Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 28 giugno 2018, n. 3987.
La massima estrapolata:
Gli alberghi vanno compresi, ai sensi dell’art. ,1 comma 1-bis, d.P.R. n. 447 del 20/10/1988 come aggiunto dall’art. 1, d.P.R. n . 440 del 7/12/2000, negli impianti produttivi e precisamente quelli di produzione di beni e servizi, ivi inclusi quelli relativi ad attività artigianali e commerciali, turistiche ed alberghiere
Sentenza 28 giugno 2018, n. 3987
Data udienza 14 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5949 del 2017, proposto dalla società In. Ma. Ca. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Fo., con domicilio eletto presso lo studio Gu. Le. in Roma, via (…);
contro
Consorzio Ar. Sv. In. di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. D’A., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 290/2017.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Ar. Sv. In. di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 giugno 2018 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Sa. Cr. su delega di Ma. Fo. e Gi. D’A.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 290 del 22 febbraio 2017 il T.a.r. per la Campania -Sezione Staccata di Salerno – ha respinto il ricorso proposto dalla odierna parte appellante società In. Mag. Ca. s.a.s., volto ad ottenere l’annullamento della delibera del Consorzio AS. n. 166/2015, con cui è stata respinta (perché ritenuta incompatibile con la destinazione urbanistica impressa alla zona) l’istanza di variante da essa presentata, l’atto abilitativo alla realizzazione di un’attività di tipo turistico- ricettivo.
2. Il Consorzio A.S. di Salerno si era costituito chiedendo la reiezione del ricorso, in quanto infondato.
3. Con la sentenza gravata il T.a.r., ha dedotto che:
a) la destinazione che la società originaria ricorrente voleva imprimere alla propria attività (alberghiera) era incompatibile con la destinazione impressa alla zona di riferimento dalle norme di Piano P.R.T.C., in forza delle quali erano consentiti nella zona interessata tendenzialmente insediamenti di attività artigianali, commerciali, industriali e del cd. terziario;
b) secondo la originaria ricorrente l’attività alberghiera rientrava nel terziario e comunque doveva considerarsi come attività produttiva già precedentemente assentita, ma detta tesi non era accoglibile, in quanto:
I) la zona interessata contemplava attività che potevano avere anche un consistente impatto ambientale con possibilità di lavorazioni notturne (certamente inconciliabili con l’attività alberghiero-ricettiva);
II) parimenti condivisibile era il richiamo (contenuto nel provvedimento reiettivo) all’attività residenziale, perché questa condivideva con l’attività alberghiera la circostanza di richiedere comuni condizioni ambientali diversamente dalle zone riservate ad attività industriali o terziarie;
III) neppure rilevava la circostanza che l’attività della società originaria ricorrente (centro-congressi) in precedenza era già stata autorizzata, trattandosi di attività sensibilmente diversa da quella oggetto del provvedimento impugnato e non riconducibile in senso stretto all’attività alberghiera;
IV) e neppure poteva assimilarsi quest’ultima al settore terziario (in cui si producono o forniscono servizi e che comprende tutte quelle attività complementari e di ausilio alle attività del settore primario -agricoltura, allevamento, ecc.- e secondario -manifattura).
4. La società originaria ricorrente, rimasta integralmente soccombente, ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità e dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del procedimento ha prospettato articolate censure sostenendo che:
a) in passato, avendo interesse alla realizzazione di un centro – congressi con annessa attività ricettiva, ricorrendone i presupposti, aveva chiesto il rilascio del nulla – osta di competenza del Consorzio A.S.;
b) detto titolo era stato conseguito solo a seguito di un estenuante iter procedimentale e ben due sentenze del T.a.r. (sentenza n. 12739/2010 resa dal T.A.R. Campania – Salerno in accoglimento di un primo ricorso -R.G. n. 1610/2010-; sentenza n. 41/2012 resa dal T.A.R. Campania – Salerno in accoglimento di un secondo ricorso – R.G. n. 1526/2011);
c) a seguito del decorso di più di quattro anni, la società appellante era stata costretta a rimodulare il progetto al fine di adeguarlo alla locale domanda economica e produttiva, nel frattempo mutata per effetto di iniziative concorrenti nelle more attivate, e, ritenendo più conveniente insediare un’attività alberghiera (già prevista, con la esclusione quindi del solo centro congressi), l’appellante aveva depositato la istanza di variante (prot. n. 591/2014);
d) la reiezione (resa sulla scorta di una presunta incompatibilità dell’attività alberghiera – asseritamente di tipo turistico – ricettiva che offriva in via prevalente servizi di tipo residenziale – con la destinazione di zona di cui al vigente P.R.T.C. che prevedeva “insediamenti di piccole industrie, artigianali e commerciali, di attività terziarie”) collideva con granitica giurisprudenza, e con il dato normativo rappresentato dal chiaro disposto di cui all’art. 1 – comma 1, lett. i) del D.P.R. n. 160/2010 (che aveva sostituito il previgente art. 1 – comma 1bis del D.P.R. n. 447/1998) che dettava una definizione puntuale di attività produttive identificandole con “le attività di produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e artigianali, le attività turistiche e alberghiere…”;
e) ciò in quanto la norma univocamente prevedeva che l’attività alberghiera fosse – per definizione – un’attività produttiva.
