Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 21 marzo 2018, n. 1811. La concessione di servizi trova puntuale definizione nel nuovo codice dei contratti pubblici

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Ne deriva l’applicabilità anche della previsione contenuta nel comma 5 del citato articolo 83 per la quale: “Il fatturato minimo annuo richiesto ai sensi del comma 4, lettera a) non può comunque superare il doppio del valore stimato dell’appalto, calcolato in relazione al periodo di riferimento dello stesso, salvo in circostanze adeguatamente motivate relative ai rischi specifici connessi alla natura dei servizi e forniture oggetto di affidamento”.

L’Amministrazione appaltante si è dunque mantenuta nei limiti consentiti dalle norme in materia; se è vero che il fatturato in questo modo richiesto risulta essere di particolare rilevanza come segnalato dalla società resistente (complessivamente € 15.535.021,00), è pur vero che ciò dipende in maniera inevitabile dalla pregnanza economica del valore stimato della concessione (€ 31.070.042,00).

13.2. Quanto, poi, alla precedente esperienza “in Paesi ad alto rilascio di visti” e “ad alto rischio di immigrazione clandestina”, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza, si tratta di criteri di valutazione delle offerte (come risulta chiaro dal § 8 del disciplinare di gara) e non di requisiti di partecipazione; essi, pertanto, non costituiscono un limite alla partecipazione alla procedura.

14. Nella memoria di costituzione in giudizio Al. s.p.a. ha correttamente riproposto ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. l’ulteriore motivo di ricorso non esaminato dal giudice di primo grado in quanto dichiarato assorbito a seguito dell’accoglimento dei primi due motivi.

Si tratta del motivo con il quale la società censura il bando di gara per commistione tra i criteri soggettivi di qualificazione e i criteri oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta nonché per violazione del principio della par condicio tra i concorrenti.

14.1. La società spiega che l’amministrazione aveva inserito tra i criteri di valutazione dell’offerta anche la “precedente esperienza in Paesi ad alto rilascio di visti” nonché la “precedente esperienza nella gestione di visti in paesi ad alto rischio di immigrazione clandestina”, che, invece, sono requisiti di esperienza, facendo riferimento alla capacità tecnico – professionale dell’impresa e non alla qualità dell’offerta. Assume, pertanto, l’appellata la violazione del principio, di derivazione comunitaria, di separazione tra criteri di qualificazione e criteri oggettivi di aggiudicazione più volte applicato dai giudici nazionali. Conclude, infine, che il requisito esperienziale richiesto dal bando è proprio solo di tre imprese che gestiscono l’84% dei visti di ingresso in Italia, onde l’attribuzione ad esse di un evidente vantaggio competitivo.

15. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.

15.1. Contestando, in sede di impugnazione del bando di gara, i criteri di valutazione delle offerte Al. s.p.a. è andata oltre i limiti fissati dalla giurisprudenza amministrativa per l’impugnazione immediata del bando di gara.

Dato il carattere generale del bando di gara le ipotesi in cui ne è consentita l’impugnazione immediata (senza attendere i successivi provvedimenti adottati in corso di procedura e rivolti a destinatari precisamente individuati) sono limitate.

Nel tempo sono state individuate le seguenti ipotesi di impugnazione immediata del bando di gara:

– bando che contiene una clausola c.d. escludente vale a dire una clausola che non consente la partecipazione ad un certo operatore economico (cfr. Cons. Stato, Adunanza plenaria, 29 gennaio 2003, n. 1; come ad es. la clausola che richieda un certo fatturato specifico come requisito di partecipazione);

– ovvero che contiene clausole che impongono oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendono impossibile la stessa formulazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato, III, 10 giugno 2016, n. 2507; sez. V, 30 dicembre 2015, n. 5862; sez. V, 12 novembre 2015, n. 5181; Adunanza plenaria, 25 febbraio 2014, n. 9; Adunanza plenaria, 7 aprile 2011, n. 4);

– nel caso si intenda contestare la stessa indizione della gara (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia, 31 gennaio 2017 n. 27, nell’ambito della quale può farsi rientrate la contestazione in ordine alla scelta di indire la gara in unico lotto o per lotti distinti).

Di recente, si è ammessa l’impugnazione immediata della clausola del bando che individua il criterio di aggiudicazione in quello del minor prezzo anziché dell’offerta economicamente più vantaggiosa (da parte di Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014), così imponendo la rimessione all’Adunanza plenaria della questione (avvenuta con ordinanza, sez. III, 7 novembre 2017, n. 5138).

Resta fermo, invece, che non possono essere immediatamente impugnate le clausole del bando che stabiliscono i criteri di valutazione dell’offerta: nessun operatore economico ha interesse immediato e diretto alla loro contestazione poiché alcuna lesione attuale e concreta nella sfera giuridica individuale è prodotta dalla pubblicazione del bando, non potendosi escludere che, partecipando alla procedura, risulti aggiudicatario nonostante l’applicazione dei criteri che intendeva contestare (ovvero proprio in ragione di essi). Dall’eventuale accoglimento della domanda non potrebbe, per questo, trarre alcuna utilità, correttamente individuata nell’aggiudicazione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; sez. V, 26 luglio 2016, n. 3347; sez. V, 12 maggio 2016, n. 1890; specificatamente in relazione ai criteri di valutazione delle offerte e di attribuzione dei punteggi cfr. Cons. Stato, sez. V, 1 agosto 2015, n. 3776).

16. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza di primo grado, deve essere respinto il ricorso proposto da Al. – Th. It. In. Co. s.p.a..

17. La complessità della lite, dimostrata dagli esiti opposti nei due gradi di giudizio, giustifica la compensazione delle spese anche del grado d’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Sezione Quinta,

definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti:

dichiara inammissibile l’appello proposto da Vi. Ma. Se. s.r.l. (ricorso Rg. 7876/2017);

accoglie l’appello proposto dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Ricorso Rg. 8948/2017) e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 9909/2017, respinge il ricorso di primo grado della Al. – Th. It. In. Co. s.p.a.

Compensa le spese del presente grado di giudizio tra tutte le parti in causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Claudio Contessa, Presidente FF

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Valerio Perotti – Consigliere

Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore

Giovanni Grasso – Consigliere

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