Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 8 novembre 2017, n. 5145. Le concessioni e le autorizzazioni che giustificano l’imposizione del canone non ricognitorio di cui all’articolo 27 del Codice della Strada sono caratterizzate dal tratto comune, riferibile in ultimo alla libera e sicura circolazione delle persone sulle strade, di sottrarre in tutto o in parte l’uso pubblico della res a fronte dell’utilizzazione eccezionale da parte del singolo.

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E’ qui il caso di richiamare:

– le ipotesi di autorizzazione all’occupazione della sede stradale anche con “veicoli, baracche, tende e simili” ai sensi dell’articolo 20;

– le ipotesi di autorizzazione o concessione all’esecuzione di “opere o depositi e aprire cantieri stradali, anche temporanei, sulle strade e loro pertinenze, nonché sulle relative fasce di rispetto e sulle aree di visibilità” ai sensi dell’articolo 21;

– le ipotesi di autorizzazione alla realizzazione di “nuovi accessi e nuove diramazioni dalla strada ai fondi o fabbricati laterali, [ovvero di] nuovi innesti di strade soggette a uso pubblico o privato”, ovvero ancora di passi carrabili ai sensi dell’articolo 22.

In tutti detti casi è evidente che la condizione a un tempo necessaria e sufficiente per giustificare l’imposizione del canone ricognitorio sia rappresentata dal rilascio di un titolo che abilita a un uso singolare della risorsa pubblica, limitandone o comunque condizionandone in modo apprezzabile il pieno utilizzo.

Ai fini della presente disamina merita particolare attenzione -sempre considerando il ricordato principio generale – la previsione di cui all’articolo 25 del Codice (rubricato “Attraversamenti ed uso della sede stradale”), secondo cui “non possono essere effettuati, senza preventiva concessione dell’ente proprietario, attraversamenti od uso della sede stradale e relative pertinenze con corsi d’acqua, condutture idriche, linee elettriche e di telecomunicazione, sia aeree che in cavo sotterraneo, sottopassi e soprappassi, teleferiche di qualsiasi specie, gasdotti, serbatoi di combustibili liquidi, o con altri impianti ed opere, che possono comunque interessare la proprietà stradale. Le opere di cui sopra devono, per quanto possibile, essere realizzate in modo tale che il loro uso e la loro manutenzione non intralci la circolazione dei veicoli sulle strade, garantendo l’accessibilità delle fasce di pertinenza della strada”.

La disposizione è pertinente al fine di vagliare la legittimità dell’imposizione da parte dell’ente locale di un canone ricognitorio a fronte della posa, in prossimità della sede stradale, di infrastrutture pubbliche cc. dd. “a rete”, come quelle che rilevano ai fini del presente giudizio.

La disposizione (in relazione sistematica con il successivo articolo 27, che fonda la pretesa del Comune appellante) rende palese che:

– ciò che rileva, al fine di fondare la pretesa dell’ente locale, non è un qualunque utilizzo della sede stradale (nonché dello spazio soprastante e sottostante ad essa), bensì un utilizzo singolare che incida in modo significativo sull’uso pubblico della risorsa viaria;

– ciò che rileva ai medesimi fini è il singolare “uso della sede stradale” (laddove l’articolo 3, comma 1, n. 46 del Codice definisce la sede stradale come “superficie compresa entro i confini stradali. Comprende la carreggiata e le fasce di pertinenza”).

Ebbene, il fatto che il Codice abbia operato un espresso richiamo alla sola “sede stradale” (i.e.: alla superficie e non anche al sottosuolo e al soprasuolo) depone nel senso che l’imposizione di un canone non ricognitorio a fronte dell’uso singolare della risorsa stradale è legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico; ma non anche a fronte di tipologie e modalità di utilizzo (quali quelle che conseguono alla posa di cavi e tubi interrati) che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione.

Naturalmente, in questi ultimi casi, l’imposizione di un canone non ricognitorio avrà un giusto titolo che la renderà legittima per il tratto di tempo durante il quale le lavorazioni di posa e realizzazione dell’infrastruttura a rete impediscono la piena fruizione della sede stradale; ma non si rinviene una giustificazione di legge per ammettere che una siffatta imposizione possa proseguire anche indipendentemente da questa occupazione esclusiva, cioè durante il periodo successivo (che può essere anche pluridecennale) durante il quale la presenza in loco dell’infrastruttura di servizio a rete non impedisce né limita la pubblica fruizione della sede stradale.

4.2. Riconducendo i princìpi appena richiamati alle peculiarità del caso in esame, si osserva che il regolamento comunale impugnato in primo grado risulta in radice contrastante con il richiamato paradigma normativo in quanto consente l’imposizione del canone patrimoniale non ricognitorio anche in ipotesi in cui tale imposizione non risulti in alcun modo correlata con l”utilizzo singolaré della risorsa stradale.

Per effetto del regolamento in questione, infatti, il Comune ha assoggettato all’imposizione coattiva per cui è causa anche le infrastrutture del servizio di distribuzione dell’energia elettrica le cui condutture – secondo circostanze non contestate in atti – sono realizzate in interrato, nonché in sedi stradali appositamente deputate alla collocazione dei sottoservizi (i.e.: secondo modalità che non escludono in alcun modo – sia pure parziale – la piena fruibilità della sede stradale da parte degli utenti).

Basti osservare al riguardo che l’articolo 2 del Regolamento in esame (articolo rubricato ‘Oggetto del canone di concessione on ricognitoriò) assoggetta ad imposizione – inter alia – tutte “le occupazioni permanenti di spazi e aree pubbliche (demanio) e del patrimonio stradale, sia sopra che sotto la quota zero del livello stradale (?)”.

4.3. La circostanza appena esposta risulta del tutto dirimente ai fini del decidere e comporta di per sé l’annullamento del regolamento impugnato, palesando l’illegittimità dello stesso presupposto impositivo.

Restano quindi assorbiti gli ulteriori motivo con cui la E-D. lamenta sotto ulteriori e diversi aspetti l’illegittimità del medesimo regolamento comunale.

5. Per le ragioni esposte deve in primo luogo essere confermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in relazione all’impugnativa dei singoli atti impositivi del canone patrimoniale non ricognitorio.

Nel merito la sentenza in epigrafe deve essere parzialmente riformata, per la parte in cui ha statuito la tardività dell’impugnativa proposta avverso il Regolamento comunale recante la disciplina del canone non ricognitorio: il ricorso in primo grado, che deve essere considerato tempestivo per le ragioni dinanzi evidenziate, risulta fondato e conseguentemente deve essere disposto l’annullamento del richiamato regolamento comunale.

La Sezione ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei sensi di cui al punto 5 della motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado, nei sensi indicati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli – Presidente

Roberto Giovagnoli – Consigliere

Claudio Contessa – Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero – Consigliere

Raffaele Prosperi – Consigliere

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