5. In data 13 9.2017 l’amministrazione appellata si è costituita depositando una memoria, nell’ambito della quale, ha chiesto la reiezione dell’appello, in quanto infondato, deducendo che:
a) ci si trovava al cospetto di un tentativo di mascherare una nuova richiesta di nulla osta
su un nuovo progetto di insediamento produttivo in zona D4 P.R.T.C. Consorzio A.S. nell’agglomerato industriale di Salerno da parte della . Ma. Ca. S.a.s., con una asserita istanza di variante, volta però ad ottenere tutt’altro tipo di insediamento rispetto a quello originariamente assentito con Delibera del Comitato Direttivo n. 182 del 07.07.2014;
b) ciò, in quanto con nota del 12.05.2014 la società Ing. Ma. Ca. S.a.s, aveva protocollato presso il Consorzio A.S. di Salerno una istanza volta ad ottenere il nulla-osta all’insediamento di un “Centro Congressi e Servizi”, interessante le p.lle nn. (omissis), del fl. (omissis), per una superficie di mq. 1.565,35 e successivamente, l’Ente consortile, con delibera del Comitato
Direttivo n. 182 del 07.07.2014, aveva rilasciato l’autorizzazione richiesta;
c) a seguito del detto provvedimento, il Consorzio A.S. di Salerno e la società richiedente, in data 23.07.2014, avevano stipulato una convenzione per insediamento semplificato, la quale aveva previsto, all’art. 3, che il soggetto insediando dovesse avanzare richiesta di permesso di costruire presso il Comune di Salerno nel termine di 30 giorni dall’acquisizione degli elaborati progettuali muniti del visto;
d) solo un giorno prima dello spirare del termine di 30 giorni, entro il quale la società In. Ma. Ca. s.a.s. avrebbe dovuto inoltrare richiesta di permesso di costruire al comune di Salerno, secondo quanto previsto in convenzione, con nota prot. n. 4488, essa aveva protocollato una istanza di variante al nulla osta di cui alla Delibera del Comitato Direttivo n. 182/2014;
e) in concreto, la società appellante, con la richiesta di variante, aveva di fatto sottoposto al Consorzio A.S., sostanzialmente, un progetto del tutto nuovo per la realizzazione non più di un “centro congressi” ma di una struttura alberghiera tout court, caratterizzata dalla totale destinazione dei vani a struttura ricettiva e dalla consistente riduzione del personale impiegato, passato dalle originarie 19 unità alle 12 del progetto di variante;
f) non era stato ingenerato alcun accostamento tra attività turistico-ricettiva, con quella residenziale, sotto il profilo strettamente urbanistico: ciò che veniva in rilievo era la valutazione di opportunità della realizzazione di un albergo in detta area (zona D4 del Piano P.R.T.C. A.S. di Salerno) a cagione del fatto che ivi si riscontrava la presenza attuale e/o potenziale di insediamenti
produttivi ed industriali di consistente impatto ambientale, con lavorazioni notturne spesso rumorose ed esalazioni, certamente inconciliabili con la coesistenza di alberghi o strutture ricettive, che avessero quale oggetto esclusivo il pernottamento prolungato di una pluralità indistinta di utenti;
g) era errato denunciare la violazione dell’art. 1 c.1, lett. I del d.P.R. 160/2010 in quanto la portata di detta norma non era stata mai posta in contestazione nel provvedimento di diniego impugnato;
h) il disposto dell’art. 13 P.R.T.C., ove si prescriveva che la zona D4 del medesimo piano potesse essere destinata ad attività del c.d. terziario, doveva essere interpretato nel senso di attività terziarie compatibili con la naturale vocazione e destinazione urbanistica della zona, tenendo conto non solo del dato letterale ma anche della ratio del complesso normativo del P.R.T.C. del Consorzio A.S. Salerno;
i) non ogni attività riconducibile al settore cd. terziario poteva ritenersi compatibile con la disciplina del P.R.T.C. A.S. di Salerno zonaD4: un centro congressi, per sua natura, quand’anche comprendesse alcuni alloggi a servizio dei partecipanti, si caratterizzava per l’accessorietà del servizio di ospitalità agli utenti rispetto all’attività principale, nonché per il suo limitato protrarsi nel tempo; non altrettanto poteva dirsi per la struttura alberghiera;
l) era evidente la carenza di meritevolezza dell’intervento.
