Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 13 ottobre 2017, n. 4759. La ricostruzione a seguito di crollo non è dissimile dalla demolizione e ricostruzione ammesse nell’ambito della ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 380/2001

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Quanto all’asserita perdurante vigenza dell’art. 69 del Regolamento edilizio comunale, il quale vieta la ricostruzione, in tutto o in parte, di edifici accidentalmente crollati, qualora ubicati in classe IIIb2, va rilevato che tale norma appare superata per incompatibilità con quelle sopra richiamate.

La ricostruzione a seguito di crollo non è dissimile, infatti, dalla demolizione e ricostruzione ammesse nell’ambito della ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 380/2001, sempreché vi siano elementi sufficienti per provare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio “da ristrutturare”.

Anche se l’edificio non è in tutto o in parte fisicamente esistente al momento dell’intervento richiesto (per effetto del crollo), non v’è ragione di classificarlo come nuova costruzione. Un edificio può, infatti, dirsi esistente non solo quando “esista un organismo edilizio, seppur non necessariamente abitato od abitabile, connotato nei suoi caratteri essenziali, dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura in stato di conservazione tale da consentire la sua (fedele) ricostruzione” (ex multis C.d.S., V, 10 febbraio 2004, n. 475), ma anche quando la sua più recente consistenza, precedente l’evento sismico o assimilato, sia apprezzabile compiutamente sulla base di aerofotogrammetrie e/o immagini satellitari di sicura veridicità.

Ne deriva che, nel caso di specie, le parti crollate potevano comunque essere ricostruite, previa compiuta ed analitica verifica degli elementi e requisiti ora ricordati.

Sulla scorta delle considerazioni innanzi riportate, la Sezione ritiene di poter concludere per l’accoglimento dell’appello ed, in riforma della sentenza appellata, per l’annullamento degli atti impugnati in primo grado, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Le spese di giudizio possono essere compensate, non essendovi in realtà una sostanziale soccombenza di alcuna delle parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Sesta,

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla gli atti impugnati in primo grado, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Spese compensate del doppio grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere

Andrea Pannone – Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Italo Volpe – Consigliere

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