La violazione della clausola sociale negli appalti non dà luogo alla nullità del capitolato speciale ma alla sua illegittimità, con la conseguente necessità di far valere il vizio attraverso l’impugnazione.

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 2 luglio 2018, n. 4040.

La massima estrapolata:

La violazione della clausola sociale negli appalti non dà luogo alla nullità del capitolato speciale ma alla sua illegittimità, con la conseguente necessità di far valere il vizio attraverso l’impugnazione.

Sentenza 2 luglio 2018, n. 4040

Data udienza 3 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 7860 del 2017, proposto da
Consorzio Na. Se. so. co., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Br., con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via (…);
contro
Mu. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati St. Vi. e Ma. Te., con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via (…);
nei confronti
Regione Liguria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mi. So. e Ga. Pa., con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 00640/2017, resa tra le parti, concernente l’affidamento di servizi di supporto tecnico amministrativo a strutture dipendenti della Giunta Regionale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Mu. s.p.a. e della Regione Liguria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 maggio 2018 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Br., Te. e Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Regione Liguria ha indetto una procedura aperta per l’affidamento triennale “dei servizi archivistici, di protocollazione, di gestione informatizzata delle richieste di intervento tecnico, di inserimento dati e di altri servizi tecnico-amministrativi di supporto a strutture dipendenti dalla Giunta Regionale”.
All’esito della valutazione delle offerte la commessa è stata aggiudicata al Consorzio Na. Se. so. co. (d’ora in poi CN.).
Ritenendo anomala l’offerta del CN., la Mu. s.p.a., ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione davanti al TAR Liguria il quale, con sentenza 21/7/2017, n. 640, ha accolto il gravame, ritenendo illegittima la scelta dell’aggiudicatario, espressa per la prima volta in sede di giustificazioni dell’offerta, di applicare al personale tutelato dalla clausola sociale il CCNL multiservizi in luogo di quello metalmeccanici in godimento.
Avverso la sentenza il CN. ha proposto appello.
Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio la Mu. e la Regione Liguria.
Con successive memorie tutte le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 3/5/2018 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo l’appellante lamenta che il giudice di prime cure avrebbe errato a ritenere che il non impugnato art. 5 del capitolato speciale d’appalto imponesse all’aggiudicatario di applicare il CCNL metalmeccanici ai dipendenti del precedente gestore da riassorbire.
La lettera della citata norma di capitolato non autorizzerebbe, infatti, l’interpretazione ad essa data dal Tribunale.
La disposizione in questione si sarebbe limitata a prevedere, in favore del suddetto personale, il riconoscimento del trattamento economico e normativo precedentemente goduto, il quale potrebbe essere assicurato in sede di contratto individuale di lavoro, indipendentemente dall’applicazione di uno piuttosto che di un altro CCNL.
In ogni caso, al datore di lavoro non potrebbe essere imposta l’applicazione di uno specifico CCNL contrastando ciò con la tutela della libertà sindacale e con i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di clausole sociali le quali devono essere interpretate conformemente ai principi nazionali e eurounitari che garantiscono la libertà di impresa.
La doglianza è infondata.
L’art. 5 del capitolato speciale d’appalto disponeva:
“I concorrenti — ai sensi dell’articolo 30 – comma 1, ultimo periodo e dell’articolo 50 del decreto legislativo n. 50/2016 e dell’articolo 5 della legge regionale n. 31/2007 — si impegnano prioritariamente ad utilizzare gli stessi operatori della precedente ditta affidataria, esecutrice del contratto in argomento e di che trattasi, allo scopo di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e condizioni contrattuali, per il periodo di durata del servizio, a condizione che il numero e la qualifica degli stessi siano armonizzabili con l’organizzazione di impresa della ditta aggiudicataria e con le esigenze tecnico organizzative previste per l’esecuzione del contratto.
L’elenco del personale attualmente utilizzato nell’esecuzione del servizio in argomento da parte del corrente prestatore di servizi, allegato sub A, contiene l’indicazione del numero dei lavoratori da assumere e, a fianco di ciascuno di essi, del C.C.N.L. applicato, dell’inquadramento giuridico ed economico, dell’orario settimanale e della retribuzione annua lorda percepita, tiene conto del monte ore lavorativo compatibile con lo svolgimento delle corrispondenti attività previste dal capitolato.
I nominativi dei lavoratori indicati nel suddetto elenco saranno resi noti all’affidatario dopo la stipula del contratto, nel rispetto della normativa vigente a tutela dei dati personali.
Si precisa che il contratto collettivo nazionale di lavoro applicato dall’attuale prestatore del servizio, è il “Contratto collettivo nazionale di lavoro 5 dicembre 2012 per i lavoratori addetti all’industria metalmeccanica e alla installazione di impianti”.
In caso di aggiudicazione del servizio, oggetto del presente Capitolato, a soggetto diverso dall’attuale prestatore di servizi, il passaggio del personale dovrà avvenire in virtù di cessione del contratto individuale di lavoro con assicurazione della continuità giuridica e con la conseguente conservazione, da parte del predetto personale, delle medesime discipline economiche, normative e retributive anche per quanto attiene alla disciplina limitativa e sanzionatoria dei licenziamenti, individuali e collettivi”.
La trascritta disposizione del capitolato, da cui non poteva prescindersi, anche ove in tesi illegittima, in quanto non impugnata, precisava con sufficiente chiarezza che ai dipendenti del precedente gestore da riassorbire dovesse essere applicato il CCNL per i lavoratori metalmeccanici.
