Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 4 dicembre 2017, n. 5691. Così come nel giudizio civile, anche nel giudizio amministrativo, la soccombenza solo teorica non sia condizione sufficiente per la proposizione dell’appello, essendo necessaria la soccombenza sostanziale o pratica

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13.1. Secondo le Sezioni Unite, dunque, il convenuto non ha interesse all’impugnazione diretta, ma, piuttosto, all’impugnazione incidentale nel caso in cui l’attore, soccombente pratico, proponga appello principale diretto a contestare la decisione sul merito, allo scopo di riproporre al giudice dell’impugnazione, eventualmente in via condizionata, la questione sulla quale era rimasto soccombente.
13.2. Ai fini di una migliore comprensione della decisione delle Sezioni Unite, però, è da tener presente che in essa è accolta la teorica del c.d. doppio oggetto del giudizio, così enunciata: “in ogni processo vanno individuati due distinti e non confondibili oggetti del giudizio, l’uno (processuale) concernente la sussistenza o meno del potere – dovere del giudice di risolvere il merito della causa e l’altro (sostanziale) relativo alla fondatezza o no della domanda”, onde è possibile affermare che “la statuizione sul merito contiene implicitamente quella sull’antecedente logico da cui è condizionata, e cioè, sull’esistenza della giurisdizione, in difetto della quale non avrebbe potuto essere adottata”.
13.3. Ora, è indubbio che la teoria del doppio oggetto del giudizio postula una doppia soccombenza e, a rigore, anche una soccombenza reciproca nel caso in cui una delle parti sia soccombente sull’oggetto processuale e, l’altra, sull’oggetto sostanziale.
Tuttavia la Sezione è dell’avviso che la soccombenza, che legittima la proposizione dell’impugnazione, debba essere sempre verificata rispetto alla decisione sul merito del giudizio. Se è vero che l’azione è l’aspirazione ad ottenere una pronuncia di merito, per l’attore che propone la domanda, come pure per il convenuto che alla domanda resiste, la soccombenza nel processo va valutata in relazione alla statuizione sul merito.
13.4. In altri termini, anche ad accogliere la teoria del doppio oggetto del processo, come ormai ritenuto dalla Corte di Cassazione, la soccombenza in relazione all’oggetto processuale non potrà mai essere condizione sufficiente alla proposizione dell’impugnazione quando vi è stata pronuncia di merito, poiché, in tal caso, ogni statuizione sulla corretta instaurazione del giudizio, è assorbita dalla pronuncia che attiene all’oggetto sostanziale, ossia al merito, ed è rispetto a quest’ultima che occorre verificare quale sia la parte soccombente.
Diversamente, nel caso in cui non vi è stata statuizione sul merito, per aver il giudice ritenuto sussistente una ragione ostativa all’esercizio del potere di decidere nel merito la causa, la soccombenza relativa all’oggetto processuale del giudizio giustifica l’interesse a impugnare per l’aspirazione delle parti ad ottenere una pronuncia di merito.
13.5. Del resto se si dovesse ammettere la legittimazione ad impugnare anche di chi, soccombente su una questione processuale, sia vincitore nel merito, si finirebbe per alterare la ragione stessa del processo, che non sarebbe più volto a fornire tutela a chi la richiede, dettando la regola iuris del caso concreto, ma avrebbe quale scopo quello di risolvere i dubbi interpretativi posti con le questioni sollevate; al giudice sarebbe assegnata così una funzione consultiva e non di ius dicere.
14. Ciò è tanto più vero nella vicenda in esame, giacché l’interesse che ha indotto all’impugnazione della sentenza di primo grado è quello ad ottenere una pronuncia del giudice che escluda l’applicabilità ai contratti stipulati dalla A.G.S.M Verona s.p.a. della disciplina dei contratti pubblici con conseguente integrale sottoposizione al diritto privato.
Tuttavia la questione posta con il motivo di gravame si configura propriamente come un dubbio interpretativo la cui soluzione è utile solo per orientare in futuro l’azione della società appellante, ma che non risponde certamente all’esigenza di risoluzione del caso concreto sottoposto all’attenzione del giudice, ormai concluso dal capo della pronuncia di primo grado passato in giudicato in cui si afferma la legittimità dell’operato dell’A.G. Ve. s.p.a. nell’esclusione della Se. s.p.a..
15. Per le ragioni esposte, l’appello deve essere dichiarato inammissibile.
In mancanza di costituzione delle parti citate, non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore

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