Le controversie concernenti le richieste di indennizzo per l’occupazione abusiva di un bene demaniale appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 19 luglio 2018, n. 4383.

La massima estrapolata:

Le controversie concernenti le richieste di indennizzo per l’occupazione abusiva di un bene demaniale appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto relative a un rapporto privatistico tra l’amministrazione pubblica e il privato avente ad oggetto la proprietà dell’immobile e non a un rapporto di tipo amministrativo e ciò anche nelle ipotesi in cui il privato abbia detenuto l’immobile in virtù di una precedente concessione ormai scaduta.

Sentenza 19 luglio 2018, n. 4383

Data udienza 3 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 8080 del 2017, proposto da
Da. Co., rappresentato e difeso dall’avvocato De. Ve., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Co., in Roma, via (…);
contro
Comune di Vibo Valentia, in persona del legale rappresentante in carica, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Catanzaro, Sez. I, n. 01286/2017, resa tra le parti, concernente il diniego di una concessione demaniale marittima.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 maggio 2018 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per la parte l’avvocato Gu. su delega di Ve.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Il sig. Da. Co. ha chiesto al Comune di Vibo Valentia la concessione di un immobile facente parte del demanio marittimo.
2. Con determinazione 22/12/2016, prot. n. 58603 il Comune ha respinto la sua domanda ingiungendogli inoltre il pagamento delle indennità dovute per l’occupazione abusiva del medesimo bene.
A sostegno del diniego il Comune ha rilevato che:
a) “Nella nota di richiesta si chiede la concessione demaniale del fabbricato identificato in catasto al foglio di mappa (omissis) particella n. (omissis) e foglio (omissis) particelle (omissis) e per un’area scoperta di mq 139,90 e area occupata dal fabbricato di mq 215,10”;
b) “Nel mod. D1, presentato in unica copia priva di marca da bollo e senza la data e la firma del richiedente … al quadro T sezione 2 prospetto riepilogativo dell’elaborato tecnico i riferimenti catastali riportati sono diversi da quelli indicati …” nella richiesta di concessione (nota 41074/2015);
c) “Nel modello D1 viene effettuata richiesta di concessione di bene demaniale con codice d’uso 7 – descrizione d’uso vario – codice categoria 10 (non ricompresa nel richiesto codice d’uso 7, ma in un diverso codice d’uso, l’1, corrispondente ad un uso turistico ricreativo), per cui non si evince chiaramente l’uso e lo scopo ai quali verrà destinato l’immobile”;
d) “Allo stesso D1 viene allegata copia cartacea di un rilievo redatto in data 15.2.2000 da un tecnico non meglio identificato, non rispondente all’attuale richiesta mancante peraltro del relativo elaborato su supporto informatico”;
e) “Mancano inoltre la relazione tecnico illustrativa e gli elaborati grafici, redatti in 7 copie asseverate da tecnico abilitato…”;
f) “Manca documentazione fotografica dei luoghi, visura catastale degli immobili richiesti e certificato anagrafico rilasciato dalla CCIAA…”;
g) “Manca marca da bollo Euro 16,00 sul modello D1 ed il versamento del DD. SS. Euro 50,00 per l’istruttoria della pratica…”;
h) “Il sig. Comito non ha ancora provveduto al pagamento delle debenze per canoni addizionali, indennizzi ed interessi relative all’occupazione dell’immobile di che trattasi …”;
i) “Anche le successive integrazioni, inoltrate dal sig. Comito … porterebbero ad un valutazione diversa da quella richiesta nel succitato D1 (fa riferimento alla circolare della Regione Calabria relativa al rilascio di concessione, con finalità turistico-ricreativo per la stagione balneare 2016 anch’essa non attuabile)”;
l) “L’immobile in questione non è ricompreso nel Piano Comunale Spiaggia adottato con delibera di C.C. n. 83 del 5.12.2014; il P.C.S., tra l’altro non ancora approvato …”.
4. Ritenendo il provvedimento illegittimo il sig. Comito lo ha impugnato con ricorso al TAR Calabria – Catanzaro, il quale, con sentenza 8/8/2017, n. 1286, lo ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione nella parte diretta contro l’intimazione di pagamento e lo ha respinto per quanto rivolto nei confronti del provvedimento di diniego.
5. Avverso la sentenza il sig. Comito ha proposto appello e con successiva memoria ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.
6. Alla pubblica udienza del 3/5/2018 la causa è passata in decisione.
7. Col primo motivo si deduce che il Tribunale avrebbe errato a declinare la giurisdizione, atteso che in materia di concessione di beni pubblici sussisterebbe la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo relativamente ad ogni fase del rapporto riconducibile all’esercizio, anche mediato, di un potere pubblico.
Nel caso di specie le pretese non potrebbero ritenersi meramente patrimoniali in quanto la determinazione dell’importo asseritamente dovuto non deriverebbe dalla mera applicazione di parametri noti, ma da valutazioni di carattere discrezionale attinenti alla misura del canone dovuta.