6. Alla camera di consiglio del 21 settembre 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata decisione la trattazione della controversia, su concorde richiesta delle parti, è stata differita alla udienza pubblica del 14 giugno 2018.
7. In data 24.5.2018 l’appellante ha depositato una memoria conclusionale ribadendo le proprie conclusioni e richiamando il consolidato orientamento secondo il quale non poteva vietarsi di adibire un immobile ad una destinazione rientrante nella disciplina di zona impressa all’area, per mere considerazioni di opportunità.
8. In vista della odierna udienza pubblica il Consorzio appellato ha depositato note di udienza puntualizzando le proprie difese.
9. Alla odierna pubblica udienza del 14 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e va accolto, con conseguente riforma dell’impugnata sentenza accoglimento del ricorso di primo grado ed annullamento degli atti impugnati.
2. A seguito della memoria di costituzione depositata dall’amministrazione appellata si rende necessario esplorare argomenti ulteriori, rispetto a quelli esaminati dal T.a.r., in quanto la problematica devoluta all’esame del Collegio è (divenuta) duplice, occorrendo accertare, non soltanto se la destinazione di zona ostasse all’assentimento della variante (unico argomento, questo, esplorato dal T.a.r.) ma, anche, se, positivamente accertato detto elemento, residuassero margini discrezionali valutativi tali da ritenere (legittimamente) “inopportuno” l’assentimento della struttura alberghiera (in luogo del centro congressi originariamente previsto) nella detta area avente destinazione D4.
2.1. Quanto al primo profilo, il Collegio è persuaso che la statuizione del T.a.r. (e, conseguentemente, la più rilevante parte della motivazione contenuta nel provvedimento reiettivo) non sia condivisibile.
2.1.1.Invero ai sensi del d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160, art. 1 lett. i, si intende per “attività produttive”: le attività di produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e artigianali, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni, di cui alla lettera b), comma 3, dell’articolo 38 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
2.1.2.La giurisprudenza amministrativa – condivisa sul punto dal Collegio – ha in passato sostenuto che gli alberghi vanno compresi ai sensi dell’art. 1 comma 1 bis del dPR 20/10/1988 n. 447 come aggiunto dall’art. 1 del DPR 7/12/2000 n. 440 negli impianti produttivi e precisamente quelli di produzione di beni e servizi, ivi inclusi quelli relativi ad attività artigianali e commerciali, turistiche ed alberghiere (Cons. Stato Sez. IV 7/8/2003 n. 4658): quindi esiste una formale consacrazione a livello normativo, confermata, quanto al profilo esegetico, da un preciso orientamento giurisprudenziale, che equipara tout court una struttura alberghiera ad un impianto produttivo- artigianale, sicché sotto un profilo per così dire strutturale l’esistenza di un albergo in zona artigianale non può dirsi estranea al detto contesto urbanistico.
2.2. Il primo e fondamentale caposaldo reiettivo va quindi disatteso e la motivazione della sentenza va pertanto riformata.
2.3. Sostiene l’amministrazione che il diniego si fondava (anche) su valutazioni discrezionali e relative al carico urbanistico (l’albergo implica una più lunga permanenza delle persone ospitate, rispetto ad un centro congressi, e rileverebbero in senso ostativo anche le considerazioni non ottimali del sito sotto il profilo della salubrità dell’ambiente circostante, sconsigliabile in ipotesi di protratta permanenza).
2.3.1. Osserva anzitutto il Collegio che – contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante società- non ci si trova al cospetto di una postuma integrazione motivazionale, in quanto tale profilo valutativo era esternato, seppure assai sommariamente nel provvedimento impugnato (terza pagina: “tale limitazione trae origine…”).
