La Conferenza di servizi c.d. decisoria ha struttura dicotomica

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 24 maggio 2018, n. 3109.

Le massime estrapolate

La tutela degli interessi ambientali può anche procedere attraverso l’impugnazione di atti amministrativi generali di valenza urbanistica e di natura pianificatoria e programmatoria qualora incidenti negativamente sui profili ambientali.
La Conferenza di servizi c.d. decisoria ha struttura dicotomica, con una fase che si conclude con la determinazione della conferenza (anche se di tipo c.d. decisorio), che ha valenza solo endoprocedimentale, e una successiva fase che si conclude con l’adozione del provvedimento finale, che ha valenza esoprocedimentale ed esterna, determinativa della fattispecie e incidente sulle situazioni degli interessati. E’ contro il provvedimento dell’amministrazione che aveva indetto la conferenza di servizi che deve dirigersi l’impugnazione: gli altri o hanno carattere meramente endoprocedimentale ovvero non sono impugnabili se non unitamente al provvedimento conclusivo, risultando a tale scopo irrilevanti le modalità concrete con le quali la singola amministrazione abbia deciso di partecipare ai lavori della conferenza.
Anche con precipuo riguardo alla struttura dicotomica della conferenza di servizi decisoria ex art. 12 del D.lgs. 387 del 2007 è stato affermato che la sua struttura si articola in una determinazione conclusiva della conferenza ex art. 14 ter, comma 6 bis, legge 241 del 1990, costituente un atto endoprocedimentale, e il successivo provvedimento finale, il quale ha valenza esoprocedimentale ed esterna, effettivamente determinativa della fattispecie e incidente sulla situazione degli interessati.
Ne consegue che i pareri adottati in seno alla Conferenza di servizi decisoria costituiscono atti a carattere endoprocedimentale, mentre l’atto conclusivo del procedimento è il provvedimento finale, a rilevanza esterna, con cui l’Amministrazione decide a seguito di una valutazione complessiva: provvedimento che non rappresenta soltanto una sorta di momento meramente riepilogativo (e dichiarativo) delle determinazioni assunte in sede di conferenza, ma un vero e proprio momento costitutivo delle determinazioni conclusive del procedimento.
In definitiva il carattere di provvedimento esoprocedimentale, con effetti lesivi degli interessi incisi e autonomamente impugnabile deve riconoscersi esclusivamente all’Autorizzazione Unica e non già al mero verbale conclusivo della Conferenza dei servizi.

Non vi è alcuna norma espressa che imponga un divieto assoluto di insediamento di nuove fonti inquinanti in aree di risanamento ambientale; ciò senza contare che dalla normativa in materia di V.I.A. può desumersi un principio generale che imponga di bilanciare benefici e svantaggi derivanti dall’intervento, sulla base di una valutazione discrezionale dell’amministrazione competente, in un quadro che apprezzi positivamente la compatibilità ambientale del nuovo insediamento soprattutto se bilanciato da misure di compensazione e mitigazione ambientale, sì da non tradursi affatto in una modificazione peggiorativa di un quadro ambientale già fortemente compromesso, ma piuttosto in modo tale da consentire che l’impatto del nuovo insediamento, con una realizzazione opportunamente accompagnata dalle opportune e necessarie misure di riqualificazione ambientale- anche e soprattutto a tutela della salute delle popolazioni esposte- sia del tutto trascurabile o, addirittura, annullato.

Sentenza 24 maggio 2018, n. 3109

Data udienza 19 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 9381 del 2016, proposto da:
Autorità Per il Servizio di Gestione Integrata dei Rifiuti Urbani – ATO Toscana Centro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ri. Fa., con domicilio eletto presso lo studio Al. Le. in Roma, via (…);
contro
Associazione per il Wo. Wi. Fu. For Na. Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Cl. Ta., Ma. Ro., Si. No., Li. Be., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Pe. in Roma, via (…);
Associazione It. No., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Li. Be., Cl. Ta., Ma. Ro., Si. No., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Pe. in Roma, via (…);
Associazione Fo. Am., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Cl. Ta., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Pe. in Roma, via (…);
nei confronti
Città Metropolitana di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato St. Gu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Pa. Mo. in Roma, corso (…);
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Zu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Am. Ci. in Roma, via (…);
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ag. Za. Qu., domiciliato ex art. 25 Cod. proc. amm. presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
Autorità di Bacino del Fiume Arno Ed altri, non costituiti in giudizio;
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ed altri, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via (…);
Q. tH. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Bi., Gi. Ca., An. Fa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Se. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA- FIRENZE, Sezione II, n. 01602/2016, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Associazione Per il Wo. Wi. Fu. For Na. Onlus, dell’Associazione It. No. e dell’Associazione Fo. Am., che hanno spiegato appello incidentale; della Città Metropolitana di Firenze, che ha pure spiegato appello incidentale; del Comune di (omissis); del Comune di (omissis); del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e del Ministero dei Beni, delle Attività Culturali e del Turismo Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Provincie di Firenze, Pistoia e Prato, della Soprintendenza Per i Beni Archeologici per la Toscana; del Ministero dell’Interno-Dipartimento dei Vigili del Fuoco-Soccorso Pubblico – Difesa Civile; del Ministero della Difesa -Comando in Capo del Dipartimento Militare Alto Tirreno; del Ministero della Difesa- Comando Militare Esercito Toscana Sm Ufficio Logistico; del Ministero della Difesa Aeronautica Militare e di Q. tH. s.r.l., che ha spiegato appello incidentale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2017 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Ri. Fa., Si. No., Cl. Ta., St. Gu., Gi. Ca., Al. Bi., An. Fa., Ag. Za. Qu. e Fr. Zu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con deliberazione consiliare n. 22 dell’11 febbraio 2002 la Provincia di Firenze approvava il Piano Provinciale dei rifiuti urbani e assimilati per l’A.T.O. 6, subordinando la realizzazione del termovalorizzatore (e di altri aspetti del piano) agli esiti di approfondimenti appositamente disposti.
Era infatti accaduto che nel corso del procedimento si era manifestate significative opposizioni alla realizzazione dell’impianto e la Provincia di Firenze aveva pertanto disposto l’effettuazione di una “Valutazione di impatto sanitario” (nel prosieguo “VIS”) circa le condizioni ambientali ed epidemiologiche dell’area interessata alla realizzazione del nuovo termoutilizzatore per valutarne l’impatto e l’ulteriore carico aggiuntivo rispetto alle sorgenti inquinanti già esistenti in loco.
L’indagine veniva espletata utilizzando una metodologia basata sulla comparazione tra più ipotesi dall’Agenzia Regionale di Sanità, dall’Università di Firenze, dal CNR di Pisa e dall’ARPAT: essa si articolava in tre fasi, di cui una preliminare di screening, e si concludeva (nell’anno 2005) con una relazione intitolata “Valutazione di impatto sanitario del piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati A.T.O. 6- Area Metropolitana fiorentina, con riferimento alla sub area circostante la prevista collocazione di un impianto di termovalorizzazione nel Comune di (omissis)”.
2. Dopo l’approvazione del Piano Provinciale, la Comunità d’Ambito ATO 6 con le delibere n. 10 del 2003 e n. 1 del 2004 rispettivamente adottava e approvava anche il Piano industriale, nel quale veniva confermata la realizzazione del nuovo impianto.
3. Sulla base delle conclusioni della VIS e della valutazione comparativa tra i siti ivi contenuta, con la delibera consiliare n. 133 del 28 luglio 2006 la Provincia di Firenze modificava il Piano provinciale di gestione dei rifiuti, adottando la variante di spostamento dell’inceneritore da (omissis) a (omissis).
Anche l’A.T.O. 6 con deliberazione n. 4 del 18 luglio 2007 procedeva alle necessarie modifiche e agli aggiornamenti del Piano industriale.
Infatti l’indagine della VIS ai fini della individuazione del miglior sito possibile per la localizzazione dell’impianto di termovalorizzazione si era estesa anche ad altri siti, considerati dalla pianificazione equivalenti, (omissis), Ponte Ma. e (omissis), e, stante la criticità della zona di (omissis) (dove la popolazione era già particolarmente esposta ed a più elevato rischio di patologie respiratorie, connesso a fenomeni inquinanti), era stata ritenuta preferibile l’ubicazione dell’impianto in località (omissis) (caratterizzata da migliori condizioni demografiche, correlate al minor numero della popolazione residente, sanitarie ed ambientali), previa raccomandazione di interventi di miglioramento e di compensazione ambientale.
Tale localizzazione veniva confermata dal “Piano Straordinario per i primi affidamenti del servizio” di ATO Toscana Centro, previsto dall’art. 27 della legge regionale 61 del 2007 (pubblicato sul BURT n. 33 del 13 agosto 2008); le Province di Firenze, Prato e Pistoia approvavano il Piano Interprovinciale (con DGRT n. 485 del 25 giugno 2013) e ancora l’ATO Toscana Centro, con la delibera assembleare n. 2 del 7 febbraio 2014, approvava il Piano d’Ambito, conseguente al Piano Interprovinciale, per la gestione dei servizi e degli impianti relativi ai rifiuti urbani per gli anni 2014-2021.
Con D.P.C.M. del 10 agosto 2016 il termovalorizzatore di (omissis) è stato anche annoverato tra le infrastrutture e gli insediamenti strategici di preminente interesse nazionale.
4. L’Associazione Italiana per il Wo. Wi. Fu. For Na. Onlus (nel prosieguo anche soltanto “WWW”), con ricorsi straordinari al Capo dello Stato, poi trasposti in sede giurisdizionale al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, chiedeva l’annullamento dei seguenti atti (tra quelli sopra indicati): la deliberazione del Consiglio Provinciale di Firenze 22 dell’11 febbraio 2002 (ricorso 24/2003); la delibera dell’ATO 6 n. 1 del 2004 (ricorso 619/2005); la deliberazione della Provincia di Firenze n. 133 del 2006 (motivi aggiunti al ricorso 24/2003); la deliberazione dell’Assemblea Consortile dell’ATO 6 n. 4 del 2007 (ricorso 770/2008); le deliberazioni degli A.T.O. 5, 6 e 10 (Ambiti dell’area provinciale di Firenze, Prato e Pistoia) di approvazione del Piano straordinario ex art. 27 legge regionale 61 del 2007 (ricorso 2194/2008).
Il TAR per la Toscana, sez. II, con la sentenza n. 1177 del 3 luglio 2009, riuniti i ricorsi, in parte li ha dichiarati inammissibili per tardività, in parte li ha respinti, ritenendoli infondati nel merito.
Il WW. ha chiesto la riforma di tale sentenza ed il relativo appello, n. 8064/2010 è stato trattenuto in decisione alla stessa odierna udienza.
5. In attuazione delle previsioni recate dai ricordati atti di pianificazione, nel 2009 la Qu. s.p.a., soggetto gestore del servizio integrato di raccolta dei rifiuti, cui era stato affidato il compito di realizzare il termovalorizzatore, indiceva una gara a doppio oggetto per la scelta del socio privato di minoranza con cui costituire una Ne. alla quale affidare la progettazione, realizzazione e gestione del termovalorizzatore di (omissis): detta gara, giusta deliberazione dell’A.T.O. Toscana Centro del data 28 novembre 2011, veniva definitivamente aggiudicata all’ATI tra He. s.p.a. e He. che costituivano la società Sv. Am. To. per la sottoscrizione di una quota di capitale della Ne. con Qu., ovvero proprio Qt. s.r.l..
6. Poiché il progetto per la realizzazione dell’impianto era subordinato alla pronuncia di compatibilità ambientale, ai sensi dell’art. 52 della L.R. n. 10 del 2010 e dell’art. 23 del D. Lgs. n. 152 del 2006, nonché all’autorizzazione integrata ambientale (a.i.a.), ai sensi dell’art. 29 ter del D. Lgs. n. 152 del 2006 e all’autorizzazione unica (a.u.) per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi degli artt. 11, 12 e 13 L.R. 39 del 2005 e dell’art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003 e poiché sia l’a.i.a che l’a.u, richiedevano il preventivo espletamento della valutazione di impatto ambientale (v.i.a.), veniva avviato il relativo procedimento in conferenza dei servizi che, nella riunione dell’8 aprile 2014, esprimeva parere favorevole di compatibilità ambientale, ai sensi dell’art. 52 della legge regionale n. 10 del 2010, del progetto definitivo presentato da Qt. per la realizzazione del nuovo impianto di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi in Comune di (omissis), località (omissis), nonché sulla valutazione di incidenza ai sensi della legge regionale 56 del 2000 e del d.P.R. 357 del 1997, imponendo prescrizioni: a tanto faceva seguito la deliberazione di Giunta provinciale n. 62 del 17 aprile 2014.
7. La Conferenza dei servizi si riuniva nuovamente per il procedimento unificato ex art. 12 e 13 L.reg. n. 39 del 2005 e il 6 agosto 2015 esprimeva in via definitiva parere favorevole al rilascio dell’Autorizzazione Unica ex artt. 12 e 13 legge regionale n. 39 del 2005 e dell’AIA ai sensi degli articoli 29 quater e 29 sexies del D.Lgs. 152 del 2006, con l’effetto di variante agli strumenti urbanistici comunali ai sensi del D.Lgs. n. 387 del 2003 e del D.Lgs. 152 del 2006.
A tanto facevano seguito l’atto dirigenziale della Città Metropolitana di Firenze n. 4688 del 23 novembre 2015 che rilasciava a Qt. s.r.l. l’Autorizzazione Unica, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387 e della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 39, e l’Autorizzazione unica ambientale di cui all’art. 29 sexies del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 per la realizzazione e gestione del nuovo impianto, nonché il permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica, avente effetto di variante agli strumenti urbanistici comunali e di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza.
Con deliberazione 23 dicembre 2015, n. 112, il Consiglio Metropolitano di Firenze approvava la Convenzione finalizzata al monitoraggio epidemiologico-sanitario nelle aree di ricaduta delle emissioni dell’inceneritore.
8. Con ricorso n. 1310/2014, integrato da motivi aggiunti, WW., l’Associazione It. No. e l’Associazione chiedevano al Tribunale amministrativo per la Toscana l’annullamento della delibera della Giunta Provinciale di Firenze 17 aprile 2014, n. 62, dei verbali della conferenza dei servizi del 3 settembre 2013, 28 febbraio 2014 e dell’8 aprile 2014 e dei relativi pareri espressi e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresa la delibera dell’ATO Toscana Centro n. 18 del 28 novembre 2011.
A sostegno dell’impugnativa venivano dedotte le seguenti censure: 1) violazione dei principi, degli indirizzi e delle norme di attuazione degli atti di programmazione territoriale e di settore della Regione Toscana; 2) violazione di legge, art. 22 d.lgs. 152/2006, art. 50 l.r. 10/2010 e delib. G.R. 1068/1999, carenza di istruttoria; 3) violazione di legge, regolamento CE 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, violazione della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, omessa applicazione, eccesso di potere, omessa istruttoria sulle alternative; 4) eccesso di potere, contraddittorietà, perplessità, carenza dei presupposti, violazione art. 190, 205 e 208 del T.U.A. e della l.r. 25 del 1998, art. 17/bis; 5) violazione di legge, d.lgs. 155/2010 e l.r. 9/2010, artt. 2 e 32 della Cost., eccesso di potere, carenza di istruttoria, irrazionalità, contraddittorietà, travisamento, carenza dei presupposti, violazione di legge; 6) violazione art. 3/ter d.lgs. 152 del 2006, violazione del principio di precauzione, eccesso di potere, illogicità, irrazionalità, violazione del principio di ragionevolezza, carenza di istruttoria; 7) violazione d.lgs. 155/2010 e del d.lgs. 152/2006, violazione del principio di precauzione, artt. 32 e 2 Cost., eccesso di potere, illogicità e irragionevolezza, carenza di istruttoria; 8) violazione di legge, artt. 2, 4, 5 e19 d.lgs. 152 del 2006, violazione del principio di prevenzione e precauzione, eccesso di potere, irragionevolezza, violazione artt. 32 Cost. e l. 833 del 1978; 9) violazione art. 3 l. 241 del 1990, eccesso di potere, carenza di motivazione, irrazionalità, illogicità, violazione di legge, irragionevolezza; 10) violazione direttiva CEE 43/92 e del d.P.R. 357/1997, della l.r. 56 del 2000, eccesso di potere, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, carenza assoluta di presupposti; 11) violazione direttiva CEE 43/92 e del d.P.R. 357/1997, della l.r. 56 del 2000, delib. Giunta regionale n. 644 del 2004, d.lgs. 152 del 2006; 12) violazione art. 5, 1° comma lett. c) del d.lgs. 152/2006, art. 3-ter: 13) violazione artt. 4 e 25 d.lgs. 152/2006 e art. 3 della l. 241 del 1990: 14) eccesso di potere, carenza istruttoria, carenza di motivazione e violazione art. 3 l. 241 del 1990; 15) violazione art. 26 d.lgs. 52 del 2006, art. 3 l. 241 del 1990, eccesso di potere, carente ed insufficiente motivazione.
