Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 29 settembre 2017, n. 4547. L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, prevista dall’art. 7 comma 3, L. 47/1985 è un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, ed è subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e al decorso del termine di legge fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi.

 

Sentenza 29 settembre 2017, n. 4547
Data udienza 27 giugno 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 245 del 2008, proposto da:

Va. Al., rappresentato e difeso dall’avvocato Or. Ab., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

contro

Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Co., domiciliato, ai sensi dell’art. 25 c.p.a., presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sezione terza, n. 14090 del 19 novembre 2007, resa tra le parti, concernente l’acquisizione al patrimonio indisponibile di opere abusive.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il consigliere Nicola D’Angelo; nessuno comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il signor Al. Va. ha impugnato dinanzi al T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, la determina n. 113 del 29 agosto 2002 con la quale il comune di (omissis), ai sensi dell’art. 7, comma 3, della legge n. 47 del 1985, ha acquisito al patrimonio del Comune un prefabbricato realizzato abusivamente dallo stesso e la relativa area di sedime per un’estensione di 1.047 mq.

2. Il T.a.r. adito ha tuttavia dichiarato il ricorso inammissibile, non avendo l’interessato impugnato il presupposto atto di diniego del 25 giugno 2001 della sua istanza di concessione in sanatoria, né le ordinanze di demolizione n. 43 del 5 aprile 2001 e n. 115 del 12 luglio 2001 relative alle stesse opere.

3. Contro la sentenza indicata in epigrafe il signor Va. ha quindi proposto appello, formulando i seguenti motivi.

3.1. Error in procedendo – Violazione del combinato disposto degli artt. 32, comma 25 del DL n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, e degli artt. 43 e 44 della lege n. 47 del 1985.

3.1.1. Il T.a.r nella sentenza impugnata non ha tenuto conto, secondo l’appellante, della presentazione di un’ulteriore domanda di condono e della conseguente sospensione dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali relativi alle opere abusive di cui è causa.

3.2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 47 del 1985 – Errore nei presupposti.

3.2.1. Con il provvedimento impugnato il Comune ha disposto l’acquisizione dell’intera area di proprietà, oltre quella su cui insiste la costruzione abusiva. Inoltre, l’appellante, come evidenziato in primo grado, sottolinea la sua estraneità alla realizzazione dell’abuso.

4. Il comune di (omissis) si è costituito in giudizio il 19 febbraio 2008, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato un’ulteriore memoria il 25 maggio 2017.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 27 giugno 2017.

6. L’appello non è fondato.

7. Il T.a.r nella sentenza impugnata correttamente rileva l’inammissibilità del ricorso in ragione della mancata impugnativa degli atti presupposti al provvedimento con il quale il Comune ha poi disposto l’acquisizione delle opere abusive e dell’area di sedime al suo patrimonio.

8. In sostanza, la determinazione comunale di acquisizione del prefabbricato abusivo, avente dimensioni di mt. 15,60 per m. 7,20, e dell’area di sedime e di pertinenza dello stesso manufatto, per un’estensione catastale di mq 1047, è stata la diretta ed inevitabile conseguenza dei provvedimenti con i quali la stessa Amministrazione comunale ha respinto la sua domanda di sanatoria ed ha ingiunto la demolizione.

9. L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, prevista dall’art. 7 comma 3, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (ora art. 31 comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001) è infatti un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale, ed è subordinato unicamente all’accertamento dell’inottemperanza e al decorso del termine di legge (novanta giorni) fissato per la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 2002, n. 7030).

10. Dopo aver accertato l’inottemperanza all’ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi il 25 settembre 2001 ed ancora il 27 aprile 2004, il provvedimento di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell’area di sedime è stato quindi consequenziale e dunque non autonomamente impugnabile in mancanza di tempestiva impugnazione dell’ordine stesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2011, n. 1793).

12. Né rileva in senso contrario quanto dichiarato dall’appellante in ordine alla sua estraneità all’abuso commesso. Sul punto, infatti, va evidenziato che in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, la posizione di quest’ultimo può ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste dalla legge n. 47 del 1985 ed ora dal DP.R. n. 380 del 2001, anche con riferimento all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, a condizione che risulti, in modo inequivocabile, la sua estraneità rispetto al compimento dell’opera abusiva ovvero risulti che, essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 358).

11. Nel caso di specie tutto ciò non risulta avvenuto, anzi l’appellante ha proposto, insieme all’indicato responsabile dell’abuso, due domande di sanatoria per le opere realizzate in assenza di titolo, la prima l’11 giugno 2001 (respinta con il citato provvedimento del 25 giugno 2001) e la seconda il 24 settembre 2001.

12. Relativamente a quest’ultima istanza, cui l’appellante fa riferimento per invocare la sospensione dei procedimenti sanzionatori, va poi osservato che la stessa è stata comunque archiviata dal Comune, essendo meramente ripetitiva di quella in precedenza presentata (cfr. provvedimento n. 16482 del 1° ottobre 2001).

13. Il provvedimento di acquisizione impugnato, peraltro, è stato adottato nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 7, comma 3, della legge n. 47 del 1985 per l’individuazione dell’area interessata (non superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita).

14. Non essendo pertanto utilmente censurata la sentenza appellata, il ricorso va respinto e per l’effetto la stessa va confermata.

15. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del comune di (omissis) nella misura complessiva di euro 2.000,00(duemila/00), oltre agli altri oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Troiano – Presidente

Oberdan Forlenza – Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Leonardo Spagnoletti – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore

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