La prescrizione di gara prevedeva infatti che:
a) ai dipendenti in questione veniva applicato tale CCNL;
b) il passaggio dal vecchio al nuovo gestore sarebbe dovuto avvenire mediante cessione del contratto individuale di lavoro “con assicurazione della continuità giuridica e con la conseguente conservazione, da parte del predetto personale, delle medesime discipline economiche, normative e retributive anche per quanto attiene alla disciplina limitativa e sanzionatoria dei licenziamenti, individuali e collettivi”.
Da quanto sopra discende, dunque, che il costo del personale dovesse essere calcolato facendo riferimento alla disciplina economica e normativa del CCNL metalmeccanici.
A nulla vale osservare, come fa l’appellante, che il trattamento economico e normativo già in godimento avrebbe potuto essere garantito in sede di contratto individuale di lavoro senza necessita di applicare il CCNL relativo ai metalmeccanici.
Infatti, laddove pur non richiamando formalmente tale CCNL si riconoscesse ai lavoratori riassorbiti un trattamento economico e normativo identico a quello previsto dal medesimo CCNL, l’offerta non varierebbe quanto ai costi per il personale, con la conseguente impossibilità di giustificare il ribasso offerto, atteso che non è contestato che l’integrale applicazione delle previsioni di quel contratto provocherebbe siffatta conseguenza.
Col secondo motivo l’appellante deduce che il Tribunale non avrebbe potuto comunque applicare l’art. 5 del capitolato speciale d’appalto essendo la norma di gara nulla per contrasto con l’art. 50 del D.Lgs. 18/4/2016, n. 50, che non consentirebbe all’amministrazione di imporre all’appaltatore uno specifico CCNL.
In ogni caso, anche laddove la detta disposizione legislativa potesse essere interpretata nel senso di vincolare l’operatore economico ad applicare un determinato CCNL, quest’ultimo non potrebbe che essere un contratto relativo al settore oggetto di gara, mentre quello afferente al comparto metalmeccanico è estraneo al settore proprio della gara per cui è causa.
In via subordinata, inoltre, si deduce che il citato art. 50, ove inteso nel senso di consentire l’applicazione di uno specifico CCNL, sarebbe in contrasto con i principi eurounitari di parità di trattamento, libertà d’impresa e libertà di stabilimento, per cui sarebbe da disapplicare unitamente all’atto che ne fa applicazione.
La doglianza è infondata.
Diversamente da quanto ritenuto dall’appellante, l’eventuale violazione dell’citato art. 50 non darebbe luogo alla nullità dell’art. 5 del capitolato speciale, ma semplicemente alla sua illegittimità, con la conseguente necessità di far valere il vizio attraverso il consueto rimedio impugnatorio.
L’art. 21-septies della L. 7/8/1990, n. 241, stabilisce, infatti, che “E’ nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
La norma individua, quindi, tassativamente le ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo e nei confronti dell’art. 5 del capitolato speciale non è stato dedotto alcun vizio catalogabile tra le cause di nullità codificate.
Quanto al prospettato contrasto del menzionato art. 50 e conseguentemente dell’art. 5 del capitolato speciale col diritto eurounitario, è sufficiente rilevare che il medesimo determina nell’atto amministrativo solo un vizio di illegittimità non diverso da quello che discende dal contrasto col diritto interno, posto che l’art. 21 – septies della L. 241/1990 non include, come sopra visto, la violazione del diritto europeo tra le cause di nullità del provvedimento.
Pertanto la violazione del diritto dell’Unione Europea può essere fatta valere dinanzi al Giudice Amministrativo soltanto attraverso l’impugnazione dell’atto, pena la sua inoppugnabilità (Cons. Stato, Sez. III, 8/9/2014, n. 4538; Sez. VI, 31/3/2011, n. 1983; Sez. V, 19/5/2009, n. 3072).
Con la memoria difensiva depositata in data 32/1/2018 l’appellante ha invocato a sostegno della tesi dell’insussistenza di un onere di espressa impugnazione dell’art. 5 del capitolato speciale, una recente sentenza di questa Sezione (sent. 17/1/2018, n. 272) che, riformando una pronuncia del medesimo TAR Liguria, ha affermato che in quella fattispecie non occorresse impugnare la clausola sociale che imponeva il riassorbimento dei lavoratori impiegati dal gestore uscente, potendo questa essere interpretata, conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, nel senso che il predetto obbligo dovesse essere “armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante”.
Il richiamato precedente, tuttavia, non si attaglia al caso che occupa in quanto in quella fattispecie, a differenza di quella per cui è causa, la prescrizione di gara si prestava ad essere interpretata conformemente ai suddetti principi nazionali ed europei.
Col terzo motivo l’appellante critica la gravata sentenza nella parte in cui ha respinto l’eccezione con cui la medesima aveva dedotto l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Mu. per l’insindacabilità “da parte del giudice amministrativo delle valutazioni discrezionali che connotano il procedimento di verifica di anomalia dell’offerta”.
Il giudice di prime cure, infatti, avrebbe erroneamente ritenuto che le doglianze dedotte dalla ricorrente non sconfinassero nel merito, benché questa non avesse addotto alcun elemento che potesse far dubitare della logicità e ragionevolezza del giudizio di congruità espresso dalla stazione appaltante.
Il mezzo di gravame è infondato.
Il Tribunale ha, infatti, respinto l’eccezione correttamente rilevando che costituiva oggetto di censura “l’aver ritenuto congrua un’offerta che secondo calcoli matematici non avrebbe potuto essere capiente rispetto a ragionevoli spese che si ponevano a fronte di quanto offerto dall’aggiudicataria”.
Orbene, non è dubbio che sia da considerare irragionevole una valutazione che giudichi congrua un’offerta che, sulla base di operazioni matematiche oggettivamente verificabili, risulti insostenibile.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che la Sezione ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Sussistono eccezionali ragioni, connesse alla peculiarità e complessità delle questioni affrontate, per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore

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