2.3.2. Nel merito, osserva il Collegio quanto segue.
a) per costante elaborazione della dottrina e della giurisprudenza (tra le tante Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497) le scelte effettuate dall’Amministrazione titolare del potere di zonizzazione sono caratterizzate da ampia discrezionalità e sono sufficientemente motivate con riferimento al richiamo ai criteri tecnico-urbanistici seguiti nell’impostazione del piano e rinvenibili nella relazione di accompagnamento;
b) la c.d. “zonizzazione” non postula e non presuppone solo l’individuazione di un territorio – ossia una operazione puramente ricognitiva – bensì la qualificazione di esso, e pertanto una valutazione, alla stregua delle categorie offerte dal legislatore; trattasi, pertanto, di una scelta che, se pur discrezionale, non può certamente operarsi sulla base di schemi casuali e indefiniti dovendo ricollegarsi ad una logica motivatoria predeterminata e conoscibile;
c) le categorie corrispondono alle zone territoriali omogenee che, appunto, sono le zone in cui viene diviso un territorio comunale, nell’ambito della cosiddetta zonizzazione. Ogni zona presenta dei limiti diversi i quali vincolano ogni tipo di intervento in tale area. Esse vennero introdotte per la prima volta dall’art. 2 del decreto interministeriale 2 aprile 1968 n. 1444 ed in via generale dette zone sono vincolate dal Piano regolatore generale, dagli standard urbanistici e dai vincoli di tipo “ricognitivo”, “conformativo” ed “urbanistico”;
d) una volta attribuita ad una area quella certa destinazione sulla scorta del procedimento discrezionale di zonizzazione, tuttavia, esorbita dai limiti del potere dell’amministrazione escludere talune delle destinazioni concrete nella stessa rientranti, poiché, con il pretesto di porre una disciplina urbanistica di zona, valida cioè per un’intera zona territoriale omogenea, in realtà si introduce un nuovo tipo di vincolo (preclusivo) alberghiero al di fuori di ogni previsione legale e finisce per incidere direttamente sulla stessa attività di impresa alberghiera, in guisa da renderla funzionale agli scopi perseguiti dall’autorità preposta alla pianificazione urbanistica, in violazione dei principi di libertà di impresa e del diritto di proprietà riconosciuti dagli art. 41 e 42 cost. (si veda Consiglio di Stato, sez. V, 14/10/1992, n. 1005).
2.4. Ritiene quindi il Collegio che, una volta che la zonizzazione ammetteva la destinazione in oggetto, non potesse l’amministrazione appellata invocare ulteriori profili preclusivi (e che di conseguenza non siano rilevanti gli argomenti ribaditi nelle note di udienza in ultimo depositate, e men che meno rilevi la “genesi” della richiesta dell’appellante, nonché la questione relativa alla qualificazione della richiesta quale “nuovo” progetto ovvero di “variante”).
Ne consegue che l’appello deve essere accolto e, in riforma dell’impugnata decisione, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
2.5. A quanto sopra rilevato, si salda una ulteriore considerazione: questo profilo della motivazione del diniego impugnato appare (anche) intrinsecamente contraddittorio, rispetto alle pregresse valutazioni del Consorzio appellato.
Si è già detto che, a parere del Collegio, è irrilevante soffermarsi sulla natura di “nuovo” progetto, o di “variante” della istanza proposta dall’appellante società.
Il fatto è che:
venne assentita, senza alcuna perplessità, la realizzazione del “Centro Congressi”, pur pacificamente ammettendosi che, tra i servizi da questo offerti, rientrasse la possibilità di dare ospitalità ai partecipanti degli eventi, che ivi avrebbero potuto pernottare, e “risiedere” stabilmente, per il tempo di durata degli eventi;
venne negata invece, la realizzabilità di una struttura alberghiera “pura”, sulla scorta di una asserita “inopportunità” della “residenza” stabile degli ospiti, in quell’area: sembra al Collegio che non necessitino ulteriori argomenti per affermare la non legittimità del diniego sotto il profilo della contraddittorietà, in quanto anche il centro congresso comportava una stabile presenza delle persone interessate;
c) se anche si dovesse concordare con la tesi secondo cui la “variante” fosse ex ante il primo obiettivo della società appellante e che il primo progetto (Centro Congressi) fosse strumentale, ciò non elide sul piano oggettivo la contraddittorietà delle valutazioni del Consorzio.
3. Consegue da quanto sinora affermato l’accoglimento dell’appello e, in riforma dell’impugnata decisione, l’accoglimento del ricorso di primo grado, con conseguente annullamento degli atti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
3. Le spese processuali del doppio grado seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
Condanna l’appellato consorzio al pagamento delle spese processuali del doppio grado, in favore dell’appellante società, nella misura di euro cinquemila (Euro 5000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere, Estensore
Oberdan Forlenza – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Leave a Reply