Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 8 novembre 2017, n. 5157. L’errore di fatto è configurabile in ordine a documenti e ad atti processuali, ma solo nell’attività di lettura e di percezione del loro incontestabile significato letterale e logico da parte del giudice

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1.Con la sentenza n. 884 del 3 marzo 2016 questa Sezione, decidendo sull’appello proposto dalla Società Cooperativa Cr. Ro. per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo della Calabria, sez. I, n. 725 del 2015 (concernente il silenzio asseritamente serbato sull’istanza per l’aggiudicazione definitiva di una concessione di un’area per attività ricreativa da parte del Comune di (omissis)), lo rigettava, negando che, come sostenuto dall’appellante, il Comune non avesse adottato alcun provvedimento espresso; quanto alle spese non si pronunciava stante la mancata costituzione dell’amministrazione appellata.
2. Di tale sentenza con ricorso notificato il 2 ottobre 2016 la Società Cr. Ro. ha chiesto la revocazione della sentenza di questa Sezione per errore di fatto, sostenendo che il provvedimento espresso del Comune di (omissis) sarebbe intervenuto dopo la proposizione del ricorso di primo grado ed a ridosso della discussione del medesimo, con la conseguenza che il giudice avrebbe dovuto dichiarare il ricorso improcedibile e non respingerlo e quindi, in base al principio della soccombenza virtuale e degli artt. 13, comma 6 bis, del d.p.r. n. 115 del 2002 e 26 del del c.p.a., condannare l’amministrazione di Crucoli al pagamento delle spese di giudizio e al rimborso del contributo unificato.
Il Comune di (omissis) non si è costituito in giudizio.
3. All’udienza pubblica del 5 ottobre 2017 la causa è passata in decisione.
4. Il ricorso per revocazione è inammissibile.
4.1. Com’è stato più volte ribadito, nel processo amministrativo l’errore revocatorio è un errore non di valutazione, ma di percezione, trattandosi di una falsa percezione della realtà, obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che ha condotto il giudice, per effetto di una sorta di abbaglio, ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo invece incontestabilmente escluso dagli atti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli stessi atti risulti al contrario positivamente accertato.
Occorre ancora, alla stregua del dato normativo, che sul fatto indicato oggetto dell’errore non vi sia stato dibattito processuale su cui la pronuncia impugnata abbia deciso; di conseguenza nel processo amministrativo l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395 n. 4 c.p.c., è soltanto quello che deriva da una erronea percezione degli atti di causa, e cioè dal c.d. “abbaglio dei sensi”, consistente nella supposizione di un fatto la cui verità sia incontrastabilmente esclusa o nella supposizione dell’inesistenza di un fatto la cui verità sia, invece, positivamente stabilita, che abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto.
In definitiva l’errore di fatto revocatorio si sostanzia in una svista materiale o abbaglio dei sensi,che ha provocato l’errata percezione del contenuto degli atti del giudizio – ritualmente acquisiti agli atti di causa – determinando un contrasto tra due diverse proiezioni dello stesso oggetto, l’una emergente dalla sentenza e l’altra risultante dagli atti e documenti di causa: l’errore di fatto revocatorio è pertanto configurabile nell’attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al significato letterale, senza coinvolgere la successiva attività d’interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento.

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