9. Con ricorso n. 143/2016, pure integrato da motivi aggiunti, WW., l’Associazione It. No. e l’Associazione Fo. Am. chiedevano al TAR per la Toscana l’annullamento della determinazione dirigenziale della Città Metropolitana di Firenze n. 4688 del 23 novembre 2015 e di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, tra cui in particolare i verbali delle riunioni della Conferenza dei servizi del 17 novembre 2014, del 3 luglio 2015 e del 6 agosto 2015, di tutti gli atti del procedimento e dei pareri favorevoli espressi dai soggetti coinvolti nel procedimento, del verbale della Commissione per il Paesaggio del Comune di (omissis) (riunioni del 14 novembre 2004 e del 3 febbraio 2015), della delibera di Giunta del Comune di (omissis) n. 127 del 21 aprile 2015, del verbale della conferenza dei servizi interni del Comune di (omissis) del 4 febbraio 2015 e del parere Geotecno del 4 febbraio 2015 e della nota del Segretario comunale del 31 luglio 2015; di tutti i pareri favorevoli emessi dalla Soprintendenza ai beni ambientali e paesaggistici, nonché per quanto di ragione della delibera della Giunta Provinciale di Firenze n. 62 del 2014 e della delibera del consiglio metropolitano di Firenze n. 112 del 23 dicembre 2015, nonché degli atti del procedimento espropriativo.
A sostegno dell’impugnativa deducevano: 1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003, dell’art. 208 d.lgs. 156/2002, dell’art. 2 del d.lgs. 133/2005, della l.r. 39/2005, degli artt. 117 e 118 della Costituzione, violazione del principio di leale cooperazione tra enti, carenza di potere, sviamento; 2) ancora violazione e/o erronea applicazione art. 208 d.lgs. 152/2006 e dell’art. 12 del d.lgs. 287 del 2003, omessa applicazione del piano territoriale ad indirizzo paesaggistico, violazione art. 320 piano strutturale del Comune di (omissis), eccesso di potere, carenza assoluta di istruttoria; 3) violazione e falsa applicazione artt. 9 e 52 bis del d.lgs. 327/2001, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 9 della l.r. 30/2005, violazione e/o falsa applicazione l.r. 65/2014: 4) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003, del d.m. 9 settembre 2010, totale carenza dei presupposti di diritto e di fatto, violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa; 5) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003, del d.m. 9 settembre 2010, degli artt. 11 e 52 ter del d.lgs. 327 del 2001, eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, violazione del principio di partecipazione all’imposizione del vincolo espropriativo; 6) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003, dell’art. 208 del d.lgs. 152/2006, degli artt. 8, 11, 12 e 13 della l.r. 29 del 2005, eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza dei presupposti; 7) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 208 del d.lgs. 152/2006, del d.lgs. 42/2004, del piano territoriale ad indirizzo paesaggistico, violazione del giusto procedimento, carenza di motivazione, incompetenza, sviamento; 8) violazione artt. 8, 13 della l.r. 39/2005, dell’art. 42 della l.r. 65/2014, violazione del Protocollo di intesa 2 agosto 2005 e dell’accordo di programma tra Provincia di Firenze e Comune di (omissis) del 23 settembre 2009, carenza dei presupposti, contraddittorietà con precedenti manifestazioni; 9) violazione dell’art. 1 l. 241 del 1990, eccesso di potere, carenza e irrazionalità della motivazione; 10) violazione degli artt. 2 e 32 della Cost. e 2 del Trattato UE, violazione del principio di prevenzione, eccesso di potere, irrazionalità, illogicità, violazione dei principi di efficacia e economicità dell’azione amministrativa; 11) violazione del d.lgs. 133 del 12 settembre 2014, art. 35, violazione della l. 241 del 1990, eccesso di potere, carenza di istruttoria, violazione dell’art. 21 septies l. 241 del 1990; 12) eccesso di potere, perplessità, violazione allegato D al d.lgs. 152 del 2006, omessa applicazione art. 183 d.lgs. 152/2006; 13) violazione artt. 6, 29 ter e quater e 29 sexies del d.lgs. 152/2006, eccesso di potere, carenza di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, irrazionalità; 14) violazione art. 29 ter e 29 sexies comma 3 bis del d.lgs. 152 del 2006.
10. Con ricorso n. 180/2016 anche il Comune di (omissis) ha chiesto al T.A.R. per la Toscana l’annullamento dell’atto dirigenziale della Città Metropolitana di Firenze n. 4688 del 23 novembre 2015, del verbale della Conferenza dei servizi del 6 agosto 2015 e di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali, lamentando: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 14 ter e 20 della l. 241 del 1990, difetto di motivazione, violazione del principio di leale cooperazione tra amministrazioni; 2) violazione e falsa applicazione artt. 3 e 14 ter della l. 241 del 1990, difetto di motivazione, violazione del principio di leale cooperazione tra amministrazioni; 3) violazione e falsa applicazione della Valutazione impatto sanitario del 30 gennaio 2005, violazione dell’art. 1, 4° comma Protocollo Intesa del 2 agosto 2005, violazione degli atti di programmazione della Provincia di Firenze in materia di gestione dei rifiuti, violazione dell’Accordo di programma del 22 aprile 2009, eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria e contraddittorietà tra atti amministrativi; 4) violazione e falsa applicazione dell’art. 26 della l.r. 24 febbraio 2005 n. 39, violazione D.G.P. Firenze n. 62 del 17 aprile 2014, violazione dell’art. 3 l. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria.
11. Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito tribunale, nella resistenza dell’ATO Toscana Centro, della Provincia di Firenze (poi divenuta Città metropolitana di Firenze), della società Qt., della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno e di quello dello Sviluppo Economico, del Comando generale Arma dei Carabinieri, della Legione Carabinieri Regione Toscana, della Prefettura di Firenze, dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e della Difesa, dell’ENAC, del Comando Militare Regione Toscana, del Comando del Dipartimento militare marittimo dell’Alto Tirreno la Spezia, della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Toscana, della Soprintendenza per i beni Archeologici della Toscana e del Comando Provinciale Vigili del Fuoco di Firenze e con l’intervento ad adiuvandum anche del Comune di (omissis) oltre che di alcuni cittadini residenti nei comuni limitrofi interessati dall’impianto (Firenze, (omissis), (omissis), Calenzano, Signa e Scandicci, che ricollegavano il loro interesse all’aumento della TARI a seguito della realizzazione del contestato termovalorizzatore), riuniti i ricorsi, dichiarava in parte inammissibile per difetto di legittimazione e carenza di interesse ed in parte respingeva il ricorso NRG. 1310/2014 proposto dalle indicate associazioni ambientaliste; accoglieva in parte i ricorsi NRG. 143/2016 e NRG. 180/2016, proposti dalle medesime Associazioni e dal Comune di (omissis), e, per l’effetto, annullava il provvedimento del Responsabile della Qualità ambientale della Città Metropolitana di Firenze n. 4688 del 23 novembre 2015, n. 4688, concernente il rilascio dell’Autorizzazione unica per la realizzazione e la messa in esercizio del termovalorizzatore in località (omissis).
12. Avverso tale sentenza ha proposto appello, chiedendone la riforma, previa sospensione, l’ATO Toscana Centro, lamentandone l’erroneità alla stregua dei seguenti motivi:
I. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 8, comma 4 e artt. 11, 12 e 13 legge regionale n. 39 del 2005, degli articoli 40 e 41 della legge regionale n. 65 del 2014, dell’art. 28 delle legge regionale n. 40 del 2009, dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152 del 2006, dell’art. 3 e 12 del d.P.R. 387 del 2003; Violazione e falsa applicazione dell’art. 1367 e dell’art. 21 octies legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per travisamento dei fatti;
II. Violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 39 del 2005, dell’articolo 208 del D.Lgs. 152 del 2006, dell’art. 3 e 12 del d.P.R. 387 del 2003; eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti; difetto di motivazione;
III. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 14 ter legge n. 241 del 1990; eccesso di potere e travisamento dei fatti e dei presupposti.
13. Hanno resistito al gravame la Città Metropolitana di Firenze e la società Qt., che hanno spiegato anche appello incidentale: in particolare la Città Metropolitana di Firenze, sottolineando che il proprio gravame aveva valore autonomo, ha lamentato I) “Violazione dell’art. 14 ter, comma 6 bis, della L. 241/90 – Travisamento – Illogicità manifesta e contraddittorietà; II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 8, 11, 12 e 13 della L.R. Toscana 39/2005, dell’art. 12 del D. Lgs. 387/2003 e dell’art. 41 della L.R. Toscana 65/2014 – Illogicità e Contraddittorietà della motivazione, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto”; III) Violazione ed errata applicazione dell’art. 26 comma 2 LRT 39/2005 – Difetto di istruttoria – Erroneità ed illogicità della sentenza”, riproponendo poi con il quarto motivo le eccezioni non esaminate in primo grado; Qt. ha indirizzato le proprie censure alla parte della sentenza che – relativamente al ricorso NRG. 180/2016 – ha respinto le eccezioni preliminari in rito sollevate in primo grado ed ha accolto il terzo ed il quarto motivo di impugnazione, deducendo: I) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 40, D. lgs. 104/2010. Dell’art. 100 c.p.c. – Errata motivazione illogicità manifesta e contraddittorietà”; II) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 12, D. Lgs. 387/2003, dell’art. 13, L.R. 39/2005 E DELL’ART. 29 SEXIES, d. Lgs. 152/2006, nonché dell’art. 8, comma 4, L.R. 39/2005 e dell’art. 41, L.R. 65/2014. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 117 della Costituzione. Illogicità e contraddittorietà della motivazione. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Ingiustizia manifesta”; III) Violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 40, D. Lgs. 104/2010 e dell’art. 100 c.p.c. – Omessa motivazione, illogicità manifesta e contraddittorietà”; IV) Violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 2, L.R. 39/2005. Violazione del principio di legalità e tassatività degli atti amministrativi, violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1, comma 1 bis, L. n. 241/90. Errata o omessa motivazione. Illogicità e contraddittorietà della motivazione. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Ingiustizia manifesta”.
Hanno spiegato appello incidentale anche le Associazioni WW., It. No. e Fo. Am. che hanno dedotto: AI) “Sui motivi I, II e III del ricorso 1310/2014: Erronea e/o omessa decisione. Violazione di legge: erronea e/o falsa e/o omessa interpretazione dei principi generali in tema di valutazione ambientale strategica (VAS) e valutazione di impatto ambientale (VIA) – Violazione di legge: erronea e falsa interpretazione della Convenzione di Stoccolma e del Regolamento CE 850/2004 – Violazione di legge: violazione dpcm 27 dicembre 1988 – art. 22 d.lgs 152/2006 e art. 50 lr 10/2010 – Deliberazione Giunta Regionale 1068/1999 – Eccesso di potere: contraddittorietà – illogicità – travisamento dei fatti – carenza di motivazione”, A II)”Sul quarto motivo di ricorso NRG. 1310/2014: Erronea e/o omessa decisione – Eccesso di potere: travisamento – contraddittorietà, perplessità, carenza dei presupposti – Violazione di legge: Violazione art. 190, 205, 208 TUA – artt. 9 e 11 L.r. 25/1998 – Violazione di legge: art. 24, comma 9 bis TUA – art. 22 incompletezza dello studio e carenza di istruttoria – Violazione di legge: falsa interpretazione art. 17/bis L.r. 25/98″; A III) “Sul V motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge – decreto legislativo 155/2010 e L.r. 9/2010 – Artt. 2 e 32 Costituzione – Violazione PRRM – Eccesso di potere: carenza di istruttoria, irrazionalità, contraddittorietà, travisamento, carenza dei presupposti. Violazione di legge, Del. GR 25/2020”; A IV) “Sul VI motivo del ricorso NRG. 1310/2014 e successivo motivo aggiunto – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge: violazione art. 3/ter d.lgs. 152/2006 – violazione del principio di precauzione – illogicità – irrazionalità – irragionevolezza art. 3 l. 241/90 – art. 24/5 – carenza di istruttoria – contraddittorietà – carenza dei presupposti – Travisamento dei fatti”; A V) “Sul VII motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge – d lgs 155/2010 e d lgs 152/2006 – violazione del principio di precauzione, artt. 32 e 2 Costituzione – Illogicità irragionevolezza irrazionalità – Art. 24 d.lgs. 152/2006 – carenza d’istruttoria – Omessa applicazione dei parametri di legge – d.lgs. 255/2010 e suo all. XIII in ordine ai livelli di esposizione”; A VI) “Sul VII motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge – decreto legislativo 152/2006 art. 2 – art. 4 lett. b) e art. 5/1 lett. c) art. 19 ss. – Violazione di legge l.r. 20/2010 – principio di prevenzione precauzione irrazionalità, irragionevolezza – art. 32 Costituzione e L. 833/78. Omessa motivazione”; A VII) “Sul IX motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge. ART. 3 l. 241/90, carenza di motivazione – irrazionalità, illogicità, violazione principio di ragionevolezza – art. 24/5 TUA; A VIII “Sul X e XI motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge: Direttiva CEE 92/43 Habitat – DPR 357/97 LR 56/2000 DGR 644/2004 – Eccesso di potere – carenza assoluta di istruttoria – travisamento dei fatti – carenza assoluta dei presupposti – D. Lgs. 152/2006 – l.r. 56/2000 – Del GR 644/2004”; A IX) Sul XII motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge art. 5, c. 1, lettera c) Dlgs 152/2006 – Art. 3 Dlgs. 152/2006. Carenza assoluta di motivazione – Travisamento dei contenuti del motivo; A X) Sul XIII motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge – Omessa applicazione artt. 4, 25 e 26 Dlgs 152/2006 – Violazione di legge art. 3 ter e 3 quater Dlgs. 152/2006 – Illogicità, contraddittorietà, irrazionalità, travisamento; A XI) Sul XIV motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge – Carenza di motivazioneart. 3 Legge 241/1990. Carenza di istruttoria in ordine all’impatto paesaggistico del prospetto in sede di VIA; A XII) Sul XV motivo del ricorso NRG. 1310/2014 – Erronea e/o omessa decisione – Violazione di legge – Omessa applicazione art. 5 e 26 Dlgs. 152/2006 – Carenza di motivazione – Travisamento; B) con riferimento al ricorso NRG. 143/2006: B I) Illegittimità derivata; B II) Sul IV motivo del ricorso NRG. 143/2016: Erronea e/o mancata decisione. