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[…]
2. A far data dal 1° gennaio 2018, l’Ente è posto in liquidazione ai sensi del titolo V del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, fatte salve le disposizioni di cui al presente comma. Gli organi deputati alla liquidazione di cui all’articolo 198 del citato regio decreto sono rispettivamente l’organo di cui all’articolo 2, comma 3, lettera c) quale commissario liquidatore e l’organo di cui all’articolo 2, comma 3, lettera b) quale comitato di sorveglianza. Detti organi, nominati dal Ministro della salute, restano in carica per 3 anni e possono essere prorogati, per motivate esigenze, per ulteriori 2 anni. La gestione separata di cui all’articolo 4, comma 2, si conclude al 31 dicembre 2017 con un atto di ricognizione della massa attiva e passiva del Presidente dell’Ente. La massa attiva e passiva, cosà individuate confluiscono nella procedura di cui al presente comma. Il commissario liquidatore si avvale, fino alla conclusione di tutte le attività connesse alla gestione liquidatoria, del personale individuato, secondo le medesime modalità di cui al presente comma, con provvedimento del Presidente dell’Ente nell’ambito del contingente di personale già individuato dallo stesso Presidente quale propedeutico alla gestione liquidatoria. Per detto personale, pur assegnato ad altra amministrazione, il termine del 1° gennaio 2018 sotto indicato, operante per il trasferimento anche in sovrannumero e contestuale trasferimento delle risorse ad altra amministrazione, è differito fino a dichiarazione di cessata necessità da parte del commissario liquidatore. Resta fermo, all’atto dell’effettivo trasferimento, il divieto di assunzione per le amministrazioni riceventi per tutta la durata del soprannumero e per il medesimo profilo professionale. Entro il 31 dicembre 2017, i beni mobili ed immobili necessari ai fini statutari e allo svolgimento dei compiti istituzionali e di interesse pubblico dell’Associazione sono trasferiti alla stessa. Alla conclusione della liquidazione, i beni mobili e immobili rimasti di proprietà dell’Ente sono trasferiti all’Associazione, che subentra in tutti i rapporti attivi e passivi [, salvo quelli relativi al trattamento del personale rimasto dipendente dell’Ente, che restano in carico alla gestione liquidatoria]. Il personale già individuato nella previsione di fabbisogno ai sensi dell’articolo 3, comma 4, come funzionale alle attività propedeutiche alla gestione liquidatoria verrà individuato con specifico provvedimento del presidente nazionale della CRI ovvero dell’Ente entro il 30 marzo 2016 e successivamente aggiornato. Detto personale non partecipa alle procedure previste dall’articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11. Il 1º gennaio 2018 il suddetto personale viene trasferito, con corrispondente trasferimento delle risorse finanziarie, presso pubbliche amministrazioni che presentano carenze in organico nei corrispondenti profili professionali ovvero anche in sovrannumero. Il personale, ad eccezione di quello funzionale alle attività propedeutiche alla gestione liquidatoria di cui al precedente capoverso, ove non assunto alla data del 1º aprile 2018 dall’Associazione, è collocato in disponibilità ai sensi del comma 7 dell’articolo 33 e dell’articolo 34 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Il personale della CRI ovvero dell’Ente, nelle more della conclusione delle procedure di cui all’articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, previa convenzione tra le parti, può prestare temporaneamente la propria attività presso altre pubbliche amministrazioni per garantirefini di interesse pubblico di cui all’articolo 1, comma 4, anche con oneri a carico del finanziamento pubblico della CRI ovvero dell’Ente, che rimane esclusivamente responsabile nei confronti del lavoratore del trattamento economico e normativo. L’assunzione ai sensi dell’articolo 6, comma 4, determina la cessazione dello stato di disponibilità. Il finanziamento è attribuito tenuto conto dei compiti di interesse pubblico da parte dell’Associazione mediante convenzioni annuali tra Ministero della salute, Ministero dell’economia e delle finanze, Ministero della difesa e Associazione. Il finanziamento annuale dell’Associazione non può superare l’importo complessivamente attribuito all’Ente e Associazione ai sensi dell’articolo 2, comma 5, per l’anno 2014, decurtato del 10 per cento per il 2017 e del 20 per cento a decorrere dall’anno 2018. In sede di prima applicazione le convenzioni sono stipulate entro il 1° gennaio 2018. Nelle convenzioni sono stabilite procedure di verifica dell’utilizzo dei beni pubblici trasferiti all’Associazione. Per l’assolvimento di compiti di interesse pubblico, con particolare riguardo alle attività in continuità con quanto previsto dall’articolo 5, comma 6, ai servizi resi dai Corpi ausiliari, alla protezione civile e alla formazione alle emergenze, l’Associazione, con la partecipazione dei Corpi ausiliari, costituisce una fondazione anche con soggetti pubblici e privati, che può essere destinataria di beni di cui al presente comma e che impiega in distacco il personale di cui all’aliquota dedicata prevista al comma 4, primo periodo, dell’articolo 6, nonchè altro personale dell’Associazione con esperienza nel settore delle emergenze. Il Ministero della difesa può stipulare la convenzione di cui al quarto periodo del presente comma direttamente con la fondazione 2.
