Con riferimento all’estensione della giurisdizione esclusiva in materia di rifiuti prevista dall’art. 4 D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, nella legge 14 luglio 2008, n. 123

Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 3 aprile 2018, n. 2077.

Con riferimento all’estensione della giurisdizione esclusiva in materia di rifiuti prevista dall’art. 4 D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, nella legge 14 luglio 2008, n. 123, (che è stato fedelmente riprodotto nel vigente art. 133 c.p.a.), la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del G.A. delle controversie attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti presuppone che gli atti o comportamenti della p.a. o dei soggetti alla stessa equiparati, costituiscano espressione dell’esercizio di un potere autoritativo, rimanendone escluse le controversie nelle quali sia dedotto in giudizio un rapporto obbligatorio avente la propria fonte in una pattuizione di tipo negoziale, intesa a regolare gli aspetti meramente patrimoniali della gestione, che continuano ad appartenere alla giurisdizione del G.O., come invece viene dedotto nel caso di specie.

Sentenza 3 aprile 2018, n. 2077
Data udienza 22 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 324 del 2016, proposto da:
Ambito di Raccolta Ottimale 1 Brindisi Ovest, in persona del legale rappresentante pro tempore, ed altri, in persona dei Sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Ad. To., con domicilio eletto presso lo studio Ba. Ca. in Roma, corso (…);
contro
Mo. S.r.l. in proprio e quale capogruppo ATI con Co., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ci. De Gi. e Fr. Ve., con domicilio eletto presso lo studio Fr. Ve. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 01893/2015, resa tra le parti, concernente il diniego di “revisione prezzi” per il servizio di smaltimento rifiuti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Mo. Srl in proprio e quale capogruppo ATI con Co.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2018 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati To. e Ve.
FATTO
Il Tribunale Amministrativa Regionale per la Puglia, Lecce, sez. I, con la sentenza 5 giugno 2015, n. 1893 ha accolto il ricorso proposto dall’attuale parte appellata Mo. Srl per l’annullamento della deliberazione dell’Assemblea dell’A.R.O. 1 Brindisi Ovest n. 5 dell’11/4/2014, pubblicata all’Albo Pretorio del Comune di (omissis) in data 15/4/2014, avente ad oggetto “Impianto di bio-stabilizzazione di Brindisi: costi del Trasporto della frazione residuale indifferenziata”.
Il TAR ha rilevato sinteticamente che:
– deve essere affermata la cognizione da parte del giudice amministrativo di controversie relative a diritti disciplinati dal potere attraverso strumenti essenzialmente civilistici, stante la mancanza di ogni limitazione nella previsione dell’art. 133, comma 1, lett. p), c.p.a. che evidenzia la piena attribuzione alla giurisdizione esclusiva delle controversie attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti;
– per i costi aggiuntivi relativi al trasporto eccedente i 30 km dal sito originariamente individuato, l’ATI ricorrente ha indicato nell’elenco prezzi allegato alla propria offerta l’importo di Euro 4/Km, importo che è stato conseguentemente recepito nel contratto e nel capitolato speciale di appalto e rappresenta il parametro al quale l’amministrazione deve fare riferimento in virtù dell’espressa previsione del capitolato stesso; tale parametro è, inoltre, soggetto a revisione prezzi ai sensi dell’art. 50; per questo motivo appare illegittima la pretesa di riconoscere un importo diverso.
La parte appellante contestava la sentenza del TAR, deducendone l’erroneità per i seguenti motivi:
– difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo;
– inammissibilità del ricorso per provvisorietà dell’atto impugnato;
– infondatezza nel merito, poiché l’estraneità del servizio di trasporto dei rifiuti al di fuori del territorio dell’ARO è stata definitivamente sancito con la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 24 marzo 2011, n. 1801.
Con l’appello in esame chiedeva, quindi, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di primo grado, ovvero la sua reiezione nel merito.
Si costituiva la parte appellata chiedendo la reiezione dell’appello.
All’udienza pubblica del 22 febbraio 2018 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio ritiene fondata l’eccezione preliminare di difetto di giurisdizione, oggetto del primo motivo di appello.