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12 D. Lgs. 387 del 29 dicembre 2003; violazione e/o falsa applicazione D.M. 10 settembre 2010 recante “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”. Erroneità della sentenza per erronea motivazione e valutazione della sussistenza dei presupposti necessari per l’ottenimento dell’A.U. relativo alla disponibilità delle aree oggetto di intervento; B III) Sul X motivo del ricorso NRG. 143/2016: Erronea e/o omessa decisione. Violazione della Costituzione artt. 2, 32 Trattato dell’Unione art. 2; del principio di prevenzione: artt. 1, 2 L. 833/78 e di precauzione, art. 3/ter dlgs. 152/2006. Eccesso di potere: irrazionalità – illogicità – irragionevolezza – violazione di legge: art. 1 L. 241/90 – violazione del principio di efficacia e di economicità; B IV) sul motivo II del ricorso NRG. 143/2016 (motivi assorbito): Erronea e/o mancata decisione – Violazione e/o falsa applicazione art. 12 del DPR 387/2003 e 208 del D. Lgs. 152/2006 per mancata applicazione del PIT con valenza di piano paesistico; B V) Sul motivo III ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione – Violazione e/o falsa applicazione artt. 9 e 52 bis D. Lgs. 327/2001; violazione e/o falsa applicazione artt. 7 e 9 LRT 30/2005; violazione e falsa applicazione LRT 65/2014; B VI) sul motivo IV del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o omessa decisione. Violazione e/o falsa applicazione dell’art- 12 D. Lgs. 387/2003 – Violazione DM settembre 2010 – violazione e/o falsa applicazione artt. 9, 10, 11, 12 e 52 bis D. Lgs. 327/2001. Violazione e falsa applicazione l. 30/2005 – Eccesso di potere per carenza dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di istruttoria e violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa; B VII) sul motivo V del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o omessa decisione. Violazione e/o falsa applicazione art. 12 D. Lgs. 387/2003 – Violazione DM 10 settembre 2010 – violazione e/o falsa applicazione artt. 11 e 52 ter D. Lgs. 327/2001; B VIII) Sul VI motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione. Violazione e/o falsa applicazione art. 1 ss. L. 241/90 e smi – Eccesso di potere – carenza di istruttoria – carenza e irrazionalità della motivazione; B VIII) Sul VI motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito=: Erronea e/o mancata decisione – Violazione e/o falsa applicazione art. 12 del D. Lgs. 387/2003; violazione e/o falsa applicazione artt. 8, 11, 12, e 13 LRT 39/2005; violazione e/o falsa applicazione artt. 41 e segg. LRT 65/2014; violazione e/o falsa applicazione artt. 5, 22 e segg. LRT. 20/2010; B IX) sul VII motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione. Violazione e/o falsa applicazione art. 208 del D. Lgs. 152/2006 (d’ora in poi anche TUA), violazione e/o omessa e/o falsa applicazione del D. Lgs. 22.01.2004 n. 42 artt. 143 – 146; violazione del piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico; delibera regionale numero 72/2007 art. 36.2; delibera di Consiglio regionale 2 luglio 2014 n. 58 e delibera Consiglio regionale 7 aprile 2015 n. 37 e art. 31 della LRT 65/2014; B X) Sul IX motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o omessa decisione. Violazione e/o falsa applicazione art. 1 e ss. L. 241/90 e s.m.i. – Eccesso di potere – carenza di istruttoria – carenza e irrazionalità della motivazione; BXI) Sull’XI motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione – Violazione DL 133 del 12.9.2014 (“Sblocca Italia”) art. 35, IV comma. Violazione di legge: L. 241/90, art. 1 violazione del principio di pubblicità e trasparenza – L. 241/90, art. 3 violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa; B VII) sul motivo V del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o omessa decisione. Violazione e/o falsa applicazione art. 12 D. Lgs. 387/2003 – Violazione DM 10 settembre 2010 – violazione e/o falsa applicazione artt. 11 e 52 ter D. Lgs. 327/2001; B VIII) Sul VI motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione. Violazione e/o falsa applicazione art. 1 ss. L. 241/90 e smi – Eccesso di potere – carenza di istruttoria – carenza e irrazionalità della motivazione; B VIII) Sul VI motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito=: Erronea e/o mancata decisione – Violazione e/o falsa applicazione art. 12 del D. Lgs. 387/2003; violazione e/o falsa applicazione artt. 8, 11, 12, e 13 LRT 39/2005; violazione e/o falsa applicazione artt. 41 e segg. LRT 65/2014; violazione e/o falsa applicazione artt. 5, 22 e segg. LRT. 20/2010; B IX) sul VII motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione. Violazione e/o falsa applicazione art. 208 del D. Lgs. 152/2006 (d’ora in poi anche TUA), violazione e/o omessa e/o falsa applicazione del D. Lgs. 22.01.2004 n. 42 artt. 143 – 146; violazione del piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico; delibera regionale numero 72/2007 art. 36.2; delibera di Consiglio regionale 2 luglio 2014 n. 58 e delibera Consiglio regionale 7 aprile 2015 n. 37 e art. 31 della LRT 65/2014; B X) Sul IX motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o omessa decisione. Violazione e/o falsa applicazione art. 1 e ss. L. 241/90 e s.m.i. – Eccesso di potere – carenza di istruttoria – carenza e irrazionalità della motivazione; BXI) Sull’XI motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata
decisione – Violazione DL 133 del 12.9.2014 (“Sblocca Italia”) art. 35, IV comma. Violazione di legge: L. 241/90, art. 1 violazione del principio di pubblicità e trasparenza – L. 241/90, art. 3 L. 241/90 – eccesso di potere. Carenza di istruttoria travisamento – Violazione di legge art. 21 septies L. 241/90; B XII) Sul XII motivo del ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione – Eccesso di potere: perplessità – Violazione di legge allegato D D. Lgs. 152/2006 – Omessa e/o falsa applicazione art. 183 D. Lgs. 152/2006 e DM 14.2.2013 – art. 13; B XIII) Sul XIII motivo del ricorso NRG 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione – Violazione di legge. Violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui all’art. 6 comma 16 lett. c), all’art. 29 ter comma 1 lett. m), all’art. 29 quater comma 5, all’art. 29 sexies comma 1 e comma 8 del D. Lgs. n. 152/2006 – violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui all’art. 12, comma 1, e dell’art. 3 e alla nota 5 dell’Allegato 1 del D. Lgs. 105/2015 (c.d. “Direttiva Seveso III”) – Eccesso di potere carenza istruttoria – Illogicità contraddittorietà irrazionalità; B XIV) Sul XIV motivo del ricorso NRG 143/2016 (assorbito). Erronea e/o mancata decisione – Violazione di legge: art. 29/ter/1 lett. m) – 29 sexies, comma 3/bis; B XV) Sul motivo aggiunto al ricorso NRG. 143/2016 (assorbito): Erronea e/o mancata decisione – Illegittimità derivata – Eccesso di potere: travisamento di fatto, carenza di istruttoria – Violazione di legge: titolo III dlgs. 152/2006. AIA art. 29 bis e ss. art. 237 quinquies e 237 sexies; B XVI) Erronea decisione. Violazione art. 136 DPR 115/2002 – Sulla revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio nel ricorso RG 1310/2014.
14. Si sono altresì costituiti in giudizio il Comune di (omissis) e il Comune di (omissis).
In particolare il Comune di (omissis) ha precisato tra l’altro di aver espresso motivato dissenso ad apportare la variante al proprio strumento urbanistico, evidenziando che la realizzazione dell’intervento di riqualificazione ambientale non era stato portato a termine e si era arrestato per unilaterale volontà della Provincia di Firenze, con conseguente scadenza dei vincoli preordinati all’esproprio delle aree, strumentali a tale intervento, a suo tempo apposti dal Comune in adempimento degli obblighi assunti.
Il Comune di (omissis) ha lamentato invece che la Provincia (ora Città Metropolitana) di Firenze non abbia rispettato l’obbligo puntuale di realizzare l’intervento di riqualificazione ambientale e rimboschimento in questione prima dell’avvio dei lavori o “contestualmente” ai medesimi, assunto in virtù di un Protocollo di intesa del 2005 e di un Accordo di programma del 2009 (atti riconducibili all’art. 15 della Legge 241 del 1990), a suo tempo stipulati con i Comuni interessati: nonostante la Valutazione di Impatto Sanitario del 2005 avesse previsto tali misure quali condizioni imprescindibili e necessarie per la localizzazione e la realizzazione del termovalorizzatore, gli interventi di compensazione ambientale proposti da Qt. erano stati ridotti al minimo, comeammesso nello studio di fattibilità ambientale presentato dal proponente. Sono stati inoltre riproposti i motivi procedimentali, I e II, del ricorso di primo grado non esaminati dal primo giudice in quanto assorbiti.
15. Con apposita memoria di replica, depositata il 28 novembre 2017, il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato, il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno, tutti costituiti in giudizio, hanno evidenziato che nessuno dei motivi di ricorso concerneva atti delle amministrazioni statali e che nei loro confronti non era stata formulata alcuna domanda; hanno pertanto eccepito la loro estraneità alla materia del contendere ed il loro difetto di legittimazione, chiedendo l’estromissione dal giudizio.
16.All’udienza del 19 dicembre 2017, all’esito del deposito e dello scambio di memorie ai sensi dell’art. 73 Cod. proc. amm. di tutte le parti costituite e dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

17. Deve essere innanzitutto respinta la richiesta formulata dal WW., Associazione It. No. e Associazione Fo. Am. (d’ora in avanti anche solo le Associazioni) di riunione del presente procedimento a quello avente numero NRG n. 8064/2010, pendente dinanzi a questa stessa Sezione e chiamato alla stessa odierna udienza di discussione.
Posto infatti che l’obbligo per il giudice di disporre la riunione degli appelli sussiste solo allorquando questi siano proposti avverso la stessa sentenza (art. 96, comma 1, c.p.c.), laddove per converso ai sensi dell’art. 70 c.p.a. la riunione dei giudizi connessi, oggettivamente e/o soggettivamente, rientra nel potere discrezionale del giudice in funzione dell’economicità e speditezza dei giudizi ed al fine di prevenire la possibilità di un contrasto tra giudicati (Cons. Stato, sez. IV, 7 gennaio 2013, n. 22; 23 luglio 2012, n. 4201), nel caso di specie, benché i giudizi in questione abbiano un comune substrato fattuale (afferendo alla realizzazione del contestato termovalorizzatore nella Piana Fiorentina), non sussiste la necessaria connessione oggettiva e soggettiva, in quanto non solo non vi è perfetta coincidenza tra le parti in causa, ma anche differenti sono i provvedimenti impugnati; il che esclude anche la sussistenza di ragioni di economicità e/o di speditezza dei giudizi ed ancora la possibilità di contrasti di giudicati.
18. L’infondatezza dell’appello principale e di quelli incidentali alla stregua delle osservazioni che seguono esime la Sezione dal delibare la richiesta di estromissione dal giudizio delle amministrazioni statali costituite, richiesta fondata sulla dedotta carenza di legittimazione passiva.
19. Ragioni sistematiche e di coerenza espositiva inducono la Sezione, anche in ragione della molteplicità delle censure sollevate avverso la sentenza impugnata con l’appello principale ed i tre appelli incidentali (oltre che attraverso la riproposizione dei motivi e delle eccezioni assorbiti), di procedere all’esame delle questioni di merito seguendo in linea di massima l’ordine degli appelli.
20. Devono essere preliminarmente esaminate le varie eccezioni preliminari.
20.1. Quanto a quella di inammissibilità dei ricorsi delle Associazioni ambientaliste, per carenza di interesse e di legittimazione attiva, sollevate in limine dalle difese di ATO Toscana Centro, della Città Metropolitana di Firenze e di Qt., si osserva che con esse si deduce l’erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente in capo alle Associazioni ambientaliste l’interesse al ricorso in ordine ad atti inerenti la pianificazione urbanistica, laddove invece non sarebbe comprensibile ed identificabile l’interesse rispetto ai profili urbanistici sottesi alla variante apportata allo strumento urbanistico del Comune di (omissis) e in che misura ciò possa recare pregiudizio o maggior pregiudizio al bene ambiente, rispetto a quanto non lo abbia già fatto la localizzazione dell’impianto, già positivamente valutato in sede di VIA.
L’eccezione è infondata.
Come già rilevato da questa Sezione in precedenti decisioni (si veda sentenza Cons. Stato, V, 19 febbraio 2015, n. 839), la tutela degli interessi ambientali può anche procedere attraverso l’impugnazione di atti amministrativi generali di valenza urbanistica e di natura pianificatoria e programmatoria qualora incidenti negativamente sui profili ambientali.
Si osserva, infatti, che i profili urbanistici della vicenda oggetto di giudizio sono stati attinti da specifica censura da parte delle Associazioni ricorrenti le quali hanno lamentato che la mancata attuazione del corretto procedimento di variante avrebbe determinato la mancata acquisizione da parte degli enti preposti al governo del territorio e alla tutela del paesaggio di una valutazione dell’impatto globale sul territorio del termovalorizzatore. In particolare, le Associazioni hanno lamentato che a causa di vizi procedimentali inerenti la fase urbanistica e relativi all’approvazione della variante al Regolamento urbanistico del Comune di (omissis), l’intervento in questione non è stato assoggettato a V.A.S., né è stata effettuata una valutazione di congruità dell’intervento con il PIT, approvato nel corso del procedimento; lamentano ancora la pretermissione di necessari passaggi procedimentali, quali la redazione di un piano attuativo o l’approvazione della variante in sede di co-pianificazione tra Regione e Ministero per i beni culturali e ambientali.
Non possono pertanto disconoscersi l’interesse e la legittimazione ad impugnare l’atto autorizzatorio e quelli pregressi anche sotto i profili urbanistici, in quanto strumentali alla corretta valutazione delle ricadute sul paesaggio e sull’ambiente dell’opera di cui trattasi; tenuto conto, altresì, che la legittimazione ad agire di tali Associazioni, preposte alla tutela di interessi ambientali, non richiede una prova puntuale della concreta pericolosità dell’impianto, bensì anche soltanto una prospettazione delle temute ripercussioni su un territorio comunale limitrofo all’impianto da realizzare (si veda, in termini, Consiglio di Stato, VI, 5 dicembre 2002, n. 6657).
20.2. Corretta e immune di censure è la statuizione impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente l’interesse delle Associazioni ambientalistiche a censurare il mancato rispetto del Protocollo di Intesa dell’anno 2005, riguardante la realizzazione dell’opera di mitigazione dei c.d. Boschi della Piana.
Al riguardo la difesa di Qt. ha dedotto la carenza di interesse delle predette Associazioni, sia per la loro estraneità al Protocollo in questione, sia in considerazione del fatto che la mancata indicazione delle opere di mitigazione andrebbe ascritta alla VIA e non all’Autorizzazione Unica, che non avrebbe leso l’interesse alla tutela del bene ambiente.
Sennonché tali argomentazioni difensive non sono meritevoli di accoglimento, non potendo negarsi l’interesse e la legittimazione a ricorrere, posto che, da un lato, il Protocollo di intesa dell’agosto 2005 è finalizzato al miglioramento della situazione ambientale dell’area ed alla mitigazione delle conseguenze ambientali peggiorative derivanti dal nuovo intervento; dall’altro, la questione delle opere di mitigazione ambientale non può ritenersi completamente assorbita nella procedura di VIA e avulsa da quella relativo al rilascio dell’Autorizzazione Unica, in quanto la stessa Conferenza di servizi del 28 febbraio 2014 in sede di VIA ha affermato che “la messa in esercizio dell’impianto potrebbe essere subordinata, attraverso un’apposita prescrizione, all’attuazione delle condizioni sottoscritte nel Protocollo suddetto”; sicché non è revocabile in dubbio il rapporto di condizionamento sussistente tra la realizzazione delle opere di mitigazione contemplate nel suddetto Protocollo e il rilascio dell’Autorizzazione Unica.
20.2. Quanto alla eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dal Comune di (omissis) per carenza di interesse e legittimazione formulate dall’ATO Toscana Centro e di Qt., sul presupposto che i profili censurati sarebbero connessi alla localizzazione dell’impianto e, di conseguenza, agli atti di pianificazione antecedenti l’iter autorizzativo, non impugnati, si osserva che, come evidenziato dalla difesa del Comune di (omissis), gli atti impugnati in primo grado non sono stati censurati per vizi derivanti da atti presupposti non impugnati, ma, al contrario, proprio per la parte in cui si discostano da tali atti presupposti che, in fase di pianificazione e progettazione, collocavano l’intervento nell’ambito di un preciso quadro di rinaturalizzazione.
Il Comune di (omissis) non ha in realtà censurato la localizzazione in sé dell’impianto, bensì la violazione del presupposto e dei requisiti ai quale tale localizzazione era stata condizionata: ovvero la mancata realizzazione delle opere di mitigazione ambientale previste dagli atti pianificatori alla luce degli esiti della Valutazione di Impatto Sanitario del 2005.
Quanto all’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del provvedimento di V.I.A. 62 del 2014, sollevata in particolare da Q.T., secondo cui l’atto di Autorizzazione Unica (impugnato in primo grado dal Comune per essere stato emesso senza previa realizzazione del c.d. Parco della Piana, asseritamente posto dalla VIS e dai pregressi atti di pianificazione in materia di rifiuti quale pre-condizione per il rilascio dell’autorizzazione stessa e, per tali ragioni, annullato poi dal T.A.R.) non avrebbe fatto altro che recepire quanto già statuito dalla VIA che, tra le prescrizioni condizionanti la realizzazione del termovalorizzatore, non fa alcun riferimento alla realizzazione delle opere di compensazione della cui omissione si duole il Comune, si rileva che, come evidenziato dalla difesa dell’ente locale e condivisibilmente recepito dall’appellata sentenza, anche la V.I.A. costituisce parametro di contraddittorietà dell’Autorizzazione Unica impugnata, posto che, nell’ambito del procedimento per la prima, i controversi interventi di rinaturalizzazione erano contemplati nella documentazione progettuale ed espressamente richiamati nei verbali delle Conferenze di Servizi. Pertanto, a ragione il T.a.r. Toscana ha concluso nel senso che “l’autonomia funzionale tra i due procedimenti porta, infatti, a ritenere ben possibile la proposizione di censure differenziate con riferimento alle due fasi”.