3. Il termine di cui all’articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n 216, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14 è prorogato fino alla data dell’elezione del Presidente nazionale e comunque non oltre il 31 gennaio 2013. Sono fatti salvi gli atti compiuti dal Commissario dal 1° ottobre 2012 fino alla data di entrata in vigore del presente decreto.
4. Fino al 31 dicembre 2015 la CRI continua ad esercitare i compiti istituzionali di cui all’articolo 1, comma 4, applicando le disposizioni del presente decreto e quelle di cui alla disciplina vigente sulla medesima CRI compatibili con il decreto medesimo.
5. Il Ministro della salute informa il Parlamento con relazioni semestrali sugli adempimenti previsti dal presente decreto.”;
c) sotto altro profilo, per un consistente orientamento giurisprudenziale (Cons. St., sez. I, parere 7 dicembre 2012 n. 5217; Cons. St., sez. V, 31 luglio 2012 n. 4329,) scorrimento di graduatorie e mobilità volontaria non sono in rapporto di preferenza tra l’uno e l’altra; l’amministrazione può determinarsi discrezionalmente, purché motivi specificamente in ordine alle ragioni che sorreggono la scelta.
4. Resta quindi smentita:
a) la tesi principale, secondo cui le appellati avevano una posizione qualificata ad ottenere lo scorrimento della graduatoria;
b) la stessa possibilità giuridica in capo alla Croce Rossa di procedere a nuove assunzioni (e non è superfluo ribadire che lo stesso questo Consiglio di Stato, con la sentenza della VI sezione n. 4502/2013 intervenuta su un ricorso per il silenzio rifiuto proposto dalle originarie ricorrenti, aveva già sottolineato che: “non sussiste un obbligo incondizionato ed assoluto allo scorrimento della graduatoria”).
4.1. Inoltre, era stata di fatto esclusa, con deliberazione del Mef, per ragioni economico-finanziarie, la possibilità di nuove assunzioni: il diritto allo scorrimento della graduatoria, malgrado la vacanza di posto in organico, non poteva quindi trovare tutela, prevalendo su di esso le diverse scelte organizzative dell’Amministrazione: se anche si dovesse convenire con le appellanti sulla circostanza che detto rilievo non poteva assumere portata impeditiva e/o preclusiva, è evidente però che esso – a tutto concedere- costituiva e costituisce una indicazione della quale l’appellata amministrazione doveva tenere conto, e che corrobora e rafforza la tesi della immunità da vizi della scelta -discrezionale si ripete- di non scorrere la graduatoria.
