Piena legittimità alla deliberazione consiliare con cui si dispone la revoca dell’incarico del revisore dei conti

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 9 maggio 2018, n. 2785.

Piena legittimità alla deliberazione consiliare con cui si dispone la revoca dell’incarico del revisore dei conti, in quanto questi ha posto in essere condotte che, omettendo o gravemente ritardando il regolare compimento delle attività e delle funzioni dell’ente locale, hanno impedito o ostacolato il funzionamento dell’organo consiliare.

Sentenza 9 maggio 2018, n. 2785
Data udienza 15 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4300 del 2008, proposto da:

Pa. Fr. Ro., rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Le. e Gi. Pl., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lu. Le. in Roma, via (…);

contro

Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lo. Fi., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

nei confronti

Er. Vi., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, Sez. II ter, n. 9953/2007, resa tra le parti, concernente la revoca dell’incarico di revisore dei conti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 marzo 2018 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Le. Lu. e l’avv. Pa. Br., su delega dell’avv. Lo. Fi.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il dott. Fr. Ro. Pa. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha respinto il ricorso che aveva proposto nei confronti del Comune di (omissis) per l’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale n. 76 del 31 ottobre 2005 di revoca dell’incarico di revisore dei conti del Comune (che gli era stato conferito con deliberazione n. 3 del 17 maggio 2004 dal Commissario Straordinario per il triennio 2004-2007), nonché per l’annullamento della nota prot. n. 8045 del 31 ottobre 2005 (con la quale il Sindaco gli aveva comunicato l’interruzione del rapporto quale revisore dei conti) e del provvedimento di nomina del nuovo revisore, oltre che per ottenere la condanna del Comune intimato al pagamento degli emolumenti spettanti sino alla data di compimento dell’incarico revocato ed al risarcimento dei danni.

1.1. Il ricorrente aveva dedotto violazione degli artt. 193, 235 e 239 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché carenza di motivazione (primo motivo) ed eccesso di potere per sviamento, straripamento ed illogicità (secondo motivo), assumendo che i provvedimenti impugnati erano stati originati, di fatto, esclusivamente dall’emissione del parere negativo circa la proposta di salvaguardia degli equilibri di bilancio di previsione dell’anno 2005, malgrado egli avesse sollevato dei rilievi solo per mantenere un comportamento rispettoso dei doveri di diligenza propri dell’incarico rivestito e non già per assumere un atteggiamento polemico nei confronti dell’Amministrazione.

1.2. Il Comune di (omissis) si era costituito in giudizio contestando quanto dedotto dal ricorrente e deducendo che il provvedimento di revoca era stato adottato a seguito di comportamenti del revisore rilevanti ai sensi dell’art. 70, comma 2, dello statuto comunale (che prevede la revoca del revisore quando ricorrono gravi motivi che influiscono negativamente sull’espletamento del mandato), dell’art. 235 del T.U.E.L. (che stabilisce la revoca per inadempienza) e dell’art. 239 del T.U.E.L. (in base al quale il revisore ha l’obbligo di collaborare con il consiglio comunale).

2. Il Tribunale – premesso che le censure relative agli atti impugnati conosciuti all’atto della proposizione del ricorso devono essere tutte tempestivamente proposte con il ricorso introduttivo – ha osservato che la motivazione della impugnata deliberazione n. 76 del 2005 fa riferimento non alla sola mancata emissione da parte del ricorrente di un parere positivo circa la proposta di bilancio, come sostenuto in ricorso, ma a numerosi episodi, tutti richiamati in sentenza (alle pagine 6 e 7) e conclude con l’affermazione “che tali eventi avevano suscitato seri dubbi sulla reale obiettività della funzione rivestita dal ricorrente, consistente nella collaborazione con il C.C. nelle forme previste, e che, visti in particolare gli artt. 235 e 239, lettera a), del d.lgs. n. 267 del 2000 e l’art. 70 dello statuto comunale, il ricorrente era revocato dall’incarico di revisore dei conti”. Quindi, ha ritenuto che: “il coacervo delle … elencate circostanze” fosse idoneo a sorreggere il provvedimento impugnato quanto alla sussistenza degli inadempimenti sufficienti a configurare la mancanza di collaborazione e conseguente inadempienza del revisore dei conti; la motivazione del provvedimento di revoca desse conto degli elementi di fatto idonei a giustificare la determinazione, malgrado il parere negativo espresso dal responsabile del servizio finanziario del Comune; la revocadall’incarico del ricorrente non fosse stata disposta a seguito della sola emanazione del parere negativo, ma “per inadempienze dovute a ritenuta mancata collaborazione derivante da più comportamenti […] susseguitisi nel tempo”.

Il ricorso è stato respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.

3. Per la riforma di questa sentenza il dott. Fr. Ro. Pa. ha avanzato due motivi di appello.

Si è costituito in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di (omissis).

Le parti hanno depositato, rispettivamente, memoria e replica.

Alla pubblica udienza del 15 marzo 2018 è stata riservata la decisione.

