizia di parte, dal contenuto oltremodo generico, avente data successiva di alcuni mesi a quella dell’ordinanza di demolizione e, anche per questa ragione, non in grado di supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato interessato, l’avvenuta edificazione, in data anteriore al settembre del 1967, risulta sfornita di qualsivoglia elemento probatorio, sicché bene in sentenza si evidenzia che in atti emerge in maniera netta la diversa, e maggiore, consistenza del manufatto in discussione, come descritto nel verbale n. 168/2014 oltre che nelle premesse dell’ingiunzione di demolizione, rispetto a ciò che risulta dall’atto notarile di compravendita del 5 luglio 2012. Nel citato atto di compravendita, tra Si. Lo., venditrice, e An. e Vi. Lo., acquirenti, si fa riferimento unicamente a un “piccolo fabbricato rurale della consistenza catastale di circa mq. 43”, la cui realizzazione, nella ricostruzione cronologica notarile, “è stata iniziata prima del 1° settembre 1967, anche se la relativa menzione richiesta dalla l. n. 47/1985 non era stata inserita nel rogito notarile in data 13 dicembre 2000”. Come giustamente si sottolinea in sentenza, è un fatto, di cui tenere conto, che la menzione del fabbricato rurale di 43 mq. mancava nel precedente atto di compravendita del 13 ottobre 2000.
La dichiarazione della venditrice Si. Lo. ha in concreto consentito la commerciabilità del bene.
Se quindi per il capannone di circa 100 mq. – e, inoltre, bisogna ritenere, con riferimento alla veranda di circa 25 mq., realizzata con legno lamellare e coperta con tegole, anch’essa menzionata nell’ingiunzione di demolizione ma sulla quale ultima nulla di specifico dicono gli appellanti – non è stato fornito alcun indizio idoneo a rendere plausibile la preesistenza del manufatto, a confronto con la data della entrata in vigore della l. n. 765 del 1967; per quanto attiene al fabbricato rurale di circa 43 mq., il privato comunque non risulta avere fornito elementi idonei a comprovare tale preesistenza, e ciò in una situazione in cui all’Amministrazione spettava unicamente accertare il carattere abusivo del manufatto.
Per le ragioni esposte sopra, la prova della “risalenza”, a data anteriore al settembre del 1967, non risulta minimamente raggiunta per quanto riguarda il capannone, e appare insufficientemente raggiunta con riguardo al fabbricato rurale di 43 mq., e ciò in un contesto in cui spetta al privato l’onere di dimostrare in modo adeguato l’avvenuta realizzazione del manufatto in un momento tale da escludere la necessità del possesso della “licenza edilizia” del Sindaco, mentre alla P. A. soltanto di accertare il carattere abusivo delle opere eseguite.
L’appello va pertanto respinto e la sentenza impugnata confermata.
Non si fa luogo ad alcuna pronuncia sulle spese, dato che il Comune non si è costituito.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge confermando, per l’effetto, la sentenza impugnata.
Nulla per le spese del grado del giudizio.
Dispone che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere

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