Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 9 novembre 2017, n. 5176. Il diritto di accesso dei Consiglieri comunali non si estende anche alle società partecipate del Comune in forma minoritaria

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Sottolineava il tribunale che l’interessata aveva evidenziato la necessità di conoscere “almeno gli argomenti posti all’ordine del giorno”, in maniera tale da poter “meglio specificare e orientare la richiesta di accesso agli atti per argomenti determinati”, così che non solo aveva circoscritto l’oggetto della propria richiesta, ma ne aveva anche fornito una distinta motivazione, ragion per cui la domanda non poteva essere ritenuta una mera conferma delle precedenti. Di conseguenza, in considerazione delle previsioni contenute nell’art. 13, comma 5, dello Statuto della Regione Lombardia e all’art. 112, comma 1, del Regolamento generale del Consiglio regionale della Lombardia (che stabiliscono il diritto dei consiglieri ad ottenere direttamente dagli uffici regionali o dagli enti dipendenti informazioni o documenti utili all’esercizio del mandato, alla stregua di quanto previsto per i consiglieri comunali provinciali dall’art. 43, comma 2, del T.U. Enti locali – d.lgs. n. 267 del 2000) il diniego di accesso era illegittimo, non potendo al riguardo opporsi le prescrizioni contenute nell’art. 2422 c.c. che non costituiscono un limite normativo all’accesso di consiglieri regionali, disciplinando il diverso ambito – di natura eminentemente privatistico – dei diritti dei soci nell’esaminare i libri delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee.
5. Con rituale atto di appello notificato il 12 aprile 2017 Ar. S.p.A. ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendo l’erroneità alla stregua dei seguenti motivi:
– Inammissibilità e irricevibilità del ricorso al T.a.r. della Lombardia ed erroneità in parte qua della sentenza impugnata. Violazione del combinato disposto di cui agli artt. 25, co. 4, l. 241 del 1990 e 116 c.p.a.: diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici anche la seconda istanza doveva ritenersi una mera reiterazione delle precedenti e pertanto anche per questa parte il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato tardivo dal momento che anche tale domanda altro non era che solo una parte più ristretta delle istanze presentate nel passato, né vi erano fatti sopravvenuti oppure una modificazione dell’interesse sottostante che potessero giustificare una nuova presentazione o far considerare nuova tale domanda;
– Infondatezza del ricorso al T.a.r. della Lombardia ed erroneità della sentenza impugnata. Violazione dell’art. 13 co. 5 dello Statuto regionale della Lombardia e dell’art. 112 del regolamento generale del consiglio regionale, degli artt. 2421 e 2422 c.c., dell’art. 1 co. 3 d.lgs. 175 del 2016. Contraddittorietà della sentenza: le norme indicate ammettono richieste riferite ad oggetti determinati ed escludono solo la presentazione di richieste generiche preordinate ad un controllo generalizzato delle attività, circostanza che non sussisteva bel caso in esame; inoltre Ar. è una società per azioni, assoggetta esclusivamente alle regole del codice civile, cui è completamente estraneo il d.lgs. n. 175 del 2016 – cosiddetto testo unico in materia di società a partecipazione pubblica; né a fondamento del preteso diritto di accesso potevano essere invocati gli artt. 2421 e 2422 c.c., poiché questi si riferiscono esclusivamente al libro dei soci e al libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, mentre i verbali del consiglio di amministrazione sono riservati ai soli amministratori, ciò secondo regole stabilite da leggi statali che non possono essere derogate – in quanto rientranti nella materia dell’ordinamento civile – dalla potestà legislativa regionale; inoltre Ae. non erogava servizi pubblico di rilevanza regionale, condizione solo in presenza della quale i consiglieri regionali lombardi potrebbero vantare un interesse al buon andamento dello stesso e dunque all’accesso dei relativi atti dell’amministrazione, svolgendo per converso attività di natura assolutamente privatistica e tipicamente imprenditoriale non rientrante perciò nella specifica attività di controllo dei consiglieri regionali; inoltre l’appellante non mancava di segnalare di avere direttamente fornito copia del verbale richiesto rendendo visibile il punto 3.5 relativo alle modalità di erogazione di un rilevante contributo a favore della società Triennale di Milano Servizi, unica questione in cui si rilevava un interesse pubblicistico legato all’espletamento del mandato di consigliere regionale.
L’appellata si è costituita in giudizio, eccependo l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza dell’appello.
6. Alla camera di consiglio del 19 ottobre 2017 la causa è passata in decisione.
7. L’appello è fondato alla stregua delle osservazioni che seguono.
7,1. Deve innanzitutto rilevarsi che non è contestato il capo della sentenza che ha dichiarato tardiva l’impugnazione del diniego di accesso alla copia integrale del verbale della riunione del Consiglio di Amministrazione di Ar. S.p.A. del 17 marzo 2016: su tale capo si è formato pertanto il giudicato.

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