4. Col primo motivo (Erronea interpretazione e falsa applicazione degli artt. 193, 235 e 239 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), l’appellante deduce che: l’art. 239, in particolare, elenca i compiti del revisore dei conti ed, alla stregua di tale articolo, la sua condotta sarebbe stata rispettosa dei doveri su di lui incombenti, non avendo mai posto in essere alcuna condotta che si possa dire inadempiente ai sensi di legge; col provvedimento impugnato sarebbe stato violato l’art. 235 T.U.E.L., perché il Comune avrebbe utilizzato una sanzione legalmente prevista (la revoca) per una condotta differente da quella contemplata dal legislatore nel secondo comma del ricordato art. 235; parimenti, sarebbe stato violato il primo comma, lett. a) dell’art. 239, perché la sua “motivata posizione di dissenso, confortata da precisi elementi tecnici”, riguardo alla proposta di bilancio 2005, non avrebbe potuto essere considerata, dal Comune, come “mancata collaborazione” o “inadempienza”.

4.1. Col secondo motivo (Erronea valutazione dei fatti oggetto di causa. Mancata e/o erronea valutazione delle risultanze istruttorie), l’appellante deduce che la revoca del revisore dei conti è legittima nella sola ipotesi prevista dall’art. 235, comma 2, T.U.E.L. e che il T.A.R. avrebbe dato per scontati senza alcun riscontro istruttorio i comportamenti indicati nel provvedimento di revoca, peraltro del tutto irrilevanti e marginali e, comunque, in toto, contestati dall’appellante, secondo quanto esposto nell’atto di appello -sotto le lettere da a) a d) del motivo in esame. Non avendo l’Amministrazione alcun margine di discrezionalità nell’applicare la sanzione della revoca dell’incarico, il provvedimento impugnato sarebbe viziato anche per eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica della revoca e per straripamento, oltre che per illogicità.

5. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, non meritano di essere favorevolmente considerati.

L’art. 235 del T.U.E.L., prevede, al secondo comma, che “Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta dideliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’articolo 239, comma 1, lettera d)”.

L’art. 239 del T.U.E.L. prevede, al comma 1, lettera a), tra i compiti del revisore dei conti, l'”attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento”.

L’art. 70 dello statuto del Comune di (omissis) prevede, al secondo comma, la revoca del revisore quanto ricorrono “gravi motivi che influiscono negativamente sull’espletamento del mandato”.

L’applicazione combinata di queste disposizioni esclude che la revoca sia un atto meramente discrezionale dell’Amministrazione adottabile ad nutum, ma non ne limita il presupposto alla mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall’articolo 239, comma 1, lettera d). Piuttosto, tale fattispecie è indicata – non a caso dopo la precisazione normativa “in particolare” – soltanto al fine di individuare tra le varie possibili “inadempienze” dell’organo di revisione, quella che, a parere del legislatore, potrebbe, anche da sola, per la sua rilevanza e gravità, essere sufficiente a fondare il provvedimento sanzionatorio di revoca. In ragione di ciò, ogniqualvolta nello svolgimento dell’attività di collaborazione di cui all’art. 1 lettera a) del successivo art. 239, così come delle altre funzioni assegnate al revisore, questi incorra in “inadempienze”, anche diverse da quella tipizzata nell’art. 235, ne è legittima la revoca, con provvedimento adeguatamente motivato.

Coerente con questa lettura del combinato disposto degli artt. 235 e 239 T.U.E.L. è l’art. 70 dello statuto del Comune appellato (in sé, non censurato dall’appellante), laddove, riferendosi a “gravi motivi”, li collega all’influenza negativa sull’espletamento del mandato, di modo che le inadempienze rilevanti ai fini della revoca finiscono per identificarsi in condotte qualificabili in termini di gravità.

Ne consegue che, in base alle norme richiamate, rilevano le condotte dell’organo di revisione che, omettendo o gravemente ritardando il regolare compimento delle attività e delle funzioni previste dal citato art. 239, comma 1 (nonché delle altre eventualmente previste dallo statuto dell’ente locale ai sensi del comma 6), impediscano od ostacolino il funzionamento dell’organo consiliare. Evidentemente, la sanzione è funzionale ad assicurare il buon andamento della p.a. ai sensi dell’art. 97 Cost.

A fronte di tali obblighi gravanti sul revisore, ed al fine di garantire l’adempimento delle funzioni a lui riservate, gli sono riconosciuti i diritti e le facoltà di cui ai comma 2, 3, 4 e 4 dello stesso art. 239 T.U.E.L.

6. Il provvedimento di revoca impugnato dall’appellante non è fondato soltanto sul parere negativo circa la proposta di salvaguardia degli equilibri di bilancio, sul quale il ricorrente ha basato il ricorso in primo grado, ma su una serie di altre condotte, ivi specificate, integranti, per un verso, violazione dell’obbligo di collaborazione con l’organo consiliareimposto per legge, per altro verso, ritardi ed omissioni (specificamente indicati), che hanno provocato ritardi ed impedimenti dei lavori del consiglio (pure indicati).

