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Sul punto si osserva quanto segue:
a) in linea generale, ai fini della verifica di legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, non occorre l’apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione a eventuali errori commessi; solo se mancano criteri di massima e parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, si può ritenere illegittima la valutazione dei titoli in forma numerica (Cons. Stato, Sez. VI, n. 5639 del 2015; Cons. Stato, Sez. VI, n. 913 del 2011);
b) anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 3, l. n. 241 del 1990, i provvedimenti della commissione esaminatrice che valutano negativamente le prove scritte vanno considerati di per sé adeguatamente motivati quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione (Cons. Stato, Sez. IV, n. 2557 del 2010);
c) in sede di valutazione degli elaborati scritti presentati dai candidati agli esami di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato non è richiesta, da parte della competente commissione, l’apposizione di glosse, di segni grafici o di indicazioni di qualsiasi tipo, sui verbali relativi alle operazioni di correzione, non avendo detti verbali la finalità di rendere edotti i candidati degli eventuali errori commessi, ma unicamente di dar conto del giudizio espresso con il punteggio numerico (Cons. Stato, Sez. IV, n. 445 del 2010);
d) i provvedimenti della commissione esaminatrice che rilevano l’inidoneità delle prove scritte e non ammettono all’esame orale il partecipante agli esami per l’abilitazione all’esame di avvocato vanno di per sé considerati adeguatamente motivati, quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa – o comunque dalla competente commissione centrale istituita presso il Ministero della giustizia – predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti e senza, dunque, che sia ipotizzabile la necessità della “predisposizione di una griglia” volta a chiarire il significato del voto attribuito in rapporto ai predeterminati criteri di valutazione (Cons. Stato, sez. IV, n. 2544 del 2010);
e) in materia di esami di abilitazione per l’accesso alla professione forense, “allorquando si procede con l’attribuzione di un giudizio di valore, come è nella valutazione di un elaborato, non si è nel campo della discrezionalità amministrativa, ma in quello della discrezionalità tecnica, nell’ambito della quale, non sussistendo una scelta fra opposti interessi, non vi è luogo ad una motivazione, che è invece l’espressione tipica della spiegazione di una scelta amministrativa” (per tutte, Cons. Stato, sez. IV, n. 4040 del 2016);
f) nessun argomento di segno contrario alla consolidata giurisprudenza, in punto di sufficienza dell’espressione numerica, può trarsi dall’articolo 46, comma 5, della l. n. 247 del 2012, in quanto detta norma non risulta applicabile per il termine dilatorio contenuto nel successivo articolo 49 della legge medesima (Cons. Stato, sez. IV, n. 4040 del 2016);
g) i principi innanzi illustrati sono stati consolidati, da ultimo, dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato che, con la sentenza 20 settembre 2017 n. 7, ha confermato la validità del principio generale, osservando conclusivamente che: “? l’art. 49 della L. n. 247 del 2012 esclude l’applicazione dell’art. 46, comma 5, della stessa legge, e la predetta norma transitoria non appare affetta da alcuna forma di manifesta irragionevolezza od irrazionalità; nella vigenza dell’art. 49 della L. n. 247 del 2012 i provvedimenti della commissione esaminatrice degli aspiranti avvocati, che rilevano l’inidoneità delle prove scritte e non li ammettono all’esame orale, vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondano su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione”;
h) non sfugge che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 310 del 2010, ha affermato che è incostituzionale la legge che esclude l’onere della motivazione, ma essa non si attaglia alla legittimità del punteggio numerico in sede di valutazione delle prove di esame, essendosi la Corte espressa in relazione agli atti sanzionatori; con tale pronuncia, in particolare, la Corte ha ritenuto che “E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 14, comma 1, d.lg. 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro (come sostituito dal d.lg. n. 106 del 2009), nella parte in cui, stabilendo che ai provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale previsti dalla citata norma non si applicano le disposizioni di cui alla l. 7 agosto 1990 n. 241, esclude l’applicazione ai medesimi provvedimenti dell’art. 3, comma 1, che impone l’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo. L’obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi, infatti, non soltanto è diretto a realizzare la conoscibilità, e quindi la trasparenza, dell’azione amministrativa, ma anche, nel contempo, da un lato, costituisce corollario dei principi di buon andamento e d’imparzialità dell’amministrazione e, dall’altro, consente al destinatario del provvedimento, che ritenga lesa una propria situazione giuridica, di far valere la relativa tutela giurisdizionale”; il principio enucleabile da tale pronuncia è quindi riferibile a disposizioni aventi carattere sanzionatorio, sicché non può estendersi a procedimenti d’indole diversa come quello di valutazione delle prove di un concorso; del resto, “il criterio prescelto dal legislatore per la valutazione delle prove scritte nell’esame di abilitazione, nella varietà della graduazione attraverso la quale si manifesta, esterna una valutazione che, sia pure in modo sintetico, si traduce in un giudizio di sufficienza o di insufficienza, variamente graduato a seconda del parametro numerico attribuito al candidato, che non solo stabilisce se quest’ultimo ha superato o meno la soglia necessaria per accedere alla fase successiva del procedimento valutativo, ma dà anche conto della misura dell’apprezzamento riservato dalla commissione esaminatrice all’elaborato e, quindi, del grado di idoneità o inidoneità riscontrato” (cfr. Corte cost., n. 175 del 2011).
8. Nella specie, la Commissione ha attribuito voti numerici in base a criteri predeterminati e tale espressione di voto va di per sé considerata adeguatamente motivata, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione.
9. Vanno ora scrutinate le censure, assorbite dal giudice di primo grado, e riproposte dalla parte appellata nel presente grado.
9.1. Con il primo motivo di ricorso il candidato ha lamentato la violazione dell’art. 22, comma 9 del R.D.L. n. 1578 del 1993, come modificato dall’art. 1 bis del d.l. n. 112/2003, convertito dalla legge n. 180/2003; la violazione della circolare del 2.12.2013 con la quale la Commissione centrale presso il Ministero della giustizia ha comunicato i criteri di valutazione da osservare nella correzione dei compiti; l’eccesso di potere per travisamento e l’erronea presupposizione. In particolare, sono state censurati il mancato rispetto dei criteri di valutazione stabiliti dalla Commissione centrale e la mancanza di collegamento tra questi criteri e le conseguenti concrete modalità di attribuzione del punteggio, nonché l’impossibilità di desumere dalla comparata lettura dell’elaborato e dei predefiniti criteri, le ragioni concrete dell’attribuzione di quel punteggio piuttosto che di un altro. A sostegno delle proprie pretese il ricorrente si è giovato anche di pareri resi da due professori e un avvocato cassazionista, versati in atti.
9.1.1. Il motivo è privo di pregio.
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