In ordine poi alla carenza di interesse al ricorso del Comune di (omissis) per il fatto che il Protocollo del 2005 non avrebbe carattere vincolante, mentre dell’Accordo di Programma del 2009 l’Ente non era parte, è sufficiente rilevare che il Protocollo di Intesa del 2005, come meglio si dirà anche nel prosieguo, non era affatto un atto di mero indirizzo politico, essendo piuttosto riconducibile alla figura degli accordi tra Amministrazioni di cui all’art. 15 della legge 241 del 1990, come tale avente valore precettivo e vincolante; esso, poi, non solo è stato adottato dalla Provincia di Firenze con Delibera del Consiglio Provinciale n. 275 del 28 luglio 2005, ma ha anche costituito la base di riferimento di tutti gli atti amministrativi successivi, tra cui anche l’Accordo di Programma del 2009, che non è affatto qualificabile come atto autonomo, ma rappresenta un atto conseguenziale ed esecutivo degli impegni già assunti nel 2005, in quanto volto a reperire le risorse finanziarie necessarie e a definire le relative competenze.
Di qui la non erroneità, né illogicità della sentenza impugnata lì dove afferma che l’interesse e la legittimazione dell’Amministrazione a sollevare la censura deriva sia dalla qualità di firmataria di detto Protocollo, sia dalla natura di ente esponenziale degli interessi ambientali e sanitari di una collettività indubbiamente interessata dall’intervento di insediamento del termovalorizzatore, come dimostra, non a caso, l’inclusione del territorio di (omissis) nel monitoraggio epidemiologico-sanitario di cui alla deliberazione n. 112 del 23 dicembre 2015 del Consiglio Metropolitano di Firenze.
20.3. E’ da respingere anche l’eccezione, non espressamente esaminata dal TAR e riproposta nell’appello incidentale della Citta Metropolitana di Firenze, in punto di inammissibilità dei ricorsi RG 1310/2014 e 143/2016 per carenza di interesse stante l’omessa impugnazione di atti presupposti, e in particolare della delibera di Consiglio Provinciale n. 148 del 2012 di approvazione del piano interprovinciale di ATO Toscana Centro per la gestione dei rifiuti urbani e speciali che prevede anche quella di (omissis), oggetto del presente contenzioso.
Ed invero, come ammesso pacificamente dalle stesse Amministrazioni appellate (si veda, ad esempio, l’appello di ATO Toscana Centro), la localizzazione dell’impianto è ferma dal 2006 (vale a dire dalla delibera 133 del 2006 con cui è stato modificato il Piano provinciale per la gestione dei rifiuti, con spostamento dell’impianto da (omissis) in località (omissis), con conseguente modifica del Piano industriale).
La delibera provinciale 148 del 2012 riveste dunque carattere meramente confermativo rispetto agli atti di pianificazione precedentemente assunti dalle Amministrazioni competenti (peraltro già oggetto dell’appello RG 8064 del 2010): ciò appare infatti esplicitamente riconosciuto nel parere reso dall’ATO Toscana Centro alla conferenza di servizi del 3 settembre 2013: “il Piano Interprovinciale contiene, tra le previsioni da realizzare, la conferma della previsione dell’impianto di (omissis) nei medesimi termini di cui alla precedente pianificazione provinciale”. Le prescrizioni di mero dettaglio circa la realizzazione del termovalorizzatore di (omissis) non sono idonee a modificare la natura confermativa di tale Piano, attribuendogli effetti sostitutivi di tutti i precedenti atti di pianificazione interprovinciali. Ne consegue che non era affatto necessario, contrariamente a quanto sostenuto dalle Amministrazioni appellanti, che le Associazioni procedessero all’impugnativa anche di tale atto successivamente adottato, a pena di inammissibilità del ricorso giurisdizionale proposto per carenza di interesse.
21. Può pertanto procedersi all’esame dell’all’appello principale proposto dall’ATO Toscana Centro: al riguardo si osserva quanto segue.
21.1. Con il terzo motivo di appello (che riveste priorità logica ed peraltro comune – almeno in parte – al primo motivo dell’appello incidentale della Città Metropolitana di Firenze) si contesta il rigetto da parte del primo giudice dell’eccezione di inammissibilità per tardività dei ricorsi RG 143 e 180 del 2016.
Secondo l’appellante, il tribunale di prime cure non avrebbe fatto buon governo dei principi desumibili dall’art. 14 ter della legge n. 241 del 1990, in quanto non avrebbe rilevato che l’impugnato provvedimento dirigenziale di rilascio dell’autorizzazione unica alla Qt. si fondava sul verbale della conferenza di servizi del 6 agosto 2015 che non era un mero atto endoprocedimentale, impugnabile soltanto con l’atto finale del procedimento (nel caso di specie proprio il predetto provvedimento dirigenziale), ma esso stesso direttamente lesivo e pertanto immediatamente (e obbligatoriamente) impugnabile, come precisato da recente giurisprudenza di merito, cosa che invece non era avvenuta, con conseguente inammissibilità dell’impugnazione proposta.
Il motivo non è fondato.
Invero, secondo un condivisibile indirizzo giurisprudenziale, correttamente applicato dal primo giudice, “La Conferenza di servizi c.d. decisoria ha struttura dicotomica, con una fase che si conclude con la determinazione della conferenza (anche se di tipo c.d. decisorio), che ha valenza solo endoprocedimentale, e una successiva fase che si conclude con l’adozione del provvedimento finale, che ha valenza esoprocedimentale ed esterna, determinativa della fattispecie e incidente sulle situazioni degli interessati…E’ contro il provvedimento dell’amministrazione che aveva indetto la conferenza di servizi che deve dirigersi l’impugnazione: gli altri o hanno carattere meramente endoprocedimentale ovvero non sono impugnabili se non unitamente al provvedimento conclusivo, risultando a tale scopo irrilevanti le modalità concrete con le quali la singola amministrazione abbia deciso di partecipare ai lavori della conferenza” (Cons. Stato, Sezione VI, 10 aprile 2014, 1718).
Anche con precipuo riguardo alla struttura dicotomica della conferenza di servizi decisoria ex art. 12 del D.lgs. 387 del 2007 è stato affermato che la sua struttura si articola in una determinazione conclusiva della conferenza ex art. 14 ter, comma 6 bis, legge 241 del 1990, costituente un atto endoprocedimentale, e il successivo provvedimento finale, il quale ha valenza esoprocedimentale ed esterna, effettivamente determinativa della fattispecie e incidente sulla situazione degli interessati (Consiglio di Stato, VI, 21 ottobre 2013, n. 5084).
Ne consegue che i pareri adottati in seno alla Conferenza di servizi decisoria costituiscono atti a carattere endoprocedimentale, mentre l’atto conclusivo del procedimento è il provvedimento finale, a rilevanza esterna, con cui l’Amministrazione decide a seguito di una valutazione complessiva: provvedimento che non rappresenta soltanto una sorta di momento meramente riepilogativo (e dichiarativo) delle determinazioni assunte in sede di conferenza, ma un vero e proprio momento costitutivo delle determinazioni conclusive del procedimento (in tal senso si veda Cons. Stato, V, 23 dicembre 2013, n. 6192).
Peraltro, la censura in esame palesa la sua infondatezza anche alla luce della disciplina dettata dalla legge regionale che riconosce espressamente nell’autorizzazione unica di cui all’art. 11 della legge regionale 39 del 2005 – e non già al verbale conclusivo della conferenza dei servizi, indetta secondo il procedimento di cui all’art. 13 della stessa legge – l’efficacia plurima in tal modo descritta dalla medesima normativa: “Con l’autorizzazione unica sono rilasciate, a conclusione del procedimento di cui all’articolo 12, comma 2, tutte le autorizzazioni necessarie per la realizzazione dell’impianto, ivi comprese quelle di carattere paesaggistico e ambientale. Con l’autorizzazione unica vengono autorizzate anche le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla realizzazione ed esercizio degli impianti stessi. Su richiesta dell’interessato con il provvedimento di autorizzazione di cui al comma 1 può essere dichiarata la pubblica utilità dei lavori e delle opere ed apposto, laddove non esistente, il vincolo preordinato all’esproprio, con le procedure di cui all’articolo 8, commi 4 e 5”; le medesime considerazioni sono predicabili con riguardo all’analoga disciplina nazionale, a mente della quale “L’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale”; le medesime considerazioni sono predicabili con riguardo all’analoga disciplina nazionale, a mente della quale “L’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell’autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l’obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell’impianto o, per gli impianti idroelettrici, l’obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale”.
In definitiva il carattere di provvedimento esoprocedimentale, con effetti lesivi degli interessi incisi e autonomamente impugnabile deve riconoscersi esclusivamente all’Autorizzazione Unica e non già al mero verbale conclusivo della Conferenza dei servizi.
Di qui la correttezza sul punto della sentenza impugnata (ove non ha condiviso la svalutazione del provvedimento finale, ritenendo che esso continui ad integrare “il momento finale di estrinsecazione della volontà dell’amministrazione”), potendo condividersi anche l’ulteriore argomento motivazionale addotto secondo cui “i motivi proposti con il ricorso R.G. n. 143 72016 non sono, infatti, finalizzati a contestare la localizzazione dell’impianto in località “(omissis)”, ma attengono, in realtà, al legittimo esercizio del potere di autorizzazione unica ex art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 e l.r. 24 febbraio 2005, n. 39, e di autorizzazione unica ambientale di cui all’art. 29 sexies del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 sotto tutti i profili, tra cui anche quello relativo alla compatibilità urbanistica dell’intervento, che costituisce, ovviamente, cosa assai diversa dalla scelta e localizzazione dell’intervento sulla programmazione relativa alla materia dei rifiuti”.
21.2. Con il primo motivo di gravame l’ATO Toscana Centro, deducendo “violazione e falsa applicazione dell’articolo 8, comma 4 e artt. 11, 12 e 13 legge regionale n. 39 del 2005, degli articoli 40 e 41 della legge regionale n. 65 del 2014, dell’art. 28 delle legge regionale n. 40 del 2009, dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152 del 2006, dell’art. 3 e 12 del d.P.R. 387 del 2003; violazione e falsa applicazione dell’art. 1367 e dell’art. 21 octies legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per travisamento dei fatti”, censura la sentenza impugnata nella parte in cui, in accoglimento del primo motivo di ricorso RG 143/2016, ha ritenuto viziato il procedimento ed annullato l’atto autorizzativo in ragione del fatto che non sarebbe stato concluso l’accordo di pianificazione prevista dall’art. 8, comma 4, legge regionale n. 39 del 2005, indispensabile per disporre la variante allo strumento urbanistico del Comune di (omissis) sia per la necessità di prevedere le fasce di rispetto, sia per la mancanza dello strumento attuativo previsto dall’art. 23.3. del regolamento urbanistico comunale.
In sintesi, l’appellante ritiene errata la tesi del giudice di prime cure, secondo cui nel caso di specie sarebbe stata necessaria una variante urbanistica da approvarsi con le modalità di cui all’art. 8, comma 4, della richiamata legge regionale, in base al quale “Se i progetti degli impianti di cui all’articolo 10, comma 1, sono in contrasto con le prescrizioni degli strumenti di pianificazione territoriale, l’autorizzazione viene rilasciata qualora si prevenga ad una variante degli strumenti stessi anche attraversi l’accordo di pianificazione di cui all’articolo 41 della L.R.65 del 2014”, giacché: innanzitutto il Comune di (omissis) aveva espresso parere favorevole all’impianto, anche sotto gli aspetti urbanistici, con numerosi provvedimenti (tutti puntualmente indicati nell’atto di appello e prodotti in giudizio, così che era obbligo del Comune provvedere ad adeguare lo strumento urbanistico, apportandovi la variante prevista dalla Conferenza di servizi, e un eventuale inadempimento non avrebbe mai potuto pregiudicare l’ATO e tanto meno determinare uno stallo del procedimento); la necessità di un siffatto accordo era esclusa dalla specifica disciplina degli art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e n. 208 del d.lgs. 152 del 2006, erroneamente ritenuta irrilevante; anche ad ammettere che occorresse una espressa variante, il procedimento seguito aveva senz’altro prodotto l’effetto di variante urbanistica a tutti i livelli; nella fattispecie in esame non occorreva affatto comporre un contrasto tra due strumenti urbanistici; né sussisterebbe l’obbligo del piano attuativo previsto dall’art. 23.3. delle NTA, inapplicabile in caso di progetto di realizzazione ex novo di impianto, approvato dalla pianificazione urbanistica a tutti i livelli che ha stabilito la localizzazione dell’impianto nel sito di località (omissis).
E’ da aggiungere che il motivo in esame è sostanzialmente identico al secondo motivo dell’appello incidentale della Città Metropolitana di Firenze e pure al secondo motivo dell’appello incidentale di Q.t.
La doglianza è fondata alla stregua delle osservazioni che seguono.
21.2.1. L’art. 12, comma 3 del d.lgs. 387 del 2003 stabilisce che: “la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti sette, sono soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dalla regione e dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico.”
L’art. 208 del d.lgs. 152 del 2006 Testo Unico in materia ambientale dispone che l’approvazione della Conferenza di servizi “sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori”.
Il verbale della Conferenza di servizi produce anche l’effetto di variante allo strumento urbanistico, “ove occorra”, il che è quanto si è verificato nella fattispecie in esame, essendosi dato espressamente atto nella Conferenza di servizi, prima, e nell’atto dirigenziale autorizzativo, poi, che “con essi vengono disposte le varianti agli strumenti urbanistici dei Comuni interessati e la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori per la realizzazione dell’impianto”, e disponendo altresì l’obbligo per i Comuni interessati ((omissis), (omissis) e Firenze) di “recepire le disposizioni approvate col presente punto negli strumenti urbanistici vigenti, in conformità a quanto disposto dall’art. 52 quater comma 3 del d.P.R 327 dell’8 giugno 2011”.
Il provvedimento autorizzatorio nella parte in cui dà atto che esso, “reso ai sensi delle L.Reg., costituisce variante allo strumento urbanistico comunale”, è pertanto legittimo.
20.2.2. In realtà il Comune di (omissis) non disponeva di un potere di veto al riguardo, come pure sostenuto dalle stesse difese del Comune e delle Associazioni ambientalistiche, ed eventuali dissensi sono da ritenersi superati e hanno trovato composizione nell’ambito della Conferenza di servizi, avente proprio tale precipua funzione di risoluzione dei contrasti in materia di pianificazione territoriale. L’eventuale mancanza del consenso del Comune non avrebbe rappresento di per sé in ogni caso un valore e decisivo in senso ostativo, in considerazione dell’effetto -previsto direttamente dalla legge – di variante prodotto dalla Conferenza e dall’autorizzazione unica, residuando in capo al Comune un mero obbligo di recepimento. Peraltro non può sottacersi che lo stesso Comune aveva a suo tempo formulato parere favorevole con prescrizioni alla realizzazione dell’impianto anche sotto gli aspetti urbanistici e non vale ora opporre il suo dissenso all’approvazione della variante al suo regolamento, invocando plurimi argomenti, tutti destituiti di fondamento, compreso quello, richiamato durante la discussione orale, dell’asserita incompetenza, peraltro insussistente, dell’organo che ha manifestato una precedente volontà favorevole (il Commissario straordinario, anziché l’organo elettivo).
21.2.3. Quanto alla dedotta circostanza che il procedimento debba ispirarsi alla ricerca di una soluzione concordata, non può non rilevarsi che ciò costituisce un obiettivo tendenziale da realizzare “ove possibile”, dovendo la Conferenza tener conto di eventuali dissensi manifestati dalle amministrazioni partecipanti al procedimento, purché si tratti di dissenso “c.d. costruttivo”, ovvero sia congruamente motivato, non si riferisca a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e rechi le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso (in termini si veda Cons. Stato, Sez. IV, 5 maggio 2016, n. 1799).
Del resto, come condivisibilmente rilevato dall’appellante, gli adempimenti che il TAR ha riconosciuto come oggetto di variante necessaria (quali la previsione delle fasce di rispetto della conduttura elettrica e la modifica dell’art. 23.3. NTA dove prevede uno strumento attuativo) in realtà tali non sono, costituendo piuttosto degli adempimenti consequenziali alla localizzazione dell’impianto e all’obbligo di recepimento degli effetti della conclusione della Conferenza di Servizi: se, infatti, le fasce di rispetto operano ex lege, competendo perciò al Comune graficizzarle negli elaborati dei piani urbanistici, non sussiste neppure alcun obbligo del piano attuativo ex art. 23. 3 delle NTA posto che questo riguarda interventi di recupero edilizio nell’impianto esistente di (omissis) (“interventi eccedenti, previo piano attuativo esteso all’intero polo funzionale, sono ammessi per le seguenti aree: (omissis)”), ovvero gli interventi edilizi eccedenti “la ristrutturazione edilizia, la sostituzione edilizia e le addizioni volumetriche”, lì dove nel caso oggetto di giudizio viene in rilievo un progetto di realizzazione ex novo di un impianto.