Infatti, come ha già sostenuto la Sezione, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. soggiacciono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi, ma con esclusione di quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi; di conseguenza, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la richiesta di un gestore di un pubblico servizio (nella specie la raccolta di rifiuti urbani, come nella fattispecie) di integrazione del corrispettivo (previsto dal contratto o dalla concessione, come nel caso di specie), sostenendo di avere diritto al rimborso di somme che non era tenuto ad erogare o di spese comunque sostenute in ragione delle prestazioni dovute, trattandosi di domande attinenti all’aumento del corrispettivo contrattuale, e non il suo adeguamento per revisione prezzi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 11 dicembre 2015, n. 5649).
La domanda, avendo ad oggetto la quantificazione del corrispettivo e non il suo adeguamento per revisione prezzi, non è riconducibile alla giurisdizione esclusiva, ma rientra nell’alveo della giurisdizione ordinaria.
2. Peraltro, con riferimento all’estensione della giurisdizione esclusiva in materia di rifiuti prevista dall’art. 4 D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, nella legge 14 luglio 2008, n. 123, (che è stato fedelmente riprodotto nel vigente art. 133 c.p.a.), la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del G.A. delle controversie attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti presuppone che gli atti o comportamenti della p.a. o dei soggetti alla stessa equiparati, costituiscano espressione dell’esercizio di un potere autoritativo, rimanendone escluse le controversie nelle quali sia dedotto in giudizio un rapporto obbligatorio avente la propria fonte in una pattuizione di tipo negoziale, intesa a regolare gli aspetti meramente patrimoniali della gestione, che continuano ad appartenere alla giurisdizione del G.O., come invece viene dedotto nel caso di specie (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 1° aprile 2011, n. 2058).
La controversia afferisce a rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale, intervenute per regolamentare sul piano meramente privatistico la gestione dei rifiuti, esulanti dall’esercizio di poteri autoritativi.
Come detto, infatti, nel caso in esame la deliberazione impugnata attiene alla retribuzione di una data prestazione contrattuale, modificata per effetto di una rideterminazione unilaterale degli aspetti patrimoniali relativi al progetto-offerta, senza in alcun modo fare riferimento ad una revisione dei prezzi, che esula evidentemente dalla giurisdizione amministrativa per rientrare in quella ordinaria.
3. Anche qualificando il contratto in essere tra le parti in causa come contratto di appalto e non come concessione di servizi, è noto che le controversie relative alla fase di esecuzione del contratto medesimo, come nella specie, appartengono alla giurisdizione dell’AGO.
Infatti, la pretesa azionata nel presente giudizio dalla società odierna appellante, la quale, non derivando da alcun meccanismo revisionale previsto dalla legge, ancorché riprodotto in clausole negoziali, ha secondo la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione natura di diritto soggettivo, conoscibile dal giudice ordinario (sentenza 19 marzo 2009, n. 6595; ordinanza 13 luglio 2015, n. 14559).
Inoltre, come ha statuito questa Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 12 febbraio 2016, n. 621, solo per meccanismi di adeguamento del canone d’appalto aventi fonte di rango normativo sono configurabili poteri dell’amministrazione appaltante di apprezzamento discrezionale di carattere autoritativo, i quali costituiscono il necessario fondamento costituzionale della giurisdizione amministrativa (cfr. Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 204).
All’opposta conclusione deve invece pervenirsi laddove la clausola revisionale sia stata autonomamente pattuita dalle parti ed inserita nel contenuto del contratto d’appalto, perché le pretese da essa discendenti sorgono nell’ambito di una relazione bilaterale paritaria avente fonte nel vincolo negoziale e nella quale l’amministrazione è priva di poteri di supremazia speciale nei confronti del contraente privato.
D’altra parte, la giurisdizione amministrativa esclusiva, avente per oggetto la revisione dei prezzi, riguarda tecnicamente i meccanismi di rideterminazione del quantum dovuto per le prestazioni rese dalle controparti sulla base del contratto, e non anche la domanda volta a far determinare in sede giurisdizionale se le prestazioni da effettuare vadano modificate in considerazioni di sopravvenienze, con i conseguenti conguagli.
4. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del Giudice Ordinario, con ogni conseguenza di legge in ordine alla translatio iudicii ex art. 9 c.p.a.
Le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta),
Definitivamente pronunciando sull’appello principale, come in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del giudice adito in favore del Giudice Ordinario, con ogni conseguenza di legge in ordine alla translatio iudicii ex art. 9 c.p.a.
Compensa le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere, Estensore
Valerio Perotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere

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