Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 14 marzo 2018, n. 1614. La c.d. “vicinitas”, cioè la una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell’intervento costruttivo autorizzato, appare sufficiente a radicare la legittimazione del confinante

segue pagina antecedente
[…]

a) per quanto già detto (§ 10.1.) non può assumere rilievo, per novità, l’eccezione sollevata solo con l’appello in ordine alla diversa estensione tra l’area ceduta con l’atto d’obbligo e quella oggetto della richiesta della modifica di destinazione, al fine di mettere in discussione per la prima volta in appello che l’area della quale ora si controverte rientri nella zona oggetto della originaria lottizzazione della cascina negli anni cinquanta/sessanta del secolo scorso;

b) quanto all’assunta irrilevanza della richiesta dei privati nel qualificare il vincolo come espropriativo piuttosto che come conformativo, la censura è inconferente atteso che nel percorso argomentativo seguito dal giudice nella sentenza impugnata non assume rilievo la prospettazione della parte nella osservazione, ma la effettiva consistenza del vincolo quale conformativo, come tale idoneo a destituire di fondamento la richiesta di modifica;

c) la sentenza gravata prescinde totalmente dal diritto nascente dall’obbligo di cessione volontario, per via della prescrizione;

d) inconferente è il richiamo alla lettera inviata dallo stesso Comune, nel maggio del 2007, essendo la stessa a carattere generale e inviata sulla base del RUE del 2007:

e) pure inconferente è la produzione della autorizzazione paesaggistica rilasciata, prima della sentenza di primo grado, in riferimento alla domanda di permesso di costruire condizionato relativo all’area, che ha come presupposto le disposizioni di destinazione urbanistica, poi annullate dal T.a.r.

13.1.2. Correttamente, invece, il primo giudice ha messo in rilievo un duplice errore dell’amministrazione nell’accogliere le osservazioni, atteso che:

a) nelle osservazioni era stato omesso ogni riferimento alla vicenda relativa all’obbligo di cessione al Comune assunto dai danti causa nella precedente lottizzazione; infatti, la circostanza della non conoscenza della vicenda, dedotta dall’amministrazione, non può certo valere a giustificare, quantomeno, un difetto di diligenza nella svolgimento dell’attività amministrativa, costituendo un errore di fatto dovuto a inefficienza dell’amministrazione nelle svolgimento delle proprie funzioni; b) era stata prospettata l’esistenza di un vincolo espropriativo decaduto, mentre sulla base dei successivi piani regolatori si trattava solo di vincolo conformativo; tanto in conformità con la giurisprudenza consolidata di questo Consiglio che riconosce carattere conformativo, con validità a tempo indeterminato, alle previsioni di un piano regolatore che destinano un’area a verde pubblico attrezzato, trattandosi di vincoli inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, che rendono possibile, anche ad iniziativa del proprietario, la realizzazione di opere e strutture intese all’effettivo godimento del verde (ex multis Cons. Stato, sez. V, n. 2116 del 2012; sez. IV, n. 2769 del 2015).

13.1.3. Inoltre e soprattutto, il primo giudice ha fondato la decisione sull’omessa attivazione da parte del Comune di un’azione per usucapione dell’area o per rivendicare una servitù di uso pubblico, in presenza di un obbligo di cessione restato non eseguito e non richiesto, e non più attivabile per via della prescrizione del termine, e, nel contempo di una destinazione continuativa a verde pubblico negli strumenti urbanistici e di un concreto utilizzo dell’area a fini sportivi, senza opposizione della proprietà. Ma, la suddetta argomentazione, idonea da sola a configurare eccesso di potere come sviamento alla luce dei parametri di ragionevolezza e proporzionalità, non risulta sottoposta a specifica censura da parte dell’appellante.

13.2. In riferimento alla violazione dell’obbligo di ripubblicazione del RUE, il Collegio condivide le argomentazioni del primo giudice, non scalfite dalla riproposizione della tesi dell’appellante, la quale insiste sul carattere non sostanziale delle modifiche per via della limitata estensione dell’area coinvolta.

13.2.1. In particolare, si ritiene appropriata al caso di specie, anche in considerazione dell’eccesso di potere quale sviamento di cui si è detto, la valorizzazione della finalità partecipativa assicurata dalla ripubblicazione, quando l’osservazione accolta, che ha comportato la modifica ed ha inciso sulla posizione giuridica di soggetti terzi (i confinanti), sia stata proposta dai formali proprietari dell’area, stante la presenza di modifiche sostanziali, quale è quella della specie incidente sulla destinazione di zona.

13.2.2. In riferimento al carattere sostanziale o meno della modifica apportata al RUE in collegamento alla necessità o meno di ripubblicazione, questo Consiglio condivide, in generale, l’indirizzo consolidato che – sulla base del carattere di strumento di collaborazione delle osservazioni, funzionale alla migliore valutazione degli interessi coinvolti che non deve tradursi in una defatigante gestione procedimentale – tende a pervenire ad una interpretazione restrittiva del carattere sostanziale della modifica, come profonda deviazione dai criteri posti a base del piano stesso, ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri ispiratori (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1241 del 2014; n. 1503 del 2011); negando, quindi, il carattere sostanziale per il caso di variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, anche quando queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree (Cons. Stato, sez. IV, n. 5769 del 2013; n. 4313 del 2012).

13.2.3. Tuttavia, si ritiene che, nella fattispecie, ragioni peculiari consentano di ritenere integrato il carattere sostanziale della modifica, indipendentemente dall’effettiva estensione dell’area destinata all’edificazione invece che a verde pubblico. A tal fine rileva la destinazione dell’area a verde pubblico da innumerevoli anni, nonché il far parte dell’area di una originaria lottizzazione degli anni sessanta cui quel verde pubblico era funzionalizzato. Con la conseguenza, che il sovvertimento dell’utilizzo, sia pure di una sola parte di essa, fatto in accoglimento delle osservazioni dei proprietari senza la ripubblicazione, ha comportato la mancata partecipazione al procedimento dei vicini che di quel verde pubblico avrebbero potuto godere ed ha impedito la stessa emersione nel procedimento di quella originaria lottizzazione della quale l’amministrazione aveva perduto memoria.

14. In conclusione, l’appello è rigettato.

14.1. Le spese processuali seguono la soccombenza in favore dei confinanti.

14.2. Non sussistono i presupposti per la liquidazione delle spese nei confronti delle parti non costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così provvede:

a) respinge l’appello e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza;

b) condanna l’appellante al pagamento, in favore degli appellati, in solido, delle spese ed onorari, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre accessori come per legge (I.V.A., C.P.A.e rimborso spese generali al 15%).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Troiano – Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere

Giovanni Sabbato – Consigliere

Giuseppa Carluccio – Consigliere, Estensore

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