Anche a voler ritenere, come dedotto dalle Associazioni e dal Comune di (omissis) nelle rispettive memorie difensive, che fosse in concreto necessario il piano attuativo alla luce di quanto disposto dall’art. 23 delle norme generali del vigente Regolamento Urbanistico Comunale, non può revocarsi in dubbio che la presentazione di uno specifico piano attuativo possa essere superata da una variante allo strumento urbanistico: variante che, nel caso di specie, è costituita dall’autorizzazione unica rilasciata all’esito dello svolgimento della prescritta Conferenza di servizi.
21.2.4. Nessun accordo di pianificazione era dunque necessario, tanto più che l’art. 41 della legge regionale 10 novembre 2014 n. 65 (richiamata dall’art. 8, comma 4, della già citata l.r. 24 febbraio 2005, n. 39) lo richiede soltanto qualora si renda necessaria la definizione o variazione contestuale di almeno due strumenti della pianificazione territoriale, ipotesi insussistente nel caso di specie in cui era invece necessario apportare una variante solo allo strumento urbanistico del Comune di (omissis), sussistendo un contrasto tra quest’ultimo e il progetto dell’intervento; il che conduce a respingere anche l’interpretazione della disposizione in questione fornita dal primo giudice, secondo cui il riferimento alla necessaria variazione di almeno due strumenti costituisce “normale espressione della necessità di coordinare diversi momenti pianificatori”, ritenendo così integrato il presupposto richiesto dalla norma sulla base dell’assunto che uno dei due strumenti di pianificazione territoriale coincidesse con il progetto dell’impianto.
A ciò si aggiunga che, per espressa previsione normativa, l’accordo di pianificazione non è contemplato dalla legge come modalità obbligatoria per pervenire a detto coordinamento e variazione contestuale tra strumenti pianificatori, ma piuttosto come mera facoltà alla quale gli enti competenti possono “anche” ricorrere.
21.2.5. Non sussiste neppure il paventato contrasto tra normativa regionale e disciplina statale (che ad avviso dell’Autorità appellante avrebbe dovuto condurre a sollevare la questione di legittimità costituzionale con riguardo alla prima) alla luce dell’interpretazione delle norme sopra delineata e delle statuizioni sul punto contenute nella disciplina regionale di settore: infatti, l’art. 11, comma 2, della legge regionale n. 39 del 2005, con previsione conformativa di quanto statuito nell’art. 12, comma 3, del D.Lgs. 387 del 2003, dispone che “Con l’autorizzazione unica sono rilasciate, a conclusione del procedimento di cui all’art. 12, comma 2, tutte le autorizzazioni necessarie per la realizzazione dell’impianto”. L’art. 13, comma 5 della medesima legge regionale che disciplina le autorizzazioni per gli impianti come quello in questione, afferma che la conferenza di servizi si svolge con le modalità di cui all’art. 12, comma 2, della stessa legge regionale, che richiama, a sua volta, proprio la legge regionale Toscana 40 del 2009. L’art. 28 di quest’ultima legge regionale, nel disciplinare la conclusione dei lavori della conferenza di servizi e la relativa determinazione finale, fa espresso riferimento alle posizioni prevalenti espresse, qualora non si raggiunga l’unanimità. L’art. 13, comma 10, della legge regionale 39 del 2005, infine, espressamente richiama l’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003.
Deve, pertanto, concludersi che anche in base alla normativa regionale, richiamata e applicabile alla fattispecie, l’autorizzazione unica sostituisce tutte le autorizzazioni necessarie per la realizzazione e messa in esercizio dell’impianto, costituendo, ove occorra, anche variante urbanistica.
21.2.6. La riscontrata legittimità del procedimento che ha condotto all’emanazione dei provvedimenti impugnati in relazione agli aspetti urbanistici dedotti consente di rilevare, peraltro, l’infondatezza delle doglianze delle Associazioni appellanti in ordine all’eliminazione della verifica di assoggettabilità a v.a.s., asseritamente necessari per l’approvazione dello stesso intervento comportante variazione degli strumenti urbanistici, e in ordine alla mancata effettuazione di una valutazione di congruità dell’intervento con il PIT.
21.2.7. Resta da aggiungere per completezza che la riscontrata fondatezza di tale motivo di gravame non è tuttavia sufficiente a riformare la sentenza impugnata, in considerazione delle osservazioni che seguono.
21.3. Con il secondo motivo (che costituisce profilo decisivo e dirimente ai fini della soluzione della presente controversia in merito alla legittimità dell’atto dirigenziale di rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione e messa in esercizio del controverso impianto) l’ATO appellante ha lamentato “Violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 39 del 2005, dell’articolo 208 del D. Lgs. 152 del 2006, dell’art. 3 e 12 del d.P.R. 387 del 2003; eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti; difetto di motivazione”, deducendo l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui, in accoglimento dell’ottavo motivo di ricorso 143/2016 e alla luce, soprattutto, delle considerazioni articolate dal Comune di (omissis) nella memoria versata nel ricorso R.G. 180/2016, ha annullato l’autorizzazione unica, dichiarandone l’illegittimità perché priva di prescrizione relativa alla realizzazione degli interventi di rinaturalizzazione denominati c.d. “Boschi della Piana”, trattandosi di un obbligo discendente dal Protocollo di intesa del 2005 siglato dalla stessa Provincia (poi divenuta Città Metropolitana) di Firenze, così che l'”inspiegabile scomparsa” di dette misure avrebbe integrato “una classica ipotesi di violazione dell’autovincolo e di contraddittorietà tra atti assunti dalla stessa amministrazione”.
Il motivo è sostanzialmente ana al terzo motivo dell’appello incidentale della Provincia di Firenze ed al quarto motivo dell’appello incidentale di Qt. s.r.l.
In sintesi, innanzitutto non risponderebbe alla realtà dei fatti e alle conclusioni dell’istruttoria compiuta l’affermazione in base alla quale i contestati interventi di rinaturalizzazione dovrebbero effettuarsi necessariamente “prima” della realizzazione del termovalorizzatore, in quanto nello stesso Protocollo di intesa del 2005, all’art. 1, comma 4, si disporrebbe che “la realizzazione dell’impianto potrà essere avviata solo a condizione che gli interventi di miglioramento ambientale siano definiti, finanziati, progettati e realizzati contestualmente alla progettazione, costruzione e gestione dell’impianto stesso”, così che i previsti interventi di mitigazione sarebbero realizzabili contestualmente alla realizzazione dell’impianto e non sussisterebbe l’obbligo di prevedere dette misure nell’AIA ovvero nell’Autorizzazione Unica; in secondo luogo il citato Protocollo di Intesa del 2005, siglato dal Comune di (omissis), non costituirebbe un atto vincolante, ma un mero atto di indirizzo politico, privo di valore e portata precettiva; quanto poi all’Accordo di Programma del 2009 (avente invece natura ed efficacia vincolante), il Comune di (omissis) non avrebbe alcuna legittimazione a censurare l’atto gravato con riguardo all’asserito profilo di illegittimità rispetto al contenuto di quell’Accordo, non avendolo sottoscritto; in terzo luogo, le misure di mitigazione ambientale in questione non sarebbero in concreto attuabili, né potrebbero essere previste negli atti autorizzativi impugnati, in quanto anche a voler ritenere sussistente un tale obbligo, esso non potrebbe incombere in capo al proponente Qt., trattandosi di impegno assunto dall’allora Provincia di Firenze (che, infatti, aveva a suo tempo trasferito a tal fine al Comune di (omissis) la somma di 1.274.305.02 per gli espropri delle aree; il Comune, pur avendo approvato il progetto ai fini urbanistici e espropriativi -con apposizione a tempo debito del relativo vincolo, oggi abbondantemente scaduto – non aveva provveduto, ma il relativo inadempimento di certo non poteva farsi ricadere sul soggetto proponente); infine le misure di rinaturalizzazione non sarebbero in concreto attuabili, posto che il progetto in questione interferirebbe attualmente con la progettazione della pista dell’aeroporto, nell’ambito della quale sono state previste ulteriori opere di rinaturalizzazione che hanno comportato la modificazione del progetto dei “boschi della Piana” (tant’è che la Regione Toscana con la deliberazione del Consiglio regionale n. 61 del 16 luglio 2014 ha approvato il PIT, ponendo a carico del gestore dell’aeroporto, la realizzazione del nuovo progetto dei “boschi della Piana”).
Il motivo non merita accoglimento.
21.3.1. In data 2 agosto 2005 è stato sottoscritto il “Protocollo di intesa per la localizzazione dell’impianto di termovalorizzazione della Piana Fiorentina e per gli interventi di riqualificazione e miglioramento ambientale” fra la Provincia di Firenze, i Comuni di Firenze, di (omissis), di (omissis) e l’ATO 6: con tale atto le Amministrazioni firmatarie hanno ritenuto (art. 1, comma 3, lett. c) “indispensabili ai fini del miglioramento ambientale del quadrante ove sarà inserito l’impianto stesso: …c) le opere di rinaturalizzazione (boschi della Piana) che dovranno essere realizzate prima dell’avvio di lavori e durante la fase di procedura V.I.A. relativo all’impianto medesimo” (documento 3 del ricorso di primo grado del Comune di (omissis)).
In ragione della notevole rilevanza attribuita alle opere di rinaturalizzazione in oggetto, l’art. 1, comma 4, del Protocollo stabiliva che “Conseguentemente la realizzazione dell’impianto potrà essere avviata solo a condizione che gli interventi di miglioramento ambientale siano definiti, finanziati, progettati e realizzati contestualmente alla progettazione, costruzione e gestione dell’impianto stesso”; all’art. 2, comma 2, si prevedeva “come condizione irrinunciabile per la realizzazione dell’impianto, il finanziamento degli interventi di rinaturalizzazione “Boschi della Piana”, sia nei pressi dell’attuale impianto di Case Pa. che nell’area denominata (omissis). Si intendono per aree boscate, in linea di massima, quelle indicate in rosso e blu nella carta 4.1 del documento di “Valutazione del sistema del verde per la mitigazione del termovalorizzatore sulla qualità dell’area della Piana Fiorentina” elaborato dal Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura allegato alla terza fase della Vis”.
21.3.2. Alla luce delle ricordate previsioni risulta corretta e convincente la sentenza impugnata secondo cui le opere di rinaturalizzazione dovevano essere eseguite prima della realizzazione e messa in esercizio dell’impianto: del resto ciò, oltre che conforme alla lettera delle prescrizioni del Protocollo, è logico, ragionevole e coerente, in quanto, diversamente opinando, sarebbe frustrata la finalità stessa delle misure di rinaturalizzazione, volte a mitigare l’impatto ambientale del realizzando termovalorizzatore. Ne consegue che, al fine di consentire l’avvio dei lavori di realizzazione dell’impianto, gli interventi di miglioramento ambientale avrebbero dovuto essere contemplati ed istruiti all’interno del medesimo procedimento amministrativo per garantire la necessaria contestualità di valutazioni: in tale senso deve intendersi l’avverbio “contestualmente”, di cui alla disposizione del Protocollo di intesa, invocato dall’ATO appellante a conforto delle sue argomentazioni.
Sul punto la stessa linea difensiva dell’appellante dell’ATO Toscana Centro si contraddice lì dove, nello svolgere le controdeduzioni all’appello incidentale delle Associazioni ambientaliste, afferma da un lato che “gli interventi di mitigazione rappresentano impegni condivisi e sottoscritti dal protocollo di intesa e relativo addendum, nonché richiamati nell’Accordo di Programma del 2009”, dall’altro che “del resto, le opere di rinaturalizzazione dovranno essere realizzate prima dell’inizio dei lavori, talché non si vede come e perché dovrebbero essere viziate l’AIA o l’Autorizzazione Unica”: il medesimo argomento non può essere evidentemente utilizzato per affermare un dato fatto e, al contempo, il suo contrario.
21.3.3. Ad ogni modo, a prescindere dall’epoca di realizzazione delle misure compensative ambientali in questione e della loro stessa concreta esecuzione, non può revocarsi in dubbio che l’autorizzazione impugnata non le contempla affatto, né prima, né dopo la costruzione dell’impianto.
Che esse fossero considerate e previste quale condizione necessaria e imprescindibile per la realizzazione del controverso termovalorizzatore, alla luce dell’istruttoria e del procedimento amministrativo relativo agli atti di pianificazione, prima, e ai provvedimenti autorizzativi in questa sede impugnati, dopo, è per converso dato pacifico: tale condizione del resto conseguiva agli esiti della “Valutazione di impatto sanitario” (VIS), terza fase, cui era allegato lo studio elaborato dal Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura, sopra richiamato. Nel documento conclusivo della Vis del 30 gennaio 2005 si legge, infatti, che “nella comparazione tra il sito (omissis) e (omissis) è risultata migliore la localizzazione di (omissis) e che un’analisi della progettualità di massima ha permesso di valutare positivamente l’intervento di rinaturalizzazione (…)consistente nella creazione di alcune aree a bosco collocate nella vicinanze del sito e composte da essenze accuratamente scelte sulla base delle loro potenzialità disinquinanti (pag. 10). In particolare, nelle conclusioni si legge che “tale intervento è stimato capace di ridurre significativamente, ed eliminare in alcuni casi, l’impatto del termovalorizzatore relativamente a diversi inquinanti. E’ da notare inoltre che l’effetto positivo sarebbe comunque visibile, anche in assenza del termovalorizzatore, poiché il bosco è in grado di ridurre l’impatto di diverse fonti, ad es. traffico veicolare. La valutazione dell’effetto del bosco è risultata positiva anche a medio-lungo termine, consigliando fortemente la realizzazione di un progetto esecutivo e dell’opera stessa”.
La localizzazione del termovalorizzatore in località (omissis) era strettamente correlata alla realizzazione di detti interventi di riqualificazione ambientale ed in particolare delle opere di rinaturalizzazione costituite dai “Boschi della Piana”.
Nessuna rilevanza ha al riguardo la natura facoltativa e non già obbligatoria dell’indagine, essendo decisivo osservare che nel momento in cui l’Amministrazione (nella specie, la Provincia di Firenze) ha deciso di effettuarla, i suoi esiti costituivano parte integrante dell’istruttoria e non potevano essere disattesi, salvo a motivarne adeguatamente le ragioni e/o a disporne la rinnovazione (evenienze che non si sono verificate in concreto).
Del resto la previsione di dette misure di mitigazione quale pre-condizione necessaria e imprescindibile per la realizzazione del progettato impianto di incenerimento è stata recepita anche da tutti gli atti di pianificazione successivi, quali il Piano Provinciale di gestione dei rifiuti solidi urbani e assimilati di Firenze (modificato con DCP n. 133 del 28 luglio 2006), nel cui Allegato parte integrante C) – Allegato 13- Scheda di Localizzazione, si legge, nella sezione f) “Valutazione preliminare qualitativa degli effetti ambientali”, con riferimento agli “effetti sulla qualità dell’aria” che “L’impianto costituisce comunque una sorgente emissiva aggiuntiva a carattere puntuale, che va ad influire sull’attuale quadro emissivo proprio di un’area ad intensa antropizzazione, interessata anche da consistenti flussi di traffico veicolare. Tuttavia le opere di mitigazioni ambientale previste e la sostanziale riqualificazione ambientale dell’intera area (interventi di rimboschimento, creazione di parchi, realizzazione di reti di teleriscaldamento, interventi sulla viabilità, ecc.) comporteranno un bilancio ambientale sostanzialmente positivo””) e il “Piano Straordinario” del 2008 approvato ai sensi dell’art. 27, comma 3 della L.R. 61 / 2007.
E’ da aggiungere che successivamente, sulla base degli accordi assunti nei sopra richiamati Protocolli d’intesa e allo scopo di conseguire il miglioramento ambientale della Piana Fiorentina con la contestuale mitigazione degli eventuali effetti dovuti alla realizzazione del termovalorizzatore, la Provincia di Firenze ha approvato, con D.G.P. n 36 del 4 marzo 2008, il progetto preliminare dell’intervento denominato “I Boschi della Piana”, relativo alla realizzazione di un parco periurbano di circa 30 ettari nell’area della Piana Fiorentina.
In data 22 aprile 2009 è stato quindi stipulato il richiamato Accordo di programma fra la Provincia di Firenze ed il Comune di (omissis), nel quale le Amministrazioni hanno stabilito di procedere al finanziamento, alla progettazione ed alla realizzazione delle opere di riqualificazione e miglioramento ambientale della Piana Fiorentina relativamente all’intervento denominato “Boschi della Piana”, il cui progetto prevedeva la realizzazione di un parco periurbano di circa 35 ettari, 20 dei quali destinati ad aree boschive ed arbustive, in prossimità del futuro termovalorizzatore di (omissis) da realizzarsi avendo come priorità quella di “migliorare la qualità dell’aria con particolare riferimento alle emissioni prodotte dal termovalorizzatore”.