6.1. Sono inammissibili le censure svolte alle lettere da a) a d) del secondo motivo di appello, riguardanti le inadempienze fondanti la revoca, ulteriori rispetto a quella concernente le vicende riguardanti la proposta di riequilibrio di bilancio.

Infatti, come sottolineato nella sentenza gravata e ribadito nelle difese svolte dal Comune anche in grado di appello, nel processo amministrativo la materia del contendere è limitata al sindacato di legittimità dell’atto impugnato in base ai motivi ritualmente e tempestivamente dedotti con l’atto introduttivo del giudizio o, quando ne ricorrano i presupposti, con i motivi aggiunti.

Pertanto, sarebbe stato onere del ricorrente, nell’impugnare il provvedimento di revoca n. 76 del 31 ottobre 2005 dedurne l’illegittimità, anche perché (a suo dire) basato su episodi non veri o malamente interpretati, mentre, come detto, i motivi posti a base della richiesta di annullamento erano riferiti alla legittimità dell’operato del revisore dei conti dott. Pappalardo nell’emettere il parere negativo sulla proposta di riequilibrio del 24 settembre 2005.

6.2. Parimenti non può tenersi conto dei profili nuovi sollevati in appello, in spregio al divieto dei nova sancito dall’art. 104, co.1, Cod. proc. amm. (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 22 marzo 2012, n. 1640). Tale divieto può essere superato solo nell’ipotesi prevista dallo stesso art. 104 Cod. proc. amm., laddove vengano proposti motivi aggiunti, con atto ritualmente notificato alle altre parti del giudizio, con i quali avverso gli stessi atti oggetto del ricorso di primo grado si facciano valere vizi nuovi conosciuti grazie alla conoscenza sopravvenuta di nuovi documenti non prodotti dalle parti del giudizio di primo grado (Cons. Stato, V, 13 maggio 2011, n. 2892).

Pertanto, non possono essere qui prese in considerazione le doglianze illustrate nel secondo motivo, laddove il ricorrente esamina, uno per uno, i comportamenti “incriminati”, ponendo in dubbio gli accadimenti (peraltro riscontrati dalla documentazione prodotta dal Comune); così come laddove il ricorrente deduce che le proprie (asserite) inadempienze fossero conseguenza dell’inadempimento degli organi o degli uffici comunali agli obblighi loro imposti per legge (sopra richiamati), in primo luogo a quello di consentire al revisore l’accesso agli atti ed ai documenti necessari per l’espletamento del mandato.

Sono invece ammissibili, ma infondate le critiche che l’appellante rivolge all’interpretazione – data sia dall’Amministrazione appellata che dal giudice a quo – ai detti comportamenti, quanto agli effetti ed alla rilevanza ai fini della revoca.

7. Occorre perciò delibare se i fatti posti a fondamento del provvedimento di revoca (la condotta tenuta il 21 settembre 2005 alla presenza del sindaco e gli inadempimenti consistititi: nel rifiuto di partecipare ai lavori preparatori della proposta di bilancio 2005; nel ritardo nella consegna della relazione, malgrado numerosi solleciti, e nel differimento dell’adunanza consiliare; nell’impedimento all’adozione della deliberazione di bilancio in data 8 giugno 2005; nell’incompleta motivazione del parere non favorevole del settembre 2005; tutti dettagliatamente esaminati nella sentenza gravata) siano idonei a sorreggerne la determinazione.

Orbene, i fatti singolarmente considerati si prestano alla censura che fa leva sul carattere “marginale” di ciascuno, o di alcuni dei singoli accadimenti, rispetto all’attività del revisore nel suo complesso.

Tuttavia, l’errore di prospettiva dell’appellante sta proprio nella parcellizzazione delle inadempienze, piuttosto che, come correttamente ritenuto in sentenza, nella loro considerazione complessiva e del loro susseguirsi, senza soluzione di continuità, in un arco temporale piuttosto ristretto, sì da aver dato luogo a disservizi e ritardi nel funzionamento dell’organo consiliare, che risultano documentati.

Pertanto, è vero che, come osserva l’appellante, l’incarico di revisore dei conti non è revocabile ad nutum dall’ente comunale, per ragioni di contrasto in ordine alle scelte dell’Amministrazione, perché ne verrebbe alterato il corretto rapporto tra controllore e controllati, che le funzioni dell’organo di revisione devono assicurare; tuttavia la motivazione del provvedimento impugnato, oltre ad essere completa ed adeguata, non risulta affatto viziata da eccesso di potere od illogicità, nella valutazione delle inadempienze contestate, la cui gravità va apprezzata nel loro complesso, come risulta aver fatto il Comune appellato.

8, In conclusione, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado, ai sensi dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla legge n. 69 del 2009 e succ. mod. (applicabile ratione temporis, considerata la data di instaurazione del presente giudizio).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, le respinge.

Compensa le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli – Presidente

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

Alessandro Maggio – Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore

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