Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 13 marzo 2018, n. 1589. Il mobbing

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La sussistenza di condotte c.d. mobbizzanti deve essere qualificata dall’accertamento di precipue finalità persecutorie o discriminatorie, poiché proprio l’elemento soggettivo finalistico consente di cogliere in uno o più provvedimenti e comportamenti, o anche in una sequenza frammista di provvedimenti e comportamenti, quel disegno unitario teso alla dequalificazione, svalutazione o emarginazione del lavoratore pubblico dal contesto organizzativo nel quale è inserito, che è imprescindibile ai fini della configurazione dell’illecito in questione (v., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III, 12 gennaio 2015, n. 28; id., 4 febbraio 2015, n. 529).

Conseguentemente un singolo atto illegittimo, o anche più atti illegittimi di gestione del rapporto in danno del lavoratore, non sono, di per sé soli, sintomatici della presenza di un comportamento mobbizzante.

Nei casi di preteso mobbing il giudice deve, poi, considerare le peculiarità dell’ambiente di lavoro e, nel caso di specie, la realtà particolare delle Amministrazioni militari o gerarchicamente organizzate, come i corpi di polizia.

Sul piano processuale, la condotta di mobbing del datore di lavoro deve essere allegata nei suoi elementi essenziali dal lavoratore, che non può limitarsi davanti al giudice a genericamente dolersi di esser vittima di un illecito, ovvero ad allegare l’esistenza di specifici atti illegittimi, ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il giudice – eventualmente, anche attraverso l’esercizio dei suoi poteri ufficiosi – possa verificare la sussistenza, nei suoi confronti, di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione, in quanto la pur accertata esistenza di uno o più atti illegittimi adottati in danno di un lavoratore non consente, di per sé, di affermare l’esistenza di un’ipotesi di mobbing (v. Cons. Stato, Sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1388). Infatti, la ricorrenza di un’ipotesi di condotta mobbizzante deve essere esclusa quante volte la valutazione complessiva dell’insieme di circostanze addotte (ed accertate nella loro materialità), pur se idonea a palesare, singulatim, elementi od episodi di conflitto sul luogo di lavoro, non consenta di individuare, secondo un giudizio di verosimiglianza, il carattere esorbitante ed unitariamente persecutorio e discriminante nei confronti del singolo del complesso delle condotte poste in essere sul luogo di lavoro (v. Cons. Stato, Sez. IV, 10 gennaio 2012, n. 14).

Pertanto, sotto il profilo probatorio, il lavoratore non può limitarsi davanti al giudice a genericamente dolersi di esser vittima di un illecito (ovvero ad allegare l’esistenza di specifici atti illegittimi), ma deve quanto meno evidenziare qualche concreto elemento in base al quale il giudice amministrativo possa verificare la sussistenza nei suoi confronti di un più complessivo disegno preordinato alla vessazione o alla prevaricazione (v. Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4135; Cons. Stato, Sez. VI, 12 marzo 2012, n. 1388).

6.2. Orbene, sulla base di queste premesse in diritto, correttamente assunte dal T.r.g.a. a parametro di giudizio, è sufficiente osservare che, anche al di là dei singoli episodi lamentati dall’odierno appellante – di cui questo Collegio ritiene di far propria la puntuale ed esauriente analisi compiuta dai primi giudici (v., in particolare, pp. 14-19 dell’impugnata sentenza) -, l’originario ricorrente non ha assolto all’onere di dimostrare l’esistenza di quell’intento persecutorio, unificante i singoli eventi (da cui, peraltro, per quanto esposto sopra sub 5., vanno esclusi i provvedimenti disciplinari e organizzativi non impugnati tempestivamente), che solo potrebbe giustificare l’accoglimento della proposta domanda.

Il T.r.g.a., sulla base di una approfondita, globale e unitaria valutazione dell’acquisito materiale probatorio, non scalfita in modo dirimente dalle censure al riguardo formulate nel ricorso in appello e aderente agli elementi di prova acquisiti, analiticamente esaminati e ricomposti in una ricostruzione completa dei fatti, i cui singoli passaggi si connotano per la loro coerenza inferenziale interna e non-contraddittorietà, è pervenuto alla corretta conclusione dell’inconfigurabilità della stessa condotta illecita (sia quanto agli elementi oggettivi, sia quanto all’elemento soggettivo) imputata all’Amministrazione intimata, non superabile neppure dalle ulteriori richieste istruttorie formulate dall’odierna appellante, in quanto una corretta valutazione (alla stregua delle coordinate ermeneutiche esposte sopra sub 6.1.) dei fatti dallo stesso allegati non consente di pervenire a diversa conclusione, non essendo certamente sufficiente la sussistenza di una generica situazione di conflittualità nell’ambiente lavorativo.

6.3. Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma dell’impugnata sentenza.

Resta assorbita ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori.

7. Tenuto conto di ogni circostanza connotante la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 3007 del 2016), lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; dichiara le spese del presente grado di giudizio interamente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la persona dell’odierno appellante.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2017, con l’intervento dei magistrati:

Sergio Santoro – Presidente

Bernhard Lageder – Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato – Consigliere

Francesco Mele – Consigliere

Oreste Mario Caputo – Consigliere

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