Ancora le stesse misure sono confluite nel Piano Interprovinciale dei Rifiuti (PIR), la cui approvazione è stata pubblicata sul BURT n. 27 del 3 luglio 2013, nel cui allegato Rapporto Ambientale è riportato che, con riferimento al nuovo impianto di termovalorizzazione in località (omissis), “come previsto dalla VIS (Valutazione di Impatto Sanitario) dovrà essere realizzato il parco periurbano denominato “Boschi della piana” di circa 20 ha boscati secondo il modello realizzato dall’Università di Firenze, con funzioni di abbattimento degli inquinanti atmosferici” e sono presenti nello Studio di Impatto Ambientale elaborato dalla società proponente e approvato con Delibera di Giunta Provinciale n. 62 del 17 aprile 2014.
21.3.4. Quanto poi alla pretesa natura non vincolante del Protocollo di intesa del 2005 è sufficiente rilevare che esso non costituisce espressione di una mera volontà politica e/o di un atto di indirizzo, trattandosi piuttosto, come rilevato dal primo giudice, di un modulo convenzionale attraverso il quale le amministrazioni hanno coordinato l’esercizio di funzioni proprie in vista del conseguimento di un risultato comune quale la corretta e adeguata modalità di gestione dei rifiuti.
In tal senso possono essere apprezzati una pluralità di elementi sintomatici, quali la circostanze che le amministrazioni firmatarie si sono impegnate a svolgere una serie di attività e ad assumere anche determinati obblighi, costituendo un Comitato di Sorveglianza per la verifica della realizzazione degli stessi; il fatto che i relativi impegni e quelli derivanti dal successivo Accordo di Programma del 2009 (peraltro discendenti dalla Valutazione di Impatto Sanitario condotta proprio per individuare la localizzazione dell’impianto) sono stati richiamati nella successiva attività amministrativa e, avendo ad oggetto l’assetto urbanistico di riferimento per la realizzazione dell’impianto, sono confluiti negli strumenti di pianificazione successivi così come negli atti del procedimento di VIA. E’ decisiva al riguardo la lettura del verbale della riunione del 28 febbraio 2014 della Conferenza dei Servizi, che riporta le precisazioni della Provincia di Firenze – nei confronti delle contestazioni sollevate sul punto dal Comune di (omissis) e dal Comune di (omissis) – proprio in relazione al Protocollo di Intesa del 2005, secondo cui “La messa in esercizio dell’impianto potrebbe essere subordinata, attraverso un’apposita prescrizione, all’attuazione delle condizioni prescritte nel protocollo suddetto” da cui emerge plasticamente che è stato proprio nell’ambito dello stesso procedimento di VIA che si è adottata la decisione di traslare a valle, nel provvedimento di rilascio dell’autorizzazione unica – che difatti costituisce atto autorizzativo non soltanto per la realizzazione, ma anche per l’esercizio dell’impianto – la previsione delle prescrizioni inerenti le misure di compensazione ambientale in questione.
Non merita pertanto censura la conclusione raggiunta sul punto dal primo giudice, secondo cui l’omessa previsione di misure di mitigazione ambientale nell’ambito dell’autorizzazione unica e nell’AIA ha costituito una tipica ipotesi di violazione dell’autovincolo e di contraddittorietà tra atti assunti dalla stessa Amministrazione.
21.3.5. Né assume rilevanza l’ulteriore considerazione che il Comune di (omissis) non abbia sottoscritto l’Accordo di programma del 2009, atto quest’ultimo sicuramente vincolante, giacché tale accordo si pone come mero atto consequenziale ed esecutivo del Protocollo, in quanto volto unicamente a reperire le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione degli impegni ivi assunti e a definire nel dettaglio il quadro delle rispettive competenze.
Con tale atto la Provincia di Firenze (in capo alla quale, unitamente al Comune di (omissis), era stata posta la realizzazione del progetto dei Boschi) ha garantito l’intera copertura economica dell’opera per un importo allora stimato in euro 3.172.000 di cui una parte (circa 1.274.305,02) erogate al Comune di (omissis) per le procedure di esproprio.
21.3.6. Non costituisce neppure argomento decisivo, al fine di escludere l’illegittimità del provvedimento autorizzatorio ritenuta dall’impugnata sentenza, quello secondo cui l’obbligo di realizzare le misure di compensazione costituite dai “c.d. Boschi della Piana”, ove ritenuto esistente, graverebbe comunque sulla Città metropolitana di Firenze e non già sul privato proponente.
Non sfugge alla Sezione come nello Studio di Impatto Ambientale redatto la società proponente abbia dichiarato espressamente che gli interventi di mitigazione erano stati ridotti ai minimi termini sul presupposto che “La pianificazione territoriale prevede peraltro interventi di mitigazione per la realizzazione del termovalorizzatore ed in particolare la piantumazione di un’area di circa 20 ettari destinata a boschetti, parte di una previsione complessiva stimata in 500 ettari, all’interno dell’area del Parco della Piana”. Sennonché, nel rilasciare un’autorizzazione che consente anche la messa in esercizio dell’impianto, l’amministrazione procedente ha trascurato di indicare come e con quali modalità doveva essere assicurata la realizzazione di dette opere di mitigazione, ritenute dalla precedente istruttoria espletata condizione necessaria e imprescindibile per mitigare l’impatto ambientale e sanitario del progettato termovalorizzatore, in un’area già fortemente antropizzata, malgrado nel procedimento relativo alla V.I.A. si fosse stabilito che “La messa in esercizio dell’impianto potrebbe essere subordinata, attraverso un’apposita prescrizione, all’attuazione delle condizioni prescritte nel protocollo suddetto”; né può sottacersi che, come evidenziato dal Comune di (omissis), gli importi riguardanti gli oneri accessori per interventi di mitigazione permanenti avrebbero dovuto “….essere impegnati dal soggetto realizzatore dell’impianto a cofinanziare l’intervento di rinaturalizzazione e adeguamento della viabilità”, previsione della quale si è persa ogni traccia negli ulteriori sviluppi procedimentali.
21.3.7. Neppure risulta decisivo l’altro argomento difensivo, della Città Metropolitana di Firenze e di Qt., secondo cui la sanzione per il mancato raggiungimento dell’intento affermato in nessun caso potrebbe ricadere in capo al privato proponente l’intervento, non firmatario del Protocollo in parola, neppure ai sensi dell’art. 26, comma 2, della legge regionale Toscana 39 del 2005, erroneamente individuato come base normativa del citato Protocollo, in quanto gli accordi previsti da tale norma non potrebbero essere che quelli che prevedono un coinvolgimento del privato promotore dello specifico intervento e riguardanti le specifiche misure di compensazione volte ad azzerare proprio gli impatti di quello specifico intervento, secondo un criterio di “equilibrata proporzionalità”. Secondo poi la tesi difensiva di Qt. la lettura della norma in esame proposta dal giudice di prime cure contrasterebbe con l’art. 12, comma 6, d.lgs. n. 387 del 2003 e con il D.M. 20 settembre 2010, che non consentirebbero di condizionare il rilascio dell’Autorizzazione Unica alla realizzazione di opere di compensazione di competenza di enti locali.
In realtà il denunciato contrasto non è apprezzabile, perché correttamente il TAR della Toscana nella sentenza impugnata ha evidenziato che “a nulla può rilevare (come prospettato dalla difesa della Città Metropolitana di Firenze) la previsione dell’art. 12, 6° comma del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (“l’autorizzazione non può essere subordinata né prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province”) che riguarda la problematica completamente diversa della previsione di misure compensative (in buona sostanza, un corrispettivo di concessione) in favore dell’ente concedente e non delle altre collettività interessate”: il campo di applicazione delle due norme non è affatto in conflitto. Al contrario, entrambe costituiscono attuazione del principio di prevenzione, che individua nelle misure di mitigazione dell’impatto ambientale la migliore opzione, da preferire senz’altro a quella meramente risarcitoria (compensazione); nessuna delle richiamate norme, pertanto, vieta alle pubbliche amministrazioni di accordarsi per definire un quadro di misure di mitigazione e/o miglioramento ambientale da realizzare direttamente ed a proprie spese per accogliere un determinato impianto ed assicurarne la compatibilità ambientale, subordinando la realizzazione dell’opera alla realizzazione degli interventi di rinaturalizzazione; l’unica particolarità, come rilevato dal primo giudice, consiste nella circostanza che “la concessione delle misure compensative non è più caratterizzata dalla natura discrezionale, ma costituisce autovincolo per la Provincia di Firenze, che di sua volontà ha assunto l’obbligo di realizzare le misure compensative prima della realizzazione dell’intervento”.
21.3.8. Non può, infatti, ritenersi- e tale è il punto dirimente dell’intera questione- che tale condizione, consistente nella realizzazione delle dette misure compensative prima del progettato intervento, sia soddisfatta dalla- peraltro, allo stato, solo eventuale- realizzazione di dette misure di mitigazione e riqualificazione ambientale da parte del concessionario aeroportuale.
Invero l’appellante principale ha evidenziato come l’obbligazione assunta dalla Provincia di Firenze con i precedenti atti è venuta meno ed è superata da nuovi provvedimenti perché il vecchio progetto è incompatibile con la nuova pista dell’aeroporto e non può essere oggi realizzato.
In tal senso, ad avviso dell’ATO appellante, deporrebbero chiaramente i documenti tempestivamente prodotti, quali la delibera di Giunta Regionale n. 1168 del 2015 pag.6, che pone a carico del concessionario aeroportuale la ” realizzazione degli interventi per il recupero delle parti dei Boschi della Piana interessate dal progetto per la pista parallela convergente, procedendo alla loro rilocalizzazione in area idonea, con aumento di superficie complessiva, quale elemento di mitigazione ambientale”; il parere n. 106/2015 del Nucleo di Valutazione Ambientale Allegato alla suddetta Deliberazione, dove si legge che gli originari Boschi della Piana ora sono de localizzati nel “Parco Periurbano” ubicato in diversa posizione; il parere del Comune di (omissis), dove si legge che il nuovo progetto aeroportuale, con le relative opere di mitigazione ambientale, compromette la realizzazione degli originari Boschi della Piana previsti per il termovalorizzatore; il parere del Ministero dell’Ambiente sul Master Plan dell’Aeroporto, dove si evidenzia che la c.d. “alternativa 3”, cioè il progetto del nuovo aeroporto supera definitivamente l’originaria previsione dei Boschi della Piana prevista nell’ambito del progetto di realizzazione del termovalorizzatore; ed ancora (pag. 56) dove si dà atto che il nuovo progetto interferisce con l’area destinata al progetto Boschi della Piana nell’ambito della realizzazione del termovalorizzatore, prevedendo come il nuovo parco peri-urbano di (omissis) comprende la realizzazione dei Boschi della Piana.
In disparte ogni questione circa la eccepita tardività della produzione di tale documentazione, non può non rilevarsi come eventuali interferenze tra i due progetti non potevano determinare il venir meno dell’obbligo, assunto dalla Provincia di Firenze in virtù degli atti e degli accordi vincolanti sottoscritti dalle altre Amministrazioni.
La realizzazione del termovalorizzatore e l’ampliamento dell’aeroporto costituiscono progetti differenti e afferiscono a procedimenti amministrativi autonomi e distinti, sicché le misure di mitigazione previste nell’ambito del procedimento per la realizzazione del termovalorizzatore non potevano sovrapporsi con quelle concernenti il progettato ampliamento dell’aeroporto, non potendo negarsi logicamente, ancor prima che giuridicamente, che in tale modo l’efficacia di tali misure sarebbe stata notevolmente depotenziata e incapace di raggiungere quegli stessi obiettivi per i quali erano state previste.
A ciò si aggiunga che il T.a.r. Toscana con sentenza n. 1310 del 2016 ha annullato, tra l’altro, la Delibera del Consiglio regionale n. 61 del 16 luglio 2014 proprio con riferimento alla realizzazione della pista aeroportuale, il che introduce un ulteriore elemento di aleatorietà e di incertezza circa l’effettiva realizzazione delle prescritte misure di mitigazione, a fronte del rilascio di un provvedimento autorizzatorio che abilita il proponente non solo a realizzare, ma anche a metterlo in esercizio.
Si può del resto osservare che ogni eventuale decisione sulla misure di mitigazione anche per la nuova evenienza determinata dal progetto aeroportuale avrebbe imposto una complessiva rivalutazione della situazione ambientale e sanitaria della Piana (anche in considerazione degli esiti della VIS, fase III, tant’è che la stessa Conferenza di servizi nella riunione del 17 novembre 2014 non aveva mancato di rilevare come “l’eventuale futuro insediamento nell’area di nuove strutture e infrastrutture sarà oggetto di valutazioni che terranno conto della sovrapposizione degli effetti cumulati ai sensi delle norme vigenti”).
Risultano pertanto non erronee le conclusioni del giudice di prime cure che ha annullato l’autorizzazione in parola, in quanto “la necessità di mantenere fermi gli esiti della precedente attività amministrativa in materia di scelta e localizzazione dell’impianto di “(omissis)”, deve, infatti, valere a tutela, non solo degli esili localizzativi dei procedimenti, ma anche del condizionamento alla realizzazione degli interventi di mitigazione evidenziatosi nel corso della complessa programmazione che ha preceduto l’intervento, come “contrappeso” al peggioramento ambientale derivante dal nuovo insediamento”, con conseguente irrilevanza per quanto di interesse del fatto che con il D.P.C.M. 10 agosto 2016 l’opera in discorso sia stata dichiarata di interesse nazionale, ai sensi dell’art. 35, comma 1, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, trattandosi, con tutta evidenza, di un provvedimento e di qualificazione normativa sopravvenuti e, come tale inidonei, a modificare in qualche maniera i parametri normativi all’epoca vigenti (fatta salva la possibilità di valutare tale qualificazione normativa in sede di rinnovazione del procedimento a seguito dell’annullamento disposto).
21.3.9. Alla stregua delle osservazioni svolte l’appello principale dell’ATO Toscana Centro deve essere respinto.
22. Le considerazioni svolte nei paragrafi precedenti sono idonee anche a respingere gli appelli incidentali della Città Metropolitana di Firenze e di Q. tH..
23. Può pertanto procedersi all’esame dell’appello incidentale proposto dalle Associazioni ambientaliste.
23.1. Con il primo motivo dell’appello incidentale (corrispondente ai primi tre motivi del ricorso di primo grado, trattati congiuntamente dal T.a.r. Toscana) sono stati contestati vizi propri della deliberazione di VIA. Come rilevato dal giudice di prime cure, al di là della veste formale in termini di contrasto tra diversi atti programmatori (a partire dal Piano di indirizzo territoriale) e il progetto dell’impianto, una prima parte delle censure è caratterizzata da una stretta inerenza alla problematica della stessa localizzazione dell’impianto in località (omissis) in ragione della peculiare situazione di degrado ambientale dell’area che la renderebbe incompatibile con la realizzazione dell’impianto e con il conseguenziale aumento dell’inquinamento atmosferico e della qualità dell’aria; un secondo ordine di censure investe la scelta della stessa tipologia di impianto e la sua concreta idoneità a perseguire prioritari obiettivi di interesse ambientale (in primis la riduzione dei rifiuti), deducendosi la violazione dell’art. 22 del d.lgs. n. 152 del 2006 laddove richiede che nello studio di impatto ambientale il proponente dovrebbe prospettare alternative di localizzazione, nonché alternative tecnologiche.
Si lamenta poi che il giudice di prime cure abbia rigettato la censura concernente la tematica degli inquinanti persistenti alla luce delle statuizioni della Convenzione di Stoccolma.
Il motivo è infondato.
Il giudice di prime cure di primo grado, facendo retto governo dei principi normativi in tema di VIA, ha correttamente dichiarato inammissibili le censure in esame, non potendo con l’impugnazione della VIA essere rimesse in discussione le scelte relative alla localizzazione dell’impianto e alle sue caratteristiche tecniche, adottate con precedenti atti di pianificazione (a partire dal 1998) e finanche impugnati con precedenti ricorsi (ricorsi RG 24/2003, 619/2005, 770/2008, 2194/2008, respinti dal TAR Toscana con la sentenza 1177 del 3 luglio 2009, sulla cui impugnazione, ricorso NRG. 8064/2010, questa stessa Sezione si è riservata la decisione nella medesima odierna udienza di discussione).
Le censure sollevate attengono invero alla scelta impiantistica e alla inidoneità di detta scelta a garantire l’autosufficienza del territorio nella gestione dei rifiuti prodotti, anche sull’assunto che detta opzione comporterebbe una dipendenza dalle discariche: non è revocabile in dubbio che detti profili, in disparte l’attinenza dei medesimi al merito dell’azione amministrativa e alla discrezionalità dell’Amministrazione nelle modalità di raggiungimento degli obiettivi, afferiscono a decisioni adottate ormai da anni e non più contestabili con un ricorso avverso la V.I.A. E’ da aggiungere che Qt. è risultata aggiudicataria di una procedura di gara, quale socio privato di una società mista, che prevedeva la realizzazione di un termovalorizzatore con una precisa ubicazione e con precise caratteristiche tecniche: sicché nessuna alternativa era ipotizzabile, pena l’esclusione dalla gara.