5. In sostanza, il Collegio ritiene che l’appello contenesse alcune “frasi chiave”, che abilmente illustravano il senso e la ratio delle censure proposte, e che le stesse, però, siano risultate non condivisibili:
a) il terzo capoverso di pag. 7 (primo motivo) secondo cui il “blocco assunzionale” non poteva essere opposto al “diritto acquisito” delle originarie ricorrenti, muove dal fraintendimento della posizione delle medesime: queste ultime, infatti, neppure in una condizione di solidità finanziaria dell’ente, ed anche laddove il processo di privatizzazione non fosse stato avviato, non vantavano alcun “diritto” ma semmai una aspirazione ad un provvedimento che era -e restava- discrezionale;
b) la tesi della non ravvisabilità di alcun “blocco assunzionale” (pag. 9 e 10) è incentrata sulla circostanza che era previsto un “Ente strumentale” ma non tiene conto della portata teleologica complessiva dell’art. 8 che si è prima citato;
c) è vero che l’interpello è una forma di reclutamento, ma – come si è prima rilevato- lo scorrimento è preferenziale rispetto al nuovo concorso, ma non anche rispetto alle procedure di mobilità (ancora di recente, sul punto: T.A.R. Salerno, -Campania-, sez. I, 10/10/2017, n. 1465);
d) come prima chiarito, la scelta dell’amministrazione è non illogica tenuto conto dei rilievi di natura economico-finanzia del Mef;
5. Alla stregua delle superiori affermazioni, le appellanti neppure avrebbero interesse a contestare la posizione dei soggetti che -secondo la tesi dalle stesse affermata – non sarebbero stati legittimamente incardinati come dirigenti: in ogni caso, però, si osserva che appare condivisibile l’affermazione del T.a.r. relativa alla tardività delle censure in tal senso proposte, che avrebbero dovuto essere fatte valere all’atto del loro inserimento nella qualifica, limitandosi l’interpello impugnato a riservare l’accesso a chi già nell’ente ricopriva la medesima qualifica (in proposito occorre tenere conto della circostanza che al controinteressato Io. l’incarico venne conferito il 29.5 2013; il 29.5.2015 viene modificato l’incarico; il ricorso è del 13.2.2015 e non sono stati proposti motivi aggiunti; al controinteressato Mo., il ricorso venne notificato il 17.2.2015; l’incarico dirigenziale ultimo di seconda fascia gli viene conferito il 31.5.2012; l’ultimo incarico dirigenziale ad interim è del 1.4.2015; non gli erano mai stati notificati motivi aggiunti).
5. Nell’ultimo motivo dell’appello, infine è stata contestata la statuizione del T.a.r. in punto di condanna delle originarie ricorrenti alle spese del procedimento: detta censura non appare fondata alla stregua del condivisibile, risalente orientamento secondo cui “la decisione del giudice di merito in materia di spese processuali è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa; non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito sull’opportunità di compensare, in tutto o in parte le spese medesime. Tali principi trovano applicazione non soltanto quando il giudice abbia emesso una pronuncia di merito, ma anche quando egli si sia limitato a dichiarare l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’atto introduttivo del giudizio. Infatti, pure in tali ultimi casi sussiste pur sempre una soccombenza, sia pure virtuale, di colui che ha agito con un atto dichiarato inammissibile o improcedibile che consente al giudice di compensare parzialmente o totalmente le spese, esercitando un suo potere discrezionale che, nel caso specifico considerato, ha come suo unico limite il divieto di condanna della parte vittoriosa e che si traduce in un provvedimento che rimane incensurabile in cassazione purché non illogicamente motivato.” (Cassazione civile, sez. lav., 27 dicembre 1999, n. 14576)
Detto principio è stato più volte predicato dalla giurisprudenza amministrativa, che ha avuto modo di affermare che la statuizione del primo giudice sulle spese e sugli onorari di giudizio costituisca espressione di un ampio potere discrezionale, “come tale insindacabile in sede di appello, fatta eccezione per l’ipotesi di condanna della parte totalmente vittoriosa, oppure per il caso che la statuizione sia manifestamente irrazionale o si riferisca al pagamento di somme palesemente inadeguate.” (Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2005, n. 7581).
Ciò non si è verificato nella fattispecie per cui è causa, dal che discende la reiezione anche di questa censura e la integrale conferma dell’appellata decisione
6.Le superiori considerazioni, che ad avviso del Collegio manifestano portata assorbente, implicano che l’appello debba essere disatteso.
7. La natura della controversia, e la complessità delle questioni esaminate legittima però l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali dell’odierno grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
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