Per l’effetto devolutivo dell’appello si deduce che la pretesa comunale sarebbe illegittima in quanto:
a) non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento;
b) carente di motivazione;
c) viziata da sviamento di potere.
Il motivo non merita accoglimento.
Un consolidato orientamento giurisprudenziale, che la Sezione condivide e alle cui motivazioni può farsi rinvio, afferma che le controversie concernenti le richieste di indennizzo per l’occupazione abusiva di un bene demaniale appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto relative a un rapporto privatistico tra l’amministrazione pubblica e il privato avente ad oggetto la proprietà dell’immobile e non a un rapporto di tipo amministrativo e ciò anche nelle ipotesi in cui il privato abbia detenuto l’immobile in virtù di una precedente concessione ormai scaduta (Cass. Civ. SS.UU. 15/5/2017, n. 11988 e 31/7/2008, n. 20749; Cons. Stato, Sez. IV, 22/5/2012, n. 2948; Sez. VI, 16/2/2010, n. 874).
8. Col secondo motivo l’appellante lamenta che il giudice di prime cure avrebbe errato a ritenere che la mancata inclusione dell’area di che trattasi nel piano spiaggia adottato dal comune giustificasse il diniego della concessione.
Tale conclusione contrasterebbe, infatti, con quanto stabilito dalla Regione Calabria – Dipartimento Ambiente e Territorio con la nota 16/6/2015, n. 0189734, in cui si afferma che “la mancata adozione ed approvazione del PCS da parte di molti Comuni costieri non può essere invocata come causa generalizzata di non accoglimento delle istanze dei privati finalizzate al rilascio di nuove concessioni demaniali marittime …”
L’orientamento espresso dalla Regione troverebbe, peraltro, conferma in alcune pronunce del Consiglio di Stato relative ad analoghe controversie concernenti Comuni della Regione Puglia.
La ratio del divieto di giustificare il diniego di concessione sulla base di un piano spiaggia solo adottato risiederebbe nella non definitività delle scelte con esso compiute, ratio che trova conferma nel caso di specie, atteso che il Comune di Vibo Valentia, con delibera consiliare 30/4/2017, n. 31, ha incluso l’area richiesta dall’appellante nel piano spiaggia.
La doglianza non merita accoglimento.
L’art. 14, comma 1, della L.R. della Calabria 21/12/2005, n. 17 nel testo vigente ratione temporis, intitolato “Norme di salvaguardia”, stabiliva:
“Dalla data di entrata in vigore dei PIR e fino all’entrata in vigore del PCS, formato ed adeguato secondo le prescrizioni ed indicazioni dei PIR, nei casi di richieste di concessioni demaniali marittime a supporto di attività ricettive alberghiere, di villaggi turistici, di impianti di pubblico interesse e strutture ricettive che presentino caratteristiche analoghe, per comprovate e documentate esigenze, può essere rilasciata, in via del tutto eccezionale e limitatamente alla sola stagione estiva 2016, autorizzazione provvisoria ai fini delle attività inerenti i servizi di balneazione, a condizione che le stesse aree con le medesime destinazioni siano incluse nei redigendi PCS. L’eventuale autorizzazione temporanea non integra il cosiddetto diritto di insistenza”.
La trascritta norma precludeva, pertanto, il rilascio della concessione demaniale reclamata dall’odierno appellante, atteso che è incontestato che l’area oggetto della richiesta non fosse inclusa nel piano spiaggia adottato dal Comune di Vibo Valentia.
Né la richiesta poteva essere accolta sulla base di quanto affermato dalla Regione nella direttiva 16/6/2015 n. 0189734, posto che quest’ultima si pone in evidentemente contrasto con la misura di salvaguardia di cui al menzionato art. 14 della L.R. n. 17/2005.
Inconferenti risultano, infine, i precedenti giurisprudenziali invocati nell’atto d’appello, essendo gli stessi intervenuti in relazione al diverso contesto normativo esistente nella Regione Puglia che, con riguardo ai piani spiaggia soltanto adottati, non contempla norme di salvaguardia.
9. La reiezione della doglianza esaminata col secondo motivo rende superflua la trattazione delle ulteriori censure prospettate, rivolte contro le restanti ragioni poste a fondamento dell’atto di diniego.
Difatti, quando, come nella fattispecie, la determinazione amministrativa gravata si basa su una pluralità di motivi indipendenti ed autonomi gli uni dagli altri è sufficiente, ai fini del rigetto dell’impugnazione proposta contro la stessa, che uno soltanto di essi risulti esente dai vizi dedotti (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 12/9/2017, n. 4297; 27/7/2016, n. 3402; 31/3/2016, n. 1274 e 17/9/2010, n. 6946; Sez. IV, 12/5/2016, n. 1917; Sez. III, 5/12/2017 n. 5739; e 26/2/2016, n. 795).
10. L’appello va, pertanto, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che la Sezione ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
11. La peculiarità della controversia giustifica l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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