Le censure riguardanti il tema degli inquinanti persistenti sono poi, oltre che inammissibili, infondate posto il carattere programmatico e non immediatamente precettivo o conformativo dell’azione amministrativa, in assenza di provvedimenti attuativi, della Convenzione Internazionale di Stoccolma.
A ragione infine il giudice di prime cure ha rilevato l’incomprensibilità della censura riferita alla “fuoriuscita” dell’impianto in questione dalla disciplina programmatoria, che si palesa inconsistente.
23.2. Il motivo di doglianza è strettamente correlato al secondo motivo di appello incidentale, con il quale le Associazioni appellanti incidentali deducono la violazione e falsa interpretazione dell’articolo 17 bis della legge regionale n. 25 del 1998 (introdotto dall’articolo 50 della legge regionale 24 dicembre 2013, n. 77), riguardante le modalità di calcolo dei flussi annui di rifiuti urbani in ingresso agli impianti di incenerimento di rifiuti con recupero energetico: si deduce che la VIA non avrebbe sufficientemente chiarito su quali quantitativi di rifiuto sarebbe stata effettuata la scelta, come risulterebbe dal provvedimento conclusivo con cui si chiede al proponente “di indicare chiaramente la capacità nominale e il carico termico nominale”: il che renderebbe il provvedimento viziato per eccesso di potere per contraddittorietà, perplessità ed altresìadottato in carenza dei presupposti.
La censura è infondata.
Come rilevato dalla difesa di ATO Toscana Cento, il quantitativo di rifiuti in questione è certo ed è inequivocabilmente precisato, essendo pari a 198.000 tonnellate annue; la richiesta di chiarire la quantità e il carico termico risponde esclusivamente all’esigenza di verificare se la decisione presa in sede di VIA fosse conforme alla normativa nazionale sopravvenuta (ovvero l’art. 35 del d.lgs. 133 del 2014), senza che ciò abbia inciso sul dato quantitativo, rimasto immutato.
23.3.Con il terzo motivo dell’appello incidentale si impugna il capo della sentenza che ha respinto il quinto motivo del ricorso 1310/2014: si deduce, in particolare, che la pronunzia in esame sarebbe viziata laddove ha omesso di considerare che l’area di localizzazione del termovalorizzatore è qualificata da una delibera di Giunta Regionale (la n. 1025 del 2010) come zona di risanamento che richiede interventi strutturali e permanenti per il miglioramento della qualità dell’aria: sicché l’incremento e il contributo inquinante atteso, soprattutto per gli inquinanti di maggiore impatto (cadmio, mercurio, diossina, idrocarburi), deve essere valutato quale ulteriore aggravio di una situazione già illegittima, perché al di sopra dei limiti di legge per numerosi parametri. La sentenza impugnata sarebbe, dunque, censurabile e meritevole di riforma nella parte in cui ha ritenuto ammissibili modificazioni anche peggiorative, purché oggetto di bilanciamento, non considerando l’inquinamento di base già presente nell’area in oggetto (che già imporrebbe misure di alleggerimento).
Anche tale censura è inammissibile, anch’essa inerendo a profili di localizzazione dell’impianto in (omissis), sito sul quale si spostò la scelta relativa all’ubicazione dell’impianto proprio in considerazione di alcuni elementi (il minor numero della popolazione residente e, soprattutto, le migliori condizioni di salute in relazione alla minore esposizione a sorgenti inquinanti e alle caratteristiche, meno degradate, dell’ambiente circostante). Il tema del carico ambientale del programmato termovalorizzatore in un’area già ad elevato rischio ambientale e del suo contributo inquinante aggiuntivo, con riferimento alle emissioni di polveri sottili e all’incremento di sostanze inquinati (cadmio, mercurio, diossine) è stato, peraltro, già oggetto di sindacato giurisdizionale nella richiamata sentenza del T.a.r. Toscana 1177 del 2009.
La doglianza è comunque infondata anche nel merito, giacché come rilevato dal TAR, non è stata individuata dalle Associazioni alcuna norma espressa che imponga un divieto assoluto di insediamento di nuove fonti inquinanti in aree di risanamento ambientale; ciò senza contare che, sempre come osservato dal primo giudice, dalla normativa in materia di V.I.A. può desumersi un principio generale che imponga di bilanciare benefici e svantaggi derivanti dall’intervento, sulla base di una valutazione discrezionale dell’amministrazione competente, in un quadro che apprezzi positivamente la compatibilità ambientale del nuovo insediamento soprattutto se bilanciato, come meglio si dirà, da misure di compensazione e mitigazione ambientale, sì da non tradursi affatto in una modificazione peggiorativa di un quadro ambientale già fortemente compromesso, ma piuttosto in modo tale da consentire che l’impatto del nuovo insediamento, con una realizzazione opportunamente accompagnata dalle opportune e necessarie misure di riqualificazione ambientale- anche e soprattutto a tutela della salute delle popolazioni esposte- sia del tutto trascurabile o, addirittura, annullato.
23.4. Con il quarto motivo l’appello incidentale contesta il capo della sentenza che ha respinto il sesto motivo del ricorso di primo grado.
Con esso le Associazioni hanno dedotto la radicale inattendibilità delle risultanze dei modelli meteoclimatici esposti nell’Allegato 4.1. allo Studio di impatto ambientale (SIA): la doglianza si fonda, soprattutto, sull’acquisizione del documento dell’ENAC prodotto nel corso della procedura di V.I.A. per il nuovo aeroporto di Firenze che avrebbe rilevato l’inadeguatezza dei dati anemometrici della stazione meteo dell’aeroporto di Peretola, utilizzata quale unica base dati reale per la V.I.A. dell’impianto di incenerimento ed è volta a contestare la sottostima delle c.d. calme di vento; in particolare dal predetto documento emerge una percentuale di calme di vento nell’ordine del 40% a fronte di un dato dichiarato nel SIA pari al 6, 35 %, sicché dalla sottostima dei modelli diffusionali del vento deriverebbe anche una sottostima delle emissioni.
La doglianza è priva di fondamento, in quanto il giudice di prime cure ha correttamente richiamato il verbale della Conferenza di servizi del 28 febbraio 2014, la quale ha concluso in senso sostanzialmente positivo (pagg. 14-15 e 34), non ritenendo necessarie ulteriori integrazioni, ciò sulla scorta del parere dell’ARPAT secondo cui “in termini di impatto dovuto alle emissioni in atmosfera dell’impianto, le prevedibili concentrazioni in aria ambiente e deposizioni al suolo non comportano elementi di criticità”.
L’incertezza circa la variabile microclimatica, necessariamente insita in ogni previsione, non inficia i risultati sull’impatto delle emissioni esposti nel SIA, in ragione della completezza e del grado di dettaglio delle analisi ivi svolte e ad una valutazione meteoclimatica basata su plurimi elementi e sistemi, dei quali i dati del modello CALMET di ARPAT, di cui si assume l’inattendibilità con il motivo in esame, non costituivano l’unico elemento di valutazione.
23.5. Con il quinto motivo di appello incidentale (volto a contestare il capo della sentenza che ha respinto il settimo motivo del ricorso RG 1310/2014), le Associazioni deducono la violazione del d.lgs. n. 155 del 2010 e del d.lgs. n. 152 del 2006, perché la sentenza disconoscerebbe che la valutazione del rischio non sarebbe effettuata sui valori limite per i quali è stata chiesta l’autorizzazione, ma sui valori prestazionali, significativamente più bassi, con una sottostima del rischio alla salute dalle emissioni dell’impianto.
Diversamente da quanto sostenuto dalle appellanti, la sentenza impugnata ha congruamente indicato le ragioni del rigetto della censura, a causa della sua stessa genericità e della conseguente violazione dell’onere di specificità. La doglianza del resto è smentita dalle risultanze dell’istruttoria condotta, dalle quali emerge chiaramente come non risponda al vero che la valutazione del rischio sia stata condotta su valori emissivi diversi da quelli limite per i quali è richiesta l’autorizzazione. Invero nell’Elaborato 10 del SIA (cfr. pag. 89) si precisa che “le valutazioni sono state condotte secondo ipotesi conservative” ed ancora che trattasi di emissioni “pari ai valori delle soglie di attenzione”, lì dove si specifica espressamente che le soglie di attenzione sono inferiori ai limiti di legge. La stessa Conferenza di Servizi del 28 febbraio 2014 nel riportare il parere espresso da ARPAT, afferma (pag. 14) che “la documentazione del SIA contiene anche una valutazione di analisi del rischio per la salute umana”, aggiungendo che “la valutazione del rischio sanitario era stata ipotizzata come un eventuale ed ulteriore livello di approfondimento all’interno delle conclusioni dello studio VIS del 2003”.
Destituito è l’ulteriore argomento secondo cui il T.a.r. non avrebbe considerato il rischio connesso ai c.d. COCS (chemical of concerns), né avrebbe dato conto delle ragioni per le quali aveva ritenuto corretto escluderli dalla valutazione, giacché la sentenza impugnata chiarisce espressamente l’insussistenza di valori soglia relativamente ai composti cancerogeni, ritenendo corretta la posizione espressa nel SIA di escluderli dalla valutazione.
23.6. Con il sesto motivo di appello incidentale (che impugna il capo della sentenza che ha respinto l’ottavo motivo del ricorso RG 1310/2014) è stato dedotto che il T.a.r. non avrebbe rilevato la contraddittorietà del parere positivo della ASL, emesso in assenza dei necessari presupposti: la ASL avrebbe rilevato infatti forti criticità ambientale e sanitaria nella zona e la sussistenza dei rischi connessi alle emissioni dell’impianto, sicché le prescrizioni e i monitoraggi ex post, stabiliti con i provvedimenti impugnati, comproverebbero la pericolosità dell’impianto.
La sentenza impugnata sarebbe erronea lì dove ha attribuito finalità precauzionale al piano di monitoraggio ex post che – in relazione al momento in cui si colloca – non può avere la funzione di prevenire il danno, ma soltanto di verificare a posteriori il suo realizzarsi.
Anche tale doglianza va respinta.
E’ sufficiente rilevare al riguardo che il contestato parere favorevole dell’ASL si fonda sull’accerta compatibilità ambientale dell’intervento e non si pone in contraddizione con il piano di monitoraggio che, in linea con il principio di prevenzione e precauzione, ha piuttosto la funzione di garantire l’interesse pubblico alla tutela della salute, individuando con tempestività eventuali variazioni rispetto alle previsioni. A ciò si aggiunga che prevedere un piano di monitoraggio non vuol dire affatto non aver preventivamente valutato i potenziali effetti negativi dell’intervento sulla salute umana, anche in termini di aumento del rischio derivante dall’esposizione ad un’ulteriore sorgente inquinante: tale preventiva ponderazione è stata affidata dalla Città Metropolitana (all’epoca Provincia) di Firenze alla Valutazione di impatto sanitario, articolatasi in tre fasi e conclusasi nel 2005.
23.7. Con il settimo motivo di appello incidentale (che impugna il capo della sentenza che ha respinto il nono motivo del ricorso RG 1310/2014) è stata lamentata la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e la carenza di motivazione su alcune richieste di chiarimenti avanzate dall’ASL nella prima seduta della Conferenza circa le emissioni del progettato impianto, deducendosi l’erroneità della sentenza lì dove sostiene che il giudizio positivo sull’impianto Qt. integrerebbe le verifiche in ordine al superamento dei parametri posti a base della VIS: ciò nonostante l’impianto progettato da Qt. avrebbe emissioni significativamente maggiori con differenze in aumento notevoli per alcuni inquinanti (cadmio, diossine e idrocarburi). Rimarrebbe, poi, privo di riscontro il giudizio contenuto nella sentenza di sostanziale invarianza delle emissioni dei due impianti in relazione al diverso quantitativo di rifiuto trattato.
La doglianza è infondata.
In disparte ogni questione sulla stessa ammissibilità della censura che involge valutazioni di merito espresse dalla Conferenza di servizi (nella parte in cui ha ritenuto esaustive le integrazioni fornite dal proponente), la Sezione rileva come la valutazione positiva della Conferenza sia stata preceduta dal parere favorevole di ARPAT, in cui si dà atto che le emissioni previste risultano generare un impatto sanitario contenuto e che “sono state ipotizzate nel SIA su livelli assai conservativi”.
D’altra parte, contrariamente a quanto sostenuto con il motivo in esame, l’ASL non ha poi espresso parere negativo sulle integrazioni del proponente (limitandosi a disporre un monitoraggio successivo), atteso che in Conferenza di servizi il silenzio dell’Amministrazione vale come parere favorevole, essendo necessaria una manifestazione espressa di volontà solo in caso di dissenso: la sentenza impugnata ha puntualmente dato atto di dette circostanze.
Il giudizio di sostanziale invarianza delle emissioni dell’impianto progettato si fonda, poi, sull’esame della tabella contenuta nel S.I.A. (elaborato 3, pag. 47), che non evidenzia differenze molto significative nell’emissione dei fumi tra le condizioni di esercizio media e massima, in assenza peraltro di adeguati e riscontrati argomenti delle Associazioni idonee a smentire tale dato.
23.8. Con l’ottavo motivo di appello incidentale (che ha censurato il capo della sentenza che ha respinto il decimo e undicesimo motivo di ricorso), le Associazioni assumono l’erroneità della sentenza lì dove ha ritenuto che le compensazioni previste dal proponente possano essere sostitutive della relazione di incidenza, costituente valutazione preventiva sulla stessa ammissibilità del progetto e pacificamente mai effettuata; è stata inoltre contestata l’omessa valutazione congiunta del progetto con altri interventi previsti nell’area come richiesto dall’articolo 6, comma III; della Direttiva UE 92/42 -Habitat.
La prospettazione delle Associazioni appellanti non merita accoglimento, tanto più risulta contraddetta dai documenti acquisiti agli atti del giudizio.
E’ decisivo rilevare che il proponente ha prodotto (Allegato 8.1 del SIA, pagg. 24 e ss.) una Relazione Tecnica Descrittiva del sito SIC/ZPS e SIR 45 “Stagni della Piana Fiorentina Pratese” e dell’area di intervento, collocata all’interno del polo produttivo di (omissis), recante una descrizione del sito, degli habitat e delle specie animali e vegetali di interesse comunitario e delle interferenze tra le opere previste e il sistema ambientale per valutare la significatività dell’incidenza del progetto: lo studio di incidenza è stato dunque redatto in conformità dell’allegato G al d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357.
Inoltre, come rilevato dalla sentenza appellata, la rilevazione delle insufficienze allo Studio di Impatto Ambientale (sostanzialmente riconducibili all’omessa rilevazione delle specie presenti sul campo) è stata superata dal parere dell’U.O. Biodiversità e Aree Protette assunto al verbale della riunione del 28 febbraio 2014, ove si stabiliscono una serie di prescrizioni ritenute idonee a superare “anche i minimi disturbi che progressivamente e insensibilmente, ma inesorabilmente…, determinano l’erosione di habitat naturali intorno al SIR 45”.
A ciò si aggiunga che, come rilevato dal primo giudice, l’art. 6, comma 3, della Direttiva sulla conservazione degli habitat naturali della flora e della fauna selvatiche, preveda nell’ipotesi di piani o progetti che possano “avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti”, la sottoposizione a valutazione di incidenza e non la trattazione congiunta in un unico procedimento, come nella fattispecie avvenuto.
Per il resto la censura afferisce a profili inerenti la localizzazione del sita decisa con precedenti atti pianificatori, oggetto di impugnativa nel parallelo giudizio.
23.9. E’ infondato il nono motivo di appello incidentale (dodicesimo motivo del ricorso i primo grado) con cui si è dedotta la violazione dell’art. 5 lett. c) del d.lgs. n. 152 del 2006 -Testo Unico in materia ambientale, affermandosi che mancherebbe qualsiasi valutazione degli impatti nei casi di malfunzionamento dell’impianto e che la sentenza avrebbe erroneamente richiamato la “Direttiva Seveso”.
In realtà, come evidenziato efficacemente dalle difese dell’ATO Toscana Centro, il motivo di doglianza confonde tra la fase di valutazione e il monitoraggio successivo, contenendo i provvedimenti impugnati prescrizioni volte a controllare il funzionamento dell’impianto e a intervenire tempestivamente ove dovessero verificarsi le problematiche paventate. Peraltro correttamente nella sentenza impugnata è stato sottolineato che lo Studio di impatto ambientale reca una considerazione anche del rischio di incidenti rilevanti (Allegato 3, pagg. 94 e ss.).
