Sia l’aggiudicazione sia il successivo contratto stipulato in esecuzione della sentenza di primo grado, devono ritenersi, per effetto dell’accoglimento dell’appello, automaticamente travolti in applicazione della regola del c.d. effetto espansivo esterno della sentenza di appello

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 18 giugno 2018, n. 3734.

La massima estrapolata:

Sia l’aggiudicazione sia il successivo contratto stipulato in esecuzione della sentenza di primo grado, devono ritenersi, per effetto dell’accoglimento dell’appello, automaticamente travolti in applicazione della regola del c.d. effetto espansivo esterno della sentenza di appello sancito dall’art. 336, comma 2 c.p.c. ed applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio contenuto nell’art. 39, comma 1 c.p.a.

Sentenza 18 giugno 2018, n. 3734

Data udienza 7 giugno 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6622 del 2017, proposto da
Impresa Ro. In. Sy. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Li., con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, viale (…);
contro
Fondazione Te. Op. Ro., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via (…), è legalmente domiciliata;
Pa. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Br., con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma,Sezione II quater, n. 9466/2017, resa tra le parti, concernente la caducazione di un contratto d’appalto precedentemente stipulato;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Fondazione Te. Op. Ro. e di Pa. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2018 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Li. e Br. nonché l’avvocato dello Stato Ni.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Fondazione Teatro dell’Opera di Roma (d’ora in poi solo Fondazione) ha aggiudicato alla Pa. s.p.a. l’appalto avente ad oggetto i servizi di pulizia delle proprie strutture.
Su ricorso della Eu. Se. s.r.l., seconda classificata, il TAR Lazio – Roma, con sentenza 1/6/2016, n. 6465, ha annullato l’aggiudicazione.
La Pa. ha impugnato la sentenza chiedendone anche la sospensione che il Consiglio di Stato ha, però, negato.
Considerata la mancata concessione della misura cautelare la Fondazione, in ottemperanza alla sentenza, ha, quindi:
a) disposto l’aggiudicazione in favore l’Impresa Ro. In. Sy. s.r.l. (subentrata nelle more all’Euro Service in virtù di un contratto d’affitto d’azienda);
b) stipulato con la medesima il relativo contratto d’appalto in data 10/11/2016.
Con sentenza 13/3/2017, n. 1140 il Consiglio di Stato ha accolto l’appello della Pa. e ha, pertanto, annullato la sentenza respingendo per l’effetto il ricorso di primo grado.
In esecuzione della sentenza d’appello la stazione appaltante ha disposto l’annullamento del “provvedimento di aggiudicazione emesso in favore della Roma Integral System … con conseguente automatica caducazione del relativo contratto …”.
Ritenendo illegittimo l’atto con cui la Fondazione ha dichiarato il detto il contratto privo di effetti l’Impresa Ro. In. Sy. lo ha impugnato davanti al TAR Lazio – Roma, il quale, con sentenza 29/8/2017, n. 9466, ha respinto il ricorso.
Avverso la sentenza la detta Impresa ha proposto appello.
Per resistere al gravame si sono costituite in giudizio la Fondazione e la Pa..
Con successive memorie tutte le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 7/6/2018 la causa è passata in decisione.
Col primo motivo di gravame l’appellante denuncia l’errore commesso dal giudice di prime cure nel ritenere che la decisione del giudice d’appello che ha annullato l’aggiudicazione possa estendersi automaticamente al contratto travolgendone gli effetti, in applicazione della regola di cui all’art. 336, comma 2, c.p.c..
La conclusione assunta contrasterebbe, infatti, con gli artt. 121 e 122 c.p.a. e con gli artt. 135 e 136 del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163 e non sarebbe suffragata da orientamenti giurisprudenziali univoci.
Né sarebbe dirimente il riferimento fatto al c.d. effetto espansivo esterno della sentenza di cui all’art. 336, comma 2, del c.p.c., atteso che:
a) non sarebbe consentito ricondurre il “contratto d’appalto” nella categoria dei “provvedimenti” e degli “atti” a cui fa riferimento la detta disposizione;
b) il precedente giurisprudenziale richiamato nell’impugnata pronuncia (Cons. Stato, A. P., 12/5/2017, n. 2) non avrebbe affermato il principio per cui l’accoglimento dell’appello travolgerebbe automaticamente sia l’aggiudicazione sia il successivo contratto stipulato in esecuzione della sentenza in applicazione della regola enunciata nell’art. 336, comma 2, c.p.c.
