Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 27 novembre 2017, n. 5545. È legittima la deliberazione del Consiglio comunale che, poiché gli albergatori provvedono alla riscossione dell’imposta di soggiorno, ha attribuito loro la qualifica di “agenti contabili di fatto”

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5. Del pari corretta è la statuizione del Tribunale amministrativo circa il carattere ricognitivo delle modifiche contestate rispetto ai principi generali di contabilità pubblica.

Nel proprio parere la Corte dei conti ha peraltro evidenziato che la disposizione di legge istitutiva dell’imposta di soggiorno «non stabilisce nulla in ordine al ruolo dei gestori delle strutture ricettive» ed in particolare in ordine «alla qualificazione giuridica degli obblighi su di essi gravanti in conseguenza dell’applicazione dell’imposta», traendo da questo rilievo l’ineccepibile conseguenza che già secondo le regole generali sopra esaminate – che l’art. 4 d.lgs. n. 23 del 2011 non ha inteso derogare – tali gestori sono qualificabili come agenti contabili.

Diversamente da quanto poi dedotto in sede di discussione dal difensore degli appellanti, le modifiche regolamentari contestate non hanno attribuito ai gestori delle strutture ricettive la qualifica di agenti contabili di fatto (il che sarebbe stato contraddittorio) ma (correttamente) di agenti contabili tout court.

6. Sotto un distinto profilo, non è alcuna violazione del giudicato di cui alla sentenza del Tribunale amministrativo di Venezia n. 1165 21 agosto 2012.

Infatti, con questa decisione sono state ritenute illegittime le precedenti disposizioni regolamentari che avevano attribuito ai gestori alberghieri la qualifica di «responsabile degli obblighi tributari» o «della riscossione», nella misura in cui «si richiamano alla figura del “sostituto d’imposta” o del “responsabile d’imposta” di cui al DPR 29 settembre 1973, n. 600, che individuano quanti sono tenuti al pagamento dell’imposta in luogo di altri o insieme ad altri», con la conseguente soggezione del gestore medesimo all’obbligo di versamento dell’imposta di soggiorno al Comune «in caso di mancato pagamento (…) da parte del cliente della struttura» (così il precedente in questione).

7. Ben diverso è il caso dell’attribuzione qui contestata della qualifica di agente contabile.

Attraverso l’assunzione di quest’ultima il gestore alberghiero non assume nei confronti dell’amministrazione comunale alcuna responsabilità per il mancato pagamento dell’imposta da parte del cliente, unico soggetto passivo. La responsabilità dell’operatore del settore è infatti limitata al fatto proprio, consistente nell’omessa rendicontazione o versamento del denaro ricevuto a questo titolo, per il quale lo stesso gestore ha diritto di esercitare la rivalsa nei confronti del cliente.

8. Ciò è reso evidente dall’art. 6 del regolamento comunale, come modificato dalla delibera commissariale n. 64 del 1° agosto 2014. In tale disposizione si prevede infatti il gestore della struttura alberghiera: comunichi al Comune il numero dei pernottamenti imponibili e di quelli esenti; richieda all’ospite il versamento dell’imposta; faccia compilare a quest’ultimo l’apposito modulo in caso di rifiuto; renda quindi all’amministrazione il conto della gestione. Nella medesima linea, l’art. 7 del regolamento disciplina il versamento dell’imposta da parte del soggetto passivo, ovvero «colui che pernotta nelle strutture ricettive» (art. 3), e il (diverso) versamento al Comune «delle somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno» da parte del gestore di tali strutture.

Si tratta di obblighi distinti, imputabili a soggetti diversi, come distinte sono le inerenti responsabilità, anche di carattere sanzionatorio.

9. A quest’ultimo riguardo, occorre evidenziare che dalla lettura delle disposizioni regolamentari in esame e della delibera commissariale n. 350 del 1° agosto 2014, di aggiornamento delle sanzioni pecuniarie, si evince che il gestore alberghiero risponde della sola violazione degli artt. 6, comma 1, e 7, comma 2, del regolamento comunale in materia di imposta di soggiorno. Queste disposizioni sono relative rispettivamente alla mancata dichiarazione dei pernottamenti e al mancato versamento dell’imposta di soggiorno riscossa dai propri clienti.

Lo stesso soggetto non risponde invece per il mancato pagamento dell’imposta da parte del cliente medesimo, unico soggetto passivo ai sensi del sopra citato art. 3 del regolamento (in conformità all’art. 4, comma 1, d.lgs. n. 23 del 2011, che si esprime in questi termini: «coloro che alloggiano nelle strutture ricettive»). Come si è rilevato in precedenza, in questa ipotesi il gestore alberghiero è tenuto a fare compilare al cliente l’apposita dichiarazione rifiuto, da trasmettere poi all’amministrazione, ma non è certo tenuto al versamento dell’imposta in luogo del soggetto passivo del tributo.

10. Alla luce delle considerazioni finora svolte è quindi da confermare anche la statuizione del giudice di primo grado circa la natura strumentale degli obblighi in questione rispetto alla riscossione del tributo da parte dell’unica categoria di soggetti tenuta al relativo pagamento.

11. Con il secondo motivo di appello è riproposta nuovamente la censura di violazione del giudicato di cui alla citata sentenza del Tribunale amministrativo del Veneto 21 agosto 2012, n. 1165.

I soggetti appellanti deducono che nel limitarsi ad affermare in modo apodittico che i principi espressi in quest’ultima pronuncia non erano stati violati dal Comune di Venezia con le nuove modifiche regolamentari, il Tribunale amministrativo sarebbe incorso in infrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ., ed avrebbe pertanto omesso di rilevare che queste ultime modifiche sono sostanzialmente riproduttive di quelle già ritenute illegittime dallo stesso giudice.

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