23.10. Priva di pregio è la censura di cui al decimo motivo di appello incidentale (tredicesimo motivo del ricorso RG 1310/2014), mediante il quale le Associazioni hanno dedotto la violazione degli articoli 4 e 25 del d.lgs. n. 152 del 1006 e 3 della legge n. 241 del 1990, sul presupposto che sarebbe stata omessa la valutazione delle scorie e delle ceneri volanti che l’impianto produrrebbe in misura considerevole.
E’ sufficiente osservare come la motivazione dell’impugnata sentenza evidenzia la contraddittorietà del motivo circa la rilevazione della natura di rifiuto speciale delle scorie, come tale non soggetto al principio di prossimità e sostanzialmente non incidente sull’area in discorso, ma su quello di smaltimento presso impianti esterni, e la richiesta di una precisa valutazione in merito da parte della Conferenza di servizi. Non risulta pertanto inaccettabile, come per contro deducono le Associazioni, costituendo affermazione logicamente conseguenziale a detta premessa, la statuizione della correttezza della scelta di delegare ad altri operatori lo smaltimento delle scorie. Il verbale della Conferenza di Servizi del 28 febbraio 2014, nell’affrontare proprio il tema delle scorie, evidenzia come l’impianto sia rispondente alle migliori tecnologie disponibili (c.d. “Best Available Technology-BAT”); inoltre il tema dell’impatto delle scorie e delle ceneri volanti è stato anche preso in considerazione nello Studio di Impatto Ambientale (Elaborato 003 del SIA, pag. 84). Anche la questione del lamentato abbandono del teleriscaldamento è stata – ad avviso della Sezione – correttamente risolta dalla sentenza impugnata, atteso che esso è stato oggetto di “stralcio” e non è neppure in fase progettuale, sicché, non avendo alcun impatto ambientale nell’attuale fase, è inutile prospettarne la sottoposizione a V.I.A.: nel verbale della Conferenza di servizi del 28 febbraio 2014 si dà atto infatti che “il progetto presentato è, in effetti, relativo al solo impianto di cogenerazione tramite combustione di rifiuti”.
23.11. Con l’undicesimo motivo di appello incidentale (quattordicesimo motivo del ricorso RG 1310/2014), si assume che il parere della Soprintendenza dei Beni Paesaggistici, in cui questa si sarebbe limitata ad affermare la sostenibilità “in via di massima” degli impatti, sarebbe viziato da difetto di istruttoria e di motivazione.
Il motivo è infondato, giacché, diversamente da quanto dedotto, quel parere risulta sicuramente motivato, avendo la Soprintendenza ritenuto sufficienti le integrazioni e i chiarimenti forniti dal proponente, risultando gli impatti ambientali derivanti dall’impianto sostenibili anche dal punto di vista del paesaggio.
La Soprintendenza ha rimandato all’autorizzazione paesaggistica per la definizione degli aspetti di dettaglio, autorizzazione da rilasciare, con atto separato e distinto rispetto al suddetto parere, non già in sede di V.I.A., bensì, successivamente, nel procedimento di autorizzazione unica ove viene esaminato il progetto definitivo. Va, infatti, evidenziato che, sulla base della normativa regionale applicabile, con l’autorizzazione unica sono rilasciate tutte le autorizzazioni ivi comprese quelle di carattere paesaggistico e ambientale. Qt. ha inoltre presentato la Relazione Paesaggistica, allegandola alla domanda di autorizzazione unica.
Risultano non irragionevoli, né illogiche, irrazionali o arbitrarie e tanto meno viziate da travisamento di fatti le argomentazioni formulate in punto di valutazione del progetto nei suoi aspetti paesaggistici e sua compatibilità con le relative esigenze di tutela.
23.12. Con il dodicesimo motivo di appello incidentale (quindicesimo motivo del ricorso RG 1310/2014), le Associazioni deducono la violazione dell’art. 26 del D.Lgs. n. 152 del 2006 e l’insufficienza della motivazione in merito alla comparazione tra il sacrificio imposto all’ambiente e l’interesse pubblico alla realizzazione dell’impianto. La sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha affermato che l’impatto ambientale era stato compiutamente valutato dalla Conferenza di Servizi, trascurando di considerare che questa non avrebbe effettuato la ponderazione degli interessi in gioco, decisione di spettanza dell’organo politico (la Giunta provinciale).
Il motivo di appello è infondato.
Come ha efficacemente sottolineato il primo giudice, l’impatto ambientale dell’intervento risulta compiutamente valutato in tre conferenze di servizi, nelle quali è stata effettuata una approfondita istruttoria conclusasi con l’approvazione del progetto, così che non è comprensibile neppure a quale ulteriore motivazione in punto di compatibilità ambientale dell’intervento si riferiscano le Associazioni ambientalistiche e tanto meno quale ulteriore elemento avrebbe potuto fornire l’organo politico, il quale peraltro ha fatto proprie e recepito dette valutazioni.
Non vi è pertanto motivo alcuno per revocare in dubbio la legittimità della delibera della Giunta n. 62 del 17 aprile 2014 che, utilizzando legittimamente lo strumento della motivazione per relationem, quanto alla valutazione di compatibilità ambientale ha richiamato le valutazioni effettuate in sede di Conferenza di Servizi.
23.13. Con i motivi dedotti nell’appello incidentale sub. B le Associazioni ambientaliste hanno impugnato i capi della sentenza con cui sono stati rigettati il quarto e il decimo motivo del ricorso RG 143 del 2006.
Anche tali motivi di doglianza, ad avviso della Sezione, meritano di essere rigettati.
23.13.1. Quanto all’addotta assenza da parte del proponente Qt. della disponibilità dell’area sulla quale deve sorgere il contestato impianto, disponibilità costituente precondizione per il rilascio dell’autorizzazione unica, con conseguente dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza, è sufficiente osservare che, come correttamente rilevato dal T.a.r., la disponibilità di cui si discute non coincide con la piena proprietà, potendo viceversa essere riferita ad una possibilità non precaria dell’uso del bene a mezzo di un titolo giuridico valido ed efficace, e che tale titolo è nella fattispecie in esame rappresentato dalla promessa unilaterale di cessione delle aree dell’Amministratore delegato della Qu. s.p.a., condizionato all’ottenimento dell’autorizzazione unica, costituente estrinsecazione del normale meccanismo del condizionamento sospensivo degli effetti apposto agli atti negoziali. Prive di pregio sono poi le censure delle Associazioni appellanti circa la asserita carenza di potere dispositivo da parte dell’Amministratore di Qu., sulla scorta di una norma statutaria che non consentirebbe la delega dei poteri, di esclusiva competenza del Consiglio di Amministrazione, in relazione “agli atti di alienazione, compravendita e permuta di beni immobili”: la previsione richiamata è, infatti, contenuta nello Statuto di Qt. e non già in quella di Qu. s.p.a.
23.13.2. Con il motivo di appello incidentale BIII (corrispondente al decimo motivo del ricorso RG 143 del 2006), le Associazioni tornano a dolersi dell’omessa valutazione del Protocollo di monitoraggio epidemiologico trasmesso dalla ASL di Firenze con nota del 30 giugno 2015 e della violazione del principio di precauzione.
Si censura, in particolare, la sentenza impugnata lì dove avrebbe affermato che il monitoraggio ex post della situazione sanitaria dell’area possa esplicare efficacia preventiva nei confronti del realizzando intervento, mentre esso avrebbe la mera funzione limitativa del danno su beni di rilievo costituzionale il cui verificarsi l’autorizzazione unica avrebbe accettato e messo in conto; il previsto monitoraggio non potrebbe poi esplicare in concreto alcuna specifica funzione preventiva posto che il contesto ambientale non rende distinguibile il contributo inquinante del progetto.
La censura è infondata.
Il bilanciamento tra gli interessi in gioco è oggetto di valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione. In questo caso, non irragionevolmente il T.a.r. ha ritenuto che il monitoraggio epidemiologico sulla salute della popolazione residente e il biomonitoraggio delle popolazioni animali e delle produzioni agroalimentari possano avere una funzione preventiva, nell’ottica del principio di precauzione e a tutela dei beni potenzialmente incisi, ove si consideri che la V.I.A. ha previsto la sottoscrizione della Convenzione, inerente a contenuti, modalità e tempi di svolgimento del Piano di Sorveglianza, prima dell’inizio dei lavori, e che detta Convenzione è stata stipulata ed approvata dal Consiglio Metropolitano con la delibera 112 del 23 dicembre 2015.
23.14. Le Associazioni hanno poi riproposto i motivi del ricorso 143 del 2016 ritenuti assorbiti dal T.a.r.
23.14.1. Quanto alle censure relativi agli aspetti urbanistici (motivi IV, V e VI dell’appello incidentale, sub B), riferiti rispettivamente al secondo, terzo, quarto motivo del ricorso RG 143 del 2006) esse attengono agli aspetti urbanistici relativi alla legittimità del procedimento di approvazione della variante dello strumento urbanistico comunale e alla necessità della stipula di un accordo di pianificazione (ex art. 8, comma 4, della legge regionale 39 del 2005) o di un piano attuativo; nonché alla legittimità dell’apposizione del vincolo necessario per l’asservimento delle aree interessate alle opere connesse all’impianto.
Per la loro infondatezza si rinvia a quanto osservato in relazione al primo motivo dell’appello principale proposto dall’A.T.O. Toscana Centro sub 21.2.
23.14.2. Con il settimo motivo di appello incidentale sub B), le Associazioni deducono l’illegittimità degli avvisi di avvio del procedimento espropriativo emanati dalla Provincia di Firenze (oggi Città Metropolitana), in quanto privi dell’indicazione degli intestatari catastali delle particelle asservite, con conseguente violazione delle garanzie partecipative minime richieste ex lege.
Tale censura è inammissibile in quanto le Associazioni non hanno alcun interesse concreto ed attuale a sollevare siffatta doglianza, che spetta unicamente ai proprietari delle aree, in quanto unici soggetti lesi da una tale asserita omissione astrattamente idonea a non porli nelle condizioni di partecipare effettivamente al procedimento espropriativo.
23.14.3. L’ottavo motivo di appello incidentale sub. B), relativo alla asserita necessità nel caso di specie del subprocedimento di verifica di assoggettabilità a VAS, ed il nono motivo di appello incidentale sub. B), con cui le Associazione hanno lamentato l’omesso svolgimento della necessaria valutazione di “copianificazione paesaggistica”, al fine di considerare quale sia l’impatto dell’intervento sul paesaggio, proprio a causa della mancata effettuazione della variante, in violazione delle previsioni delle NTA del regolamento urbanistico, sono infondati alla stregua delle considerazioni svolte in ordine al primo motivo dell’appello principale di ATO Toscana Centro, sub. 21.2., cui si rimanda, non mancando di evidenziare che tutti gli aspetti paesaggistici sono stati compiutamente valutati nel corso del procedimento, mediante la richiesta di numerose integrazioni alla relazione paesaggistica da parte della Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Comune di (omissis), i quali hanno anche rilasciato parere favorevole con prescrizioni in sede di conferenza di servizi nella seduta del 6 agosto 2015.
23.14.4. Quanto alle doglianze formulate con il decimo motivo di appello incidentale sub B), con cui si deduce e si lamenta il rigetto da parte della Conferenza di Servizi del 17 novembre 2014 della richiesta di rivalutazione della situazione ambientale e sanitaria della Piana alla luce delle nuove previsioni infrastrutturali, delle quali la VIS del 2005 aveva potuto soltanto prospettare l’eventualità, è sufficiente rinviare per il loro rigetto alle considerazioni svolte sull’esame del secondo motivo dell’appello principale di ATO Toscana Centro, sub. 21.3.
23.14.5. L’undicesimo, dodicesimo e tredicesimo motivo dell’appello incidentale ineriscono a questioni tecniche afferenti in particolare alla ritenuta violazione del principio di pubblicità e trasparenza in ordine all’accertamento della sussistenza dei parametri di qualificazione dell’inceneritore come impianto di recupero energetico.
Le censure devono essere respinte, dal momento che si tratta di questione sulle quali sono state espresse le opportune motivazioni nel documento “Schema delle osservazioni e contro deduzioni”, allegato alla seduta della Conferenza di Servizi del 3 luglio 2015, così che esse, per un verso si atteggiano a mero inammissibile dissenso dalle valutazioni operate dall’autorità amministrativa e per altro verso finiscono per impingere nel merito dell’azione amministrativa, le cui decisioni sono di norma insindacabili in sede di illegittimità, tranne che siano macroscopicamente viziate da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento di fatti, non ravvisabile nel caso di specie.
Del resto, poi, quanto alla contestazione relativa al codice CER (con la quale si assume l’inesatta definizione dei rifiuti speciali classificati come combustibile da rifiuti, ammessi all’incenerimento), è indubbio che l’autorizzazione dell’impianto riguardi il trattamento di rifiuti con codice CER 19.12.10 che designa “rifiuti combustibili”, tra i quali è compreso anche il “combustibile solido secondario”; mentre l’autorizzazione impugnata non riguarda in alcun modo il trattamento di materie prime diverse da rifiuti o che abbiano perso tale qualifica e, quindi, non ricomprese nel suddetto codice CER.
Anche la doglianza relativa all’asserita violazione della normativa in tema di incidenti rilevanti, secondo quanto previsto dalla Circolare dei Vigili del Fuoco n. 400 del 31 gennaio 2007 ai fini dell’applicazione del d.lgs. 334 del 2009, è inconferente: la normativa in esame non è in concreto applicabile poiché l’impianto in parola è autorizzato a trattare soltanto rifiuti non pericolosi.
23.14.6. Con il quattordicesimo motivo di appello incidentale sub. B), le Associazioni lamentano l’assenza di istruttoria e di prescrizione in merito alla relazione di riferimento prevista dall’art. 29 ter, comma 1 lett. m) del D.Lgs. n. 152 del 2006 “Testo Unico in materia ambientale” nell’ipotesi di trattamento di sostanze pericolose, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nel sito dell’installazione.
Il motivo è infondato posto che, come in precedenza rilevato, l’impianto non è autorizzato con il provvedimento impugnato a trattare sostanze pericolose.
23.14.7. Con il quattordicesimo e il quindicesimo motivo di appello incidentale sub. B), le Associazioni sostengono l’illegittimità della V.I.A. per avere utilizzato come modello meteo climatico i dati METR, comportanti una sottovalutazione dell’inquinamento in atmosfera; tornano quindi a dolersi dell’asseritamente erroneo rigetto della censura inerente la sottostima delle calme di vento e la conseguente inattendibilità della determinazione dei valori emissivi autorizzati ed illegittimità, anche in relazione a detto profilo, dell’autorizzazione unica qui impugnata.
Si tratta di censura inammissibile in quanto tardiva e, al contempo, infondata in quanto il proponente ha effettuato una ricostruzione del modello meteorologico dell’area al fine di valutare compiutamente le ricadute degli inquinanti (Allegato 4.1. del SIA “Valutazione di impatto in atmosfera”) e l’istruttoria a riguardo compiuta, mediante il raffronto tra i dati reperibili presso la Stazione metereologica di Peretola con numerose altre (tabella riassuntiva di cui all’Allegato 4.1. al SIA, pagg. 32-34), risulta adeguata e immune dalle addotte carenze.
23.14.8. Quanto all’impugnazione del capo della sentenza relativa alla revoca del gratuito patrocinio a favore dell’Associazione Fo. Am. disposta dal T.a.r. relativamente al solo ricorso NRG. 1310/2014, la Sezione è dell’avviso che, anche in ragione dell’esito del presente grado di appello, quel capo della sentenza debba essere confermato, non essendo stata indicata alcuna specifica ragione della pretesa erroneità di quella statuizione.
23.14.9. In definitiva l’appello incidentale delle Associazioni ambientalistiche deve essere respinto.
24. In definitiva l’appello principale, quelli incidentali della Città Metropolitana di Firenze e di Qt., vanno respinti, nei sensi di cui in motivazione, ed identicamente deve essere respinto, l’appello incidentale delle Associazioni ambientalistiche, con conferma della sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione. Ciò esime la Sezione dall’esaminare i motivi di doglianza proposti in primo grado dal Comune di (omissis), dichiarati assorbiti, ma espressamente riproposti in tale giudizio.
Restano assorbiti i restanti motivi comunque inidonei a fondare una pronunzia di tipo diverso.
25. Sussistono giusti motivi, stante la complessità delle questioni trattate, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello principale e su quelli incidentali segnati in epigrafe, li respinge tutti, nei sensi di cui in motivazione e conferma la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione.
Dispone l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
Conferma la revoca disposta dall’impugnata sentenza, ex art. 136, comma 2, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, del patrocinio a spese dello Stato concesso all’Associazione Fo. Am. nel ricorso R.G. 1310/2014.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 19 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *