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Vista la partecipazione di An. Mo. al concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di n. 32 posti di “Istruttore di Vigilanza” cat. C, a tempo indeterminato e parziale pari a 23 ore settimanali, Settore Polizia Locale indetto dal Comune di Lecce ed in cui non è stato ammesso a sostenere le prove orali per aver conseguito nelle prove scritte un punteggio inferiore (18/30) a quello minimo (21/30) richiesto dal bando per l’ammissione agli orali;
Visto il ricorso proposto dinanzi alla Sezione Staccata di Lecce del T.A.R. della Puglia con cui l’interessato impugnava gli atti della procedura concorsuale, ritenendoli affetti dai vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, con particolare riferimento al difetto di motivazione per insufficienza del voto numerico ed alla violazione del principio dell’autovincolo;
Vista la costituzione in giudizio del Comune di Lecce, il quale sosteneva l’infondatezza del ricorso;
Vista la sentenza n. 882 del 31 marzo 2014, con la quale il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso, con l’affermazione che non vi era stata alcuna violazione del principio dell’autovincolo da parte della commissione esaminatrice che aveva evidenziato mediante appositi segni grafici gli errori commessi dal ricorrente e che comunque i motivi di ricorso erano limitati a censurare la mera non condivisibilità della valutazione tecnico-discrezionale dell’operato della commissione che può essere fisiologicamente opinabile, non riportando applicazioni di scienze esatte, ma non ne aveva dimostrato una palese inattendibilità, una pretestuosità o ancor più irrazionalità e che, in conclusione, la Corte Costituzionale ha reputato il criterio del punteggio numerico idoneo ad esprimere un giudizio sufficientemente motivato, in ragione del buon andamento dell’azione amministrativa che rende non esigibile una dettagliata esposizione delle ragioni del giudizio di non idoneità, avuto riguardo della complessità delle operazioni concorsuali (Corte Cost., 8 giugno 2011 n. 175);
Visto l’appello in Consiglio di Stato proposto il 22 luglio 2014 da An. Mo., con il quale si sostiene che la sentenza di primo grado non avrebbe esercitato quel controllo sull’esercizio della discrezionalità tecnica che deve rispondere a dati concreti e ciò tanto nelle modalità del controllo, quanto nelle sue conclusioni e dunque non può omettere un controllo di tipo intrinseco per verificare realmente quanto espresso dalla P.A. rimanendo altrimenti esclusa un’autentica tutela giurisdizionale; ciò ancor più ove la commissione di concorso si era autovincolata alla verifica del rigore dell’esposizione e della sua chiarezza, al controllo della correttezza di contenuti e di riferimenti giuridici, operazione in realtà non compiuta come dimostrato dalla perizia di parte versata in causa tanto che difettano segni grafici oppure specifiche che dimostrino le inesattezze e gli errori attribuiti al candidato, né possono esserlo due mere sottolineature che si vengono nel testo corretto, soprattutto a fronte della compiuta perizia di cui sopra dalla cui emerge o ingiusta valutazione dell’elaborato del concorrente anche in merito ai vari contenuti e riferimenti giuridici e rispetto ad una serie di incongruenze rinvenibili ad esempio nell’elaborato di altro concorrente risultato vincitore e collocato all’ottavo posto nella graduatoria finale;
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