Alla luce di quanto sopra si chiede di sottoporre all’Adunanza Plenaria il seguente quesito: se nel quadro normativo vigente la stazione appaltante abbia il potere di dichiarare caducato il contratto già stipulato con l’aggiudicatario nel caso in cui il giudice, nell’annullare l’aggiudicazione, nulla dica in ordine alle sorti del negozio e non ricorra alcuna delle tassative ipotesi in cui la stazione appaltante è abilitata a risolvere il contratto o a recedere da esso.
La doglianza non merita accoglimento.
In punto di fatto occorre premettere che tanto l’aggiudicazione quanto il contratto d’appalto trovano il loro unico fondamento nella sentenza del TAR Lazio – Roma, n. 6465/2016, come si ricava incontrovertibilmente dagli atti depositati in giudizio.
Ciò posto, del tutto correttamente il Tribunale ha affermato che “sia l’aggiudicazione sia il successivo contratto stipulato in esecuzione della sentenza di primo grado, devono ritenersi, per effetto dell’accoglimento dell’appello, automaticamente travolti in applicazione della regola del c.d. effetto espansivo esterno della sentenza di appello sancito dall’art. 334 (rectius 336) comma 2 c.p.c. ed applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio contenuto nell’art. 39, comma 1 c.p.a.” (cfr, oltre citato Cons. Stato, A.P., n. 2/2017, anche Cons. Stato, Sez. V, 5/6/2017, n. 2675; 11/10/2016, n. 4182; Sez. III, 14/1/2015, n. 57; C.Si. 21/1/2015, n. 29; Cass. Civ., Sez. I, 23/2/2018, ord. n. 4456).
La menzionata norma processualcivilistica dispone, infatti, che: “La riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata”. E non si rinviene alcun elemento ermeneutico, né l’appellante lo adduce, a sostegno della tesi, da quest’ultima prospettata, secondo cui il contratto d’appalto non potrebbe essere ricondotto nella categoria dei “provvedimenti” e degli “atti” a cui, in base alla detta norma, si estende l’automatico effetto caducatorio della sentenza.
A quanto sopra è appena il caso di aggiungere che non è dirimente la circostanza che la stazione appaltante abbia formalmente disposto “di annullare, per effetto della sentenza del Consiglio di Stato sez V n. 1140 del 13.3.2017, il provvedimento di aggiudicazione emesso in favore della Roma Integral System … con conseguente automatica caducazione del relativo contratto stipulato con la stessa …”.
Al di là del dato testuale, l’atto ha, infatti, una mera efficacia dichiarativa e ricognitiva di effetti già autonomamente ed automaticamente prodottisi in conseguenza della sentenza d’appello in virtù del citato art. 336, comma 2, c.p.c.
Alla luce delle esposte considerazioni è del tutto inconferente il richiamo agli artt. 121 e 122 del c.p.a., considerato che questi ultimi trovano applicazione nell’ipotesi, del tutto differente da quella per cui è causa, in cui il contratto sia stato stipulato non in esecuzione di una sentenza, ma in attuazione di un provvedimento di aggiudicazione spontaneamente adottato dall’amministrazione che sia stato poi annullato dal giudice amministrativo, al quale, per effetto delle suddette norme, spetterà disporre in ordine alle sorti del contratto.
Ugualmente inconferente è, inoltre, il riferimento agli artt. 135 e 136 del D. Lgs. n. 163/2006, atteso che, come più sopra chiarito, nella fattispecie l’amministrazione appaltante non ha esercitato alcun autonomo potere, essendosi limitata ad accertare un effetto già verificatosi ex lege in conseguenza della sentenza d’appello.
Una volta escluso che nel caso che occupa la caducazione del contratto sia dipesa dall’esercizio di uno specifico potere da parte della stazione appaltante, diviene ininfluente la soluzione del quesito posto dall’appellante con la richiesta di deferimento all’Adunanza Plenaria.
Col secondo motivo si deduce che il Tribunale avrebbe errato ad escludere che nella specie l’amministrazione abbia agito nell’esercizio dei propri poteri autoritativi e a non esaminare, sulla base di tale presupposto, le doglianze con cui era stata prospettata la violazione delle norme di cui alla L. 7/8/1990, n. 241.
La doglianza è infondata.
Ed invero, ove anche l’amministrazione avesse inteso provvedere nell’esercizio di un potere autoritativo, l’atto conseguentemente emanato risulterebbe inutiliter dato e quindi privo di effetti lesivi, in quanto andrebbe ad incidere su un rapporto ormai inesistente perché, come più sopra rilevato, automaticamente travolto degli effetti della sentenza di annullamento.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle appellate, liquidandole forfettariamente in complessivi Euro 3.000/00 (tremila), pro parte, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Claudio Contessa – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere, Estensore

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *